Capitolo Vili
IL POSITIVO COME AUTOCTISI
I.
—
Pensiero astratto e pensiero concreto.La
distinzione tra pensiero astratto e pensiero concreto è fondamentale; e il trasferimento dei problemi dal pen-siero astratto al concreto è, sipuò
dire, la chiave di volta di tutta la nostra dottrina. Sologuardando
all’astratto senza aver coscienza del concreto, in cui esso s’ in-nesta ed è concepibile, son potute sorgere molte e molte dottrine, le qualihan
gittato la filosofìa inuna
selva di difficoltà inestricabili, e lehanno
impedito laviaad
uscire dall’empirismo. Giacché, in fine, tutto l’empirismo èuna
visione astratta della realtà, e tutte le difficoltàpro-vengono
dalla posizione affatto empirica dellamente non
ancora sollevatasi alpunto
di vista speculativo.2.
—
Astrattezza della classificazione kantiana dei giudizi.Uno
degli esempi più notevoli e più significativi chesi possano addurre di coteste dottrine rampollate sul terreno del pensiero astratto è la tavola dei giudizi,
da
cui
Kant
nella sua Critica deduce la serie delle sue cate-gorie. Distingue egli—
tanto per additare ilmetodo
da
lui adottato—
tre specie di modalità nel giudizio:IL
secondo che il giudizio è assertorio, problematico o apo-dittico; ossia secondo che il rapporto del predicato col soggetto vien pensato
come
reale, possibile o necessario.E non
v’ha dubbio che, classificando i giudizi che noi possiamo schierarci innanzi al pensiero e distinguere nel contenuto della nostra mente,ad
essa inerentema
da
essa staccabile e comunicabile altrui perche pensa-bile in se medesimo, vi siano tutte queste tre specie, enon
più di queste tre specie, di modalità.Ma, quando
si sono considerati a questo
modo
i giudizi e trovati così diversi, s’ è dimenticato quello che,come Kant
stessoinsegna, è il vero giudizio, dal quale tutti gli altri
dipen-dono
enon
sono separabili: YIo penso. Giacché il vero giudizio, nella sua concretezzanon
è, p. es., che « Ce-sare sottomise le Gallie»ma
: «Io penso che Cesaresottomisele Gallie»: esoltanto in questo secondogiudizio, che è il solo pronunziabile, anche se la proposizione prin-cipale
rimanga
apparentemente inespressa e sottintesa, sipuò
cercare quale sia la modalità della funzione giu-dicativa e il vero rapporto che intercede tra i termini che questa funzione riunisce in sintesi a priori. Il primo giudizio,mero
oggetto del pensiero, com’è evidente, astratto dall’atto soggettivo che lopone
nell’organismo della sua sintesi,non ha
in sé nessuna modalità, poiché per se stessonon
è concepibile.E
intanto, presuppostoda
solo,come
concepibile per semedesimo,
esso sipone
accantoad
altrigiudizi, i qualisarannodiversida
esso, che è assertorio, potendo gli altri esseri problematici o apo-dittici.Ma
se ènon
presupposto, bensì attuato, pensato realmente,come
soltantopuò
esser pensato, contenutodell’ Io penso, ecco che la sua differenza dagli altri giu-dizi {in quanto giudizi
) sparisce: giacché tutti i giudizi son tali
come
atti dell’ Io pensante; atti la cuiforma
è costante: quell’Io penso, che
non
è assertorionon
es-sendo apodittico e potendo essere anche problematico:
g6 TEORIA DELLO SPIRITO
è assertorio bensì,
ma
necessariamente, apoditticamente assertorio: perchènon
è possibile che si pensipensando
che si potrebbenon
pensare quel che si pensa,come
in-vece si pensa che Cesare avrebbe potutonon
sottomet-tere le Gallie1.3.
—
Carattere empirico di quella classificazione.Nè
questa, si badi, è semplice questione di parole.Poiché certo a
Kant non
isfuggì che in tutte le dodici classi dei giudizi,da
lui distinte secondo la qualità, la quantità, la relazione e la modalità, si trattasempre
di giudizida
ricondursi allacomune forma
originaria del-Y Io penso; in guisa che debbasi sottintendere che ilgiudizio (che
può
essere assertorio, problematico oapo-dittico) è in ogni caso contenuto d’un fondamentale giu-dizio che
rimane
di là da tale classificazione.E
la con-seguenza grave della critica che noi facciamo alla teoria kantiana è, che essanon
classifica giudizi,ma morte
astrazioni:
non
atti spirituali,come
sono i giudizi;ma
fatti naturali,
come
i giudizi e tutti gli atti spirituali di-ventano,quando vengano
considerati astrattamente, fuori della loro concreta attualità. In realtà, nel giudizio as-sertorio diKant
il rapporto reale chenon
è necessarioma meramente
contingente,non
è del giudizio, bensì del fatto naturale, empiricamente appreso, considerato nella sua astratta oggettività, indipendentemente dallamente
che se lo rappresenta. Sicché la distinzione che fa Kant, è distinzione che
ha
ragion d’essere soltanto sulla basedell empirismo, che vede l’oggetto del pensiero, e
non
vede il pensiero chepone
il suo oggetto.1 Intorno a questa materia della classificazione dei giudizi cfr. ilmio Sistema di logica, voi. I, part. II, cap. 5.
IL
4.
