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Rilievo epistemologico e risvolti etic

L’epistemologia epicurea

3. Il metodo delle molteplici spiegazion

3.1 Rilievo epistemologico e risvolti etic

Epicuro non fu certo il primo pensatore a ricorrere al procedimento euristico basato sulle molteplici spiegazioni al fine di render conto di alcune categorie di eventi naturali. Già Aristotele e Teofrasto dovettero ricorrervi, e in special modo la formulazione da parte di quest’ultimo, considerato l’effettivo ideatore del metodo, dovette avere sul filosofo di Samo un’influenza considerevole, benché occorra fare attenzione a non appiattire l’originalità e le peculiarità del dettato epicureo sulla dottrina teofrastea382. Il pleonachos

tropos concepito da Epicuro, infatti, ruota ineludibilmente intorno a quello che, come è

emerso dall’esame dei canoni e dalla teoria della verità, rappresenta il perno dell’intera teoria della conoscenza del Kepos: l’accordo con i fenomeni (tois phainomenois

symphonia). οὐ γὰρ κατὰ ἀξιώματα κενὰ καὶ νομοθεσίας φυσιολογητέον, ἀλλ’ ὡς τὰ φαινόμενα ἐκκαλεῖται· 380 Bakker 2016, p. 8. 381Ibid.

382 Per un’esaustiva trattazione del metodo delle molteplici spiegazioni nella formulazione proposta da

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«Non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazioni di principi teorici, ma in base a ciò che l’esperienza sensibile richiede» (Pyth. 86).

Occorre fare physiologia senza forzare i fenomeni, senza «far violenza all’impossibile (μήτε τὸ ἀδύνατον παραβιάζεσθαι)» (Pyth. 86), pretendendo di ricondurre a un’unica spiegazione fenomeni come quelli celesti, la cui genesi è intimamente connessa all’operare di più aitiai. Scrive il filosofo:

διὸ δὴ καὶ πλείους αἰτίας εὑρίσκομεν τροπῶν καὶ δύσεων καὶ ἀνατολῶν καὶ ἐκλείψεων καὶ τῶν τοιουτοτρόπων ὥσπερ καὶ ἐν τοῖς κατὰ μέρος γινομένοις, καὶ οὐ δεῖ νομίζειν τὴν ὑπὲρ τούτων χρείαν ἀκρίβειαν μὴ ἀπειληφέναι, ὅση πρὸς τὸ ἀτάραχον.

«quanto a rivoluzioni e tramonti e levate ed eclissi e altri fenomeni simili [...] troviamo più

aitias, <e> non si deve ritenere che, circa queste cose, non si sia raggiunta quella utile

conoscenza accurata in grado di contribuire alla nostra assenza di turbamento e alla nostra beatitudine» (Hrdt. 79-80).

Quest’ultima puntualizzazione è fondamentale, poiché consente di vagliare con la dovuta prudenza testimonianze potenzialmente ambigue come quella rinvenibile nelle Naturales

Quaestiones senecane (VI 20, 5), in cui il ricorso epicureo al metodo delle molteplici

spiegazioni viene interpretato come un tentativo messo in atto dalla finitezza umana per render conto di fenomeni spiegabili unicamente tramite congettura (coniectura). Lungi, invece, dal supplire a un’incapacità umana, il pleonachos tropos rappresenta «la diretta e necessaria conseguenza del fatto che fenomeni particolari come quelli celesti hanno intrinsecamente diverse cause della loro formazione»383. Violare la symphonia tois

phainomenois, ammettendo soltanto alcune spiegazioni e rifiutandone altre, sebbene

anch’esse in accordo con l’enargeia, significherebbe uscire dall’ambito della scienza della natura (physiologia) e cadere nel mito (epi ton mython katarrhei: Pyth. 87), perdendo così quella serenità dell’anima che ci proviene da un’accurata conoscenza dei fenomeni naturali (cfr. anche Pyth. 96 e 98). Tale conoscenza, tuttavia, è bene che si limiti alle cause capitali (kiriotatai aitia), poiché lo stupore (thambos)384 propria di coloro che si dedicano a uno studio eccessivamente dettagliato dei fenomeni, dimentico della loro relazione al tutto, procura in ultima istanza paure ancor maggiori rispetto a quelle di coloro che di quei fenomeni non possiedono conoscenza alcuna (Hrdt. 79). La posizione

383 Verde 2013b, pp. 80-81.

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epicurea in merito al rapporto tra lo stupore dell’uomo e il sapere si rivela particolarmente interessante se paragonata a quella aristotelica, la quale pone la meraviglia (thauma, vocabolo che possiede la medesima radice di thambos) all’origine della conoscenza. Scrive Aristotele:

«Infatti gli uomini, sia da principio che ora, hanno cominciato a esercitare la filosofia attraverso la meraviglia (thauma). Da principio esercitarono la meraviglia sulle difficoltà che avevano a portata di mano; poi progredendo così poco alla volta, arrivarono a porsi questioni intorno a cose più grandi, per esempio su ciò che accade alla luna, al sole e agli astri e sulla nascita del tutto» (Metaph. A, I 982b).

