assumano come
esistenti nella loropura
ed astrattamol-LO SPAZIO E IL TEMPO 127 teplicità, immobile e irriducibile.
La
loro molteplicità è reale bensì,ma
inquanto
posta, nella mobilità, nella vita, nella dialettica della stessa attuale posizione che ne fa lo spirito realizzandovisi nella sua unità.Tutto quello,
insomma,
checomunemente
si pensa dello spazio e deltempo da
chinon
sia riuscitoancora a salire alpunto
di vista dell’atto puro, per cui spazio etempo
sono effettivamente concepibili, è, torniamo a dire, tutto vero,ma non
tutto il vero. Anzi ne è, perdir così,appena
la metà; che
va compiuta
conl’altra metà.Da
cuinon
sipuò
realmente dividere, enon
si divide senon
per la riflessione filosofica immatura, incapace tuttavia di rav-visare in tutta la sua integrità l’atto spirituale, che sipone come
spazio e tempo. Quest’altrametà
risolve l’astrattezza del positivo naturalisticamente inteso, in quel positivo che rende possibile il primo,attuan-dovi.
ig.
—
Spazio e tempo nella sintesi dello spirito.In linguaggio logico
può
dirsi che la spazialità in gene-rale sia l’antitesi diuna
tesi che è lo spirito;ma
diuno
spirito che, in quanto semplice tesi, opposta all’antitesi,
non
èmeno
astratto della spazialità; laddove la concre-tezza dell’una e dell’altra consiste nella loro sintesi.La
quale
non
èun
tertium quid, che sopraggiunga all’unità dello spirito e alla spazialità della natura, e ne risolva l’opposizione unificandone i termini.La
sintesi,^
abbiamo
detto, è originaria: ossia
non
c’ è tesi senz’antitesi, nè viceversa: enon
v’ è opposizione chenon
sia opporsi dell’uno a se stesso,come
diverso ecome
identico.La
dualità dei termini è presa
come
dualità chenon
sia unità,da
un’analisi astratta, che si esercita sul vivo del processo spirituale unico,dove
la tesi è antitesi, e l’an-titesi è tesi.128 TEORIA DELLO SPIRITO
20.
—
Errore del naturalismo e dell’astratto spiritualismo.La
conclusione nostra è, chenon
pure è falso, o (che è lo stesso) vero soltanto permetà
il naturalismo che pensalo spazio (eiltempo)come
presuppostodello spirito;ma
falso sarebbe anche lo spiritualismo che negasse lo spazio. Perchè tanto è falso pensare l’antitesi senza latesi, che ne è labase; quanto è falso pensare la tesi senza
l’antitesi, che è il
monumento
che la base sorregge.Tutte le filosofìe precedenti e inferiori a questo con-cetto dello spirito
come
puro atto, che ci rende possibile d’intendere la spazialitàcome
spirito, sono statenatura-listiche.
Anche
quelle chehan
detto dinon
saper conce-pire la natura senzauno
spirito che la crei e la spieghi.Perchè noi
sappiamo
cheuno
spirito che stia dietro alla natura, antecedente dell’altro spirito per cui la natura è,a cui cioè questa natura si rappresenta, e che è quindi l’attuale ricettacolo di essa e di quel
primo
spirito che siescogita per rendersi ragione di essa:
un
tale spirito, chesi
può
dire prespirituale e prenaturale, sipone
innanzi allo spirito attuale, che è quel chepreme
spiegarecome
spirito (se
non
altro per garantire la verità di quel che sipensa) nell’ identica posizione della natura: realtà, che è tutta la realtà, già realizzata,
quando
ancora lo spirito attuale deve sorgere ed essere.Posto lo spirito in questa situazione rispetto alla realtà trascendente, lo spazio, anche
quando
la filosofia si sforzi di concepirlocome
proprietà del soggetto e unità,non può
essere senon
quella astratta molteplicità, ripugnante assolutamentead
ogni unità, che è inintelligibile e as-surda.Uno
spiritualismo opposto a cosiffatto naturalismonon
sipuò
dire, d’altra parte, che ci siamai
stato.Una
vera e proprianegazione dellamolteplicitàche è spazialità si
può
vedere in fondo allo Spinozismo, e, in generale, al panteismo neoplatonico, a cui la speculazionespino-zianasi riconnette risalendo fino allo Stoicismo e all’ Elea-tismo.
