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Il procedimento applicativo, l’esecuzione e la cessazione degli effett

LE MISURE CAUTELARI REAL

4. Il procedimento applicativo, l’esecuzione e la cessazione degli effett

L’art.53 riguardo al procedimento applicativo si limita a rinviare alla disciplina contemplata nel codice di rito, osservando le disposizioni degli art.321 commi 3, 3-bis e 3-ter, art.322, 322-bis e l’art.323 c.p.p., in quanto compatibili. Non si disciplina una peculiare procedura applicativa della misura cautelare reale nel processo contro l’ente, cosa che al contrario avviene per le misure interdittive, con un rimando alla disciplina codicistica, per la quale si impone come l’esigenza primaria la verifica della compatibilità con la nuova forma di responsabilità degli enti. Dopo questa comparazione si può affermare

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che il sequestro preventivo soggiace al principio della domanda cautelare del pubblico ministero e viene di regola disposto con provvedimento del giudice competente, il quale dispone la misura con un atto motivato avente forma di decreto. Questa è l’impostazione tipica che tuttavia in alcune situazioni può andare in contro a delle variazioni come nel corso delle indagini preliminari, quando la situazione di urgenza impedisce di attendere il provvedimento del giudice e lo stesso pubblico ministero titolare delle indagini gode del potere di disporre il vincolo cautelare con proprio decreto motivato (art.321 comma 3-bis c.p.p.). In tale evenienza, entro il termine di quarantotto ore dal sequestro, il pubblico ministero deve richiedere al giudice per le indagini preliminari la convalida della misura e l’emissione del decreto di sequestro preventivo, che è obbligato a decidere entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. L’inosservanza di entrambi i termini determina il venir meno dell’efficacia della misura disposta (art.321 comma 3-ter c.p.p.). Per converso, l’ordinanza emessa nel termine prescritto, della quale si è esclusa l’impugnabilità in via autonoma, è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Un’altra situazione che configura un diverso iter della procedura si ha quando vi sia l’urgenza di provvedere prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini. In questo caso gli stessi ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro preventivo di propria iniziativa trasmettendo il relativo verbale entro le successive quarantotto ore al pubblico ministero del luogo in cui si è effettuato il sequestro, di modo che il magistrato inquirente possa decidere se disporre la restituzione delle cose sequestrate o richiedere al giudice per le indagini preliminari la convalida della misura con l’emissione del decreto di sequestro preventivo entro il termine delle quarantotto ore successive alla ricezione verbale. Anche in questa ipotesi il

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mancato rispetto di entrambi i termini di quarantotto ore o la mancata convalida entro i dieci giorni successivi alla richiesta determinano la perdita di efficacia del sequestro già disposto (art. 321 comma 3-bis c.p.p.). Si ritiene che nel procedimento di adozione del sequestro preventivo non trova applicazione l’art.47, che disciplina la garanzia del contraddittorio anticipato tra le parti in ragione della natura di atto a sorpresa di questo provvedimento ablativo, che suggerisce di mantenere la sua adozione inaudita altera parte, onde evitare che il preavviso sulla potenziale apprensione favorisca la rapida sparizione del prezzo o del profitto del reato, vanificando lo scopo sia dell’intervento cautelare sia della successiva confisca. Queste ragioni hanno indotto la giurisprudenza a escludere che il sequestro preventivo debba essere preceduto, a pena di nullità, dall’informazione di garanzia e dall’informazione sul diritto di difesa prevista dall’art.369-bis c.p.p. in quanto atto a sorpresa, diretto alla ricerca della prova, per il quale non è previsto il previo avviso al

difensore99. Se nel corso del tempo sopraggiunge la carenza dei

presupposti applicativi del sequestro, si può ricorrere alla sua revoca , ipotesi contemplata all’art.53 tramite il rinvio all’art 321 comma 3 c.p.p., con gli opportuni adattamenti. Possiamo affermare che il sequestro può essere subito revocato su richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti anche per fatti sopravvenuti le condizioni di applicabilità del vincolo. L’art.321 comma 3 prevede che nel corso delle indagini preliminari, data l’esigenza di rimuovere tempestivamente questa limitazione, la decisione compete al pubblico ministero che provvede con decreto motivato, notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se il pubblico ministero ritenga di dover respingere

