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Il tragitto dei simulacri dagli aistheteria alla dianoia

2. Dalla parte del soggetto: la fisiologia del criterio

2.3 Il tragitto dei simulacri dagli aistheteria alla dianoia

Relativamente ai passi sopra esaminati, ciò che è importante tener presente, oltre alla necessità della symmetria ton poron, è l’idea che gli aistheteria e la dianoia occupino due regioni differenti dell’organismo umano106. Significativa, in proposito, l’espressione pros

ten dianoetiken sygkrisin utilizzata da Epicuro nelle righe del XXV libro sopra riportate,

nelle quali si fa riferimento all’homoioschemia107, ovvero alla similarità, e non all’identità, tra i simulacri che colpiscono la mente e quelli che impattano gli altri organi sensoriali. Ma che i simulacri che penetrano la mente siano i medesimi di quelli che attraversano gli occhi è testimoniato dall’uso della congiunzione kai del passo di Epicuro, che, come rimarcato da Masi, contribuisce a non appiattire la questione esclusivamente sull’ipotesi, avanzata da Corti108, secondo cui il filosofo ammetterebbe l’esistenza di

eidola in grado di penetrare direttamente nella mente109. In linea con queste

104 Nella sezione del XXXIV libro del Peri physeos riportata sopra (col. XXII), infatti, l’oggetto del discorso

erano in special modo le visioni che si formano durante il sonno, le quali, del resto, costituiscono il filo rosso dell’intero XXXIV libro (o perlomeno delle sezioni di cui ad oggi disponiamo).

105 Leone 2002a, p. 127. Questo il passo di Diogene, nella traduzione proposta da Smith: «If they (scil. the

images) have the form (morphe) of such things as are congenial to our nature (physis), they make the soul exceedingly glad; but if of such things as are repugnant to our nature, they fill the whole man with a [great] perturbation and fear and [set] his heart pounding» (fr. 43 II 5 ss.).

106 Differentemente da quanto si evince dall’Epistola a Erodoto, che, secondo l’interpretazione di Verde

(2010, pp. 189-190, 194-195), non perverrebbe a teorizzare alcuna partizione della sfera psichica, il XXV libro del Peri Physeos sembra prospettare una diversa locazione dell’elemento prettamente noetico rispetto al resto della psiche.

107 Come spiegato nel capitolo 1.2 della Parte Prima del nostro lavoro, il concetto di homoioschemia si

riferisce a un’omogeneità di schema (figura), ossia a un’omogeneità concernente i caratteri stabili ed essenziali dell’oggetto, ossia a quell’insieme di proprietà che restano immutate nel cambiamento.

108 Corti 2015, p. 92.

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considerazioni, sembra farsi strada l’ipotesi che gli eidola, per raggiungere, penetrare e impressionare la mente debbano compiere un tragitto tutt’altro che semplice e sgombro di ostacoli, tanto più per i primi simulacri che si trovano a intraprenderlo, dal momento che tale percorso deve essere aperto anche tramite degli “urti”110. Ciò potrebbe indurre a pensare, come messo in luce da Masi, che per giungere a produrre impressioni nella

dianoia gli eidola debbano attraversare aree dell’organismo caratterizzate da una

costituzione atomica particolarmente densa e compatta, tale da rendere estremamente impervio il passaggio111. Rettificando una riflessione condotta da Leone nel commento relativo alla colonna XXIV del XXXIV libro dell’opera Sulla natura112, Masi trova conferma della proposta di lettura appena delineata nelle seguenti parole di Epicuro:

« ... anche se la compattezza (pyknotes) non è d’aiuto, le simmetrie dei pori (symmetriai ton

poron) fanno in modo che in questi impatti anche per essi (scil. per gli atomi, o per le

immagini) ci siano i passaggi; quante cose allora anche nascono ... ».

Laddove Leone riferiva il termine pyknotes113 alla “compattezza” delle immagini, ritenendo che essa richiamasse il carattere dell’allelouchia che Epicuro, nel contesto del II libro del Peri Physeos, ascrive alla compagine dei simulacri atomici, Masi propone di riferire la pyknotes in questione proprio alla “compattezza” e all’estrema densità della struttura porosa manifestata dal soggetto percipiente114. Questo spiegherebbe anche l’uso da parte di Epicuro dell’aggettivo homoioschemon: le immagini, lungo il tortuoso cammino che collega gli occhi alla mente, attraverso aree della systasis particolarmente dense e compatte, subiscono un’inevitabile alterazione della loro morphe, preservando tuttavia la loro figura originaria, e continuando così a veicolare i tratti essenziali e immutabili dell’oggetto da cui si dipartono115. Gli eidola che penetrano la mente, perciò,

110 Efficace, a tal proposito, il titolo di un contributo di Masi, Dagli occhi alla mente. Il cammino tortuoso

degli eidola (2015), al quale rimandiamo per una trattazione esaustiva della questione. A proposito degli

“urti” (emptoseis) chiamati in causa da Diogene di Enoanda nel fr. 9 II 9-IV 2, è utile richiamare quanto riportato da Epicuro nella col. XXIII del già citato XXXIV libro dell’opera Sulla natura. In quel luogo, infatti, accanto alle collisioni meccaniche che si verificano tra gli atomi (kata tas pros allelas krouseis), vengono menzionate anche delle collisioni che dipendono da noi (para tas ex hemon). Come rimarcato da Leone, sembra qui evincersi «una distinzione tra due tipi di krouseis atomiche, forse da intendersi come esterne e interne alla psiche» (Leone 2002a, p. 129), rilievo che, a nostro avviso, costituirebbe un’ulteriore indizio della dislocazione della dianoia rispetto agli altri organi di senso.

111 Masi 2015, pp. 116-117. 112 Leone 2002a, pp. 130-131.

113 La pyknotes è concetto rintracciabile in Democrito, il quale la ascriveva tanto alla membrana esterna

degli occhi, quanto all’aria (cfr. Leone 2012, p. 94).

114 Masi 2015, p. 117-118.

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sono gli stessi eidola che attraversano gli occhi, sottoposti a un processo di contrazione (synizesis) che ne muta inevitabilmente la morfologia.

Significativa, in relazione alle questioni di cui ci stiamo occupando, l’argomentazione che si incontra nell’Epistola a Erodoto all’altezza dei paragrafi 49 e 50. In quel luogo, Epicuro ascrive ai simulacri «una grandezza (megethos) adatta alla vista (opsis) o al pensiero (dianoia)» (Hrdt. 49), che, dando luogo a un impatto proporzionato (kata ton

ekeithen symmetron epereismon), consente il mantenimento della conformità

(sympatheia) delle immagini agli oggetti da cui provengono (Hrdt. 50). Sfortunatamente, non ci viene fornita alcuna informazione in merito alle modalità che permettono il verificarsi di tale processo. Scartata l’ipotesi per cui i simulacri che impattano gli occhi e quelli che impattano la mente possiedano nature, e dunque grandezze, originariamente eterogenee116, sembra profilarsi la possibilità che il filosofo si riferisca al fatto che la capacità di contrazione, complice l’allelouchia che ne qualifica la compagine, consente alle immagini di assumere dimensioni idonee all’attraversamento anche di quelle aree dell’organismo che circondano la dianoia la cui struttura atomica risulta considerevolmente serrata e di non facile penetrazione117.