x.
—
Lo svolgimento come unità di unità e molteplicità.L’ultima difficoltà illustrata nel capitolo precedente
non
concerne,come
ormai dev’essere chiaro, il semplice concetto dello spirito,ma
il concetto del reale; ed alconcetto dello spirito si riferisce in
quanto
il reale, nella sua totalità, vien concepitocome
spirito. Giacché,mo-vendo
dall’attualità della coscienza, in cui la realtà spi-rituale si realizza, porre l’unità infinita della coscienza è porre l’unità del realecome
spirito.La
soluzione di questa difficoltà, cheabbiamo
avuto cura di presentare in tutta la sua forza, è per noi da cercare inun
concetto già esposto,quando avvertimmo
che lo spiritonon
è essere o sostanza,ma
processo co-struttivo o svolgimento. Chi dice svolgimento, dice in-fattinon
solo unità,ma anche
molteplicità; e dice rap-portoimmanente
tra unità e molteplicità.Ma non
c’èun modo
solo d’intendere tale rapporto; e bisogna distin-guere, e chiarire quindi con precisione ilmodo
in cui sivuol concepirelo spirito
come
svolgimento.2.
—
Concetto astratto dello svolgimento.Un modo
è quello per cui astrattamente sipone
l’unità fuori della molteplicità; e l’unità dello svolgimento siimmagina
a capo o in fondo allo svolgimento, principio, o risultato.4o TEORIA DELLO SPIRITO
Il
germe
diuna
pianta, p. e., si rappresentacome
l’an-tecedente indifferenziato del processo vegetativo, in cui si fa consistere lo sviluppo della pianta quale differen-ziamentoprogressivo emoltiplicazionedell’unità primitiva.In tal caso si crede di concepire,
ma
realmentenon
siha
la possibilità di concepire lo sviluppo della pianta:la quale si sviluppa e vive, in
quanto non
è soltanto suc-cessione di stati diversi,ma
unità di tutti i suoi stati, a cominciare dal germe.E quando
si contrappone ilgerme
alla pianta, e la tenera pianticella germogliata eappena
spuntata fuori del suolo, al grosso albero cheha
già dilatato irami
all’ intorno largamente, ci sfugge la pianta viva, e si raccostanodue immagini
astratte, quasidue morte
fotografìe di persona vivente.Abbiamo
sì la molteplicità,
ma non
la realtà che si vienmoltipli-cando
in diverse forme restandosempre
una.Un
altro esempio,non
toltoda vaghe
immaginazioni,ma da
sistemi scientifici e filosofici, è quello che ci for-nisceda una
parte la vecchia fisiologia vitalista, e dal-l’altra la recente fisiologia meccanista prevalsa nel se-colo scorso per reazione alla prima, e incorsanell’ identico errore di questa, poichésempre
gli estremi si toccano.Il vitalismo
poneva
la vitacome
l’antecedente necessa-rio o il principio delle varie funzioni organiche, forza organizzatrice, trascendente tutte le singole specifica-zioni di struttura e di funzione. Ilmeccanismo
abolì quell’unità antecedente ai differenti processi organici; iquali, sottratta quella base, divennero semplici processi fisico-chimici.
E
vagheggiò un’unità postuma, conse-guente al giuoco molteplice delle forze fìsiche e chimiche, che l’analisi positiva scopre in tutti i processi vitali.La
vita
non
fu più il principio,ma
il risultato; e parve chea
una
spiegazione metafìsicamovente da
un’ idea o entepuramente
ideale, sottentrasseuna
vera e propria spie-gazione scientifica e positiva, poichépunto
di partenza divennero fenomeni particolari, oggetto dell’esperienza.LO
In verità, a
una
metafisica spiritualistica e finalistica si sostituivauna
metafisica materialistica e meccanistica: euna
metafisica valeva l’altra, perchè nè l’unitàda
cuimovevano
i vitalisti nè quella a cui pervenivano i nuovi meccanisti, era unità: e gli uni e l’altriadoperavano
l’astrazione per intendere il concreto.
