• Non ci sono risultati.

limitarlo in quanto individuo, che particolarizza, e però determina e realizza l’universale dello spirito; questa na-tura

non ha

nel concetto dell’individuo il suo carattere specifico e discriminante; perchè l’individuo

come

na-tura, o individuo individuato, ci si è dimostrato

inintel-ligibile; e il solo individuo concepibile è quello che s’ in-dividua, lo stesso spirito.

J5.

L’ individuo e la molteplicità della natura.

Vero

è che con ciò

non abbiamo

ancora soddisfatte tutte le esigenze, per cui sorse nella storia della filosofìa

ilconcetto dell’ individuo

come

natura. L’ individuo

rap-io6 TEORIA DELLO SPIRITO

presenta bensì la positività di contro all’idealità del pensiero;

ma

rappresenta anche la molteplicità di contro all’unità del pensiero stesso.

E

la positività stessa s’ in-tegra e

compie

nella molteplicità, perchè 1’idealità sorge

come

intelligibilità del molteplice; e per superare quindi la

pura

idealità,

non

solo bisogna riafferrarsi al reale,

ma

al reale che sia molteplice. Il positivo infatti, così per Platone

come

per Aristotele e già per tutti i filosofi presocratici, è la natura

come

divenire, in cui tutto si

trasforma, e quindi son molte le forme dell’essere, molti gli oggetti dell’esperienza, o gl’ individui.

Soltanto gli Eleati unizzarono, secondo l’energica frase aristotelica.

Ma

dal

monismo

oggettivo di

Parmenide

pro-cede lo scetticismo agnostico di Gorgia, il quale, traendo

alsuo estremorigore il pensiero di

Parmenide

circa l’ iden-tità del pensare con l’essere, negò la possibilità di quella opposizione del

primo

al secondo, che è

un momento

indispensabile al concetto del conoscere, e negò quindi la possibilità del conoscere. Conoscere è distinguere; e quindi,

non

affisarsi in

un

termine unico,

ma

in più

ter-mini. Socrate scopre il concetto

come

unitàin cuiconcorre la varietà delle opinioni; l’idea platonica è tipo delle molte cose sensibili, che con la sua unità rende

pensa-bili la loro molteplicità; e tutta la filosofia

da

Talete in poi, nei primi ricercatori dei principii delle cose, che altro è se

non uno

sforzo di raggiungere l’unità

movendo

dallapluralità indefinita degli esserioffertidall’esperienza?

Questa la storia del pensiero, che all’unità

ha

aspirato

sempre

affinché questa rendesse intelligibile,

ma non

di-struggesse, la molteplicità delle cose individuali e posi-tive; e questa purela logica.

Che

se all’unità dell’univer-salefacesse riscontro

un

individuo unico, l’individuo stes-so

come uno

sarebbe universale, tutto, e quindi ripete-rebbela posizione ideale dell’universale, e

non

ci darebb

il pos'tivo:chè senoi possiamo pensareal cavallo hmfcrc,

IL POSITIVO COME AUTOCTIS1 7

come

pensiero dei cavalli,

quando

la natura

non

ci desse altro che

un

cavallo solo, questo

non

si distinguerebbe più dal cavallo ideale, e

non

potrebbe quindi servire al pensiero

da punto

d’appoggio per il

pensamento

del-l’universale.

Non

sarebbe il positivo di quell idea.

L

uni-versale è mediazione dei particolari, e devesi perciò

svi-luppare attraverso più positivi.

16.

— La

necessità del molteplice.

Noi

invece

abbiamo

trovato

una

positività che importa identità dell’individuo con l’universale. Io penso, e pen-sando realizzo

un

individuo che è universale, ed è perciò tutto quel che dev’essere, assolutamente: oltre il quale, fuori del quale

non

si

può

cercare altro.

Ma

si

può

dire

allora che io abbia realizzato qualche cosa?

£

qualche

cosa di positivo quest’essere che nella sua unità riproduce la disperata posizione di Parmenide, rendendo

impos-sibile ogni passaggio

da

esso

ad

altro ?

