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L‘inizio della narrazione di T, come è stato già accennato, è preceduto da una breve prefazione di Tolstoj che ha fatto discutere molto la critica e in

Nel documento Pinocchio in Russia : andata e ritorno (pagine 185-200)

CC XIII: L‘osteria del «Gambero Rosso».

3.2.2. L‘inizio della narrazione di T, come è stato già accennato, è preceduto da una breve prefazione di Tolstoj che ha fatto discutere molto la critica e in

alcuni casi ha creato dubbi sulla conoscenza dell‘autore dell‘originale

Pinocchio655. In realtà, Tolstoj la scrisse con uno scopo prettamente ludico e

volta a incuriosire il pubblico dei piccoli verso un personaggio, Burattino, che ricalcava il Pinocchio di Collodi (praticamente sconosciuto al pubblico sovietico degli anni Trenta) con evidenti e notevoli differenze caratteriali. Il contenuto di questa prefazione (che viene riportato qui sotto) risulta molto simile al racconto che Tolstoj fece all‘amico N. Nikitin (v. § 3.1.1), in cui l‘autore aveva affermato di aver letto durante l‘infanzia un libro intitolato proprio Pinocchio:

655Questa prefazione non comparve sulla pubblicazione a puntate della rivista «Pionerskaja

186 Quando ero piccolo, tanto tanto tempo fa , leggevo un libricino intitolato «Pinocchio ovvero le avventure di un fantoccio di legno» (in italiano fantoccio di legno si dice burattino).

Io raccontavo spesso ai miei compagni, bambine e bambini, le divertenti avventure di Burattino; ma siccome il libro si smarrì, allora io raccontavo ogni volta in maniera diversa e inventavo certe avventure che nel libro non c‘erano affatto.

Ora, dopo molti anni, mi sono ricordato del mio vecchio amico Burattino ed ho pensato di raccontarvi, bambine e bambini, la storia straordinaria di questo omino di legno.

Aleksej Tolstoj656

[Kogda ja byl malen‘kij, ‒ očen‘ očen‘ davno, ‒ ja čital odnu kniţku; ona nazyvalas‘ «Pinokkio, ili pochoţdenija derevjannoj kukly» (derevjannaja kukla po-ital‘janski ‒ buratino).

Ja často rasskazyval moim tovariščam, devočkam i mal‘čikam, zanimatel‘nye priključenija Buratino. No tak kak kniţka poterjalas‘, to ja rasskazyval kaţdyj raz po-raznomu, vydumyval takie pochoţdenija, kakich v knige sovsem i ne bylo.

Teper‘, čerez mnogo, mnogo let, ja pripomnil moego starogo druga Buratino i nadumal rasskazat‘ vam, devočki i mal‘čiki, neobyčajnuju istoriju pro etogo derevjannogo čelovečka.

Aleksej Tolstoj]

Se si confronta questa prefazione al racconto di Tolstoj fatto a Nikitin diventa chiaro che Tolstoj aveva già in mente sin da allora di iniziare il suo

Burattino in questo modo ed è probabile che cercò di comprendere subito la

reazione che potesse suscitare la sua idea fingendo con l‘amico657

. Quale che fosse il suo intento inizialmente, non si può negare che il proposito di rielaborare la fiaba collodiana è esplicito già con questa prefazione in cui egli si presenta come narratore delle avventure del protagonista che si chiama

656Cfr. Tolstoj 1948: 59.

La traduzione della prefazione è mia in quanto quella eseguita da Cerrai modifica leggermente la traduzione del titolo dell‘opera citata: Pinocchio, ovvero le avventure di Burattino. In pratica, il traduttore ha cercato di semplificare la traduzione rendendo il contenuto tra parentesi (derevjannaja kukla po-ital‘janski ‒ buratino= in italiano fantoccio di legno si dice burattino) direttamente con il nome proprio del protagonista della favola tolstoiana: Burattino.

657Lo studioso Miron Petrovskij nel suo saggio dedicato all‘analisi critica di Zolotoj ključik, ili

Priključenija Buratino ha affermato che la prefazione di Tolstoj altro non è che «una leggenda dell‘autore sulle avventure della favola, una piccola mistificazione del favolista» di cui si insospettì solo un lettore: Ju. Oleša, il quale comprese che questa era una parte dell‘opera e non una prefazione vera e propria. Petrovskij è dell‘opinione che questa prefazione mira in un certo senso a velare il periodo di composizione dell‘opera, gli anni Trenta, e ambientarla alla fine dell‘Ottocento quando Tolstoj era un bambino. Cfr. Petrovskij 2006: 224.

