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3. IL SETTORE DEL CAFFE’: L’ANAISI DEL MERCATO GLOBALE ED IL CASO ITALIANO

4.2. L’importanza della scelta del logo

Il logo, nel linguaggio pubblicitario, è la scritta o il simbolo grafico (o l’insieme di entrambi) che identifica un prodotto, un’azienda, un’associazione. Riassume in sé tutta la storia e i valori di un marchio, ne racconta il passato e ne fotografa il presente. Tra tutti i tratti distintivi di un prodotto è quello che maggiormente lo identifica agli occhi di chi deve compiere una scelta.19

La gestione del logo rivela molto della strategia di un’azienda e del suo approccio sul mercato. La tendenza più diffusa tra chi oggi vi immette nuovi prodotti, qualsiasi essi siano, e che coinvolge anche i brand più innovativi, è senza dubbio quella di pensare i prodotti suddivisi in famiglie, accomunati da caratteristiche che li rendano simili e quindi immediatamente riconoscibili.

Ad esempio nel campo del design automobilistico viene lanciato il modello di auto

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da cui poi viene ricavata la linea che caratterizzerà tutta la gamma, fino ad arrivare alla vettura più piccola. I motivi di questa scelta sono ovviamente pratici ed economici, dato che così facendo si ottimizzano le linee di produzione, si riducono i materiali e si ammortizzano meglio i costi. Tuttavia, replicare con dimensioni e opzioni diverse una famiglia di prodotti ispirata ad un prodotto capostipite può anche togliere unicità al prodotto ed eliminare il tratto distintivo. Uniformare la gamma per dimensioni, design e stile, anche quando ci sono delle differenze all’interno, che siano di design o nei materiali impiegati, fa sì che si riesca sempre ad intuire il dna specifico di un marchio attraverso tutta la linea di prodotti.

Ma non vanno sottovalutati gli aspetti psicologici di questa strategia. Rendere il prodotto riconoscibile (o in alcuni casi ancora più facilmente riconoscibile) è un gesto estremamente rassicurante verso chi deve compiere una scelta d’acquisto, perché c’è sempre una forte componente emotiva in questa dinamica. Sentirci sicuri dell’affidabilità di ciò che stiamo scegliendo ci permette di non uscire dalla nostra zona di comport.

4.2.1. La scelta della Marzocco e la sua filosofia

Il primo logo la Marzocco, disegnato per la macchina verticale sulla cui cima svettava il leone. Il supporto di metallo inciso e verniciato. Sulle prime macchine quando ancora non era stato coinvolto anche Bruno, era incastonato in una cornice che riportava anche la scritta Giuseppe Bambi.

La scritta riportata verticalmente sul fronte per quasi tutta l’altezza della macchina stessa, unita a delle linee essenziali e molto pulite riesce ad esprimere grande stabilità, solidità e robustezza.20

La globalizzazione ha portato a pensare che tutto poteva essere standardizzato. Sui marciapiedi delle città principali di tutto il modo si affacciano le stesse vetrine, si vendono le stesse merci. Si trovano ovunque le stesse catene di ristoranti, di coffee shop, di negozi. Sa da una parte questo fenomeno ha portato un maggiore assortimento di prodotti e servizi anche in aree remote e ha migliorato la qualità

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della vita delle persone che ci vivono, dall’altra ha tolto l’unicità dell’offerta cancellando quei tratti per cui vale la pena viaggiare e conoscere posti lontani. Per allargare la fetta dei viaggiatori coinvolgendo coloro per cui affrontare l’ignoto è più faticoso si è creata la rassicurante illusione di poter viaggiare rimanendo sempre protetti nella propria zona di comfort. Da qualsiasi parte del mondo ci troviamo avremo la possibilità di sederci nel mostro caffè o nel nostro fast food preferito, e sapremo esattamente quale esperienza ci aspetterà una volta varcata la soglia. Nessuna sorpresa, nessun rischio. Ma è proprio così che vale la pena vivere? “ Il logo nel 1971 è la rivisitazione di un vecchio marchio e punta sulle lettere f e b che si leggono sia in positivo che in negativo, sia in bianco che in nero e la linea è raddoppiata. Oltre alla trovata estetica grafica gioca con il numero due, perché i fratelli bambi erano effettivamente due”.

