CAPITOLO 3: Gli aspetti etici dei sistemi cyber-fisici
2. Impatti inaspettati e implicazioni etiche dei CPS
2.1. Occupazione e delegazione di compiti ai robot
Com’è già stato fatto notare nel secondo capitolo, una delle principali paure umane verso i robot è la loro capacità di sostituire l'uomo nelle mansioni, soprattutto in quelle attività di routine, ripetitive e fisicamente pesanti sebbene stia crescendo la loro presenza nelle attività che richiedono un maggiore impegno intellettuale. Tuttavia, se da una parte alcuni lavori verranno sostituiti dalle macchine e quindi scompariranno, dall'altro i numeri parlano della nascita di nuove mansioni (vedi capitolo 2) strettamente legate ai robot, come la loro progettazione e creazione, che prima d'ora erano inesistenti o limitate a poche persone. Gli uomini possono delegare ai robot mansioni noiose o pericolose con il vantaggio che queste siano svolte meglio rispetto a come le farebbero gli uomini e che questi possano dedicarsi ad attività più creative e di decision-making. A lungo andare, però, ci si può chiedere se i grandi passi in avanti nella tecnologia e nella robotica non possano portare i robot a diventare capaci di svolgere molte più attività e mansioni e quindi portare ad una riduzione dei posti di lavoro.
L'impatto della tecnologia sull'occupazione era già stato anticipato da Keynes nel 1930 quando parlava di disoccupazione tecnologica e da Leontief (1952): "More and more workers will be replaced
by machines. I do not see that new industries can employ everybody who wants a job".
Anche oggi parte della letteratura sta cercando di individuare quali sono quelle mansioni che saranno maggiormente colpite dall'automazione: nel 2013 Frey e Osborne hanno classificato 702 occupazioni sulla base del criterio di quanto siano suscettibili all'automazione, arrivando alla conclusione che nei prossimi vent'anni il 47% dei lavoratori statunitensi sarà a rischio di sostituzione da parte delle macchine. Allo stesso risultato è arrivata anche McKinsey (45%), invece la World Bank ha stimato un valore superiore, il 57% dei lavori nell'OECD32 sarà automatizzato (World Development
32 The Organisation for Economic Co-operation and Development: organizzazione costituita da 35 paesi tra i più avanzati dell'America del Nord, del Sud, dell'Europa e dell'Asia. A questi si aggiunge una collaborazione con paesi emergenti come i BRIC e altri dell'Africa e America Latina.
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Report, 2016)33.Questi dati piuttosto preoccupanti sono solo delle previsioni che non possono darci un'immagine sicura della realtà futura, soprattutto perché bisogna tener conto del fatto che non tutte le aziende decideranno di automatizzare, dato l'investimento elevato richiesto e l'impatto sui salari dei lavoratori per far fronte a questa minaccia e inoltre deve essere considerato anche il comportamento degli altri settori che non richiedono una presenza elevata dell'automazione e che potrebbero assumere quei lavoratori lasciati "a piedi" dalle macchine.
L'impiego di robot nelle aziende è finalizzato a incrementare la produttività e quindi la crescita dell'azienda e dell'economia, tuttavia non si è di fronte al tradizionale effetto macroeconomico di crescita dell'occupazione derivante dalla crescita della produzione, in quanto la produttività deriva dalla tecnologia e non dalla forza lavoro dell'uomo, quindi si registra una crescita che tuttavia potrebbe non portare benefici al mercato del lavoro; quindi questo deve spingere a pensare come contrastare questo possibile fenomeno di crescita senza forza lavoro che nelle teorie classiche macroeconomiche è sempre stato dato per scontato. La disoccupazione che potrebbe essere generata in questo contesto si traduce in una riduzione del salario con un grave impatto sul reddito della persona che dovrà essere tutelato dall'Unione, prima, e dalla nazione, poi: questo problema ha portato alla proposta della commissione giuridica di Delvaux dell'introduzione di un reddito di cittadinanza, un reddito generale per i cittadini che possa ammortizzare la perdita di reddito e di posti di lavoro causato dalla crescente automazione. Questa proposta è stata, tuttavia, bocciata dal Parlamento Europeo che non ritiene necessario ancora un intervento in questa direzione come anche per la possibilità di tassare la produzione derivante dai robot per creare quel fondo che vada a sostenere i lavoratori disoccupati. Il rischio principale che verrebbe a manifestarsi con la riduzione dei salari è la riduzione dei consumi che si riverserebbe, nel medio-lungo periodo, sull'intera economia; a cascata la disoccupazione andrebbe a colpire la sostenibilità del sistema pensionistico e quella finanziaria dei regimi di sicurezza sociali e i sistemi di assicurazione contro la disoccupazione.
La World Bank mette in evidenza che i paesi più a rischio di disoccupazione sono quelli caratterizzati da manodopera a basso costo, come Cina, India e Thailandia, in quanto le loro mansioni sono più facilmente sostituibili dai dispositivi tecnologici, in cui le stime dicono che i posti di lavoro a rischio sono rispettivamente il 77, 72 e 69%: questa riduzione si può attribuire a due fattori che hanno come denominatore comune la tecnologia e la rivoluzione industriale, l'automazione e il fenomeno del
reshoring. Questi paesi hanno basato la loro crescita economica sul vantaggio della manodopera di
scarsa specializzazione a basso costo e l'introduzione dei robot si tradurrebbe in una loro sostituzione e quindi ad un ritorno di livelli di disoccupazione molto elevati (articolo tratto dalla Repubblica, D'Alessandro, 2017). A questo fenomeno si aggiunge la capacità della nuova industria dei paesi avanzati di svolgere il processo produttivo nel proprio paese senza dover ricorrere a questi paesi grazie
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alla riduzione del costo del lavoro che deriva dall'aumento di automazione: tale fenomeno viene definito reshoring ed è considerato da molti come fonte di nuove opportunità nell'ambito del lavoro.
L'Unione, su suggerimento della commissione guidata da Mady Delvaux, dovrebbe agire per definire un diritto comune ad ogni stato membro che sostenga i lavoratori e riduca al minimo l'impatto negativo sull'occupazione partendo da un monitoraggio dei cambiamenti nell'ambito lavorativo e passando ad una legge che sia in grado di contenere l'impiego dei robot indirizzandoli a mansioni che richiedono oneri fisici e rischi per la salute e la vita dell'uomo e incentivando i lavoratori a mansioni che richiedono impegno mentale e creativo e soprattutto maggiore responsabilità anche incentivando programmi di istruzione e formazione adeguati alle nuove professioni, che trasmettano competenze nel campo digitale e facciano prevalere le doti che contraddistinguono l'uomo, dal pensiero critico a quello creativo (report di Mady Delvaux, 2017).