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NUOVI INIBITORI SULFONAMMIDICI

2. La proteasi da HIV-1

Le proteasi sono enzimi che catalizzano l’idrolisi dei legami peptidici con elevata efficienza e selettività che regolano numerosi processi fisiologici quali digestione, crescita, differenziazione dei tessuti, migrazione cellulare, meccanismi di difesa immunitaria e apoptosi. Sono direttamente coinvolte nella patogenesi di molte malattie quali l’ipertensione (Leung D.G. 2000), il cancro (Rochefort H. 1999), la malaria (Machon U. 2009), il morbo di Alzheimer (Singh R. 2009), l’epatite, le infezioni da Candida (Sanglard D. 1997) ed l’AIDS stessa. Questi enzimi proteolitici vengono classificati in 4 classi principali in funzione dei gruppi presenti nel sito catalitico direttamente coinvolti con il meccanismo di idrolisi: proteasi aspartiche, proteasi tioliche, proteasi seriniche e metallo proteasi. I principali meccanismi con cui l’attività catalitica di questi enzimi si esplica sono 2. Il primo meccanismo prevede l’attacco di un nucleofilo al gruppo carbonilico del legame ammidico per formare un intermedio covalente proteina-substrato di tipo estereo, che viene successivamente idrolizzato da una molecola d’acqua. Gli enzimi che effettuano una catalisi di questo tipo sono le proteasi seriniche (che utilizzano come nucleofilo l’ossidrile della serina catalitica) e le proteasi tioliche (che utilizzano come nucleofilo il gruppo tiolico della cisteina catalitica). Il secondo meccanismo prevede l’attacco diretto di una molecola d’acqua attivata dall’enzima, sul carbonile ammidico del legame scissile. Gli enzimi che effettuano una catalisi di questo tipo sono le metallo proteasi (che utilizzano un catione metallico per attivare la molecola d’acqua) e le proteasi aspartiche (che utilizzano i gruppi carbossilici di due residui di acido aspartico presenti nel sito attivo per attivare la molecola d’acqua).

2.1. Struttura della proteasi

La proteasi da HIV (HIV-PR) è una proteasi aspartica. Nei retrovirus, la maggior parte delle proteine virali viene sintetizzata in forma di poliproteine: le proteasi aspartiche presiedono al meccanismo di taglio del prodotto genico del messaggero policistronico, permettendo così alle proteine di divenire funzionali (Davies D.R. 1990). Le proteasi aspartiche dei vertebrati vengono generalmente sintetizzate come zimogeni inattivi che contengono un segmento polipeptidico al N-terminale che viene idrolizzato durante l’attivazione. Solitamente, l’enzima attivo eucariotico è monomerico (~330aa) con due domini simili che formano all’interfaccia un singolo canale catalitico (Tang J. 1978). Al contrario, le proteasi aspartiche dei retrovirus sono generalmente più piccole (~100-130aa) e sono attive nella loro forma

omodimerica, in cui ciascun monomero è circa equivalente ad un dominio delle proteasi aspartiche eucariotiche. In questo caso il canale catalitico è formato dai residui dei due monomeri assemblati in una struttura quaternaria con simmetria puntuale C2.

Sito attivo Foglietti β antiparalleli α Elica Interfaccia Dimerica Asp25 N-ter C-ter

Figura 5. Dimero della proteasi da HIV-1. Sono evidenziati l’interfaccia dimerica, le regioni N-terminale e C- N-terminale, il sito catalitico e le strutture secondarie tipo α-elica e β-foglietto.

La prima struttura ai raggi X della proteasi HIV-1 (Navia M.A. 1989) (figura 5) si compone di due identici monomeri di 99aa che pesano ciascuno 11kDa e la cui struttura secondaria include 1 α-elica e 9 β-foglietti antiparalleli. I Residui alifatici stabilizzano ciascun monomero in un core idrofobico, mentre l’insieme delle interazioni non covalenti polari, che coinvolgono anche i residui catalitici, e di quelle idrofobiche, in particolare dei residui all’interfaccia, consentono l’assemblaggio dell’omodimero. La struttura tridimensionale dell’unità biologicamente attiva si compone di una regione terminale, un dominio centrale e un sito attivo (canale catalitico) che risiede all’interfaccia tra i due monomeri (Wlodawer A. 1989).