A questa anestesia esperienziale si contrappone un mondo orientato alla riscoperta dell’unicità, dove si parla sempre più frequentemente di prodotti e servizi cuciti addosso al cliente.

Il concetto di standard decade, non soltanto nei prodotti di nicchia, anche nei prodotti di massa, basta pensare che tutti i servizi telematici digitali ormai sono personalizzabili. Possiamo impostare e scegliere le opzioni che vogliamo per qualsiasi prodotto o servizio. In questo vasto scenario dunque esistono loghi che parlano di standardizzazione, di prodotti capostipite le cui linee guida dettano le regole per tutti i modelli e famiglie che replicano le caratteristiche distintive dell’azienda. Ne esistono altri che raccontano una storia completamente opposta: Harley Davidson ridisegna il proprio logo per ogni diverso modello e spesso l’unicità della moto viene portata all’estremo nel momento in ci chi la acquista personalizza la propria motocicletta ridisegnandone anche il logo.

La Marzocco esce da qualsiasi schema, restando fedele ai propri valori: cercare l’innovazione rimanendo legata alla propria identità storica. Ogni nuovo modello vuole essere una macchina nuova sia dal punto di vista estetico che di performance. Questa concezione del prodotto, considerato al pari di un’opera d’arte, di un pezzo unico, è un’eredità del passato. Questa è una peculiarità che La Marzocco si porta dietro fin dai tempi in cui Giuseppe Bambi progettava ogni modello nei minimi

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dettagli ed anche le viti venivano realizzate in officina in modo che rispettassero esattamente il suo disegno.

In più va ricordato che all’epoca talvolta le macchine erano realizzate su richiesta del cliente. il quale, benché nella fabbrica di Pian di San Bartolo si progettassero e producessero anche arredamenti da bar, non necessariamente chiedeva la fornitura completa per il proprio locale. Quindi lo stile della macchina da caffè doveva accordarsi con una linea “esterna” dettata dall’arredamento già presente ma soprattutto doveva accordarsi con se stessa, nel senso che la macchina da caffè veniva concepita come a se stante, equilibrata nei volumi e nelle forme in modo tale da essere bella e funzionale in sé. E anche da poter essere, eventualmente, replicata e proposta (e venduta) anche ad altri potenziali clienti.

Lavorando con questa visione ovviamente si elimina completamente il discorso della famiglia di prodotto e soprattutto si imposta un metodo di lavoro ben preciso. Infatti l’unicità non riguarda più solo l’estetica o la tecnologia che si sviluppa all’interno della macchina da caffè, ma si riflette su ogni aspetto della realizzazione, quindi dal design del prodotto arriva fino a tutti i processi di produzione che richiederanno ogni volta di essere ripensati

Per quanto riguarda il logo in particolare, nel concepire ogni nuovo prodotto come una scultura, come una nuova creazione, Giuseppe Bambi ridisegnava ogni volta anche il marchio perché si armonizzasse perfettamente con le linee e i volumi e che si integrasse perfettamente nella sua estetica. Non c’era mai stato e non si sentiva l’esigenza di qualcosa di costante e sempre identico, né per il nome del modello né per la forma studiata per comunicare il nome dell’azienda. Che anzi veniva indicata talvolta come La Marzocco, talvolta come Officine Fratelli Bambi.

Oltre allo stile e al valore dal punto di vista grafico nei primi loghi c’è anche una grande ricchezza di materiali e lavorazioni. Infatti nel brevetto del marchio d’impresa si legge che: “il marchio può essere in qualunque modo riprodotto, usato e fatto figurare; e così esso può essere riprodotto per esempio a stampa, in litografia, in cromolitografia, in fotografia, per decalcomania, per stampigliatura, per decalcomania, per stampigliatura, per smaltatura a vernice per incisione in rilievo od incavo, per fusione, per punzonatura, per impressione a secco, per smerigliatura

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ed in qualsiasi altro modo; il detto marchio può essere usato e fatto figurare tanto direttamente sui prodotti, parti di prodotti o merci da contraddistinguere, nonché sui relativi imballaggi contenitori, custodie e confezionature”.

La ricca varietà di tecniche ammesse per la riproduzione lasciava libero sfogo alla fantasia di Giuseppe, che poteva operare direttamente sulla carrozzeria metallica, come nel caso della Mondial, oppure applicare borchie o placchette. Che inizialmente erano in prevalenza metalliche, e potevano essere fusioni, oppure incise, verniciate, lavorate al traforo. I cambiamenti della moda e dello stile andavano di pari passo on l’arrivo di nuovi materiali, come il plexiglass, la bakelite, la plastica.

