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La strategia di internazionalizzazione della Marzocco

9. IL CONCETTO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E LA STRATEGIA ADOTTATA DALLA MARZOCCO RISPETTO AI CONCORRENT

9.3. La strategia di internazionalizzazione della Marzocco

Fino al ‘96, anno del passaggio di proprietà da Piero Bambi a Kent Bakke, la Marzocco aveva volumi bassi e produceva quasi esclusivamente per un mercato, quello statunitense e con un unico cliente principale, Starbucks. Quindi praticamente non era una società conto terzi ma quasi.

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In quegli anni, il mercato pensava addirittura che la Marzocco era una società molto piccola e non veniva considerata. Ma oltre tutto si pensava che l’azienda era di proprietà di Starbucks, in quanto era li che si vedeva la macchina, al di fuori di tale contesto non erano presenti.

All’inizio anni 2000 si è dovuto fare fronte al fatto che Starbucks decise di dotarsi di una macchina da caffè super-automatica, cioè una macchina che facesse l’erogazione di caffè con la sola pressione di un bottone. Questo per due ragioni:

Troppi costi di training, dovuti all’elevato turnover di personale (legato al fatto di lavoratori stagionali, per esempio studenti che svolgevano il lavoro per pochi mesi per pagarsi gli studi);

Necessità di essere più rapidi, doveva fare più scontrini per ora e giorni e con necessità di effettuare il caffè con un minor tempo. Questo era possibile con una macchina super-automatica in quanto ogni il 40 secondi potevano soddisfare il cliente indipendentemente dalle competenze del lavoratore La Marzocco si è trovata senza cliente e si è avuto la necessità di creare una rete di distributori. A fine anni 2000 si era già distribuita in tutto il mondo. Con questa strategia era diminuito fortemente il rischio di impresa, perché ad inizio anni 2000 dipendeva da un solo cliente ed a fine anni 2000 dipendeva da molti clienti, quindi le vendite erano frammentate. Gli stati uniti che erano il 96% delle vendite nei primi anni duemila passarono al 25%, con conseguente grossissima riduzione del rischio. Ovviamente poi l’azienda è cresciuta, sono aumentati i volumi di vendita e di conseguenza il fatturato ed i vari modelli di macchina da caffè prodotti.

Per quanto riguarda l’internazionalizzazione intesa come filiali di fatto c’è diciamo uno storico che sono gli Stati Uniti, nel senso che il caso atipico di Marzocco, dove quest’ultima è stata acquisita dal distributore, quindi il distributore degli Stati Uniti ha acquisito l’azienda produttrice. Di fatto ha continuato a gestire l’azienda e poi a partire dal 2009 è anche diventata la prima filiale anche se di filiale non ne possiamo parlare in quanto è anche la holding, in quanto la Marzocco srl è di proprietà per la stragrande maggioranza della Marzocco International che è anche distributrice per la Marzocco oltre negli Stati uniti, anche nel Canada, Messico e Nord America.

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Già da quei tempi avevano un modello di business che era diverso rispetto a tutti gli altri concorrenti che possedevano filiali, in quanto normalmente le filiali acquistano macchine dalla casa madre e le vendevano insieme all’assistenza nei coffee shop, nei ristoranti, hotel senza altri intermediari. Invece negli Stati Uniti avevano un modello di business dove acquistavano dalla Marzocco e poi rivendevano a dei re- seller che potevano essere per esempio torrefattori o service company e queste a loro volta vendevano ai coffee shop. Quindi demandavano diciamo un po’ l’assistenza e l’after sales a questi intermediari che caricavano il prezzo della macchina col prezzo del loro servizio e le vendevano al coffee shop mentre la filiale si preoccupava di fornire formazione, promozione e marketing non tanto l’istallazione della macchina.

