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L’impatto dell’Artificial Intelligence e dell’automazione sul lavoro

CAPITOLO 2: Gli impatti della trasformazione digitale sull’organizzazione delle impre-

3. L’impatto della trasformazione digitale sul lavoro

3.2. L’impatto dell’Artificial Intelligence e dell’automazione sul lavoro

Una questione molto recente e che sta dividendo in due il pensiero della società è l'impiego crescente dell'Intelligenza artificiale (AI) nelle imprese. Questa, oltre a ridefinire il processo produttivo rendendo molte mansioni più automatizzate, ha posto le basi per un cambiamento nella natura del lavoro e soprattutto nella relazione tra gli uomini e le macchine all'interno delle organizzazioni. Su tale rapporto e sull'impatto che avranno i robot e i macchinari dotati di AI sulle dinamiche lavorative e organizzative si sono accese molte opinioni e, soprattutto paure sulla riduzione dei posti di lavoro. E' quindi importante soffermarsi sul tema caldo della robotica e delineare un potenziale scenario che può verificarsi nel prossimo futuro.

L'introduzione delle macchine intelligenti e dei robot all'interno dei processi produttivi ha permesso dei grandi passi in avanti migliorando, innanzitutto, la qualità dei prodotti realizzati e riducendo le tempistiche e i costi di realizzazione. Dal punto di vista organizzativo sono attesi effetti nel breve e nel lungo periodo che riguardano principalmente la sostituzione da parte delle macchine di molte delle

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L'Italia si posiziona dopo Cipro, Lussemburgo, Malta e Austria (100%) e Croazia (99,9%), prima di Spagna (99,6%), Francia (98,8%) e Polonia (97,3%), al di sopra della media (81,7%).

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mansioni che vengono solitamente svolte dagli uomini. Questi lavori sono quei lavori che vengono definiti di routine, ossia quei lavori ripetitivi, con un forte impatto sullo stato fisico e mentale della persona e potenzialmente alienanti nel tempo, caratteristica tipica della catena di montaggio del sistema fordista. Questi lavori sono per lo più manuali e nella maggior parte dei casi non richiedono un impegno intellettuale elevato, quindi, sono lavori che grazie alle nuove scoperte tecnologiche nell'ambito della robotica possono essere facilmente sostituiti dalle macchine, fenomeno che è già iniziato con la terza rivoluzione industriale in cui si sono fatti i primi passi verso l'automazione.

Lee Dyer, professore emerito di Human Resources all'ILR School, all'Università di Cornell, ha ipotizzato una classificazione dei lavori che saranno svolti dalle macchine nei prossimi 40 anni. Egli ha basato la sua classificazione sulla combinazione di due dimensioni: la caratteristica abitudinaria della mansione e la sua tipologia, manuale o cognitiva. In questo suo grafico, riportato sotto, egli mette in evidenza che i lavori di routine sia manuali che cognitivi sono quei lavori destinati a ridursi nel tempo in quanto sostituiti dalla tecnologia, come l'impiegato, il bracciante, il saldatore per i lavori manuali, il commesso, il contabile per i lavori più intellettuali. Nella parte destra del grafico, invece, vengono individuati i compiti non di routine che, a differenza di quelli della prima colonna, sono destinati ad aumentare di numero nei prossimi anni come i manager, gli analisti, gli avvocati per la parte cognitiva e i custodi, gli addetti alla sicurezza, i cuochi per la parte manuale.

2.11 Classificazione delle mansioni nei prossimi 40 anni

Fonte: rielaborazione schema Lee Dyer- video 2015

Commesso Stenografo Contabile Manager Avvocato Financial Analyst Operaio Impiegato Cuoco Guardia

Mansioni manuali

Mansioni intellettuali

Routine

Non-routine

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L'AI permetterà di migliorare il modo in cui vengono svolti alcuni di questi lavori, superando anche i limiti umani della stanchezza, dell'errore umano e dell'aspetto emotivo. E' sempre più diffusa la convinzione che tali tecnologie, oltre a diventare sempre più flessibili, piccole, sicure e mobili saranno dotate di software e algoritmi che gli attribuiranno molte più capacità di quelle di cui sono dotate oggi, come migliore capacità di problem solving e di decision making, di machine learning ma saranno anche in grado di percepire le emozioni delle persone (sarà il caso dei robot che assisteranno i malati e gli anziani) quindi dotandosi sempre di più di capacità affettive che finora hanno contraddistinto l'essere umano. Il miglioramento delle loro abilità fa capire come molte delle mansioni che rientrano nel campo di quelle non-routine verranno assorbite in quelle di routine, in particolar modo le capacità di analisi e di gestione dei processi tipici di mansioni non abitudinarie e cognitive verranno svolte sempre di più da strumenti dotati di competenze computazionali così come i compiti di assemblaggio e di mobilità. I nuovi strumenti e dispositivi saranno dotati di maggiore creatività, flessibilità ed empatia oltre ad una maggiore precisione, adattabilità alle situazioni e capacità di personalizzazione.

Questo scenario delineato da Lee Dyer potrebbe essere interpretato in modo quasi apocalittico per i lavoratori, in quanto è inevitabile che un impiego sempre maggiore di queste tecnologie possa portare ad una riduzione dei posti di lavoro sia nella fascia bassa ma anche nella fascia media delle competenze comportando il rischio di un incremento del tasso di disoccupazione. Dall'altra parte il problema non si viene a porre per le fasce più alte di lavoratori, che saranno sempre più richieste date le loro competenze tecniche di alto livello e la loro professionalità per compiti di elevata importanza per le aziende, come la gestione di sistemi automatizzati, la loro progettazione e controllo per le quali sono richieste conoscenze di cui sono dotate solo poche persone.