—
Incocrenza di Kant.Questo esempio di
Kant
è,come
dicevo, tanto più significativo in quanto egli è l’autore dell’ idealismo tra-scendentale;il cui principio è quello che superainmaniera
perentoria l’empirismo, richiamando l’esperienza dall’og-getto al soggetto che l’attua.Kant
stesso, in questocome
in tanti altri casi, si fa laboriosamente
ad
esporre dot-trine artificiose ed insostenibili perchènon
riesce a tenerfermo
saldamente codesto principio, che sipuò
dire della insidenza del pensiero astratto al concreto.^ Ilpensierocome concretezzadell’universalee dell’individuo.
Ebbene, cerchiamo, dunque, nel pensiero concreto la positività che sfugge al pensiero astratto, sì
del-l’universale e sì dell’ individuo. L’ astratto universale è quello a cui il pensiero pensa,
ma non
è il pensiero.L’astratto individuo è pure
un
termine del pensiero, chesi vuol intuire, sentire, afferrare quasi d’un tratto, di sorpresa.
Ma non
è il pensiero nè anch’esso: ed è perciò naturale che nè l’universale si individuicome
dovrebbe, per essere reale; nè 1’ individuo si universalizzi,come
pure dovrebbe, per essere ideale, cioè vero reale (reale pel pensiero).Ma quando
Cartesio volle esser certo della verità del sapere disse: cogito, ergosum;
cioènon
guardò più al cogitatum, che è astratto pensiero,ma
piuttosto al cogitare stesso, atto dell’Io, centroda
cui tutti i raggi del nostromondo
partono e a cui tutti tornano.E
alloranon
trovò più nel pensiero quell’essere che è semplice idea, universaleda
realizzare;come
l’essere di Dio nel-l’argomento ontologico, giusta la critica dei suoi av-versari, dalmonaco
Gaunilone (sec.XI)
fino aKant
:Gentile, Teoria generale dello spirito. 7
93 TEORIA DELLO SPIRITO
ma
l’essere positivo, dell’ individuo: di quell’individualità, che, secondoKant
e tutti i nominalisti antichi,moderni
e recentissimi,
non può
esser garentita senon
dalla in-tuizione.E una
intuizione infatti è pur quellaonde
Car-tesiovede
di essere;ma
un’intuizione, chenon
èimme-diata,
come
quella che i nominalisti e lo stessoKant
conla sua teoria del dato, termine o materia dell’intuizione
v.
empirica, vogliono; bensì risultato essa stessa d’un pro-cesso. Cogito: giacché io
non
sono senon
penso, e sono inquanto
penso; e sono perciò tantoquanto
penso.6.
— La
vera positività.Qui
siha
lapositivitàvera, che Platone cercava; la posi-tività senzala qualead
Aristotele giustamente parvenon
sipotesse serbar fede alle idee: la positività, che è realiz-zazione di quella realtà di cui l’ idea è il principio, e che integra perciòdall’intrinseco l’idea stessa. Giacché, sebidea è idea, o ragione della cosa, la cosa dev’essere prodotta dall’idea: il pensiero che è vero pensiero,
deve
generarel’essere di cui è pensiero. Questo è
appunto
il significato del cogito cartesiano: io—
questa realtà cheiosono, lapiùcerta che io possa avere, e,
abbandonata
la quale,smar-rirò ogni possibilità di accertarmi di
una
realtà qualsiasi;il solo
punto
fermo, al quale io possalegareilmondo
che penso—
quest’ io sono in quanto penso: lo realizzo,pensando, con
un
pensiero che è il pensiero (l’esattopen-|
siero) di me. L’ Io, infatti,
come
si vedrà meglio piùin-1 nanzi,
non
è senon
autocoscienza,non come
coscienza: che presuppone il Sé, suo oggetto, anzi
come
coscienza che lo pone.E
già oto_iunsa che lapersonalità, ognideter-minata
personalità,non
sipuò
pensare che si costituisca senon
in virtù delle sue proprie forze, le quali siassom-mano
nel pensiero.99
7.
—
II pensiero sottratto all' intellettualismo.Il pensiero pertanto, che nella posizione intellettuali-stica alla maniera di Platone, si trova innanzi alle idee e
non ha modo
di passare al positivo dell’ individuo, scopre l’individuo perchè lo realizza tosto che si sot-trae a quella posizione e pertantonon
si trova più allapresenza delle idee, fuori delle idee, che egli
ha
costruite e proiettate innanzi a sè;ma
si trova alla presenza di se medesimo, ossia di quel processo in cui le idee stesse sorgono e vivono,appena
dall’astratto si rivolga al con-creto. Nel quale dovrà quind’ innanzisempre
cercare ilfondamento
positivo d’ogni realtà. Ciò chesappiamo non
aver fatto Descartes, il quale ricadde subito nell’ intel-lettualismo.Nè
meglio vi è poi riuscita la filosofia po-steriore.8.
—
Universale e particolare nell’Io.Nel positivo di questo essere,
—
essere che io, pen- \sando, sono,
—
coincidono e s’immedesimano
la parti- ' colarità e l’universalità,dando
luogo al vero individuo, quale Aristotele lo definì, unità diforma
e di materia, dell’elemento ideale che è universale e dell’elemento im-mediato, positivo, che è particolare. S’immedesimano
(e questo è il punto),
non
perchè siano termini origina-riamentediversi equindiconcepibilil’unosenza l’altro,anzr
perchènon
si possono pensare senon come
differenzia-zione dell’identico. Infatti io, che sono in quanto penso,non
posso trascendere l’atto puntuale del pensare senza trascendereme
stesso.Non
sipuò
escogitare maggiore unicità di questa.Ma
se nelmio
pensare sta lamia
uni-cità, ilmio
stesso pensare è la maggiore universalità che ci sia: perchè questo pensieroonde
penso me, è quelIOO TEORIA DELLO SPIRITO