Dal 2010 in poi l’azienda ha continuato a crescere all’estero, si è trovata ad aprire filiale più per necessità non tanto strategico finanziarie ma strategico commerciali. In alcuni mercati dove non si riusciva a risolvere i conflitti storici con i distributori perché non c’era la stessa strategia, lo stesso focus verso l’attrezzatura di alta qualità, era necessario un cambio e visto che in quei mercati non c’erano dei players che potevano rappresentare questo cambio, l’azienda ha deciso di essere lei stessa la promoter di questo cambiamento.

L’idea era quella di andare a risolvere dei conflitti e non tanto quello di aprire le filiali per incrementare il fatturato, oltre a guadagnare quando vendiamo dall’Italia alla filiale guadagniamo poi quando vendiamo dalla filiale al mercato, anche perché c’è comunque la necessità di mantenere una rete distributiva. Nel senso che se si aprono filiali in tutto il mondo, probabilmente chi in quel momento fa il nostro distributore riscontrerà delle difficoltà ad investire in un progetto che non sia di lungo termine.

I conflitti maggiori che venivano riscontrati erano di tipo commerciale: quando il distributore aveva diversi marchi e quindi non riusciva a dare abbastanza focus sul prodotto Marzocco, quando non riusciva a connettersi con il mondo dei baristi oppure l’altro grosso conflitto era quando il distributore era anche un torrefattore. Storicamente questa ultima situazione è sempre stata la via più semplice per vendere, perché se domani mattina un torrefattore decide di diventare importatore

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Marzocco, automaticamente ha un parco clienti e quindi indipendentemente dalle macchine che riuscirà a vendere fuori dal suo canale ha già un canale da cui attingere. Ad esempio la Lavazza distribuisce la Marzocco in Vietnam ed automaticamente il cliente della Lavazza il giorno dopo gli verranno fornite le macchine Marzocco.

Il problema grosso è che però, automaticamente viene di fatto escluso tutto il mercato dei concorrenti di quel torrefattore e visto che la Marzocco viveva sui torrefattori aveva una forte necessità di creare un ambiente neutrale che servisse da punto di contatto per i torrefattori.

Essenzialmente sono stati creati degli uffici con lo stesso modello Statunitense, senza vendere al cliente finale ma a dei re-seller, quasi sempre torrefattori. Demandando a loro l’assistenza ed installazione della macchina, arrogando a noi la parte di after sales.

Il vantaggio grosso è che l’azienda riesce, con questo modello di vendita indiretto, a supportare un numero alto di attrezzature senza grossi stravolgimenti a livello di struttura. Ovviamente in questo caso l’unica cosa che si perde rispetto alla vendita diretta è la marginalità, guadagnano in struttura. L’opposto di quello che fanno i concorrenti, i quali si basano molto sulla vendita diretta.

9.3.1. L’apertura delle branches

A livello di branches, molto importante sono gli Stati uniti, il cosiddetto apripista, dove il mercato americano rappresenta il primo o secondo con il 20-25 % del fatturato globale. Nel 2009 la nostra controllante la Marzocco International ha creato una società distributrice che ha preso il posto del distributore degli stati uniti (grosso gruppo con sede in svizzera che tratta non solo macchine da caffè ma anche elettrodomestici di vario tipo). Pur in presenza di volumi rilevanti, la scelta che è stata presa, non solo a livello degli Stati Uniti ma anche per le altre branches era quella in cui il distributore faceva un lavoro di pura logistica (comprava i prodotti La Marzocco e gli rivendeva sul mercato), non c’era un indotto di servizi del post vendita, marketing, promozione del brand e del prodotto ecc. Ragion per cui gli

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azionisti presero la decisione, con un buon margine di rischio di cambiare la figura del distributor. Anche se possiamo dire che tale scelta ha premiato.

La Marzocco International tramite questa distribuzione “Marzocco Usa” ha cominciato ha effettuare grossi volumi, portando anche un aumento dei volumi di vendita verso gli stati uniti. Tale dato era possibile vederlo all’interno di alcuni report periodi.

Nel frattempo negli usa si era creata anche una struttura di supporto, non solo la gestione amministrativa ma anche creare dei veri e propri reparti per il collaudo delle macchine, alla commercializzazione, al marketing. Si trattava di una struttura aziendale vera e propria. Prima era solo un piccolo ufficio, senza aver un intervento diretto nel mercato di riferimento.