Che
è la vita,non come
unità astratta, sìcome
organisno, e cioè armonia, fusione, sintesi di vari elementi; in guisa che nè l’unità è senza la molteplicità, nè questa senza di quella.Nè
l’unità ci
può
dare la molteplicità,come
pretendeva l’antica fisiologia, nè la molteplicità cipuò
dare l’unità,come
pretende la nuova; per questa semplice ragione:che tanto quell’unità quanto questa molteplicità
non
sono principii reali,ma
semplici astrazioni, dalle quali convien tornare all’unità vera e alla vera molteplicità.Le
quali, lungi dall’essere l’una fuori dell’altra, sono la stessa cosa, lo svolgimento della vita.3.
—
Concetto concreto dello svolgimento.C’ è
dunque un
altromodo
di pensare il rapporto tra l’unità e la molteplicità: e sipuò
dire concreto in oppo-sizione al precedente, il quale, evidentemente, è astratto.Ed
è quelmodo
chenon
lascia concepire l’unità senon
attraverso la molteplicità, e viceversa: quello, che nella molteplicitàmostra
la realtà e la vita dell’unità.La
quale,
appunto
perciò,non
è,ma
diviene, si forma:non
è,come abbiamo
detto,una
sostanza, un’entità fìssa e definita,ma un
processo costruttivo,uno
svolgi-mento.4.
—
Unità come molteplicità.Dello spirito
sappiamo ormai
che è svolgimento. Con-cepire quindiuno
spirito inizialmente perfetto, ouno
spirito,
quando
che sia, definitivamente perfetto, ènon
42 TEORIA DELLO SPIRITO
concepirlo, o
non
concepirlo piùcome
spirito. Essonè
fu in principio,nè
sarà alla line, perchènon
è mai: di-viene. Il suo essere consisteappunto
nel suo divenire, chenon può
avere nèun
antecedente nèun
conseguente, senza cessar di divenire.Ora, questa realtà, che
non
è nè principio nè fine diun
processo,ma,
appunto, processo,non
sipuò
conce-pirecome
unità chenon
sia molteplicità; perchècome
tale
non
sarebbe svolgimento, cioènon
sarebbe spirito.La
molteplicità è necessaria alla stessa concretezza, alla stessa realtà dialettica dell’unità.E
la sua infinità, cheè l’attributo essenziale dell’unità,
non
è negata, anzi è confermata o, per meglio dire, si realizza attraverso la molteplicità: la quale ne è infatti il dispiegamento lungoil
cammino
in cui l’unità si attua.5.
—
Unità che si moltiplica e molteplicità che si unifica.Il concetto dialettico dello spirito,
insomma, non
solonon
esclude,ma
richiede la molteplicità spiritualecome
nota essenziale al concetto dell’unità infinita dello spi-rito.La
quale perciò è infinita unificazione delmolte-plice, com’ è infinita moltiplicazione dell’uno.
Non
già, si badi, che ci sianodue
processi,come
pen-sarono, col sohtometodo
astratto, i Platonici:uno
di discesa dall’uno, o di moltiplicazione, e l’altro di ascen-sione e ritorno all’uno, o diunificazione (idue
famosi cicli della formula giobertiana: 1’Ente
crea l’esistente, e resi-stente ritorna all’ente). Così si ricadrebbe nell’errore già criticato, del falsomodo
d’intendere lo svolgimento.Non
c’èmai nè
l’unonè
l’altro termine (uno, molteplice),nè come punto
di partenza,nè come punto
di arrivo.Lo
svolgimento è moltiplicazione che è unificazione, ed è unificazione che è moltiplicazione.Di un germe
chesi svolga
non
c’ è differenziamento che spezzi, sia pureLO 43 per
un
istante solo, l’unità.Nè
perciò lo spiritopone
o, se si vuole,ha
altro innanzi a sè, alienandosida
se mede-simo erompendo
la propria unità intimamediante
la posizione di un’alterità, che siapura
molteplicità.L
al-troda
noinon
è tanto altro chenon
sia noi stessi.E
siponga
sempre mente, che ilNoi
di cui convien par-lare,non
è l’empirico (nècome
ilcomposto
scolasticodi
anima
e corpo,nè come
puro spirito)ma
il vero Noi.trascendentale.
6.
—
Dialettica del -pensiero pensato.A
questoNoi
trascendentale, in cui soltanto è dato incontrare la realtà spirituale,—
èbene
osservarlo,—
appartiene in proprio il concetto dello svolgimento dia-lettico. Giacché anche la dialettica, c’ è
un
doppiomodo
d’intenderla; ed è necessario, ancora