Tuttavia allo scenario estremo dell'automazione viene contrapposto quello della specializzazione (Kurtz e Ganz, 2014) che vede una collaborazione tra l'uomo e la macchina e una loro complementarietà. Infatti, sebbene i robot e i sistemi cyber-fisici mantengano anche qui un ruolo primario per il lavoro, essi non sono considerati nemici dei lavoratori ma sono visti come dei colleghi e collaboratori nelle attività aziendali. Quindi l'automazione è uno strumento positivo, in cui la presenza dell'uomo non può mancare perché è l'uomo stesso che progetta e determina i meccanismi delle macchine e insieme a queste può contribuire alla migliore produttività dei processi.

I due scenari delineati da molti autori, tra cui anche Kurtz (2014) mettono in evidenza come da questi derivi anche un'organizzazione del lavoro, un ruolo dell'automazione, competenze e contenuti del lavoro differenti. Nel caso di una piena automazione le mansioni saranno molto standardizzate e con un basso livello di flessibilità e partecipazione dei lavoratori e grandi responsabilità concentrate in poche persone che svolgeranno mansioni ripetitive. In questo caso l'obiettivo è di raggiungere la massima automazione e un uso ampio dei dati per il controllo dell'operato dei lavoratori e delle

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macchine. L'altro polo è rappresentato da un approccio più collaborativo tra macchine e lavoratori, esso attribuisce maggiori responsabilità e compiti anche decisionali e manageriali a quest'ultimi

rendendoli più flessibili e più coinvolti nelle dinamiche aziendali 28 . Questo secondo scenario è sicuramente quello che dovrebbe essere portato avanti dai manager in vista,

prima di tutto, di benefici in ambito produttivo, ma anche per creare quelle condizioni organizzative descritte nei paragrafi precedenti che sostengono lo sviluppo e la crescita dell'Industry 4.0.

3.2.1 Alcuni prospettive future sul lavoro

Per avere un'idea più concreta di ciò che avverrà nel prossimo futuro in termini di lavoro e competenze, di seguito vengono riportati alcuni dati tratti dal report Future of Jobs Report 29del World

Economic Forum, che presenta la ricerca fatta su responsabili delle risorse umane delle 350 più grandi

aziende di HR di quindici paesi (tra cui anche l'Italia) in nove settori produttivi diversi. A questo campione è stato chiesto di valutare l'impatto del cambiamento in atto sul lavoro e l'occupazione nel periodo dal 2015 al 2020. Dal report emerge che le principali cause di cambiamento del lavoro saranno cause tecnologiche e demografiche, fattori che già si sono dimostrati fondamentali negli anni precedenti alla ricerca,

2.12 I driver del cambiamento per tutti i settori economici considerati (% delle risposte)

Fonte:Future of Jobs Report, 2016- World Economic Forum

Tra i fattori tecnologici si può notare come rientrino tutti i pilastri dell'Industry 4.0 con una maggioranza del cloud computing e l'internet mobile e tra i fattori socio-demografici al primo posto tra i fattori più influenti sul cambiamento è la trasformazione della natura del lavoro che si fa sempre più flessibile.

28Francesco Seghezzi, "Lavoro e relazioni Industriali in Industry 4.0"- report Adapt

29La ricerca ha riguardato: Asean, Australia, Brasile, Francia, Germania, GCC (paesi arabi del Golfo), Italia, Giappone, Messico, Sud Africa, Turchia, UK e USA. I settori coinvolti sono: Industria e Costruzioni, Commercio, Energia, Servizi Finanziari, Sanità, ICT, Media e Intrattenimento, Logistica e Servizi Professionali.

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Inoltre, il report mostra quali siano le prospettive nell'occupazione entro il 2020: si prospetta nei paesi considerati nell'intervista una perdita di posti di lavoro pari a 7 milioni in particolar modo nei settori amministrativi, produttivi e delle costruzioni e la creazione di 2 milioni di posti di lavoro nelle attività di management, attività di business e finanza e ambiti matematici ed informatici.

2.13 Prospettiva dell'occupazione e disoccupazione 2015-2020

Fonte:Future of Jobs Report, 2016- World Economic Forum

L'Italia sembrerebbe uscirne in pareggio con uno stesso numero di posti lavoro persi e guadagnati (ogni simbolo sta per 200.000 occupati).

2.14 Posti di lavoro persi e guadagnati nei singoli paesi intervistati

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Si può dedurre da questi risultati che, sebbene siano ancora solo delle ipotesi, l'impatto sull'occupazione sarà molto evidente da una parte in senso negativo perché porterà alla perdita di posti di lavoro ma dall'altra porrà le basi per la creazione di nuovi professioni causata in prim'ordine dalla trasformazione tecnologica. Questo può portare ad attribuire una riduzione nei posti di lavoro futura anche alla mancanza di manodopera qualificata, cioè quella dotata di una formazione specialistica e di alto livello oltre a certe abilità soft necessarie per ricoprire uno specifico ruolo. Infatti, il rischio è che venga eliminata con la tecnologia tutta la base della piramide del lavoro costituita da occupati con un basso livello di competenze e quindi di responsabilità e remunerazione (Schwab, 2016). Si deduce da questa constatazione che il ruolo della formazione prima e durante l'esperienza lavorativa sia fondamentale e deve essere sostenuta da strategie nei processi di gestione delle risorse umane adottati dalle aziende che ad oggi appaiono ancora inadeguate ad affrontare la sfida del cambiamento.

2.15 Ostacoli al cambiamento e strategie di organizzazione della forza lavoro future

Fonte:Future of Jobs Report, 2016- World Economic Forum