Penso

io

vera-mente me

stesso, se

non

penso altro che

me

stesso ? Per rendere concepibile l’individuo, e liberarlo dalle diffi-coltà in cui esso era gittato dalla sua opposizione all’uni-versale,

non abbiamo

noi distrutta l’essenza stessa della individualità?

Contro

Parmenide

sta Democrito.

E P

individuo di

Aristotele è

un omaggio

reso al

motivo

di vero che il

democritismo rappresenta control’eleatismo prevalso nella concezione idealistica di Platone:

un omaggio

reso a quell’esperienza, a cui il grande idealista ateniese aveva voltate le spalle,

quantunque

si sforzasse poi tuttavia di ritornarvi. L’ idea è l’intelligibilità del

mondo

:

ma

dev’essere intelligibilità di quel

mondo

che è molteplicità d’individui.

io8 TEORIA DELLO SPIRITO

iy.

Il concetto della molteplicità.

Ebbene,

un omaggio

al più profondo

motivo

di vero dell’atomismo democriteo, che è il bisogno della diffe-renza, noi pure l’abbiamo reso

quando abbiamo

esposto

il concetto dello spirito

come

processo 1; e ora

potremmo

riferirci a quel che allorafudetto,

mostrando come

l’unità dello spirito

non

escluda se

non

l’astratta molteplicità, poiché tale unità è in se stessa molteplicità:

una

molte-plicità concreta che si spiega nell’unità del processo spi-rituale. Se

non

che qui l’esigenza della molteplicità

ri-sorge con

un

aspetto nuovo, che bisogna accuratamente rilevare. Giacché si

guardava

alla molteplicità che

s’

impone

allo spirito dal di dentro: in

quanto

egli è co-scienza delle cose e delle persone, le quali son molte, le

une e le altre.

E

certamente

non

c’ è altra molteplicità oltre di questa, che lo spirito si

vede

sorgere innanzi dal suo seno stesso.

Ma

all’atomista (e atomista è in fondo chiunque senta il bisogno dell’ individuo

come

qualcosa

onde

si

debba

integrare e realizzare il pensiero) pare che la molteplicità, in

quanto

molteplicità positiva, sia ancora di là

da

quella molteplicità che apparisce al soggetto.

Non

basta concepire

un mondo

svariato e ricco di parti-colari, perchè questo

mondo

esista:

può

essere

un

sogno.

E

sogno sarebbe per l’atomista, se le nostre rappresen-tazioni

non

potessero spiegarsi trascendendo il soggetto, e additandone l’origine nella molteplicità reale delle cose.

giova per lui avvertire,

come abbiamo

avvertito, che

le cose reali e le cose sognate

non

si discriminano

da

sé,

ma han

bisogno del soggetto che le discrimini, senza di che la stessa veglia sarebbe tutta

un

sogno,

da

cui

non

ci

I Cfr. cap. III.

IL POSITIVO

sveglieremmo mai.

Non

giova, perchè egli

sempre

ci

ri-peterà che queste cose reali che il soggetto

oppone

alle sognate,

non

sono reali perchè ce le rappresentiamo (chè le cose rappresentate

presuppongono

le altre, chegenerino in noi coteste rappresentazioni);

ma

piuttosto ce le rap-presentiamo

come

reali, perchè sono reali in se stesse, di

una

realtà che è a base di quella che noi si attribuisce loro: d’una realtà in sè, che è la vera, la sola positiva, la natura,

dove

sono gli individui

veramente

individui, gli atomi in se stessi inconoscibili. Lì è lapositività vera, a cui il pensiero deve appoggiarsi se

non

vuole annaspare nel vuoto e aggirarsi in

un mondo

di

vane ombre

di se medesimo.

E

non

c’è la molteplicità

da

noi pensata

come

tale (e che

non

si

può

pensare senza unificarsi),

ma

la molteplicità in sè: che è il solido

fondamento

di tutte le differenze e opposizioni individuali, e quindi della complessa vita della realtà.

Sicché, attraverso il concetto dell’ individuo, ritorna in

campo

lamolteplicità con la pretesa di accamparsi ancora

al di di quella molteplicità che noi

abbiamo

dimostrata

immanente

al processo dello spirito, e postulante per-tanto

una

natura in sè,

fondamento

a tutta la vita dello

spirito e condizione all’esatto concetto dell’individuo, in-teso

come

positività integrante del pensiero.