Ovviamente l’estetica non poteva passare avanti alla funzionalità. Un logo doveva e deve essere bello esteticamente ma non può essere troppo difficoltoso da montare sulla carrozzeria. Per anni si sono disegnati loghi che permettessero l minimo sforzo e la minor perdita di tempo nella fasi di assemblaggio, in cui le lettere che componevano la scritta erano unite tra loro. E anche quando ormai si sono trovate soluzioni tecnologiche che permettono di applicare le lettere distinte di un nume altrettanto velocemente, lo stile grafico che richiama alla mente i vecchi loghi è rimasto iconico e viene scelto per ciò che evoca più che per funzionalità.

Le etichette scelte di Giuseppe sembrano andare in controtendenza rispetto ai più comuni dettami del marketing. Tuttavia hanno contribuito a dare a La Marzocco una grande ricchezza di loghi che riflettono l’immaginario dei tempi in cui sono usciti sul mercato, raccontando lo stile e il design che in quel particolare momento permeava la società, ma soprattutto parlano della storia e dei valori che sono ancora oggi patrimonio dell’azienda.

Nel momento in cui avviene il passaggio ad una gestione più orientata ad una strategia di marketing che possa portare La Marzocco ad essere maggiormente presente sul mercato internazionale, si intraprendono due nuove strade. Viene studiato un logo aziendale e si inizia a creare merchandising.

Quando l’azienda è stata comprata alla famiglia Bambi del 1994, è sembrato opportuno creare un logo che identificasse l’azienda e allo stesso tempo la portasse nel futuro. John Blackwell raccolse tutti i progetti del passato e scelse quelle

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immagini che rappresentavano di più la storia dell’azienda (il leone, lo scudo, i font peculiari).

Luann Bise venne ingaggiata per creare una bozza di un logo che fosse disegnato a mano. Vennero progettate molte versioni ed in collaborazione con Piero vennero apportate modifiche e correzioni per rendere il risultato finale più equilibrato ed in linea allo stile di Giuseppe.

Il font che venne scelto rifletteva la robustezza, la solidità dei prodotti La Marzocco. Il leone seduto di fronte al mondo riproduce il Marzocco di Donatello, che stringe con la zampa lo scudo con il simbolo del giglio di Firenze. Il disegno del globo era apparso sulle macchine della serie Mondial negli anni ’50 ed esprimeva perfettamente sia l’apertura de La Marzocco ai differenti modo di gustare il caffè che il desiderio di continuare ad espandersi sul mercato internazionale. L’aggiunta della tag-line “Handmade in Florence” enfatizza il valore del Made in Italy sottolineando la natura artigiana della fabbrica e le prestigiose origini della tradizione fiorentina.

Con il passare del tempo, e dopo aver percorso un cammino durato più di 20 anni, il logo istituzionale è stato rivisto e modificato in collaborazione con Sven Hoffman. Sono state definite le linee guida del brand in maniera dettagliata ed il logo è stato semplificato. È diventato più armonioso, visibile ed essenziale. La tag-line è stata mantenuta, ma di dimensioni un po’ più piccole, poiché, “fatto a mano a Firenze” rappresentava ancora un valore, ma l’azienda era ormai presente sul palcoscenico mondiale. Il prodotto, concepito come un’opera d’arte, parla da solo. Allo stesso tempo l’uso del font secondo regole tipografiche stabilite riesce a comunicare un messaggio preciso. Il carattere aziende, Trade Gothic Lt Std, progettato da Jacksom Burke nel 1948, è solido, forte e robusto come un cavallo da tiro e questo segna la continuità con le impostazioni precedenti. I nomi propri sono sempre minuscoli, per esprimere umiltà.

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4.2.2. Logo e prodotto

La gestione del logo sui prodotti è invece rimasta diversa e fondamentale ricalca l’approccio di Giuseppe: ogni nuova macchina da caffè viene affrontata come una nuova opera d’arte.