Il sito attivo di questo enzima, che presenta nella sua sequenza primaria la triade altamente conservata Asp-Thr-Gly, è riconducibile a quello degli altri enzimi della classe delle proteasi aspartiche (Stahl F.W. 1988). In particolare, studi di mutagenesi hanno per primi confermato che il residuo Asp25 ha un ruolo chiave nel regolare l’attività proteolitica dell’enzima (Kohl N.E. 1988). La proteasi, idrolizzando le poliproteine PR55gag e PR160gag/pol espresse nei geni gag e pol, permette la maturazione del virione; in assenza di questa proteolisi vengono prodotti virioni immaturi. Quale bersaglio della terapia anti-AIDS, questo enzima è uno dei più studiati e conosciuti in termini di struttura e funzione. Ad esempio, presso il Protein Data Bank sono attualmente depositate all’incirca 400 strutture relative all’HIV proteasi, sotto forma di diversi mutanti e complessi con vari inibitori.

2.2. Meccanismo catalitico

Una peculiarità unica delle proteasi aspartiche è la loro possibilità di funzionare in vivo in un ampio range di pH (2–7.4) (Hofmann T. 1984). Studi cinetici sulla dipendenza dal pH della velocità di taglio di un substrato modello ad opera della HIV-PR mostra un massimo di attività tra pH 5.5 e 7. Da questi studi sono stati inoltre valutate le costanti di acidità per i due gruppi aspartato, pari a pKa 3.1 e 5.2 (Hyland L.J. 1991). Lavori successivi hanno però dimostrato la complessità del comportamento di questi due residui, il cui stato di protonazione sembra variare in dipendenza sia dalla presenza che dalla natura del substrato (Wang Y.X. 1996; Yamazaki T. 1996). Per delucidare quindi in modo definitivo il meccanismo di catalisi di questo enzima è importante stabilire il livello di protonazione del sito catalitico. Il meccanismo proposto (Rodriguez E.J. 1993), che implica la protonazione di solo uno dei due acidi aspartici al pH al quale si esprime l’attività enzimatica, si divide in tre steps:

1) Il substrato S si lega in modo non covalente all’enzima E tramite formazione di un legame ad idrogeno tra il carbonile del legame peptidico, bersaglio di E, e il carbossile protonato dell’Asp25.

2) Il carbonio del legame peptidico scissile diviene elettrofilo e trasferisce densità elettronica sull’ossigeno del carbonile e sull’azoto del sito di taglio di S.

3) L’atomo di carbonio del gruppo carbonilico diventa così il sito d’attacco per una molecola d’acqua attivata dall’aspartato con formazione dapprima di un intermedio tetraedrico e successivamente di uno zwitterione di S che evolve verso due frammenti

P, derivanti dalla rottura definitiva del peptide.

La formazione dell’intermedio tetraedrico di tipo ammide idrata è reversibile, mentre la reazione complessiva è a tutti gli effetti irreversibile e lo step limitante è la rottura dell’intermedio tetraedrico in due frammenti peptidici. Maggiori dettagli sul meccanismo chimico dell’attività della proteasi da HIV-1 sono stati proposti basandosi su dati cinetici ottenuti dagli studi di incorporazione di isotopi (18O) del solvente (Hyland L.J. 1991). In questo meccanismo (figura 6), l’Asp25 esiste in uno stato deprotonato (pKa 3.1) fin tanto che non lega S, mentre l’Asp25 (pKa 5.2) forma un ponte d idrogeno con l’ossigeno carbonilico di

S e la molecola d’acqua litica è posizionata vicino al gruppo β-carbossilico del residuo. Le

caratteristiche del meccanismo sono per buona parte le stesse di quello generale per le proteasi aspartiche (catalisi acido-base) in cui il prodotto amminico è protonato da un residuo aspartile nel sito attivo.

E

+

S

E

+

P

Figura 6. Meccanismo di catalisi della proteasi da HIV (Ashraf B. 2003).

