• Non ci sono risultati.

L’egkataleimma e il confronto con Aristotele

2. Dalla parte del soggetto: la fisiologia del criterio

2.4 L’egkataleimma e il confronto con Aristotele

L’argomentazione che lega i paragrafi 49 e 50 di Erodoto, prosegue poi con le seguenti parole di Epicuro, in merito alle quali conviene svolgere alcune considerazioni:

καὶ ἣν ἂν λάβωμεν φαντασίαν ἐπιβλητικῶς τῇ διανοίᾳ ἢ τοῖς αἰσθητηρίοις εἴτε μορφῆς εἴτε συμβεβηκότων, μορφή ἐστιν αὕτη τοῦ στερεμνίου, γινομένη κατὰ τὸ ἑξῆς πύκνωμα ἢ ἐγκατάλειμμα τοῦ εἰδώλου·

E la rappresentazione che dovremmo essere in grado di afferrare in virtù dell’applicazione tramite il pensiero o tramite gli organi di senso, sia della forma sia delle proprietà, è la forma stessa dell’oggetto solido, generatasi in base alla continua compattezza118 o residuo del

simulacro.

Il punto che più ci interessa di queste righe è la spiegazione da parte del filosofo di come si forma in noi la phantasia della morphe di un oggetto, opportunamente veicolata da un simulacro. Essa, ci informa Epicuro, si genera «in base alla continua compattezza o residuo del simulacro» (kata to exes pyknoma e egkataleimma tou eidolou). Ritorna qui

116 La non persuasività di tale soluzione deriva da quanto si evince dai passi analizzati precedentemente.

Cfr. Masi 2015, p. 128.

117 Ivi, pp. 128-129. Cfr. anche Bailey 1928, pp. 412-413 e DeWitt 1939, p. 417.

118 La traduzione di πύκνωμα con “compattezza” compare in Verde 2016b, p. 55, in rettifica alla traduzione

37

il concetto di pyknoma, affine a quello di pyknotes incontrato nel XXXIV libro del Peri

physeos. Il termine, accompagnato dall’avverbio exes, designa un blocco compatto e

continuo, vale a dire non intervallato. Secondo Verde, l’espressione rinvia alla massa degli eidola che si stacca dagli oggetti e fluisce verso gli organi sensoriali119. Tuttavia, come rimarcato da Masi, il passo risulta alquanto oscuro, e non sembra possibile stabilire con sicurezza se la compattezza venga ascritta al flusso piuttosto che alla superficie del simulacro120. Lapini, per esempio, diversamente da Verde, è convinto che il termine

pyknoma indichi «la condizione della pellicola integra, in cui gli atomi ci sono ancora

tutti indistintamente»121.

Per quanto riguarda il significato da attribuire a egkataleimma, il disaccordo tra gli studiosi appare ancor più marcato. Stando alla lettura recentemente offerta da Lapini, l’egkataleimma non può che essere

«il simulacro che ha percorso dello spazio ‒ subendo una perdita di atomi, ma non una perdita sfigurante e deformante, provocata da lunghissimi tragitti e dalle relative imponderabili antikopai, bensì la perdita fisiologica, equamente distribuita – prima di giungere ai nostri aistheteria e alla nostra dianoia»122.

Secondo lo studioso, di conseguenza, il darsi di un pyknoma totalmente integro è impossibile per definizione, giacché il simulacro è sottoposto a una fisiologica perdita di atomi sin dal suo distacco dall’oggetto, ossia «nel momento stesso in cui comincia a esistere»123. Il quadro delineato da Epicuro sarebbe dunque all’incirca il seguente:

«i simulacri sono riproduzioni fedeli dello steremnion sia allorché arrivano a noi in scala 1:1 (o poco meno) sia allorché si presentano rimpiccioliti perché hanno perso pezzi per strada»124.