Ad esempio sulla carrozzeria della GB/5, che nel 2005 appare sul mercato a rinnovare la gamma, il logotipo La Marzocco identifica anche in modello senza che questo sia scritto esplicitamente.21

Su questa macchina, dalla linea morbida e bombata, c’era sicuramente bisogno di un logo he non fosse troppo lineare o stilizzato, ma forse un po’ più “barocco”. La scelta è caduta su un logo La Marzocco del passato disegnato da Giuseppe Bambi: il forte legame con la tradizione della carrozzeria classicheggiante e preziosa ed il carico di innovazione tecnologica che racchiude al suo interno, hanno probabilmente portato la mente di Piero bambi e Roberto Bianchi proprio verso la Marus, prima macchina a caldaia orizzontale brevettata nel 1939. Proprio come la Marus ai suoi tempi la GB/5 era all’epoca decisamente innovativa per tecnologia, e allo stesso tempo nel 2005 rappresentava un tuffo nel passato più classico dal punto di vista estetico.22

Lo stile e il materiale di questo logo erano perfettamente perfetti per sottolineare il carattere: niente più plastica, per lasciare indietro gli anni ’90, ma metallo. Quindi un materiale nobile e anche una lavorazione artigianale di pregio, inizialmente avviata in una piccola fonderia fiorentina. Lo spessore stesso dava un’idea di solidità ed importanza. Proprio quello che serviva per una macchina elegante. E così la GB/5, chiamata in questo modo ufficialmente in onore di Giuseppe Bambi (ed ufficiosamente dedicata da Piero alla moglie Giovanna Bambi), non ha nessuna dicitura per il nome del modello, ma è facilmente riconoscibile. Ed è anche la prima macchina sulla quale, dopo molti anni, ricompare il simbolo del leone.

21 Fonte interna: La Marzocco quarterly – estate – every logo tells a story 22 Fonte interna: La Marzocco quarterly – innovazione e ispirazione

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4.2.3. La nascita del logo “Leva”

La ricerca che si effettua sul logo non riguarda soltanto l’estetica, ma anche il materiale e la sua realizzazione. Ciò che più fa la differenza (al di là della scritta che certo è importante) è la finitura.

Il logo Leva ha avuto una lunga gestazione, maturata nella collaborazione tra Piero Bambi e Stefano Dalla Pietra. Inizialmente il nome scelto per la macchina era Curva, per la forma della macchia molto tondeggiante. Ma col passare del tempo si è trasformato in Leva, che focalizza l’attenzione sulla vera innovazione che rende la macchia unica, il meccanismo del gruppo. Questo cambiamento ha fatto sì che inizialmente venisse disegnato un logo con una linea molto precisa e poi si sia dovuto rivedere tutto.

Stefano seppur molto soddisfatto del logo disegnato per la Curva, è ancora più contento dell’evoluzione successiva. Perché, spiega, il primo aveva un gusto un po’ retrò che lo legava al passato. Ma secondo Stefano l’approccio del padre di Piero era eclettico, non nostalgico. La ricerca estetica prediligeva li equilibri. Ad esempio sulla National il logo è in stile liberty perché si accorda con le linee generali della macchina. Mentre guardando la GS è possibile collocarla esattamente nel suo tempo. In questo moment in cui tutto sembra ricercare un sapore vintage si è preferito trovare una soluzione che stacchi da questa scelta facile, che leghi invece visivamente il logo al periodo attuale, senza farsi influenzare dal passato e sia estremamente liscio e razionale, pulito.

Dice Stefano Dalla Pietra: “abbiamo tanti loghi nella nostra storia e sono tutti molto belli in maniera diversissima l’uno con l’altro: è un patrimonio da difendere e da portare avanti. Se manteniamo il leone come punto fisso che fa riconoscere la macchina il resto può variare e adattarsi all’estetica. È un lavoro in più, neanche semplice però è il bello, perché se ti standardizzi perdi parte della tua particolarità. Questa attenzione particolare al logo contrasta con il fatto che cambia sempre. Metti al centro qualcosa ma cambiandolo ogni volta. Quello che stiamo cercando di fare è mantenere il leone come simbolo della macchina e andare invece a lavorare sul logo della macchina e sulla scritta La Marzocco. Il logo riconoscibile e identificativo

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diventa il leone, mentre la scritta varia ogni volta adattandosi all’estetica. È particolare come approccio. Credo che quando guarderemo questi loghi in futuro saremo in grado di individuare il loro periodo storico e questo significa che sono stati correttamente abbinati al periodo ed alla macchina”.