eterna-mente
in sè, e la eterna nella propria eternità.Esempio. Questa
immanente
eternitàè quellacheognuno
di noi, senza approfondirsi nella speculazione idealistica, intuisce e afferma nell’opera d’arte, la quale è immortale se opera d'arte.
Ma
com’è immortale?Come una
tra le opere d’arte, cronologicamente determinate nella loro serie ?come
fatto ?—
No, evidentemente.La
suaimmor-talità è nello spirito, che la sottrae alla molteplicità; e la sottrae, p. es., apprendendola e gustandola, cioè
ri-creandola in sè, con
un
atto creativo, in cui soltanto l’opera d’arte attinge la sua attuale realtà: quella realtà chenon ha
antecedenti, nè conseguenti,ma
è unica,dell’unità che
domina
il tempo, e ne trionfa col giudizio intorno al valore dell’opera stessa: giudizioimmanente
all’atto creativo.
— E
senon
si leggesse, senon
siri-creasse ?
— La
ipotesi stessa distrugge il problema; poi-ché qui si tratta di intendere l’immortalità dell’arte:ossia dell’arte che c’ è; e l’arte c’ è, in
quanto
si conosce, e c’è per noi.15.
—
L’immortalità non èun
-privilegio.
Ma
si dirà forse che l’immortalità è solo degl’immor-tali; e cioè nè anche di tutta l’individualità degli uomini che vivono nella
memoria;
bensì solo di queimomenti
di valore universale, che essi seppero vivere col loro spirito privilegiato, a tratti, e talora per
una
volta sola, nella lorovita?—
L’esempio cheabbiamo
recato,non può
aver altra portata che diun
esempio; il quale, toltoda
una
materia in cui la verità speculativa siintuisce già nel pensarecomune, può
aiutare a salirefino allaverità stessa nella sua universalità. Gl’immortali (i poeti, i filosofi, gli eroi tutti dell’umanità) sono della stessa stoffa di tutti gli uomini, anzi di tutte le cose. Niente si ricorda e tutto145
si ricorda; niente è immortale, se la immortalità si vuol riconoscere dal segno dell’empirico ricordo; e tutto è im-mortale, se il ricordo,
onde
il reale si perpetua e vinceil tempo, s’ intende
come
soltanto sipuò
intendere a rigore. Già loabbiamo
visto: lamemoria, come
conser-vazione del passatomummificato
e sottratto allamente
lungo la serie stessa degli elementi del tempo, èun
mito.Niente si ricorda in questo senso, niente sta 0 si ripete
dopo
essere stato, e tutta la realtà inesorabilmente in-veste, per definizione, 1’innumerabilisannorum
series etfuga temporum, di cui parla il poeta. Ciò che si sottrae alla dea Libitina, e sta,
monumento
più duraturo del bronzo, è ilcarme
nella fantasia del poeta, nell’atto della creazione, col suo eterno valore,onde
risorgeràsempre
nell’umana fantasia,non
perchè siasempre
quella poesia, anzi perchè èuna
poesiasempre
nuova, reale nell’atto del suo ravvivarsi, inun modo
che saràsempre
nuovo, perchèsempre
unico.La
poesia d’Orazio, quale noi pos-siamo collocarla inun punto
della serie degli anni, è travolta dalla fuga deltempo;
e Orazio,come uomo
che
nacque
e morì, èben
morto; e il suomonumento
sorge in noi, in
un Noi
che, inquanto
noi, soggetto e attoimmanente, non
èdiversoda
quellodiOrazio. Giacché Orazio, oltre che oggetto tra gli altri molteplici compre-senti nella storia che noi sappiamo,quando
lo leggiamo, ci si presentacome non
altra cosada
noi,ma
nostro fratello e padre, anzi il nostroNoi
stesso, nella sua in-teriore trasparenza, nell’identità di sè con sè.Onde
ciò che è reale nel ricordo,non
viene a noi dal passato,ma
si crea nell’eternità del nostro presente, dietro al quale
non
c’è passato,come
innanziad
essonon
c’ è futuro.E
selavera eternità delpoetanon
èdelpoeta inquanto appartiene al molteplice, bensì del poeta che si risolve nell’unità dell’ Io trascendentale, principioimmanente
di ogni esperienza, e cioè inquanto
il poeta è noi stessi, chi, o che cosanon
è eterno a questomodo,
risolvendosiGentile,Teoria generaledelloSpirito. 10
146 TEORIA DELLO SPIRITO
nell’
Uno
chenon
passa ? Qual’è la parola che suoniun
istante nel segreto dell’anima
nostra, o quale il gra-nello di sabbia che giaccia sepolto nel fondo dell’Oceano, o quale l’astro immaginabile aldi là d’ogni nostra attuale o possibile osservazione celeste, chenon
occorra enon
s’incentri in quell’
Uno,
in rapporto al quale tutto è pensabile?Che
cosa sarebbe lo stesso nostro corpo em-piricamente rappresentato, se potessenon
essere con-sideratocome un
punto, intorno al quale gravita tuttal’indefinita natura?