187 Burattino e non Pinocchio: Tolstoj riporta il titolo dell‘opera collodiana nella prima proposizione, ma sceglie di chiamare il suo protagonista con il corrispettivo di Pinocchio. L‘autore parla ai giovani lettori dal il punto di vista di un adulto che sta ricordando la sua infanzia, segnata dalla memoria di un libro smarrito che si è conservata nel tempo grazie ai suoi diversi racconti, un espediente, quello della memoria tramandata oralmente, che qui egli usa per dichiarare l‘intenzione di raccontarla nella sua autenticità ora che ne ha recuperato del tutto il ricordo.

È ovvio che la prefazione è frutto della creatività e fantasia di Tolstoj, il quale non avrebbe potuto leggere l‘opera di Collodi durante l‘infanzia se solo si pensa che nell‘anno in cui uscì la prima traduzione russa di Pinocchio, il 1906, egli aveva già ventidue anni658

. Inoltre, Tolstoj non conosceva la lingua italiana e si esclude anche l‘ipotesi della conoscenza tramite una traduzione francese (la prima che ebbe diffusione uscì nel 1912); l‘unica coincidenza con l‘opera di Collodi, puramente casuale, è l‘anno della prima edizione delle

Avventure, il 1883, lo stesso in cui nacque Tolstoj. Un elemento importante da

segnalare è la precisazione che Tolstoj fa tra parentesi: egli spiega al lettore russo che la derevjannaja kukla, il fantoccio di legno ovvero la marionetta, nella lingua italiana indica il burattino. In russo il termine kukla (‗bambola‘, ‗fantoccio‘), riferito al teatro, indica come sinonimi sia la marionetta che il burattino, mentre nella commedia dell‘arte italiana, com‘è noto, c‘è una netta distinzione tra burattino e marionetta che è stata argomentata a proposito della scelta di Collodi di definire Pinocchio come un burattino (v. qui 2.3.3.5).

L‘inizio di T I si presenta subito in tutta la sua diversità rispetto a CC: T:

Davnym-davno v gorodke na beregu Sredizemnogo morja ţil staryj stoljar Dţuzeppe, po prozvaniju Sizyj Nos. (cap. I, p. 61)

C:

658Anche M. Petrovskij è dello stesso avviso e sostiene che Tolstoj probabilmente conosceva la

favola di Pinocchio grazie alla rivista «Zaduševnoe slovo» nella quale, come si è già detto, collaborava la madre A. L. Turgeneva. Petrovskij fa notare che nel secondo numero della rivista accanto alla traduzione delle Avventure di Pinocchio veniva pubblicato il racconto Den‘ prokaznika (Il giorno del monello) della Turgeneva.

188 C‘era una volta in una cittadina in riva al Mediterraneo un vecchio falegname di nome Giuseppe, soprannominato Naso Paonazzo. (cap. I, p. 17)659

CC:

‒ C‘era una volta...

‒ Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.

‒ No, ragazzi, avete sbagliato. C‘era una volta un pezzo di legno (cap. I, r. 3-6)

La fiaba di Pinocchio, com‘è noto, si apre con un insolito stravolgimento della classica formula di apertura tipica della favolistica. Il «C‘era una volta» è stato chiaramente usato da Collodi in una chiave ironica, come una provocazione che potesse dichiarare un esplicito distacco da quella favolistica che privilegia l‘ambiente regale. L‘esordio di Tolstoj, invece, semplifica e rispetta la tradizionale formula di apertura presentando in un‘unica sequenza tre elementi importanti: l‘indefinita coordinata del luogo in cui si svolge l‘azione sullo sfondo del Mediterraneo, il primo personaggio della fiaba collodiana, mastr‘Antonio, modificato con il nome Giuseppe660

e il suo soprannome, Naso paonazzo, che semanticamente è identico al collodiano mastro Ciliegia661.

L‘azione di T I si mantiene come tale in CC (le birichinate del pezzo di legno verso mastr‘Antonio) con alcune iniziali differenze del modus narrandi di Tolstoj che, oltre ad essere molto più sintetico di Collodi, elimina l‘effetto dell‘attesa sulla provenienza della misteriosa voce che tormenta mastro Ciliegia e la ridondanza del linguaggio collodiano. Il pezzo di legno, l‘embrione di Pinocchio e Burattino, viene classificato da Collodi come un pezzo di legno non «di lusso»662

per ribadire, come ha già fatto intuire nell‘incipit, che il contesto in cui è ambientata la fiaba è caratterizzato dalla

659L‘opera di Tolstoj non riporta i numeri dei capitoli e non sono segnalati neanche sulla

traduzione di Cerrai. Pertanto, indico tra parentesi la numerazione in cifre romane al fine di precisare la collocazione dei passi riportati.

