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L’INTERNO DEL LATO MOBILE

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 49-57)

L’interno della parete mobile di chiusura del sarcofago presenta una successione di varie scene con illustrati i miracoli del santo.

I tre pannelli riferiti ai Miracoli del Santo, situati all’interno del piano mobile, visibili insieme con il corpo sacro, sono composti in una doppia cornice che le delimita, in alto e in basso. La fascia superiore è lavorata a sbalzo in un rilievo appena accennato: sono rappresentate foglie d’edera comprese nell’andamento curvilineo dei tralci; lo spazio di risulta è lavorato a punzone e imbrunito dal tempo. Il rapporto è invertito nella banda inferiore, decorata con dei gigli stilizzati, gli stessi che troviamo alla base del lato di fronte. I gigli appaiono in “negativo” rispetto ai motivi sopra descritti, essendo stampati con una fitta punzonatura.

Mentre la fascia inferiore è continua, quella superiore si interrompe ad ogni pannello, per poi riprendere con evidente soluzione di continuità.

La prima scena è ambientata sotto un arco impostato su colonne tortili con basi e capitelli decorati. Le basi delle colonne si trovano su uno stesso piano, mentre l’arco poggia su capitelli di diversa grandezza posti a una diversa altezza, che intendono

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Lo sfondo è neutro.

Un arco potrebbe simboleggiare uno spazio chiuso o aperto, sacro o profano.

All’interno di questo luogo, sommariamente individuato, su cui ritorneremo, si svolge la scena in cui sono rappresentati due uomini abbigliati alla stessa maniera, con una veste che li copre fino alla coscia, fermata ai fianchi, e dei calzari: i due uomini si adoperano intorno ad un terzo personaggio, differentemente vestito, un laico, un ossesso nell’atto di espellere dalla bocca un demonio (simile a quello che abbiamo visto nel quadro del Viaggio) che, a sua volta, vomita fiamme.

Una lanterna sospesa sul lato sinistro bilancia la composizione che non sembra aver bisogno di altri elementi per essere inquadrata nel suo genere, la Liberazione di un indemoniato.

Nello stesso pannello, a destra della colonna, l’uomo liberato è rappresentato in ginocchio, in preghiera, rivolto al santo effigiato in una cassa dalla struttura a due spioventi, come quella che stiamo analizzando.

È interessante, relativamente allo spazio in cui si svolge la scena, considerare il pannello successivo dove un personaggio in balia delle onde, viene strappato dalle correnti da un uomo a bordo di una barca. Troviamo qui, dove un’imbarcazione ondeggia in mare aperto, la medesima cornice architettonica dell’episodio dell’ossesso: un arco cuspidato, seppur incompleto.

Relativamente a questi “segni” di architetture, non si può dire evidentemente che si tratti di dettagli realistici (di cui l’arca non è peraltro esente), ma di ambientazioni “fantastiche”, con una loro logica interna. Escluderemmo che siano archi di costruzioni

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civili. Non sono gli archi in una chiesa, ma è la Chiesa in quegli archi, “la” Chiesa: essa è ovunque, anche, proprio, nei flutti di una tempesta dove l’uomo è in difficoltà, in uno spazio simbolico, chiuso e aperto, reale e fantastico, dove certi avvenimenti possono accadere, compresi gli esorcismi e le guarigioni miracolose.

Anche il secondo miracolo cui abbiamo accennato è scandito in due episodi, divisi da una colonna (che separa ancora un prima e un dopo), sulla quale si impostano due archi cuspidati, incompleti su uno sfondo neutro: a sinistra, la piccola imbarcazione è rappresentata fra le onde del mare; su di essa sta un uomo composto in plastica posa, con una lunga barba e un copricapo dalla particolare foggia; armato di una lunga staffa cui è assicurato un rampone ricurvo, sta recuperando dai flutti il naufrago visto di spalle con la testa rivolta verso il basso. Un curioso particolare riguarda una parte del profilo dell’imbarcazione (incluso fra l’asta brandita dal personaggio a bordo, e la prua) e l’unica parte visibile dell’arco. La cuspide sembra “riportata” sul breve tratto descritto.

Il secondo atto, suddiviso a sua volta in due momenti, si svolge a destra della colonna, presso l’arca del santo, mostrata in una curiosa prospettiva (il lato breve in profondità è più lungo di quello in primo piano), spogliata delle sue caratteristiche, anche le più salienti: si tratta di una semplice cassa rettangolare decorata, in cui il santo è rappresentato in un lato ma visto dall’alto. Là dove starebbe la copertura a spioventi, troviamo un piano, sul quale è adagiato il corpo dell’uomo che è stato tratto in salvo dalle acque; una donna avvolta da una veste dalle ampie maniche, sulla destra, sta trattando il corpo come se stesse componendo una salma.