Questo rapporto tra meraviglia e filosofia/conoscenza teorizzato dallo Stagirita sembra venir capovolto dalla scuola epicurea, la quale, postulando che lo studio della realtà debba prendere le mosse dalla consapevolezza di quei «mattoncini» che, aggregandosi e disgregandosi nel vuoto, sono in grado di regolare l’andamento del tutto, pone all’origine del sapere qualcosa che, lungi dal destare stupore o meraviglia, appare piuttosto come un che di ovvio e familiare. Siamo, infatti, dell’avviso che, agli occhi di Epicuro, una forma di meraviglia davvero genuina, liberata dal pericolo di ripiombare nella schiavitù procurata dal timore o dal ricorso alla potenza divina, sia conseguibile solo una volta che si sia guadagnata una conoscenza adeguata e accurata dei fenomeni.

La beatitudine, perciò, deriva da una conoscenza del reale che, seppur anacronisticamente, potremmo definire di matrice “occamistica”385: solo dopo aver afferrato l’organizzazione dei principi capitali (ton kyriotaton oikonomia) (Hrdt. 79), nella consapevolezza che la natura costituisce un tutto massimamente organico, è possibile raggiungere la liberazione dai timori e dedicarsi, con animo imperturbato, a un’analisi più dettagliata e minuziosa delle cause, «senza temere gli artifici degli astronomi, degni di schiavi» (Pyth. 93)386. Le molteplici spiegazioni cui bisogna ricondurre i fenomeni celesti devono dunque soddisfare le seguenti condizioni:

1. l’accordo con l’enargeia;

385 Verde 2010a, pp. 224-225. L’occamismo ante litteram di Epicuro trasparirebbe dalla stretta connessione,

stabilita dal filosofo, tra il metodo delle molteplici spiegazioni e l’economia dei principi fondamentali della natura, identificabili con gli atomi e il vuoto.

386 Questa concisa affermazione di Epicuro rimanda alla polemica contro gli artifici e le «macchine

astronomiche» (organa) condotta dal filosofo nel libro XI del Peri Physeos specialmente di contro alla scuola di Eudosso di Cnido. A quest’ultimo e ai suoi seguaci, infatti, viene fatta risalire la costruzione di alcune strumentazioni astronomiche in grado di ricreare la volta celeste in modo da semplificarne l’indagine. Cfr. Verde 2010a, p. 225.

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2. la connessione con i principi capitali che reggono il tutto: gli atomi e il vuoto387. Alla luce di queste premesse, è necessario capire come sia possibile lo studio di fenomeni adela e complessi quali i meteora. Poiché evidentemente non è possibile occuparsene attraverso un’osservazione diretta, occorrerà prendere in considerazione i segni (semeia) di ciò che avviene in essi, segni che ci vengono offerti attraverso «alcuni fenomeni che si verificano intorno a noi (par’hemin) e che possiamo osservare direttamente nel modo e nel luogo in cui avvengono» (Pyth. 87)388. Di tali eventi riusciamo più facilmente a reperire le cause, trasferendo poi le informazioni ricavate dal loro studio, attraverso il metodo inferenziale per analogia389, ai fenomeni celesti. Questo rapporto di analogia ci consentirà, quindi, di render conto del fenomeno celeste, mercé la formulazione di molteplici spiegazioni, rigorosamente vincolate al banco di prova dell’enargeia390. Esplicativo, a tal proposito, il caso della formazione dei tuoni (Pyth. 100), in cui una delle spiegazioni addotte, l’aria che ruota vorticosamente nelle cavità delle nubi, viene chiarita attraverso l’analogia con il fenomeno, alla portata di tutti, che si verifica nei nostri recipienti391.