660Джузеппе (=Dţuzeppe), in Tolstoj 1948: 61. 661

Il soprannome di Giuseppe, nel testo di Tolstoj Sizij Nos, indica esattamente il naso paonazzo che ha Maestro Ciliegia. In questo caso, però, non c‘è alcuna allusione al frutto della ciliegia (si ricorda che in CC vi è la similitudine «per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura» in Castellani Pollidori 1983: 3) o della visciola come in P/T.

189 povertà. Non è un caso che questo particolare non emerga in T che, sin dal primo capitolo, propone costantemente un‘immagine molto positiva degli ambienti scevri dalla miseria e dal buio tipici di CC. In T un primo esempio che conferma ciò è la collocazione della città in riva al mare, in riva al Mediterraneo, una città soleggiata di cui il narratore non dice il nome a causa della sua memoria vacillante già accennata all‘inizio. Le bizze del pezzo di legno vengono mantenute in T allo stesso modo, eccetto l‘eliminazione della lunga digressione di mastr‘Antonio in cui cerca di rassicurare se stesso sull‘incredibilità di un pezzo di legno parlante e le suggestive descrizioni del suo stato d‘animo volte a sottolineare la forte paura, il terrore e lo sbigottimento che alla fine ne provocano lo svenimento. Una prima lieve variazione si trova proprio nel finale del capitolo: in T Giuseppe inciampa e cade a terra con la consapevolezza che la vocina provenga dal pezzo di legno che sta lavorando, mentre in CC mastr‘Antonio riapre gli occhi dopo aver perso i sensi e si ritrova seduto per terra ancora in stato confusionale.

In T II l‘intreccio subisce alcuni lievi cambiamenti rispetto a CC. La prima variazione che appare già dal sommario riguarda il nome di Geppetto: come in

P/T, anche qui viene riproposto il nome Carlo (cfr. § 2.3.3.6) che richiama

subito quello dell‘autore di Pinocchio, senza però l‘aggiunta del soprannome. Carlo viene dipinto come un uomo ormai anziano e malato, un suonatore di organetto che una volta girava per le città con il suo cappello a falde larghe e si guadagnava da vivere cantando e suonando. Al contrario di Geppetto, Carlo non è affatto «un vecchietto tutto arzillo»663

soprannominato Polendina per la sua parrucca gialla (anzi, ha un ciuffo di capelli bianchi che gli spunta da dietro le orecchie) e non ha nemmeno un carattere irruente e irascibile; il suo organetto si è rotto e la sua preoccupazione è quella di riuscire a sopravvivere. La prima modifica in T viene riportata proprio nel dialogo tra mastr‘Antonio e Geppetto, in cui Geppetto racconta di aver avuto l‘idea di fabbricarsi un burattino per girare il mondo e guadagnare; in T, invece, Carlo chiede aiuto a

663Ibidem.

190 Giuseppe perché vorrebbe trovare il modo di guadagnare e questi, per sbarazzarsi dello strano pezzo di legno, gli consiglia di farsi un burattino:

T:

‒ Ja tebe delo govorju, Karlo... Voz‘mi noţik, vyreţ‘ iz etogo polena kuklu, nauči ee govorit‘ vsjakie smešnye slova, pet‘ i tancovat‘, da i nosi po dvoram. Zarabotaeš‘ na kusok chleba i na stakančik vina.

V eto vremja na verstake, gde leţalo poleno, pisknul veselyj golosok: ‒ Bravo, prekrasno pridumano, Sizyj Nos! (cap. II, p. 63)

C:

‒ Stammi a sentire, Carlo. Tu prendi un coltello, intagli questo pezzo di legno e ne ricavi un burattino; poi gl‘insegni a dir ogni sorta di buffonerie, a cantare e ballare e lo porti in giro per le corti. Così potrai guadagnarti il pane e un bicchier di vino.

In quel momento, dal banco dov‘era il pezzo di legno, un‘allegra vocina trillò:

‒ Bravo! Ben detto, Naso Paonazzo. (cap. II, p. 19)

CC:

‒ Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?