E

noi torniamo a scrutare cotesto concetto della molte-plicità.

D’una

molteplicità,

come ognun

vede, oscura perchè trascendente lo spirito, caotica perchè sottratta a ogni unità,

onde

possa stringerla

un

atto spirituale, pau-rosa

come

1’infinito leopardiano, in cui il pensiero

s’an-nega

(per la stessa ipotesi!).

Dobbiamo

pure scrutarla, perchè,

malgrado

la sua trascendenza, essa,

-

ricordia-moci

dell’avvertenza di Berkeley,

-piglia posto tra i

nostri concetti, e anche l’atomismo è

una

filosofia:

un

concetto

può

mantenersi senza resistere agli altri con cui nella nostra

mente deve

coesistere.

no

TEORIA DELLO SPIRITO

18.

Impensabilità di una molteplicità pura.

Già

una

pura molteplicità

non

solo è inconoscibile,

ma

impensabile. I molti sono

sempre un

insieme; e se

cia-scuno

non

fosse cogli altri, sarebbe uno,

non come

parte,

ma come

tutto: unitàassoluta: quell’unità che l’atomismo nega.

Ec’è

dell’altro.

Data

la molteplicità a, b, c, d a

non

dev’essere b,c, nè d ecc.

E

così b, c, d, ecc.

Ma

che

una

cosa

non

sia l’altra

non

èpossibile, assolutamente, se

non

si

nega

ogni relazione tra le due, poiché relazione importa certa identità.

Dunque,

la molteplicità reca con sè necessariamente

1’inelatività assoluta dei molti, che ne fanno parte.

Di modo

che a

non

solo

non

dev’essere b,

ma non

dev’essere nè anche relativo a b.

E

questo è assurdo, perchè chi dice «

non

essere», dice esclusione reciproca, e quindi re-lazione.

Ancora: posta pure la molteplicità, questa moltepli-cità

non può

essere assoluta senza essere di elementi as-solutamente semplici: altrimenti ogni

composto

sarebbe un’eccezione alla molteplicità, organizzandola e unifican-dola.

Ma

il semplice (atopov, atcmoc; ovaia) viene

ad

essere, a sua volta,

una

flagrante violazione della legge della molteplicità: perchè il semplice è uno. L’atomista,

mo-vendo

dall’unità dell’esperienza, la nega, spezzandola, di-videndola: questa è la logica del suo pensiero. Egli quindi

dove

trova unità, dovrebbe dividere, nè arrestarsi

all’ato-mo, ma

disperdere l’atomo stesso all’ infinito; e allora

non

avrebbe più la molteplicità, che richiede i suoi ele-menti.

Ancora: data pure questa molteplicità,

come

la fanta-stica l’atomista, a che gli servirebbe essa? Gli atomi,

come

le idee, sono escogitati quale principio del reale:

in cui c’ è la unità,

ma

c’ è anche la molteplicità (donde

1’inservibilità delle idee,

messa

in chiaro

da

Aristotele);

c’ è la molteplicità,

ma

c’ è anche l’unità, il rapporto,

l’urto degli atomi, l’aggregazione della materia, ecc.

Ma

posti i semplici assolutamente irrelativi, l’urto è impossi-bile, perchè esso è relazione, per

quanto

estrinseca; e posto l’urto, finisce la irrelatività, la semplicità e la

mol-teplicità.

Difficoltà

non

nuove, poiché più o

meno

chiaramente, più o

meno

energicamente, sono state

sempre

sollevate contro l’atomismo, e, mutatis mutandis, contro ogni plu-ralismo.

Ma

esse

non hanno

impedito che

da

tutti i fi-losofi, anche avversari del pluralismo, il

mondo

fosse rappresentato nello spazio e nel tempo, e che ogni

in-dividuo positivo fosse pensato

come

determinato hic et

nunc

: esistente in quanto esiste nello spazio e nel tempo.

Perciò converrà pur dire dello spazio e del tempo.

Capitolo IX

Documenti correlati