2.3. Specificità dell’enzima

Gli enzimi dei retrovirus sono delle endoproteasi, cioè idrolizzano i legami ammidici, in genere tra residui idrofobici, all’interno di una specifica sequenza peptidica. Il canale catalitico, generalmente, ospita da 6 a 10 amminoacidi del substrato polipeptidico di cui le singole unità aminoacidiche stanno all’interno di subsiti del canale catalitico. Questi residui aminoacidici ed i relativi subsiti proteici possono essere identificati utilizzando la nomenclatura in figura 7a (Schechter I. 1967). Essa prevede che gli n residui all’estremità N-terminale del legame scissile vengano indicati con P1Pn e che i subsiti proteici corrispondenti siano S1Sn, dove S1 è il subsito che contiene l’Asp25, mentre all’estremità C-terminale i residui siano P1’Pn’ e i corrispondenti subsiti proteici S1’Sn’ (S1’ contiene il secondo Asp25).

La poliproteina codificata dal gene env (GP160env con MW 160kDa) viene idrolizzata da una proteasi serinica (furina) che si trova nell’apparato di Golgi della cellula ospite per dare le proteine gp120 e gp41 della membrana esterna. Le poliproteine codificate dai geni gag e

pol (Pr55gag con MW 55kDa e Pr165gag-pol con MW 165kDa) vengono invece idrolizzate

dalla proteasi aspartica virale (HIV-PR) per dare le proteine strutturali del capside nucleare e gli enzimi. La proteasi da HIV è molto versatile in termini di riconoscimento del substrato come si può notare dal confronto tra le dodici sequenze (de Oliveira T. 2003) dei siti di taglio delle poliproteine virali riconosciute specificamente dalla HIV-PR riportate in figura 7b.

Inoltre, a differenza della maggior parte degli enzimi proteolitici, che mostrano una spiccata specificità per un particolare amminoacido in posizione P1 e/o P1’, la proteasi da HIV è in grado di idrolizzare diversi tipi di legami ammidici, compresi quelli aventi la diade Phe-Pro (Hill M. 2005). L’idrolisi di legami ammidici che producono una prolina come residuo N-terminale è piuttosto rara e costituisce una peculiarità delle proteasi retrovirali. Nei mammiferi, in particolare, non sono note endo-proteasi cellulari aventi la medesima caratteristica. Di conseguenza inibitori contenenti come blocco centrale un nucleo che ricorda la diade Phe-Pro possono risultare estremamente interessanti quanto alla selettività di inibizione (Wlodawer A. 1998). Recentemente presso il CEB è stata risolta a 1.3Å di risoluzione la struttura del complesso tra la proteasi da HIV ed un inibitore con il nucleo centrale basato sull’isostere Phe-Pro (Geremia S. 2006).

a

Rottura idrolitica

b

Ser-Gln-Asn-Tyr-Pro-Ile-Val-Gln p17/p24

Ala-Arg-Val-Leu-Ala-Glu-Ala-Met p24/p2

Thr-Ala-Ile-Met-Met-Gln-Lys-Gly p2/NC

Arg-Gln-Ala-Asn-Phe-Leu-Gly-Lys NC/p1

Pro-Gly-Asn-Phe-Leu-Gln-Ser-Arg p1/p6gag

Arg-Gln-Ala-Asn-Phe-Leu-Arg-Glu NC/TFP

Asn-Leu-Ala-Phe-Gln-Gln-Gly-Glu TFP/p6pol

Ser-Phe-Ser-Phe-Pro-Gln-Ile-Thr P6pol/PR

Thr-Leu-Asn-Phe-Pro-Ile-Ser-Pro PR/RT51

Ala-Glu-Thr-Phe-Tyr-Val-Asp-Gly RT/RTp66

Arg-Lys-Val-Leu-Phe-Leu-Asp-Gly RTp66/INT

Asp-Cys-Ala-Trp-Leu-Glu-Ala-Gln Nef

Figura 7. a. Nomenclatura del substrato peptidico, il taglio proteolitico avviene tra P1-P1’. b. Sequenze dei siti di taglio delle poliproteine virali processate dalla HIV-PR. Per ciascun sito è riportata una sola variante.