Ad oggi sempre per gli Usa, oltre a queste figure è molto forte la parte di ricerca e sviluppo che prima veniva eseguita molto sull’Italia ed in piccola parte negli Usa ma senza delle figure di riferimento. Anche se comunque restano centralizzate in Italia le figure principali.

Nel 2012 venne aperta la filiale a Londra. Fino a quel momento La Marzocco lavorava con un distributore, denominato Mulmar, con cui più o meno l’azienda aveva le stesse questioni o i soliti problemi a livello statunitense. Pur avendo un livello di volumi buono, a livello commerciale era inferiore rispetto alla domanda che offriva il mercato.

Vista comunque la rigidità dei soggetti, con cui non era sempre facile trattare ma soprattutto viste le potenzialità del mercato venne presa la decisione di aprire una filiale a Londra. Anche qui i risultati sono stati quasi immediati ed in più venne fatto un accordo (“di non belligeranza”) con il distributore di prima, che prevedeva la vendita limitata ad aree geografiche ben definite.

Fino allo scorso anno erano presenti due distributori (La Marzocco Uk e Mulmar). Ad oggi è stato aperto un nuovo ufficio a Leeds, perché comunque il mercato si è dimostrato fortemente reattivo anche in altre aree del Regno Unito. Come negli stati uniti, la struttura si è allargata con persone amministrative, logistica, marketing e assistenza.

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Ad oggi non è più una start up ma una società pienamente operativa, con un business in crescita e con una struttura che la copre in tutti i reparti.

Diverso è il discorso dell’Australia e Nuova Zelanda, in quanto si è creò una sinergia tra La Marzocco ed il distributore, portando alla nascita della Marzocco Australasia (Australia e Nuova Zelanda) il 1 aprile 2014.

Diversamente dagli Stati Uniti e dalla UK, la Marzocco Australasia presenta una composizione differente. Mentre La Marzocco Usa è posseduta per il 100% dalla Marzocco International, La Marzocco UK per l’85% dalla Marzocco International e per il restante 15% dalla Marzocco Srl, La Marzocco Australasia ha una composizione più complessa in quanto ha una partecipazione della Marzocco International (64%) ed il capitale rimanente diviso tra i vari soci e tra alcuni trust, fondi investimento.

Anche in questo caso l’azienda ha avuto buoni risultati in un mercato che ha tirato molto. Sono state effettuate, anche se in minima parte, delle vendite al distributore precedente ma solo per alcuni articoli non troppo rilevanti, come ad esempio i macinini.

Come per le altre filiali, anche per La Marzocco Australia è stata creata una struttura organizzativa, mentre la Nuova Zelanda ha una sua struttura più autonoma. Nello stesso anno si passa alla Marzocco Spagna, ottobre 2014. La Spagna ora come ora è un mercato molto di nicchia, dove si fa un numero limitato di macchine ma con dei buoni margini. È un paese con una forte presenza del torrefattore, come in Italia, che spesso impone la sua macchina al barista e quindi il concetto di macchina da caffè di alto di gamma non è ancora troppo diffuso, anche se piano piano l’azienda sta cercando di far modificare questo trend.

A partire dal 2018, è stato inserito un business manager, con l’obiettivo di espandersi in un mercato particolare e difficile con buone opportunità.

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Sulla Germania l’obiettivo sia stato quello di accentrare la distribuzione, in un paese dove la presenza della Marzocco era frammentata. L’azienda inizialmente lavorava con vari distributori che seguivano aree geografiche differenti, ed in un mercato con buone potenzialità, la scelta è stata quella di creare nel tempo un distributore unico. Già dal primo anno di attività i risultati sono stati piuttosto positivi.