Ma
quella negazionenon
annulla la molteplicità della natura nell’unità dello spirito, sibbene inuna im-mediata
unità naturale: la quale sipuò
considerarecome
un’anomalia del naturalismo, e riesce infatti auna
specie dimisticismo, che è la negazione della naturacome
tale, eun
ritrarsi dello spirito dentro di se stesso, cancel-lando tutte le determinazioni del suo oggetto e preclu-dendosi così la via a conoscerlocome
oggetto positivo, o vero e proprio oggetto naturale.21.
—
Critica del monadismo leibniziano.Pure, se
un
assoluto spiritualismo astrattonon
c’ èmai
stato, e
non
cipuò
essere, perchè nella sua posizione assoluta acquisterebbe coscienza della propria astrat-tezza,non
èmancato un
astratto spiritualismo relativo, che, risolvendosida
ultimo, secondo cheabbiamo
os-servato, inun
pretto naturalismo,non
credeva si potesse concepire lo spirito, senon come pura
unità, scissada
ogni molteplicità: semplicità assoluta, monade,come
fu dettoda
Leibniz, sostanza esistente in quanto scevra d’ogni rapporto col molteplice. Ilmonadismo
leibniziano è l’esempio più significativo e cospicuo dell’astratto spi-ritualismo, cheho
detto relativo, e che èun
vero com-promesso tra le ragioni dello spirito e l’ovvia e ingenua intuizione naturalistica del reale. Leibniz infatti è spi-ritualista e monista nella concezione della qualità della sostanza, perchènon
c’è altra sostanza, per lui, che lo spirito;ma
pluralista è nelsuomodo
di concepire l’essere della sostanza secondo la concezione più rigidamente naturalistica, che è quella degli atomisti. Atomista, mec-canistanon
è in quantonega
egli che i fenomeni si spie-ghino per azioni interatomiche, o, nel suo linguaggio, per azione cheuna monade
eserciti sulle altre.E
tuttol’ac-cadere per lui si risolve nella vita interna a ciascuna
Gentile, Teoria generale delloSpirito. 3
130 TEORIA DELLO SPIRITO
monade,
che è appetizione e percezione, ossia spirito.E
nient’altro chespirito.
Ma
questo spirito basta a se stesso, enon
basta. Basta perchènon ha
finestre, enon
riceve nulla dal di fuori;ma non
basta, inquanto
originaria-mente
rispecchia in sè l’universo, cioè tutte le altremo-nadi,
come
altre, originariamente e sostanzialmente altre.Le
qualinon
sono lamonade,
e la condizionano, attra-verso lamonade
delle monadi, Dio, che presiede a tutto, ed è esso stesso condizione di ciascunamonade. Onde
ciascuna è in quanto sono tutte le altre, che
non
essapuò
far essere.E
quindi lamonade non
basta a se stessa: e anzi che libera, essa è nulla, perchè appetisceil proprio essere e si sviluppa in quanto acquista percezionesempre
più chiara e distinta,non
di se stessa, bensì di tutte le altre, la cui coscienzanon può
esseremai
in lei autoco-scienza, e quindi vera e propria realizzazione dellamo-nade
nella sua autonomia; perchè quelle altre,come ab-biamo
detto, son fuori di lei.Perciò la
monade
basta a se stessa, enon
basta. Inquanto
basta, è spirito; in quantonon
basta,non
è più spirito, e sirisolve nella pluralità de’ suoi oggetti, natura-listicamente.La monade,
infatti,come
veramonade,
quel-l’unitàche dovrebb’esserecome
spirito,non
potrebbe es-sereuna monade
tra le monadi. Insieme con esse finisce con l’essere molteplicità; la quale, a sua volta, postula un’unità, che la raccolga facendola esserecome una
sola molteplicità, e che sarà la vera unità.La monade
leibni-ziana è
monade
soltanto relativamente aun punto
di vista soggettivo: che, secondo Leibniz, è pur forza tra-scendere, salendo alpunto
di vista assoluto o divino, che riconosce l’infinita molteplicità delle monadi,assoluta-mente
irrelative,come
nessun atomistaaveva
avuto ilcoraggio di concepire i suoi elementi materiali. Assoluta
irrelatività, che fa della
monadologia una
concezione, per questo riguardo, più naturalistica ancora di quel chesia l’atomismo materialistico.
22.
—
Critica del dualismo.Eguale astrattezza è nello spiritualismo dei dualisti, anch’esso relativo e condotto fatalmente verso il natu-ralismo. Il dualismo dell’anima e del corpo, o dello Spi-rito (personalità divina trascendente) e della natura
(nella quale trova posto anche l’uomo, per ciò che egli è naturalmente) è spiritualistafinchésitratta di concepirelo spirito in sè, senza metterlo in rapporto col suo opposto;
ma, appena
se ne voglia integrare il concetto nel tutto, ecco soppressi i diritti dello spirito, ed ecco ergersicom-patta, uniforme, infinita la natura sola.
