• Non ci sono risultati.

Inibitori della proteasi da HIV

NUOVI INIBITORI SULFONAMMIDICI

3. Basi strutturali della progettazione molecolare di nuovi farmaci

3.1. Inibitori della proteasi da HIV

Gli inibitori della proteasi impiegati nelle terapie anti-retro virali ed in particolare l’Amprenavir e il Nelfinavir, sono tra gli esempi di maggior successo di un approccio tipo

structure-based drug design (Volarath P. 2007). Da quando la FDA ha approvato l’inibitore

Saquinavir, si sono susseguiti molti altri farmaci basati su molecole appositamente costruite e selezionate in base alla loro efficacia nell’inibire l’azione dell’enzima virale, come Indinavir, Lopinavir, Atazanavir, Tipranavir e il Darunavir (approvato nel 2006) (Wlodawer A. 1998). Molti altri inibitori sono oggi oggetto di studio per svilupparne la potenza, ma anche e soprattutto per ottenere molecole in grado di rispondere efficacemente alle frequenti mutazioni che determinano forme di virus farmaco-resistenti. La particolare mobilità dei flap presenti nel sito attivo della proteasi, le permette di catalizzare, unica tra le proteasi, un’idrolisi tra X-Pro (Hong L. 1998).

Ognuno dei nove farmaci approvati dalla FDA ha una natura peptidomimetica in quanto simulano i substrati naturalmente riconosciuti della proteasi. Essi incorporano un isostere dell’intermedio tetraedrico postulato nel meccanismo di catalisi delle proteasi aspartiche di cui al paragrafo 2.2. In queste molecole il ponte scissile tipico dei substrati della proteasi viene sostituito da quello non idrolizzabile dell’isostere, così l’efficacia dell’inibitore dipende dalla capacità dell’isostere stesso di mimare efficacemente l’intermedio.

Ciò che è stato enunciato si trova in accordo col principio di Pauling secondo cui un enzima deve essere complementare allo stato di transizione della reazione che catalizza: legando l’intermedio di transizione esso permette l’abbassamento dell’energia di attivazione e l’avanzamento della reazione stessa (Pauling L. 1946). Tale principio viene dunque impiegato nell’architettura degli inibitori peptidomimetici della HIV-PR, la cui forma prevede l'introduzione di un ossidrile in corrispondenza del legame scissile all'interno di una struttura che riproduce il substrato originario (Richman D.D. 2001). In questa maniera il gruppo ossidrilico può rimpiazzare la molecola d'acqua posizionata tra gli aspartati catalitici, creando con questi delle interazioni simili a quelle dell’intermedio tetraedrico.

A titolo di esempio, dalla co-cristallizzazione dell’inibitore Saquinavir con la proteasi da HIV è stata di recente trovata al CEB una nuova forma cristallina di tipo monoclina, nella quale la posizione del gruppo centrale idrossietilammide dell’inibitore, determinata a 1.3Å di risoluzione, si colloca presso i subsiti S1 e S1’tra i due Asp25, dove normalmente si trova la molecola d’acqua responsabile della catalisi. Inoltre è stata risolta anche la struttura dell’enzima complessata con un nuovo inibitore a base epossidica (EPX) la cui affinità verso l’enzima è dovuta principalmente alla formazione di legami covalenti con esso.

Dalla caratterizzazione tramite diffrazione di raggi X di questo complesso a diversi pH non è possibile confermare la natura covalente della formazione del complesso, ma si è trovato che

la reazione di apertura dell’anello epossidico della molecola dipende in modo stereospecifico dall’addizione di ammoniaca (Demitri N. 2008). Inoltre, le informazioni strutturali ottenute hanno consentito, nell’ambito del drug design, di pensare ad una ottimizzazione della molecola tramite la funzionalizzazione con gruppi capaci di occupare le tasche S2 ed S3, per migliorare la costante di binding della molecola, e l’ottimizzazione della chiralità del nucleo epossidico, per aumentare l’irreversibilità del legame. Alla classe degli inibitori di tipo isosterico che si dispongono nel sito catalitico con il gruppo idrossilico centrale appartengono praticamente tutti gli inibitori commerciali di tabella 1.

CH3 OH NH S N O O NH O NH C H3 CH3 O N N S CH3 CH3 N O NH O O NH2 NH OH N H H O NH t-But

Ritonavir (Norvir) Saquinavir (Fortovase, Invirase)

Formula/MM: C37H48N6O5S2 / 720.946 g/mol Nome IUPAC: 1,3-thiazol-5-ylmethyl hydroxy-5- [3-methyl-2-[methyl- [(2-propan-2-yl-1,3-thiazol- 4-yl)methyl] carbamoyl] amino-butanoyl] amino-1,6-diphenyl-hexan-2-yl] aminoformate

Note: approvato il 1/3/1996; funziona da booster per altri PI: ne aumenta il tempo di vita venendo ossidato al loro posto.