Sulla Cina diciamo che è stato un processo molto lungo, soprattutto legato al fatto di essere un paese con forte burocrazie. E’ passato molto tempo tra la scelta e l’attualizzazione. La scelta è stata quella di mettersi in società con il titolare del distributore della Marzocco in Cina. Creata questa sinergia l’azienda ha riscontrato fin da subito buoni numeri anche se ancora oggi si pensa che ci siano ancora buone potenzialità ed opportunità di ulteriore sviluppo.

Lo schema ricorrente è quello di creare la filiale non solo perché il mercato ha buone potenzialità, ma anche per portare nel paese il modello di business aziendale che non sempre si riesce a rappresentare con un distributore qualsiasi.

Nella maggior parte dei casi sono aziende che riescono a fare una buona promozione del brand e dei prodotti, però in alcuni mercati l’azienda ha sentito la necessità di migliorare questi aspetti.

C’è una costante volontà di uniformare le varie azioni in tutte le varie filiali, con un minimo adattamento in base al paese in cui ci si trova.

Il tema è quello di rafforzare il brand nei paesi di riferimento e cogliere opportunità nei paesi con grosso potenziale nei quali l’azienda non si vedeva rappresentata e seguita dal distributore di riferimento.

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9.3.2. Sales Analysis: branches vs distributors ed impatto sul fatturato globale

In questa parte vediamo l’evoluzione dei mercati con il passaggio dal distributore alla filiale ed i risultati di tale strategia.

Prendendo come primo step quello statunitense, vediamo che tranne per il 2009, anno del passaggio dal distributore alla filiale, dove notiamo una perdita rispetto alla attività svolta dal solo distributore, poi l’azienda ha riscontrato ottimi risultati. Si passa da 729 macchine fatte con il distributore per circa 2 milioni nel 2008 a già due anni dopo con 916 macchine e circa 2.5 milioni. Solo nel 2015 abbiamo avuto una piccola contrazione rispetto all’anno precedente ma si parla di 70 macchine in meno, per poi arrivare ad oggi a 3145 macchine e circa 9.5 milioni e mezzo, quadruplicando nel giro di 9 anni il risultato ottenuto dal distributore nel 2008. Per il Regno Unito, la situazione è stata un po’ diversa in quanto l’azienda aveva deciso inizialmente con il distributore Mulmar di continuare a lavorare in parallelo, gestendo aree geografiche e clienti diversi per non farsi troppa concorrenza. Il 2012 è poco significativo in quanto le 71 macchine fanno riferimento a soli 3 mesi di attività. Se già prendiamo il 2013, primo anno intero di attività, notiamo che l’azienda ha venduto 416 macchine ottenendo un risultato superiore alle macchine vendute dal distributore l’anno precedente (397).

Negli anni successivi la filiale ha continuato a crescere progressivamente, passando a 565 macchine nel 2014 fino a 1080 nel 2016, mentre il distributore ha avuto un trend opposto, riuscendo a stare stabile per qualche anno per poi andare a scomparire definitivamente nel 2017.

Anche qui siamo partiti nel mercato con 200 macchine circa nel 2008 fino ad arrivare ad oggi con la filiale fino a 1187 con circa 5 milioni di fatturato.

Passando all’Australia, anche se la struttura società è più complessa, analizzando il discorso mercati, qui abbiamo un distributore che riesce già singolarmente ad avere

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una crescita progressiva dal 2008 al 2013 anno in cui è stata inserita la Marzocco Australia.

Era riuscito a passare da 233 macchine nel 2008 a 994 nel 2012.

La Marzocco intravide comunque nel mercato australiano delle grosse opportunità e decise appunto nel 2013 di aprile la filiale.

Già dal primo anno dove abbiamo una convivenza tra distributore e filiale notiamo un risultato di circa 1000 macchine, superando di poco il risultato ottenuto nel 2012. Analizzando gli anni di sola attività della filiale notiamo che la strategia ha portato i suoi frutti passando già nel 2014 a 1912 con circa 7 milioni di fattura fino ad arrivare al suo massimo nel 2016 con 1869 macchine e 10 milioni circa.