L’anima
chenon
è corpo, è semplice, s’ è
sempre
detto, ed esclude quindida
sè ogni molteplicità spaziale; e quindi è libera, ecc.ecc.
Ma
l’anima chenon
è corpo è col corpo: e col corpo fa due. Anzi, poiché il corpo èuna
gran moltitudine di parti, essa, stia nel cuore, o nel cervello, o inun punto
del cervello,
come
quellaglandola pineale che le assegnava per sedeun
filosofo della forzadi Cartesio, si aggiunge alnumero
di tutte quelle parti, concorrendo nella molte-plicità, che è, esplicitamente o implicitamente, spaziale.E
poichédi corpi cen’ ètanti, leanime
pur sarannotante, e si farannocompagnia
giàcome
anime,quantunque
mediante i corpi; e costituirannouna
molteplicità spa-ziale, perchè distribuite, p. es., sulla faccia della Terra, con distanzetra loro, e rapporticon lavaria natura e con-dizione dei luoghi, che si rispecchieranno nel vario essere delleanime
stesse.Donde
ilnaturalismo investe per mille vie la spiritualità dell’anima cosi dualisticamente intesa.Considerazioni analoghe si possono fare intorno al dua-lismo di Dio e natura, la
compagnia
della qualenon
è possibile senza che l’altro termine le si assimili. In ogni caso, l’errorenon
è nella dualità, bensì sempre nell’astrat-tezza della dualità, la quale, in concreto, si regge soltanto sulla base dell’unità.Capitolo X
L’
IMMORTALITÀ
i.
—
Lo spazio indefinito e lo spi/ito.Se lo spirito è il principio dello spazio e lo
ha
in sè,non
c’ è spazio che contenga lo spirito, nè quindi è pos-sibile attribuire a questo alcun limite di quellionde
si circoscrive ogni realtà spaziale.E
qui si scorgee laragionedella finitezza dello spazio e il profondo significato della infinità dello spirito.
Lo
spazio è indefinito,non
infinito:ad
essonon
sono assegnabili limiti,ma
essonon
è la negazione d’ogni limite, anzinon può
concepirsi altrimenti che limitato.Lo
spazio rappresenta infatti la molteplicità positiva, in quanto posta: esso cioè èun
dato, nella suaoggetti-1 vità.
E non
c’ è oggetto chenon
sia determinato, perchè! oggetto significa
appunto
ciò che lo spiritoha
determi-nato.Lo
spazio è antitesi,abbiamo
pur detto,come
tale; e l’antitesi sta contro alla tesi,
non come
qualcosa chepuò
essere,ma come una
certaposizione. Questa deter-minatezza positiva ed effettuale dello spazio (e di tutto ciò che sipone
innanzi a noicome
spaziale) importa illimite dello spazio: importa che esso sia
appunto un
certo spazio.Ma
l’essere esso, d’altra parte,non
postoindi-pendentemente
dallo spirito, bensì posto dallo spirito, e sussistente perciò in quanto lo spirito lo pone, fa siche il suo essere richieda 1’ attività spirituale,
come
at-tività chenon
si esaurisca, nè si arresti.La
quale perciòpone
lo spazionon
avendolomai
posto definitivamente,ma permanendo
nell’attualità del porlo. In altri termini, nell’atto stesso che lo spazio si pone,non
è posto,ma
si deve porre: e i suoi limiti,
come
il suo essere stesso,non
sono qualcosa di fìsso,ma una
determinazionemo-bile,
sempre
viva, attuale.2.
—
II limite dello spazio.La
conclusione è, che c’ è spazio inquanto
c’ è, ein-sieme
non
c’ è, limite spaziale: o,come
sipuò
pur dire, in quanto quello stesso limite che determina la spa-zialità, èun
limite spostabile all’ infinito. Il limitenon può mancar
mai,ma neppure può mai
fissarsi; perchè essonon
appartiene aun
oggetto che sia per sè,origi-nariamente indipendente
come
assoluta sostanza;ma
èl’attributo dell’oggetto prodotto dall’atto
immanente
del soggetto, la cui realtà consiste nella produzione, e quindi nella limitazione del proprio oggetto.3.