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anche parzialmente l’istanza di revoca avanzata dall’interessato, egli la trasmette con le proprie richieste e valutazioni al giudice, cui compete la decisione finale. La domanda di revoca deve essere trasmessa dall’inquirente al giudicante non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella sua segreteria (art 321 comma 3 c.p.p.). Il decreto di sequestro preventivo perde subito efficacia non solo nel caso di mancato rispetto dei termini di trasmissione del provvedimento al giudice e di sua convalida ad opera dello stesso, ma anche per effetto di certe sentenze ex art.68, che impone al giudice di dichiarare cessate le misure cautelari eventualmente disposte quando pronuncia una delle sentenze previste negli art.66 e 67, cioè una sentenza di proscioglimento che esclude la responsabilità dell’ente quando l’illecito amministrativo non sussiste o manca, oppure la prova è insufficiente o contraddittoria; ovvero una sentenza di non doversi procedere per decadenza della contestazione, essendo il reato presupposto estinto per prescrizione secondo l’art.60, o perché la stessa sanzione è estinta per prescrizione. Lo stesso fatto estintivo della cautela reale va ravvisato nell’ipotesi di archiviazione dell’illecito ex art.58 e qualora il reato presupposto subisca l’amnistia. La sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del sequestro che in questo caso viene subito sostituito dalla sanzione della confisca, determinando l’ablazione della res in modo definitivo. Il rinvio espresso effettuato dall’art.53 all’art.323 c.p.p. induce ad interrogarsi sull’applicabilità alla cautela contro l’ente delle ipotesi di conversione del sequestro preventivo in sequestro probatorio o conservativo, previste dalla norma richiamata. Riguardo l’eventualità di conversione del sequestro preventivo in quello conservativo si può affermare che, mantenuto a garanzia dei crediti di cui l’art.316 c.p.p. con la precisazione che la richiesta in tal senso potrà venire solo dal pubblico ministero per assicurare il pagamento della sanzione

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pecuniaria, delle spese procedimentali e di ogni somma dovuta all’erario statale, non essendo prevista nel processo contro l’ente la costituzione di parte civile e quindi neppure la richiesta di quest’ultima di disporre il sequestro conservativo a garanzia delle obbligazioni civili derivanti da reato.

5. Impugnazioni

Il regime delle impugnazioni delineato per il sequestro preventivo è differente da quello stabilito per le cautele interdittive, in quanto oltre all’appello e al ricorso per cassazione, si prevede il riesame,

nonostante la contrarietà di parte dottrina100.L’art.53 opera un rinvio

integrale agli art.322 e 322 bis c.p.p. in tema di riesame e appello del decreto di sequestro preventivo, che a loro volta creano un sistema di rimando a cascata a disposizioni ulteriori, finendo per coinvolgere direttamente l’art.309 c.p.p., applicabile nei limiti della compatibilità. Si può affermare che il mezzo ordinario di impugnazione del decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice sia il riesame, anche nel merito ex art.324 c.p.p.. I soggetti legittimati sono l’ente, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe il diritto alla loro restituzione. Si esclude la necessità per l’ente di una sua previa costituzione ai sensi dell’art.39, trattandosi di un atto non personale che può essere compiuto dal suo difensore nominato a norma dell’art.96 c.p.p. Mentre le misure interdittive sono disposte a seguito di un’udienza e l’aver interpellato anche il difensore, comportando quindi una minor necessità in sede di gravame, le misure reali sono invece disposte inaudita alter parte, giustificando quindi l’uso del riesame che garantisce potenzialità

100 Cfr. F.PERONI, il sistema delle cautele, 2002,op.cit. p.265, in cui afferma che l’unico rimedio esperibile sarebbe l’appello.