‒ Bravo Polendina! – gridò la solita vocina, che non si capiva di dove uscisse. (cap. II, r. 25-30)

Come si può vedere, in T sono stati invertiti il personaggio e la situazione e di conseguenza la presa in giro del pezzo di legno non è verso Carlo (in CC è verso Geppetto), ma verso Giuseppe chiamato col soprannome di Naso

Paonazzo. La lite tra i due amici causata dalla vocina in T viene sintetizzata

con poche differenze sulla lotta: in T il pezzo di legno va a sbattere sulla testa di Carlo mentre in CC sugli stinchi di Geppetto; oppure in T Giuseppe prende Carlo per i capelli e quest‘ultimo prende Giuseppe per il naso, mentre in CC l‘uno si ritrova dei graffi e l‘altro dei bottoni in meno sulla giacca. Queste differenze sono di poco conto e come in CC il capitolo si chiude con la riconciliazione tra i due amici e il ritorno di Carlo a casa che porta sotto braccio il pezzo di legno.

Il T III, come già i primi due, continua a rispettare in linee generali l‘intreccio di CC eccetto alcune inevitabili differenze che si individuano già all‘inizio del capitolo con la descrizione della casa di Carlo:

191 T:

Karlo ţil v kamorke pod lestnicej, gde u nego ničego ne bylo, krome krasivogo očaga – v stene protiv dveri.

No krasivyj očag, i ogon‘, i kotelok, kipjaščij na ogne, byli he nostijaščie – narisovany na kuske starogo cholsta. (cap. 3, p. 64)

C:

Carlo abitava in un sottoscala dove non c‘era altro che un bel camino alla parete di fronte all‘uscio; però il bel camino, il fuoco e il paiolo che bolliva sul fuoco non erano veri, ma dipinti su un pezzo di tela vecchia. (cap. III, p. 20)

CC:

La casa di Geppetto era una stanzina terrena, che pigliava luce da un sottoscala. La mobilia non poteva essere più semplice: una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c‘era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero. (cap. III, r. 3-9)

Anche in questo caso si è di fronte ad una inversione in T rispetto a CC: mentre la stanza di Carlo consiste in un sottoscala, quella di Geppetto è a piano terra e prende luce da un sottoscala. Il resto della descrizione coincide, ovvero il fuoco, la pentola e il fumo dipinti ad eccezione del fatto che in T tutto è raffigurato su un pezzo di tela (che come si vedrà più avanti nasconde una porta magica), mentre in CC è dipinto sul muro.

La parte iniziale di T che descrive la fabbricazione del burattino è molto simile a CC e la riflessione di Carlo sulle conseguenze del nome che sta per dare al pezzo di legno ripropone la stessa variazione morfosintattica del pronome personale già apportata in P/T (v. § 2.3.1):

T:

‒ Kak by mne ee nazvat‘? – razdumyval Karlo. – Nazovu-ka ja ee Buratino. Eto imja prineset mne sčast‘e. (cap. III, p. 64)

C:

‒ Che nome potrei mettergli? – rimuginava. – Beh, lo chiamerò Burattino. Questo nome MI porterà fortuna. (cap. III, p. 20)

CC:

‒ Che nome gli metterò? – disse fra sé e sé. – Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome GLI porterà fortuna. (cap. III, r. 12-13)

192 Come si può notare, non sono poche le modifiche di P/T che sono state riproposte in T e questo riconferma che Tolstoj si sia servito dell‘edizione del 1924, sconosciuta nella Russia sovietica, per rielaborare nuovamente la fiaba collodiana.

Le fasi di realizzazione del burattino e i suoi continui dispetti verso Carlo seguono cronologicamente CC con leggere variazioni. Un tratto fondamentale che accomuna Burattino e Pinocchio è il lungo naso che cresce spropositatamente (pur non avendo le stesse funzioni nelle due favole)664, ma Burattino è caratterizzato anche da lunghe gambe e grandi piedi. Entrambi i protagonisti si divertono a fare dispetti: Burattino come Pinocchio ride e tira fuori la lingua, ma diversamente da Pinocchio, che porta via la parrucca a Geppetto, tira pugni sulla testa di Carlo e dopo aver mosso i primi passi sgattaiola fuori dalla porta. In T la tristezza di Carlo non emerge, anzi, tutta l‘azione è molto più veloce e priva di negatività, mentre in CC tutto questo passo è arricchito dal tono malinconico di Geppetto, il quale comincia a sentire un forte senso di pentimento per aver creato Pinocchio. La fuga di Burattino fermato dopo poco dal poliziotto presenta rispetto a CC un‘altra piccola differenza: il poliziotto prende Burattino per il naso e lo riconsegna a Carlo che tenta di metterlo nella tasca della giacca senza riuscirvi, poiché Burattino si lascia cadere e si finge morto; invece, in CC il carabiniere riconsegna Pinocchio a Geppetto che a sua volta lo prende per la collottola. La parte finale di T segue la trama di CC: Carlo viene portato in prigione e Burattino si avvia verso casa, ma T elimina l‘anticipazione della voce narrante di Collodi sulle future avventure di Pinocchio e il breve riassunto che si trova subito dopo all‘inizio di CC IV. Qui Collodi ricorda al lettore l‘accaduto, una caratteristica da attribuirsi alla sua originale veste di racconto a puntate che non si riscontra nella narrazione di T dove, al contrario di CC, i riassunti e i commenti sono