—
L’infinità dello spirito come negatività del limite spaziale.Lo
spazio pertanto è finito, senza essereun
certo finito.E
questa negatività d’ogni suo limite determinato con la conseguente impossibilità d’assegnargliun
limite assoluto, cos'ituisce la sua indefinitezza.La
quale è conseguenza della infinità dello spirito. Giacché la negatività delli-mite spaziale è il carattere intrinseco,
non
del limite, in quanto già postoda un
atto che sia compiuto,ma
del limite in quanto vien posto dall’atto in fieri: dall’atto cioè che èsempre
atto, puro atto, e che qui è l’atto stesso della limitazione. Il limite, se si potesse liberare dall’atto spirituale, resterebbe:ma non
si fissa, e si sposta, perchè limite significa limitazione, ed è concepibile soltanto per la suaimmanenza
all’atto dello spirito, ilqualenon
limitauna
volta per sempre, cessando quindi di agire.L’as-134 TEORIA DELLO SPIRITO
solutezza indefettibile dell’atto importa
adunque
laim-manenza
della limitazione, e quindi la negatività del limite, il porresempre
e insiemenon
aver postomai
illimite.
Così è che lo spazio, per vasto che sia, è
sempre
dentro10 spirito, cioè superato
da
questo, chepuò
guardare dilà da’ suoi termini, a termini più remoti; e soltanto in
quanto
ogni spazio è contenuto dentrouno
spazio maggiore, ilprimo
è determinato, cioè è spazio rappre-sentabile.Ora
l’infinità èappunto
questaimmanente
negazione d’ogni limite spaziale; la quale,mentre
assog-getta al limite ogni realtà spaziale, fa signoreggiare o trascendere il limite stesso dalla attività spirituale.Non
I
c’ è
dunque
spazio senza limite;ma non
c’ è limite chej
non
sia negato; e chi nega sempre, nèpuò
riconoscere11 limite, è lo spirito, chelo
pone
per toglierlo, e celebrare in talmodo
la propria infinità assoluta.La
quale, peraltro,
non
importa astensioneda
ogni limitazione (perchè la limitazione, che è la stessa sua moltiplicazione nella spazialità, è la sua stessavita),ma
soltanto trascendere ogni limite, e quindinon
arrestarsimai
a nessun limite assegnabile, per quanto remoto. L’infinitàinsomma
èl’e-sclusione di ogni limite; esclusione, che coincide con
l’im-manente
assegnazione del limite all’oggetto nella suaimmediata
positività.E
la vertigine della violenta sot-trazione d’ogni limitenon
pure all’ infinitoma
allo stessoindefinito,
come
avviene nel già ricordato idillio leo-pardiano dell’ Infinito,non
conduce alla celebrazione, anzi all’annientamento dello spirito, espresso dal poetadove
dice che in quegli interminati spazi e
sovrumani
silenzi per poco il cornon
si spaura, e che tra l’immensitàs’an-nega
il pensiero. S’annega, perchè l’uno si ritrae infatti dal molteplice (chenon
èmai immenso, ma sempre
ter-minato), e quindi si sottrae alla condizione essenziale del suo proprio essere, che è attuarsi dell’uno nelmol-teplice.
135
4.
—
Infinità dello spinto rispetto al tempo.Infinito rispetto allo spazio, lo spirito è pure infinito rispetto altempo.
E come
potrebbenon
essere, seiltempo
èuna
specificazione della stessa spazialità?Ma come
l’infinità spaziale è l’infinità di ciò che si
oppone
allo spazio, così l’ infinità temporale è l’ infinità di ciò che, opponendosi alla realtà temporale, si sottrae al tempo.E
lamancanza
diuna
esatta dottrina deltempo ha
reso in passato impossibileuna
razionale dottrina dell’infi-nità dello spirito rispetto al tempo.
5.
— La
fede immanente nella immortalità.Il
problema
dell’immortalità dell’anima, com’è noto,non
è stato un’ invenzione dei filosofi; e la questione delle origini, nel tempo, della credenza nell’ immortalità èuna
questione priva di sensocome
tutte quelle in cui si empirizzano funzioni e atteggiamenti essenziali e perciò eterni dello spirito.L’affermazione dell’ immortalitàdell’animaè
immanente
all’affermazione della stessa anima, che è il più semplice, elementare, e quindi imprescindibile atto del pensiero;il quale
non può
esseremeno
che Io, affermazione di sè.La
difficoltà estrema di rendersi conto dell’essenza di questa primissima everamente
fondamentale realtà, e quindile insufficienti concezioni, in cui perlungotempo
s’ è
dovuta
travagliare lamente umana, han
generato tante forme diverse, tutte inadeguate, d’intendere ilrapporto
onde
l’Io è legato all’oggetto, e l’anima alcorpo e a tutto ciò che, essendo spaziale,non può non
essere temporale; ehan
dato luogo, in conseguenza, a diversi, e tutti insufficienti,modi
di concepire, e fin di negare,1’immortalità. Negazione, che era essastessa
una maniera
136 TEORIA DELLO SPIRITO
di affermare la potenza, e quindi il valore, e l’
immor-talità dell’anima.