Senza voler entrare nel merito di questioni legate alla semiotica epicurea, basti per ora porre in luce come il metodo delle molteplici spiegazioni sia il solo che consenta di descrivere i meteora con quella akribeia (precisione)392 propria di una ricerca scientifica che permetta di raggiungere il fine per cui deve essere svolta (Pyth. 116): l’assenza di turbamento e la beatitudine. Così ribadisce lo stesso Epicuro:

«Fornire per questi fenomeni un’unica spiegazione, laddove i dati dell’esperienza ne indicano molte, è da pazzi ed è procedura incoerente, propria di coloro che seguono con zelo la falsa astrologia e adducono ragioni prive di fondamento per alcuni fenomeni, perché mai liberano la natura divina da tali incombenze [...]. Dare una soluzione unica in merito a tali fenomeni è propria di coloro che vogliono spacciare chiacchiere al volgo» (Pyth. 113-114).

È doveroso precisare che, sebbene tanto l’Epistola a Erodoto (78-80) quanto l’Epistola a Pitocle (85-88) sembrino delineare il pleonachos tropos come un metodo unico e omogeneo, esso in realtà, come evidenziato da Bakker, presenta, a seconda del

387 Ivi, p. 226.

388 In Pyth. 97 Epicuro parla di «dati dell’esperienza che bisogna assumere come indizi (syntheorein)» per

conoscere ciò che non cade sotto i sensi (cfr. anche Pyth. 104).

389 L’inferenza per analogia costituirà l’oggetto d’indagine del prossimo capitolo (cap. 4) del nostro lavoro. 390 Cfr. Verde 2013b, pp. 81-82. Per dirla con un motto di Epicuro, «purché sempre ci si attenga ai dati

dell’esperienza e si sappia capire ciò che a essi è analogo» (Pyth. 102).

391 Cfr. Verde 2013b, p. 82.

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fenomeno di volta in volta indagato, numerose variazioni393. Le diverse formulazioni offerte da Epicuro, infatti, si differenziano perlomeno in relazione alle seguenti istanze394: - numero complessivo delle spiegazioni proposte, che varia da due a nove;

- esaustività della serie di spiegazioni avanzata per ciascun fenomeno: in alcuni casi, infatti, come a proposito della generazione delle nubi esaminato poc’anzi, Epicuro non esaurisce la lista delle possibili spiegazioni del fenomeno, lasciando aperta la strada a soluzioni ulteriori;

- esclusività reciproca che talvolta emerge tra alcune delle spiegazioni avanzate, come per esempio in riferimento al fenomeno dell’eclissi lunare, conseguente o all’ombra della terra, oppure al ritiro della luna stessa (Pyth. 96);

- sussidiarietà rinvenibile tra le spiegazioni di uno stesso fenomeno. Spesso, infatti, la validità di una delle soluzioni dipende dall’occorrenza di una causa ulteriore e, dunque, di un’altra spiegazione, sino a realizzare una “rete” di dipendenze tra le diverse istanze proposte;

- differenziazione tipologica: mentre nella gran parte dei casi ogni istanza di un certo fenomeno può trovare giustificazione in una qualsiasi delle spiegazioni alternative, a volte, soprattutto in merito a spiegazioni di meteorologia, soluzioni differenti sembrano applicarsi ai tipi differenti dello stesso fenomeno. Questa variazione del pleonachos

tropos, come vedremo, emerge in particolar modo dal dettato lucreziano, in riferimento

alle descrizioni del tuono (DRN VI 96-159), del lampo (VI 160-218) e del terremoto (VI 533-607)395, ma si rivela già presente nel testo dell’Epistola a Pitocle in riferimento ai medesimi fenomeni.

Riuscire ad afferrare il senso di queste variazioni del pleonachos tropos implica, a nostro avviso, l’aver consapevolezza di quali siano i fondamenti teoretici della “molteplicità” coinvolta nel metodo di cui ci stiamo occupando. Come sottolineato da Masi, la gran parte degli studiosi da sempre privilegia un approccio al pleonachos tropos capace di indagarne esclusivamente la dimensione epistemologica (e le ricadute etiche), dimentico della rilevanza posseduta da tale strategia di ricerca nell’ambito della dottrina della causalità di Epicuro396. Inoltre, riflettere intorno alla giustificazione ontologica del metodo contribuisce a nostro avviso a dipanare il dibattuto problema della relazione tra

393 Bakker 2016, pp. 10-13. 394Ibid.

395 Bailey 1947, pp. 1567, 1575, 1578, 1586. 396 Masi 2014b, pp. 38-39.

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le diverse aitiai messe in gioco per ciascun fenomeno indagato, permettendo altresì di carpirne con maggior sicurezza le derive epistemologiche.