Formula/MM: C38H50N6O5 / 670.841 g/mol Nome IUPAC: N-[1-benzyl-2-hydroxy-3- [3-(tert-butylcarbamoyl)- 1,2,3,4,4a,5, 6,7,8,8a- decahydroisoquinolin-2-yl]-propyl]- 2-quinolin-2-ylcarbonylamino- butanediamide

Note: approvato il 6/12/1995; la forma mesilata ha migliori proprietà farmaco cinetiche.

N N N NH O OH O NH t-But O H O H CH3 O NH OH S N H H O NH t-But

Indinavir (Crixivan) Nelfinavir (Viracept)

Formula/MM: C36H47N5O4 / 613.79 g/mol Nome IUPAC: 1-[2-hydroxy-4-

[(2-hydroxy-2,3-dihydro- 1H-inden-1-yl) carbamoyl]-5-phenyl-pentyl]-4- (pyridin-3-ylmethyl)-

N-tert-butyl-piperazine-2-carboxamide

Approvato il 13/3/1996.

Formula/MM: C32H45N3O4S / 567.784 g/mol Nome IUPAC: 2[2hydroxy3(3hydroxy2methylbenzoyl) amino4phenylsulfanylbutyl] -N-tert-butyl- 1,2,3,4,4a,5,6,7,8,8a-

decahydroisoquinoline-3-carboxamide Approvato il 14/3/1997.

NH2 O O O OH NH N CH3 CH3 S O O O NH NH O H O O CH3 CH3 CH3 C H3 CH3 NH N

Amprenavir (Agenerase) Lopinavir (Kaletra)

Formula/MM: C25H35N3O6S / 505.628 g/mol Nome IUPAC: tetrahydrofuran-3-yl [3-[(4-aminophenyl)sulfonyl- (2-methylpropyl) amino] -1-benzyl-2- hydroxy-propyl]aminomethanoate Approvato il 15/4/1999. Il 20/10/03 è stato approvato il fosamprenavir (Lexiva) un profarmaco dell’Amprenavir che rilascia l’inibitore più

efficientemente.

Formula/MM: C37H48N4O5 / 628.810 g/mol Nome IUPAC: (2S)-N-[(2S,4S,5S)-5-{[2-(2,6- dimethylphenoxy)acetyl]amino}-4-hydroxy-1,6-diphenyl-hexan-2-yl]-

3-methyl-2-(2-oxo-1,3-diazinan-1-yl)butanamide Approvato il 15/9/2000. Coformulato col Ritonavir estende il tempo di permanenza nel sangue.

O O N H2 O S N NH O H C H3 C H3 O O O H H NH O S N F F F O C H3 O O O H CH3

Darunavir (Prezista ) Tipranavir (Aptivus)

Formula/MM: C27H37N3O7S/ 547.665 g/mol Nome IUPAC:

[(1R,5S,6R)-2,8-dioxabicyclo[3.3.0]oct-6-yl] N-[(2S,3R)-4- [(4-aminophenyl)sulfonyl- (2-methylpropyl)amino]-3-hydroxy-1-phenyl- butan-2-yl] carbamate Approvato il 23/6/2006.

Formula/MM: C34H36N2O5S / 584.726 g/mol Nome IUPAC: N-[3-[1-(2-hydroxy-4-oxo-6- phenethyl-6-propyl-5H-pyran-3-yl) propyl] phenyl] quinoline- 8-sulfonamide Approvato il 22/6/2005. Non-peptidico. O H O C H3 O NH CH3 C H3 O C H3 NH N NH O NH C H3 CH3 CH3 O O CH3 N Atazanavir (Reyataz)

Formula/MM: C38H52N6O7 / 704.856 g/mol

Nome IUPAC: methyl N-[(1S)-1-[[[(2S,3S)-2-hydroxy-3-[[(2S)-2-(methoxycarbonylamino)-3,3-dimethyl-butanoyl]amino]-4-phenyl-butyl]-[(4-pyridin-2-ylphenyl)methyl]amino] carbamoyl]-2,2-dimethyl propyl]carbamate

Approvato il 20/6/2003. Lo sviluppo di resistenze verso questo PI non preclude l’efficacia degli altri PI. Tabella 1. Inibitori commerciali della proteasi da HIV approvati dalla FDA.

Alcuni di questi, come Amprenavir e Darunavir, presentano uno scaffold che oltre a mimare l’architettura del legame peptidico è caratterizzato anche da un gruppo tipo sulfonammidico. I farmaci sulfamidi o sulfonamidici contengono nella struttura chimica un gruppo con un atomo di zolfo di valenza 6, doppiamente ossidato con ossigeno, ed un legame con un atomo d'azoto amminico. Anche il Tipranavir possiede questa caratteristica, ma ciò che lo differenzia dai 2 sopra citati è la sua natura non peptidica. Il Tipranavir, trovato statisticamente disordinato in due conformazioni a 1.3Å di risoluzione (pdb:2o4l), è stato disegnato in modo tale da ottenere una minore probabilità nella formazione di mutazioni proteiche farmaco-resistenti (Muzammil S. 2007). Anche nel complesso con il Darunavir, ottenuto a 1.8Å (pdb:3ggu), l’inibitore assume due conformazioni simmetriche entrambe con il gruppo ossidrilico nel sito catalitico. Questo farmaco presenta una elevata capacità di binding verso l’enzima in quanto ottimizza al massimo il numero di legami ad idrogeno e interazioni idrofobiche con i residui proteici nel subsito S2 (Ghosh A.K. 2007). Per quanto riguarda invece l’Amprenavir, la cui struttura è molto simile a quella del Darunavir, esso rappresenta il primo inibitore tipo sulfinammidico con una elevata solubilità in acqua ed una capacità di formare interazioni idrofiliche con la proteasi. Da quando sono stati studiati e sviluppati nuovi isosteri peptidici sulla base dello scaffold adottato da questo inibitore a seguito della comparsa di nuove resistenze specifiche (Rocheblave L. 2002), ne è stata dimostrata recentemente la capacità di alterare il cluster di residui idrofobici nella regione mobile dei flap che produce, rispetto a ciò che avviene per il complesso con il Saquinavir un differente pattern di mutazioni farmacoresistenti (Shen C.H. 2010).