6.
—
II significato della immortalità.Qual
è ilsignificato dell’immortalità?L’anima
sipone come
Io; ecome
Io,non
lia bisogno di dottrine psico-logiche e metafìsiche per essere affermata, poiché ogni|
dottrina, anzi ogni respiro della nostra vita spirituale, presuppone tale affermazione.
Ma
quest’essere che sipone da
sé, opponendosiad
ogni realtà, sipone appunto come
diversoda
ogni altra realtà. Quindi, se c’è questomondo
naturale che l’anima si trova davanti, questomondo
e l’animanon
sono la stessa cosa: ecome
questomondo
è molteplice, essa si aggiunge a tale moltepli-cità; e poiché questa molteplicità e spaziale etempo-rale, natura,
— dove
nessuna cosa è l’altra, edognuna
è,
prima non
essendo e poi essendo, enon
essendodopo
essere stata, ossia nascendo e
morendo, —
anch’essa,come
tutti gli altri elementi della molteplicità, sipuò
concepire soltantocome
nata e destinata a morire, con-correndo nella vicenda stessa di tutte le cose transeunti,con
cui siaccompagna. Ma
1’ Ionon
è soltanto posizione dell’altro, e quindi opposizione di sé a quest’altro, e moltiplicazione. L’ Io è anche, eprima
di tutto, unità, per cui tutti i coesistenti dello spazio si abbracciano d’un solo sguardo nel soggetto, e tutti i successivi deltempo
sono i compresenti inun
presente che nega iltempo. L’ Io
domina
lo spazio e iltempo;
e sioppone
alla natura, unificandola in sé e trascorrendo
da un
ter-mine
all’altro di essa, nello spazio e nel tempo, anzi spin-gendosi di làda
ogni termine.Lo
spirito perciònon può
schierarsi in
mezzo
al molteplice, senza pur intravve-dere che gli sovrasta e lodomina
e ne trionfa, sottraen-dosi alla sua legge.Lo
intravede subito che s’accorge (accorgimento essenzialead
esso ed originario) del valoredel suo porre l’oggetto e contrapporvisi, ossia del valore d’ogni propria affermazione., inintelligibile
come
tale senza la discriminazione del vero e del falso.Chè
niente sipensa senzapensare che così
va
pensato enon
altrimenti:niente cioè si pensa, se
non come
vero che si distingua dal suo contrario.Nè
il vero è relativocome
ogniele-mento
della molteplicità, in cui ci sono tanti elementi:il vero è uno, assoluto (nella sua stessa relatività,
non
potendo essere senon
quel che è). Talchéun
elemento del molteplice neha
accanto a sè altri; e il vero, se è vero, è solo. Questa veritànon può
essere perciò soggetta alla spazialità e temporalità delle cose naturali: le tra-scende, pur essendo quel chedeve
pensarsi di esse; e sipone come
eterna. L’eternità del vere importal’eter-nità del pensiero in cui il vero simanifesta: dal quale la speculazione potrà in seguito distaccarlo,
ma
in quanto velo trovi. Sicché la stessa trascendenza dell’eterno,
come
risultato (chè
non può
esser altro) d’una induzione specu-lativa, presupponeuna
certa presenza dell’eterno nello spirito, euna
certa identità deidue
termini.E
questa sarà la ragione per cui, fatto trascendente il vero, bi-sognerà pur fare trascendente lo spirito, con la vitaoltre-mondana,
senon premondana,
dell’anima.Ma
sentire in sè la verità,non può
esser altro che sentire in sè l’eterno, o sentirsi partecipi dell’eterno, ocomunque
altrimenti sivoglia dire. ;
7.
—
Assoluto valore dell’atto spirituale.L
' immortalità dell’animanon ha
originariamente e sostanzialmente altro significato.E
tutti i motivi a cuis’ è appoggiata ogni fede nell’immortalità (tralasciando le ragioni, con cui si è voluta dimostrarne la razionalità, proporzionate troppo spesso a concezioni filosofiche inade-guate a questa essenziale affermazione,
immanente
allos’ è appoggiata ogni fede nell’immortalità (tralasciando le ragioni, con cui si è voluta dimostrarne la razionalità, proporzionate troppo spesso a concezioni filosofiche inade-guate a questa essenziale affermazione,