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LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE DI H GARDNER IN ARMONIA CON I PRINCIPI E I FONDAMENTI DEL SERVIZIO SOCIALE

3. LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE DI H GARDNER E IL LAVORO DELL’ASSISTENTE SOCIALE

3.3. LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE DI H GARDNER IN ARMONIA CON I PRINCIPI E I FONDAMENTI DEL SERVIZIO SOCIALE

La professione di assistente sociale ha sempre messo al centro del suo intervento la vita delle persone di qualsiasi razza, etnia, orientamento sessuale, politico, età, valorizzandone la loro unicità. I valori alla base del servizio sociale, infatti, possono essere sintetizzati nel valore di umanità dell’uomo, cioè nel riconoscere la dignità e la libertà di ciascuna persona. Da questi valori discendono i principi propri del servizio sociale, che da una nostra attenta riflessione possono essere sostenuti da questo percorso di ricerca e dalla Teoria delle Intelligenze Multiple. I principi infatti talvolta rischiano di essere scollegati dalla pratica (BIANCHI, 1983, NEVE, 2005, DAL PRA PONTICELLI, 2010) pertanto risulta strategico avere a disposizione strumenti di lavoro che riposizionano la centralità della persona. Di seguito riportiamo sinteticamente i principi (FILIPPINI,

27 BIANCHI, 2013) che guidano l’azione professionale dell’assistente sociale riflettendo sulla possibile armonia fra questi e la TIM.

La sintetica panoramica riportata circa le concezioni differenti nel campo dell’intelligenza, ci consente di asserire che la metodologia del servizio sociale trae giovamento da una concezione dell’intelligenza ampia, dinamica e multifattoriale. I principi e i fondamenti del servizio sociale, valorizzando il singolo individuo nella sua specificità e osservandolo nel suo contesto di appartenenza sociale e culturale, sono in linea con la visione poliedrica dell’intelligenza, al fine di progettare percorsi non solo individuali ma anche personali (FOLGHERAITER, 2000).

3.3.1 Il principio dell’accettazione

Il primo principio a cui ci riferiamo è il principio di accettazione. 5"Il servizio sociale si basa sulla concezione che l’uomo è un valore in quanto dotato di infinite potenzialità, capace di libertà e di autonomia, in grado di compiere scelte consapevoli e creative, di assumersi responsabilità e di prendersi cura degli altri, in grado di dominare le leggi della natura attraverso studi e attività che esprimono il suo infinito potere di ricerca".

Il rispetto verso la persona umana in quanto tale è legato al principio di accettazione di ogni persona per quello che è. Nel momento in cui si stabilisce un primo contatto con l’utente-cliente, infatti, è necessario che l’assistente sociale non esprima giudizi di valore in merito alla situazione che l’individuo si ritrova ad affrontare, per non fargli vivere quel momento come fallimento, facendo diminuire di conseguenza la sua autostima. Al contrario è essenziale che l’assistente sociale riesca a creare durante il colloquio un’atmosfera non intrisa solo dell’odore istituzionale, ma soprattutto di disponibilità all’ascolto e alla comprensione. Ciò sarebbe la base per creare un possibile rapporto di fiducia, in cui l’utente-cliente riesca ad acquisire una maggiore fiducia in se stesso, compiendo i primi passi verso un nuovo percorso di vita e diventando sempre più consapevole delle sue effettive potenzialità. Il non giudicare dell’assistente sociale nella relazione di aiuto indica una visione del bisogno non come fatto morale ma come fatto scientifico, quindi da studiare e comprendere. L'accoglienza passa anche attraverso l'uso di strumenti piuttosto che altri; ad esempio, se la persona che si ha di fronte ha come punto di debolezza l'eloquio si potrebbe pensare, avvalendosi della Teoria delle Intelligenze Multiple, di utilizzare dispositivi, artefatti, strumenti simbolici tipici di altre abilità.

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3.3.2 Il principio della personalizzazione

Il secondo principio è quello di personalizzazione dell’intervento. L’unicità e la soggettività di ciascun utente-cliente deve essere riconosciuta dall’assistente sociale per poter effettuare un intervento adatto al soggetto. Le azioni dell’assistente sociale devono cioè essere rivolte ad un soggetto che ha un pensiero, una sensibilità, delle emozioni e delle potenzialità proprie dalle quali non si può assolutamente prescindere nel momento dell’intervento, che anzi sarà costruito proprio tenendo conto della specificità delle persone cui ci si riferisce.

Le persone che incontriamo al lavoro hanno sempre delle motivazioni, magari differenti da quelle che ci aspettiamo, e quindi dei fini da raggiungere. Compito dell’operatore è quello di sostenere quelle motivazioni che portano alla costruzione di sé offrendo strumenti e strategie per mettere in evidenza le risorse personali e quindi quelle necessarie ad apprendere per raggiungere gli obiettivi. Si viene ad affermare così il valore assoluto dell’uomo come unico e irripetibile, considerato quindi un sé, per un fine e mai un mezzo. La Teoria consente proprio la personalizzazione dell'intervento perchè mette a disposizione strategie diversificate di supporto, tante quante sono le intelligenze studiate.