664Questo è l‘unico caso in cui il naso accomuna entrambi i protagonisti. Successivamente per

Pinocchio la crescita del naso diventerà un segnale di avvertimento della sua bugiardaggine, mentre sul naso di Burattino ci saranno rari riferimenti che non assumono la stessa importanza e significato.

193 assenti, la voce del narratore non dà consigli né si rivolge direttamente al lettore a inizio o fine capitolo per fare anticipazioni.

Il T IV, incentrato sull‘episodio del Grillo parlante, continua a seguire la trama di CC, ma il Grillo parlante di T «simile a uno scarafaggio, ma con la testa di un grillo» non è così profondamente moralista come quello di Collodi e si limita a predire a Burattino i pericoli a cui va incontro prima di essere cacciato definitivamente dalla stanza:

T:

‒ Chorošo, ja ujdu, chotja mne grustno pokidat‘ komnatu, gde ja proţil sto let, ‒ otvetil Govorjaščij Sverčok, ‒ no preţde čem ja ujdu, vyslušaj poleznyj sovet.

‒ Oččččen‘ mne nuţny sovety starogo sverčka…

‒ Ach, Buratino, Buratino, ‒ progovoril sverčok, ‒ bros‘ balovstvo, slušajsja Karlo, bez dela ne ubegaj iz doma i zavtra načni chodit‘ v školu. Vot moj sovet. Inače tebja ţdut uţasnye opasnosti i strašnye priključenija. Za tvoju ţizn‘ ja ne dam i dochloj suchoj muchi. (cap. IV, p. 67)

C:

‒ Va bene, me ne andrò, anche se mi rattrista lasciare la stanza dove ho vissuto per cento anni, ‒ rispose il Grillo parlante – ma prima che me ne vada ascolta il mio consiglio.

‒ Non so ppproprio che farmene dei consigli d‘un vecchio grillo... ‒ Ah, Burattino, Burattino, ‒ disse il grillo – smettila con le monellerie, ubbidisci a Carlo, non scappare di casa senza motivo e da domani comincia ad andare a scuola. Ecco il mio consiglio. Se no ti attendono tremendi pericoli e brutte avventure, ed io non darei per la tua vita neanche una mosca morta e rinsecchita. (cap. IV, p. 22)

CC:

‒ Io non me ne anderò di qui, ‒ rispose il Grillo, – se prima non ti avrò detto una gran verità.

‒ Dimmela e spicciati.

‒ Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori, e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente. (cap. IV, r. 27- 31)

Le parole del Grillo parlante di T hanno un tono meno severo e moralistico rispetto a CC: in T egli vuole dare «un consiglio utile», mentre in CC il Grillo vuole dire a Pinocchio «una grande verità». Anche la risposta di Burattino si presta ad una visione della vita più ingenua rispetto a Pinocchio, basata essenzialmente sul gioco:

194 T:

‒ Ach ty, stoletnjaja bukaška-tarakaška! ‒ kriknul Buratino. ‒ Bol‘še vsego na svete ja ljublju strašnye priključenija. Zavtra čut‘ svet ubegu iz doma ‒ lazit‘ po zaboram, razorjat‘ ptič‘i gnezda, draznit‘ mal‘čišek, taskat‘ za chvosty sobak i košek... Ja ešče ne to pridumaju!... (cap. IV, 67)

C:

‒ Ma va‘, vecchio grillaccio della malora! – gridò Burattino. – Quel che mi piace di più al mondo sono proprio le avventure e i pericoli. Domani all‘alba me la svignerò: mi arrampicherò sugli steccati, distruggerò i nidi degli uccelli, canzonerò i bambini, tirerò la coda ai cani e ai gatti... Ne farò di quelle!... (cap. IV, p. 22)

CC:

‒ Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani,

Nel documento Pinocchio in Russia : andata e ritorno (pagine 185-200)

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