In quest’ottica, è evidente che la realtà del residuo del simulacro non risulta meno vera di quella del pyknoma integro (che, tuttavia, come abbiamo visto, rappresenta più che altro una condizione ideale), e che il resoconto offerto da Epicuro in Hrdt. 50 non si riferisce di certo al caso del simulacro alterato e smussato125.

119 Verde 2016b, p. 57. 120 Masi 2015, p. 117, n. 30. 121 Lapini 2015, p. 53. 122Ibid. 123Ibid. 124 Ivi, p. 52.

125Ibid. Il riferimento è a Verde 2010a, p. 135, in cui l’egkataleimma viene inteso come il residuo del

simulacro di un oggetto posto a una certa distanza, i cui angoli abbiano subito un processo di alterazione e smussamento a causa dell’attrito procurato dall’aria.

38

Il termine egkataleimma, però, si presta a una seconda interessante ipotesi di lettura, che prende le mosse dalla possibile relazione, suggerita dall’uso della medesima congiunzione disgiuntiva ἤ a breve distanza126, da un lato tra la opsis e il pyknoma, dall’altro tra l’egkataleimma e la dianoia. Ammettendo che Epicuro teorizzasse effettivamente tale corrispondenza, potremmo congetturare che il pyknoma costituisca l’oggetto dell’epibole127 ton aistheterion, mentre l’egkataleimma rappresenti l’oggetto proprio dell’epibole tes dianoias. La mente, perciò, diversamente dagli altri organi sensoriali, non sarebbe in grado di carpire il simulacro (o il flusso di simulacri) nella sua compattezza continua, ma ne recepirebbe unicamente il residuo128. E questo sia in virtù del “tortuoso” tragitto che collega gli aistheteria alla dianoia evidenziato dallo studio di Masi129, sia perché, come opportunamente osservato da Verde, «proprio ciò che resta dei simulacri nella mente [...] giustifica la formazione della phantasia e, in particolare, della sua pensabilità», come annunciato in apertura del paragrafo 49 dell’epistola130. In questo senso, l’egkataleimma131 verrebbe a identificarsi con quell’impronta (typos)132 che, da ultimo, costituisce il fondamento “fisico” della prolessi e del processo mnemonico133. Questa seconda proposta di lettura dell’egkataleimma si rivela particolarmente vantaggiosa sotto due punti di vista. Innanzitutto in quanto consente «di salvaguardare l’uso del termine nel suo significato di impressione o memoria, essendo questa, appunto, nella psicologia epicurea, dal punto di vista fisico, ciò che rimane nella mente dello stimolo sensoriale»134. In secondo luogo, l’ipotesi per cui l’egkataleimma si identificherebbe con il residuo mentale del simulacro permetterebbe di render conto della probabile relazione tra l’egkataleimma epicureo e l’hypoleimma aristotelico135. Aristotele

126 Interessante la considerazione di Lapini (2015, p. 52) in merito alla presenza dell’ἤ disgiuntivo, inteso

come chiara testimonianza del fatto che, secondo Epicuro, il pyknoma e l’egkataleimma «stanno sullo stesso piano».

127 Sul valore e il significato di epibletikos (che è la forma avverbiale utilizzata da Epicuro nel passo in

esame) rispetto al relativo termine-base epibole, si veda, fra gli altri, Lapini 2015, pp. 49-50.

128 Verde 2016b, pp. 57-58. 129 Masi 2015.

130 Verde 2016b, p. 58.

131 Fondamentale, a nostro avviso, l’analisi etimologica del termine ekgkataleimma condotta da Verde

(2016, p. 59, n. 66) a sostegno di questa seconda lettura del vocabolo. Il prefisso ἐν-, infatti, si presta piuttosto bene a indicare il fatto che il residuo è interno alla dianoia. Κατά, invece, il secondo prefisso, potrebbe richiamare tanto il movimento del simulacro dall’esterno verso l’interno, quanto una certa idea di stabilità.

132 Cfr. Hrdt. 46.

133Ibid. Cfr. anche Masi 2014a, pp. 124-125 e, sulle stesse tematiche, Lembo 1981-1982. 134 Masi 2015, p. 129 n. 70.

