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3. IL SETTORE DEL CAFFE’: L’ANAISI DEL MERCATO GLOBALE ED IL CASO ITALIANO

4.5. I venti di cambiamento

Con l’avvento del regime fascista e della conseguente ventata di novità che si rifletteva anche nello stile decorativo, “La Marzocco”, pur continuando a costruire macchine con caldaie verticali, cominciò a proporre una carrozzeria più lineare ed essenziale. Anche il Leone “Marzocco” fu travolto da questo nuovo gusto decorativo ed assunse un aspetto stilizzato.24

Con un lento ma costante aumento, cresceva il numero delle tazzine da caffè consumato al bar. Si profilò, perciò, la necessità di snellire e migliorare il lavoro della macchina da caffè e Giuseppe Bambi il 25 febbraio 1939 depositò il brevetto 372525 relativo alla prima macchina da caffè espresso con “Caldaia Orizzontale”. Questa nuova utilizzazione dava la possibilità di disporre tutti i gruppi erogatori in linea, permettendo una maggiore presenza dei medesimi ed un loro più facile e veloce azionamento.

Con tale concezione era possibile anche provvedere ai lati della macchina “due tasche” in cui riporre le tazzine; tasche che erano riscaldate da getti di vapore azionati da appositi rubinetti. Questo modello fu chiamato “MARUS”. A causa dei devastanti eventi della II Guerra Mondiale, non è stato possibile ritrovarne alcun modello, né illustrazioni o fotografie: l’unica testimonianza che resta è costituita dalle targhette “La Marzocco” e “Marus” ancora in stile dell’epoca e copia dell’estratto del brevetto.

Gli eventi bellici interruppero la produzione di macchine da caffè. La fine della guerra corrispose ad un “ricominciare da zero”, poiché la situazione economica si presentava molto difficile, ed altrettanto difficile era riuscire a reperire le attrezzature ed il materiale.

Tuttavia la volontà e lo spirito imprenditoriale e creativo, ormai accompagnati da diversi anni di preziosa esperienza, erano talmente connaturati che il 4 dicembre 1945 fu depositato un nuovo Brevetto, il 413645, che sarà ampliato e completato il 31 ottobre 1949 con il brevetto n. 458536.

24 Fonte interna: La Marzocco Collection

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Tale brevetto, che permise la ripresa dell’attività presentava un dispositivo semiautomatico tale da semplificare i movimenti e le operazioni del barman, per comandare l’arrivo dell’acqua calda e/o vapore, sulla polvere di caffè, nonché lo scarico della pressione del portafiltro.

In quel periodo erano ancora in uso le resistenze del tipo cosiddetto a “induzione”; queste erano costituite da lame di metallo da immergere nell’acqua, isolate dalle altre parti metalliche a mezzo di isolatori di porcellana che venivano alimentate da corrente elettrica; l’acqua stessa fungeva da “conduttore/resistenza” e quindi, a seconda della sua buona o cattiva conducibilità, il tempo di riscaldamento poteva essere molto lungo (ed allora le lame venivano avvicinate fra loro), oppure molto corto, tanto da dover ridurre le dimensioni delle lame ed allontanarle fra loro per evitare “corto circuiti”. In effetti non era possibile stabilire prima “dell’installazione in loco” presso il cliente, quanto gradi e quanto vicine fra loro dovessero essere queste lame e si avevano, di conseguenza, discordanze enormi di assorbimento. Oltre a ciò, subito dopo la guerra, la maggior parte degli impianti elettrici che si trovavano erano improvvisati e quasi fatiscenti.