3.3.3 Il principio dell’unicità della persona nel suo contesto di vita

Il terzo principio deve considerare e accogliere la persona come "unica e distinta da altre

analoghe situazioni" e deve saperla collocare "entro il suo contesto di vita, di relazione e di

ambiente". È essenziale tener presente, appunto, che la persona vive all’interno di una fitta rete di relazioni tra diversi sistemi e che è, quindi, in stretto contatto con concetti di interdipendenza e continuità. È proprio nei rapporti con l’esterno, però, che le persone possono incontrare delle difficoltà che le portano ad una condizione di "crisi", infatti spesso il problema è proprio la rottura, la mancata integrazione fra le parti di cui sono composte, che minaccia la loro autonomia e distorce le relazioni sociali.

Pertanto il compito dell’assistente sociale è quello di cercare di ricostruire tali legami, facendo rete intrecciando i differenti nodi (FOLGHERAITER 2002, BLUMER, 1986). Il professionista deve tendere a riconoscere e valorizzare l’utente-cliente e presuppone una nuova visione dell’intervento che non si incentra sulla cura della patologia, ma sul potenziamento di funzioni - individuali e sociali - di apprendimento sociale, sostenendolo nell’uso delle risorse proprie e della società. In tal caso l’assistente sociale si ritrova a dover svolgere una funzione di raccordo e connessione di risorse.

29 La teoria delle intelligenze Multiple consente di abbassare i livelli di tensione fra le relazioni, dal momento che valorizza per ciascun membro i suoi punti di forza senza stabilire una graduatoria dell'abilità, ma considerandole tutte utili, di pari dignità e rispetto.

3.3.4 Il principio dell’autodeterminazione

Il quarto principio concerne quello dell’autodeterminazione. Riportando la definizione, data da un dizionario di lingua italiana, l’autodeterminazione è "l’atto secondo cui l’uomo si determina secondo la propria legge: espressione della libertà positiva dell’uomo, e quindi della responsabilità e imputabilità di ogni suo volere e azione".

Tale principio può essere considerato quello che maggiormente identifica l’operato dell’assistente sociale e che lo contraddistingue principalmente dagli altri operatori. Poiché il servizio sociale valorizza la libertà come risorsa fondamentale, che deriva dal rispetto che va garantito ed assicurato alla persona, tale principio dovrà essere presente in ogni momento del processo di aiuto e in ogni relazione instaurata dall’assistente sociale.

L’utente-cliente, infatti, non è attore passivo nella relazione e nel processo di aiuto, ma ne deve essere il principale attore che si impegna attivamente; una volta consapevole delle proprie risorse porta avanti il proprio progetto personale per liberarsi dal suo bisogno. In questo progetto l’assistente sociale deve aiutare l’utente-cliente a procedere verso il raggiungimento degli obiettivi, ma non si deve sostituire a lui, per permettergli di prendere le sue decisioni in libertà e con responsabilità.

L'assistente sociale riuscirà a non sostituirsi all'utente tanto più sarà in grado di individuare le sue abilità e punti di debolezza, mettendo a disposizione strategie e strumenti utili alla valorizzazione delle prime e al supporto dei secondi.

3.3.5 Il principio del rispetto e della promozione dell’uguaglianza

Il quinto principio è il rispetto e promozione dell’uguaglianza. Tale principio deriva dal valore che ogni uomo è uguale ad un altro in quanto a dignità e a godimento dei diritti fondamentali; porta l’assistente sociale a svolgere la sua azione professionale senza alcuna discriminazione di alcun genere ("di età, di sesso, di stato civile, di razza, di nazionalità, di religione, di condizione sociale, di ideologia politica, di minorazione mentale o fisica, o di qualsiasi differenza o caratteristica personale").

Questo principio, che si rifà sia agli articoli 1 e 7 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che all’art. 3 della Costituzione della repubblica Italiana, "non solo non nega le differenze, ma anzi da un’appropriata constatazione delle differenze, impone attività differenziate in

30 modo che tutti possano disporre di pari opportunità e godere effettivamente di uguali diritti, in un’ottica di giustizia ed equità sociale". La TIM a riguardo risponde perfettamente a tale principio nel senso che rispetta e promuove differenti risorse per l’apprendimento, accogliendo i punti di forza di ciascuno utente.

3.3.6 Il principio della riservatezza

Infine, il principio della riservatezza. Il Capo III del Titolo III del Codice Deontologico è interamente dedicato alla riservatezza e al segreto professionale. Temi molto importanti nella relazione che si instaura tra assistente sociale ed utente o cliente. Si sottolinea, infatti, che per la particolare natura del rapporto professionale, e cioè di fiducia che si viene a creare, l’assistente sociale deve trattare con riservatezza "le informazioni e i dati riguardanti" gli utenti e clienti, e "deve ricevere l’esplicito consenso degli interessati, o dei loro legali rappresentanti, ad eccezione dei casi previsti dalla legge" per l’uso o per la trasmissione di questi.

Come prima prerogativa si sottolinea che la riservatezza e il segreto professionale sono diritto dell’utente e del cliente e dovere dell’assistente sociale. Inoltre, si può ricordare che il "carattere fiduciario che viene instaurato con gli utenti", rappresenta da sempre, per gli assistenti sociali, un valore professionale prima che un obbligo, un dovere etico prima che giuridico. È importante, quindi, nell’ambito del rapporto fiduciario, la capacità di coinvolgere al massimo gli utenti nella scelta dei contenuti per le comunicazioni ad altri delle informazioni che li riguardano.

Rispetto a questo principio la TIM non presenta agganci al Servizio sociale ma sicuramente nessun elemento di contrasto con la metodologia di settore.