135 Per una trattazione esaustiva dell’egkataleimma epicureo e della sua probabile relazione con il concetto

39

chiama in causa la nozione di hypoleimma in diversi luoghi della sua produzione filosofica. La formulazione che risulta più significativa ai fini della nostra indagine è rintracciabile all’interno di una sezione alquanto ostica e di difficile comprensione del De

insomniis (461b 21-30)136. In essa lo Stagirita fa riferimento ai movimenti percettivi che sono attivi durante la notte, kineseis che, procedendo dagli organi sensoriali sino al cuore, divengono oggetto di percezione (460b 32-461a 8). Ognuno di questi movimenti viene definito da Aristotele come un residuo (hypoleimma) della percezione (aisthema) avvenuta in precedenza, come un’impronta o traccia di ciò che viene percepito in atto. L’hypoleimma di Corisco, riprendendo l’esempio aristotelico presente nel passo in esame, è il residuo, la traccia, dello aisthema di Corisco.

Questa stringata ricostruzione della posizione aristotelica, permette di ricavare un elemento estremamente significativo al fine della determinazione del significato dell’egkataleimma richiamato da Epicuro. Qualora si tenga conto della nozione aristotelica di hypoleimma, che abbiamo appurato denotare una sorta di “residuo” o “traccia mentale” dell’affezione percettiva, diviene alquanto plausibile e convincente l’ipotesi che l’egkataleimma tou eidolou dell’Epistola a Erodoto si riferisca a un’entità equipollente, quale potrebbe essere il residuo mentale del simulacro atomico137. Ciò che, tuttavia, dovette indurre Epicuro ad abbandonare la terminologia aristotelica e a ricorrere all’espressione (forse da lui steso coniata) di egkataleimma fu la divergenza che egli avvertiva nei riguardi della posizione di Aristotele per quel che concerne lo status del residuo mentale138. Secondo lo Stagirita, l’hypoleimma di Corisco, pur essendo tale quale Corisco, non è Corisco139. Ma a Epicuro questo non può bastare, pena il collasso dell’intero palinsesto gnoseologico da lui sistematizzato. L’egkatalemma di Corisco, infatti, non solo è tale quale Corisco, ma è Corisco140. E laddove per lo Stagirita il residuo

anche della verosimile origine epicurea delle occorrenze di egkataleimma rintracciabili nel De anima e in altri scritti di Alessandro di Afrodisia.

136 «Ciascuno di questi movimenti [scil. i movimenti percettivi], come s’è detto, è un residuo (hypoleimma)

dell’affezione percettiva in atto e sussiste anche quando ciò che è veramente percepito si è allontanato ed è vero dire che è tale quale Corisco, ma che non è Corisco. Quando invece si percepiva, la parte principale e giudicatrice (to kyrion kai to epikrinon) non diceva che il residuo è Corisco, ma grazie a questo diceva che quello lì è il vero Corisco. Ciò che dice questo anche mentre percepisce, a meno che non sia completamente impedito dal sangue, è mosso dai movimenti negli organi di senso come se stesse percependo e qualcosa di rassomigliante sembra essere la cosa vera; e così grande è la potenza del sonno da non farcene accorgere» (trad. Repici 2003, con modificata da Verde 2016b, pp. 44-45).

137 Verde 2016, pp. 59 ss. 138 Ivi, pp. 60-61. 139 Ivi, pp. 48 e 60.

140 Ivi, p. 60. Così Verde: «Per Aristotele il residuo/traccia è diverso dall’oggetto esterno, mentre per

40

percettivo è passibile di errore, nell’accezione promossa da Epicuro esso ne è totalmente esente. L’eidolon è la cosa reale, e l’egkataleimma, essendo, accanto al pyknoma, la causa del generarsi della rappresentazione di un oggetto, non può differire dallo steremnion da cui trae origine141.