L’unico anno di contrazione è stato il 2017 con circa 100 macchine in meno in quanto il mercato australiano ha tirato un po’ i freni; c’è un momento di saturazione anche perché siamo passati da 200 macchine a 2800 circa. Il 2018 dovrebbe essere in linea rispetto al 2017.

Parallelamente all’Australia c’è la Nuova Zelanda che ha fatto il medesimo passaggio. Ovviamente il mercato qui è molto piccolo, infatti partiamo da 70 macchine circa fino ad arrivare già al primo anno di condivisione del mercato nel 2014 a 130 macchine.

Nel 2015 già passiamo a 226 macchine con circa 700 mila euro di fatturato, superando di gran lunga quanto effettuato da Alpress negli anni della sua sola attività.

Come per l’Australia anche la Nuova Zelanda ha avuto un picco nel 2016 arrivando a 415 macchine con 1,5 milioni fatturato per avere l’anno successivo una piccola contrazione, registrando una riduzione di circa 100 macchine.

Per la Spagna non possiamo fare confronti con il distributore in quanto Coffee People registrava poche vendite per poche unità, si parla di 2-3 macchine l’anno; era più un punto di appoggio.

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Con la filiale, pur con quantitativi piccoli per il momento è un mercato dove l’azienda ha messo piede e la tipologia di clientela è molto legata agli appassionati di macchine da caffè.

Sulla Germania già nel 2017 possiamo notare l’impatto dell’apertura della filiale rispetto al distributore, ottenendo circa il risultato del 2016 con soli 10 mesi di attività.

In definitiva possiamo notare come la strategia di aprire una filiale per poter promuovere la stessa filosofia aziendale in tutto il mondo, avere una adeguata promozione del brand e del prodotto ha portato a risultati straordinari in tutte le zone, soprattutto sfruttando le opportunità offerte dal mercato.

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Ora, attraverso i risultati ottenuti nell’analisi effettuata precedentemente, evidenziamo l’impatto ed il contributo dato ogni danno dalla singola filiale sul fatturato totale e soprattutto il loro peso %.

Per fare tale analisi abbiamo costruito un indice che evidenziasse l’incidenza di ogni singolo mercato sul fatturato totale. La % è calcolata come rapporto tra il fatturato di ogni singola filiale e il fatturato globale della Marzocco Srl.

Indice di incidenza singolo mercato sul fatturato globale:

fatturato singola filiale x100 fatturato Marzocco Srl

Possiamo vedere che il 2009 è l’unico anno in cui l’azienda ha registrato un anno in perdita rispetto all’anno precedente, dovuto dal fatto che il dato da riferimento a solo 3-4 mesi di attività.

Dal 2010 in poi abbiamo avuto una crescita molto importante del fatturato globale, passando da circa 8.5 milioni nel 2008 fino a circa 70 milioni nel 2017, aumentando via via il numero delle filiali ma soprattutto l’incidenza di queste ultime sul fatturato globale.

Sotto questo aspetto abbiamo un valore del 19% nel 2011, un 18% nel 2012 anche se il valore 1% della UK fa riferimento a soli 2 mesi di attività, sennò sicuramente l’azienda avrebbe ottenuto risultati migliori rispetto all’anno precedente, per poi arrivare negli anni che vanno dal 2014 al 2016 a circa il 50% del fatturato globale. Solo nel 2017 abbiamo avuto un calo (38%), dovuto essenzialmente alla contrazione riscontrata nel mercato australiano, passando da una incidenza del 18% ad un 11%.

Questo ultimo dato ci indica che l’azienda opera molto con l’estero e destina la maggior parte della sua attività con mercati al di fuori del territorio italiano.

Come si evince dalla tabella, il mercato statunitense ed il mercato australiano sono i due mercati più importanti, con un peso rispettivo in media più del 15% annuo.

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Le altre filiali come UK, Spagna e Germania hanno una incidenza inferiore anche se comunque rappresentano delle buone opportunità per l’azienda.

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10. ANALISI DI BILANCIO MARZOCCO SRL: RICLASSIFICAZIONE