E
che cosa esso sarebbe, se noi lo distaccassimo, nella sua spaziale e temporale molteplicità, dall’ Io,da
quell’energia trascendentale che lopone
e visipone
?E come
potrebbeuna
parolasuonare nelnostro interno, senza esseruna
determinazione dell’animo nostro, e quindiuna
realtà a grado a grado propagantesi, o se sivuole, ripercotentesi concentricamentenellanostra vita, e, attraverso la nostra vita, nella realtà universale, che, pure empiricamente rappresentata,non può
pensarsinon
formante tuttaun
sistema ?E
chi alloranon
è statoo
non
è poeta, che possa dire con Orazio: exegimonu-mentum
aere perennius? Tutto ciò che passa,non può
nep-purerappresentarsiempiricamentesenon come
confluente,compresentemente
al futuro, nell’attualità del presente:il quale, inteso in
maniera
speculativa,non
èun
presente in bilico tradue
termini opposti,ma
l’eterno, negazione d’ogni tempo.16.
—
L’ immortalità del mortale.Quel che
muore
di noi e dei nostri cari è la materialità chemai non
è stata. Giacché la materialità che è vera-mente,non
è quella semplice astrazione dall’atto spiri-tuale, che è la materialità apparente, a cui d’ordinario guardiamo, inconsapevoli dello spirito che l’avviva e la fa essere. Quell’astrazionenon
è immortale, perchè essanon
esiste.La
materialità che è molteplicità dello spirito.l’immortalità z47 è nello spirito; e in esso è e vale quel tanto che realizza dello spirito.
La
sua immortalità consiste nella suamorta-lità. Perchè la unità dello spirito è l’intelligibilità della molteplicità naturale.
La
quale,non
presa in astratto, è la natura dello spirito (il molteplice dell’uno); e perciò partecipa dell’ immortalità di questo;ma non può
par-teciparvi distruggendolo, anzi distruggendovisicome
na-tura: che èappunto
quel che accade,non
in virtù,ben
inteso, della natura stessa, che è l’esteriorità dell’atto spirituale, bensì di questo, che,
come abbiamo
dichiarato,non pone
il molteplice senza unificarlo nell’atto stesso che lo pone, enon dà
perciò vita chenon
sia morte.La
vita che
non
fossemorte
dell’oggetto posto dallo spirito,importerebbe l’abbandono dell’oggetto
da
parte dello spi-rito stesso:una
vita impietrata, lamorte
assoluta.La
vera vita invece s’immedesima
con la morte; però l’ im-mortalità del molteplice (cose e uomini, che, in quanto molti, son cose) è nellasua eterna mortalità.iy.
—
L’individuo immortale.L’individuo, dunque, è mortale o immortale? L’ indi-viduo aristotelico, che è pur quello del pensare
comune,
è mortale; e cioè la sua immortalità è la sua mortalità,
(
perchè la sua realtà è nello spirito immortale.
Ma
immor-tale è l’individuo
come
atto spirituale, che è individuo individuandosi. Nell’atto,come
puro atto, dello-spirito, fuori del quale nulla c’è chenon
sia astrazione, èdunque
il regno dell’immortalità.
Se l’uomo
non
fosse questo atto, enon
si sentisse, perquanto
oscuramente, in questo suo essere che èimmor-tale, egli
non
potrebbe vivere, perchè incorrerebbe in quell’assoluto scetticismo pratico, il qualenon
sarebbeun
semplice tentativo dinon
pensare,—
com’è statosempre
lo scetticismo teorico o astratto, che s’ è fatto tante volte strada nei petti umani,— ma
l’arrestoeffet-148 TEORIA DELLO SPIRITO
tivo del pensare; del pensare, concui
non
sipuò
percepire senon
il vero nelmondo
dell’eterno.E
sipuò
essere enon
pensare, se essere è, alla radice, pensare, o meglio pensarsi? L’energia che sostiene la vita, èappunto
la consapevolezza del divino e dell’eterno, per cui lamorte
e lo svanire di ogni cosa caduca si
guarda sempre
dal-l’alto della vita immortale.