Risulta infatti, ripescando fra i tanti ricordi e le tante testimonianze che costituiscono la storia de “La Marzocco”, che una volta, in occasione di un montaggio di una macchina ad 1 gruppo, accadde che, essendo il cavo elettrico destinato all’alimentazione della macchia costituito da una “piattina” abbastanza sottile, al momento in cui fu accesso l’interruttore ed arrivò la corrente, i fusibili (evidentemente impropri) non saltarono e la “piattina”, fortunatamente esterna, prese fuoco. L’acqua, infatti, conteneva parecchi sali minerali, quindi aveva “alta conducibilità” tanto che fu necessario ridurre a metà la dimensione delle lame. In un’altra occasione, invece, in un piccolo paese di montagna, l’acqua era talmente priva di minerali che, per fare una prova presso un probabile cliente, fu necessario aggiungere un pizzico di sale nell’acqua stessa perché non riusciva a riscaldarla. Gli anni ’50 sono caratterizzati dalle macchine ad “idrocompressione”. Come dice la parola stessa, l’infusione del caffè non avviene più per filtraggio, per mezzo della pressione dell’acqua e vapore di caldaia ad 1,5 Atm., ma avviene esercitando una forte pressione dell’acqua con un mezzo meccanico.

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Questo, inizialmente, era costituito da una molla che agiva su un pistone, il quale spingeva l’acqua attraverso il caffè con una pressione di circa 10 Atm.; evidentemente si trattava di una molla di notevole forza per la cui compressione era necessario l’uso di una leva ben fulcrata che riducesse al minimo lo sforzo dell’operatore. Successivamente questo mezzo meccanico sopracitato veniva integrato da un motoriduttore elettrico che comandava il sollevamento del pistone e, di conseguenza, la compressione della molla, eliminando così ogni sforzo manuale da parte dell’operatore.

Nasceva così la prima macchina ad “idrocompressione” automatica con motore elettrico. In seguito questo mezzo di azionamento del pistone fu sostituito da un sistema totalmente “idraulico” e, mentre altre Ditte utilizzarono l’acqua come mezzo propulsore, “La Marzocco” utilizzò il vapore prodotto dalla caldaia della stessa macchina per azionare un pistone di sollevamento e compressione che aveva una superficie 10 volte più grande del pistone usato per l’infusione del caffè, e, pertanto, azionando il pistone/motore con 1,2 Atm., il pistone infusore sviluppava una pressione di 12 Atm.

Con l’avvento della macchina ad idrocompressione cambiava il tradizionale sistema di “percolazione” del caffè e questo cambiava il concetto stesso ed il “gusto” del caffè espresso: nasceva quella che da quel momento fu chiamata “Crema-caffè”. In realtà, nella maggior parte dei casi, si trattava e si tratta, non tanto di crema ma di vera e propria emulsione, più o meno densa e più o meno persistente. Troppo spesso vengono usate miscele di caffè di bassa qualità perché scremano bene, cioè fanno una bella crema con qualsiasi tipo di macchina, a tutto scapito dell’aroma, del gusto e ancor di più di quello che gli amanti del buon caffè chiamano “retrogusto”. Quindi non sempre la cosiddetta crema è sinonimo di buon caffè!

In sintesi attualmente per ottenere una buona tazza di caffè espresso da una macchina sono essenzialmente richieste tre proprietà che, oltre ovviamente alla buona qualità dei materiali utilizzati, determinano una qualità della macchina stessa ai fini del rendimento, intendendo per rendimento la capacità di sfruttare la miscela di caffè, estraendone il meglio del gusto e dell’aroma. Tali proprietà sono:

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a) Controllo ed equilibrio termico che consentono di avere una costante temperatura e la possibilità di adeguamento della stessa temperatura per il migliore rendimento delle differenti miscele di caffè

b) Infusione, cioè imbevitura uniforme della polvere di caffè con acqua calda con minima pressione per qualche secondo prima dell’erogazione forzata a pressione

c) Pressione dell’acqua calda in fase di erogazione

4.6. La macchina ad erogazione continua

Nel 1961 veniva costituita la nuova sede della Ditta “La Marzocco”, in una collina intorno a Firenze. In questi anni i fratelli Bambi stavano perfezionando la nuova macchina ad “idrocompressione” a vapore.