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difensive maggiori. La richiesta di impugnazione non sospende l’esecuzione del provvedimento e non esige l’enunciazione dei motivi a sostegno (art.322 c.p.p.). Fuori dai casi previsti da questo articolo, il pubblico ministero, l’ente e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. Non risultano appellabili le ordinanze di convalida del sequestro disposto d’urgenza dal pubblico ministero o

dalla polizia giudiziaria, poiché la medesima convalida

rappresenterebbe una garanzia di giurisdizione sufficiente a tutelare le posizioni soggettive sottese al vincolo. L’appello è il mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame, che può venir proposto contro le ordinanze che respingono la richiesta di sequestro inoltrata dal pubblico ministero, quelle di revoca o di rigetto della richiesta di revoca della misura. Anche la proposizione dell’appello non sospende l’esecuzione del provvedimento; competente a decidere in entrambi i casi di impugnazione (riesame e appello) è il tribunale in composizione collegiale del capoluogo di provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato e il procedimento si svolge in camera di consiglio secondo le forme disciplinate dall’art.127 c.p.p., con le garanzie difensive e gli adattamenti previsti dall’art.324 commi 6 e 7 c.p.p.. Sono evidenti le differenze esistenti tra il sistema delle impugnazioni per le misure cautelari interdittive e quello delle cautele reali. In primis si rimarca come siano aumentati i soggetti che possono procedere all’impugnazione; nel caso delle misure interdittive, l’appello e il ricorso per cassazione sono proponibili solo dall’ente tramite il suo difensore e dal pubblico ministero, mentre per quanto riguarda il riesame e l’appello previsti contro i provvedimenti in materia di sequestro preventivo, si dispone

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che possano essere esercitati, a seconda dei casi, dal pubblico ministero, dall’ente e dal suo difensore, dalla persona alla quale le cose sono state sequestrate e da quella che avrebbe diritto alla restituzione. Per quanto riguarda i mezzi di impugnazione, la possibilità di ricorrere al riesame rappresenta una garanzia maggiore rispetto a quanto previsto per le misure interdittive, essendo questo rimedio totalmente devolutivo che fa instaurare un controllo che non pone limiti alla cognizione di merito del giudice. Nasce un sistema connotato da una dissonanza tra il modello di controllo delle misure interdittive e quelle reali: a queste ultime vengono riservate le maggiori possibilità di verifica che si risolvono in un “asimmetria non motivata neppure dal diverso rigore delle misure, essendo le seconde connotate da un’afflittività minore o quanto meno pari a quella che

caratterizza le prime”101. La difformità potrebbe trovare

giustificazione nella mancata previsione di un contraddittorio anticipato che impone il recupero delle possibilità difensive in sede di gravame. Il ricorso per cassazione è l’impugnazione che viene proposta contro l’ordinanza pronunciata in sede di riesame e contro quella pronunciata in appello, nonostante a riguardo manchi un esplicito riferimento normativo da parte dell’art.53 al corrispettiva disposizione dell’all’art.325 c.p.p.. Una sua esclusione non pare comunque ipotizzabile e a riguardo si prospettano varie opinioni al riguardo: la prima corrente si fonda sulla lunga serie di rinvii operata dall’art.53 che richiama direttamente l’art. 322 c.p.p. e che a sua volta porta indirettamente all’art.324 e all’art.127 comma 7 c.p.p. che prevede la possibilità di ricorrere per cassazione in tutti i casi affrontati nell’art.606 c.p.p.; l’altra opinione invece ritiene che l’art.53

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effettui un rinvio alla disciplina complessiva delle cautele reali, incluso l’art.325 c.p.p. che regola il ricorso per cassazione.