4. Scopo del progetto

Lo studio dei complessi tra l’HIV-proteasi e gli inibitori di recente sintesi rientra in una collaborazione con i gruppi di chimica organica coordinati dalla Prof.ssa Maria Funicello (Università della Basilicata), che si è occupata della sintesi, e dal Prof. Fabio Benedetti (Università di Trieste), che ha svolto i saggi di attività. Il lavoro svolto al CEB, in particolare, si propone di esprimere e purificare la proteasi wild-type stabilizzata del virus dell’HIV per ottenere cristalli della proteina in forma nativa, complessata con due diversi inibitori di tipo sulfonammidico, quali FT99 e FT107. L’interesse per questi inibitori è dovuto al carattere innovativo della loro struttura non peptidica, con particolare attenzione al gruppo sulfonammidico, sfruttata per combattere il problema dell’insorgenza di resistenze farmacologiche a livello proteico; inoltre l’interesse per FT99 e FT107 è legato alla possibilità di essere lead compound per lo sviluppo di molecole candidabili come nuovi farmaci. L’alta omologia strutturale con l’Amprenavir, alla luce dei recenti studi mutazionali (Shen C.H. 2010), ci indirizza verso una analisi strutturale che metta in luce le interazioni tra

inibitore e proteina, considerando anche quelle che coinvolgono i residui che definiscono la regione mobile dell’enzima.

L’ottenimento di cristalli di grandezza e qualità adeguata per gli esperimenti di diffrazione è premessa necessaria per l’ottenimento di dati ad alta qualità, perciò è necessario dare particolare attenzione all’ottimizzazione dei protocolli di purificazione, refolding e cristallizzazione. I cristalli dei complessi saranno poi sottoposti a diffrazione di raggi X per determinarne la forma cristallina, i parametri di cella ed ottenere in seguito le rispettive mappe di densità elettronica. Per determinare la posizione delle molecole nel sito catalitico e riuscire ad evidenziare in modo preciso le interazioni specifiche proteina-inibitore è necessario ottenere dati ad una risoluzione elevata (>2.5Å) e quindi mappe di densità molto dettagliate. Per questo motivo viene sfruttata l’elevata brillanza dei raggi X della sorgente di luce sincrotrone ELETTRA interfacciata a tecniche criogeniche che rallentano la degradazione del cristallo dovuta alla sorgente stessa. La determinazione della struttura cristallina è utile anche per studiare le eventuali alterazioni strutturali che coinvolgono i due inibitori nel sito catalitico del dimero; è interessante, infatti, osservare che, come avviene in diverse strutture cristalline determinate per esempio per i complessi con Darunavir e Tipranavir, l’inibitore specifico può disporsi nel sito catalitico orientato statisticamente in due conformazioni relazionate dalla simmetria C2. Mentre è nota l’efficacia di inibitori commerciali con lo stesso scaffold, quali appunto amprenavir, darunavir e tipranavir, il meccanismo di azione dei nuovi inibitori FT99 e FT107 è ancora oggetto di indagine. La disposizione di queste molecole nel sito catalitico, infatti, non è determinabile a priori e per questo motivo è necessario ottenerne una descrizione particolareggiata che suggerisca eventualmente nuove modifiche strutturali al fine di migliorare i valori delle costanti di affinità e delle capacità inibitorie.

MATERIALI E METODI

Le prime tappe nel processo che conduce alla determinazione della struttura di una proteina target consistono nell’over-espressione della proteina oggetto di studio, la sua purificazione ed infine la cristallizzazione. Questi sono punti cruciali per la buona riuscita dell’intero processo poiché condizionano pesantemente l’ottenimento di cristalli di buona qualità della molecola di cui si vuole conoscere la struttura.

Affinché la cristallizzazione di una proteina vada a buon fine, sono richieste elevate quantità di materiale proteico (mg), il che richiede protocolli d’espressione efficienti. Inoltre è richiesto un elevatissimo grado di purezza in quanto piccole impurità nel campione possono bloccare la formazione dei cristalli o comunque fermarne la crescita ed inoltre possono limitare l’ordine strutturale presente nei cristalli proteici.