Durante la tragica alluvione che nel 1966 travolse Firenze “La Marzocco” si trovò ad essere colpita indirettamente in quanto dovette affrontare numerosi disagi che la situazione aveva portato con sé ed inoltre a sopperire ai molti problemi dei clienti maggiormente colpiti. A quel tempo, infatti, il 50% del suo lavoro si svolgeva nel capoluogo toscano e nelle zone limitrofe e, mentre i clienti residenti nelle zone alluvionate potevano fruire di una moratoria nei pagamenti delle loro tratte, “La Marzocco” dovette continuare i propri pagamenti senza incassare: questo, evidentemente, causò molti problemi di natura finanziaria.

Grazie ad un lavoro paziente e costante anche queste difficoltà furono superate e nel 1970 “La Marzocco” iniziava la produzione della nuova macchia del tipo “ad erogazione continua”, Serie GS, dietro relativo Brevetto N. 882371, del 1 dicembre 1970.

In riconoscimento all’importante contributo offerto fin dall’inizio della propria attività ed anche per le caratteristiche specifiche di questa macchina, concettualmente nuova, “La Marzocco” ha ottenuto nel 1971 il Premio Compinter “Qualità e Cortesia”.

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Inoltre, in seguito alla partecipazione a molte fiere settoriali specializzate, ha avuto la possibilità di ampliare il proprio mercato, iniziando rapporti di lavoro con numerosi paesi esteri.

Nel 1981 nasce e viene messo in produzione il nuovo modello della serie GS/2, che è riuscito a ripetere il successo della precedente serie GS, ottenendo così, nel 1982, il premio “International Andino de Fomento”.

Nel 1990, in occasione dei campionati mondiali di calcio “Italia 90”, la ditta Caffè Mauro ha preferito affidarsi alle macchia da caffè della serie “Linea” de La Marzocco.

Nel marzo 1990 La Marzocco ha richiesto, alla facoltà di ingegneria elettronica dell’università di Firenze, approvazione e conferma di idoneità alle Normative di Prevenzione e Sicurezza dei cablaggi impianti elettrici ed elettronici. Approvazione e conferma rilasciate, dopo accurate test e controlli, con rapporto di prova dello stesso dipartimento in data 25 settembre 1990. Al tempo stesso tutta la serie “Linea” ha ottenuto anche l’omologazione per gli Stati Uniti d’America da parte del “UL”. Nella macchina ad erogazione continua il concetto di preparazione della tazzina di caffè non differisce molto dall’idrocompressione. Infatti la pressione dell’acqua sulla polvere di caffè è esercitata a mezzo di un’elettropompa volumetrica che la eleva a circa 9 Atm. Il grande vantaggio apportato dalle macchie ad erogazione consiste nel fare arrivare l’acqua direttamente dalla conduttura sulla polvere del caffè (ecco il perché di erogazione continua). Questo accorgimento, in combinazione con un buon equilibrio termico a temperatura ideale, consente di eliminare il problema che si creava nei momenti di forte lavoro, cioè l’accumulo di calore nel gruppo. Infatti, prima di allora, quando un bar doveva fare molti caffè in poco tempo, il gruppo arrivava a surriscaldarsi ed i barman più esperti compensavano l’inconveniente raffreddando il portafiltro con acqua fredda. Attualmente tutte le ditte costruttrici producono macchine da caffè ad erogazione continua, nelle versioni semiautomatica ed automatica talvolta automatica- temporizzata ed in prevalenza elettronica.

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La differenza fra le due consiste nel fatto che:

a) Nelle macchine ad erogazione continua il flusso di acqua sulla polvere di caffè, ogni volta che si aziona il gruppo, è continua ed il barman è costretto a controllare la quantità di bevanda che entra nella tazzina ed interrompere manualmente l’erogazione quando si è raggiunta la quantità desiderata

b) Nelle macchine automatiche tale flusso viene predeterminato in modo che, quando la bevanda ha raggiunto la quantità desiderata, l’erogazione si interrompe automaticamente

Tuttavia, il principio di sfruttamento della miscela e l’erogazione del caffè sono gli stessi.