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borchiata, questi appare vittima dei marosi a sinistra, sdraiato sulla cassa del santo a destra, lo vediamo ora, al centro, inginocchiato in preghiera con le mani giunte, redivivo: tre momenti diversi in cui agisce, o è agito, lo stesso personaggio. Abbiamo già avuto occasione di incontrare questo espediente narrativo, sia nella scena che abbiamo precedentemente trattato, quella della Liberazione dell’indemoniato (che però era più semplicemente divisa da una scansione rappresentata da una colonna, che separava il prima e il dopo), sia nel quadro del Furto della reliquia, dove la presunta regina è vista nello stesso pannello due o, a parer nostro, tre volte.

Il terzo pannello comprende due scene che hanno come protagonista un “cattivo” predicatore nei cui riguardi il santo interviene: forse uno specifico caso, traslato da una cronaca del tempo. Sono rappresentati nello stesso spazio senza elementi di demarcazione, due momenti distinti, un prima e un dopo. Una lanterna appesa al soffitto può essere ascritta sia alla prima che alla seconda scena.

A sinistra della composizione, vediamo il religioso dentro un pulpito. Questo stupisce per l’incongruente sistema di archetti e colonne che sostiene la parte praticabile, decorata esternamente a fiorami; il leggio è invece visto in una resa prospettica non facile e certamente coerente con lo spazio.

Sopra al pulpito, stanno due immagini sacre di facile lettura, una è un’ Imago

Pietatis, l’altra è la Vergine con il Cristo infante. Il religioso indica con la sua destra il

ritratto della Vergine, ma non sembra che ci sia uno spazio percorribile fra l’immagine e l’uomo, la mano è semplicemente “sovrapposta” all’immagine.

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pedana decorata, e accostato a una cortina: le coperte, la cortina e lo sfondo su cui sono citate le immagini sacre, sono arricchite dello stesso motivo a punzone.

Nel letto dorme il religioso, San Simeone emerge dalla cortina dietro il letto minacciandolo con una spada alzata sopra la sua testa, pronto a colpire. Probabilmente si tratta di un’apparizione in sogno del santo, accaduta ad un prete che aveva deviato il suo cammino16.

7. IL RETRO

I tre pannelli qui narrati riguardano tutti la committenza; in quello centrale, che corrisponde alla principale composizione della fronte, la Presentazione al Tempio, troviamo appunto un’iscrizione votiva e la firma dell’artista.

L’iscrizione è composta in un riquadro, all’interno del pannello, incorniciato da foglie di vite comprese nell’andamento ad “S” dei tralci. Sugli angoli della cornice sono rappresentati gli stemmi di re Ludovico d’Angiò.

L’iscrizione è divisa in due parti; la parte che riguarda la dedica è composta di lettere gotiche maiuscole battute in altorilievo:

SYMEON: HI.C.IVSTUS.Y EXUM.DE.VIRGINE.NAT UM.VLNIS:QUI.TENVIT HAC.ARCHA.PACE.QVIE 16 Ivi, p. 21.

31 SCIT.HUNGARIE.REGI NA.POTENS:ILLVSTRI S:ED.ALTA:ELYZABET.I VNIOR:QVAM.VOTO:CON TVLIT.ALMO.ANNO.MI LLENO:TRECENO:OCTV AGENO

Sotto di questa, in una riga, in caratteri gotici, stilizzati, corsivi, è battuta la firma dell’orefice:

HOC OPUS FECIT FRANCISCUS DE MEDIOLAN

Alla sinistra del pannello, la scena della Donazione è connessa con l’iscrizione. Essa mostra la Regina Elisabetta, vestita di un lungo mantello, con la corona in testa, inginocchiata in presenza delle tre figlie, nell’atto di offrire la cassa reliquiario al santo Simeone.

La composizione è semplice e armoniosa, incorniciata in un triplice arco cuspidato poggiante su due colonne tortili di diversa altezza ai margini del quadro. La figura aureolata del vegliardo, imponente, avvolta in un mantello, accoglie il dono della Regina tenendolo su una mano. Ricorre ancora l’oggetto rappresentato nell’oggetto, il reliquiario nel reliquiario, ancora una volta, come in altre occasioni, ciò accade senza che l’artista si curi di farne una riproduzione se non fedele, coerente: basta il segno. L’arca è di dimensioni modeste, un semplice parallelepipedo, decorata con fitti ornamenti di foglie

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d’acanto sul lato lungo (diviso in due pannelli) e su un riquadro, inscritto in quello breve; la figura del santo è riassunta sopra il coperchio, spariscono gli spioventi.

In confronto alla “schiettezza” didascalica delle scene dei Miracoli, questa immagine si offre allo sguardo dicendoci qualcosa di più (gli attori sono personaggi a noi noti), e soprattutto in maniera diversa: un ritmo più blando, un andamento cerimoniale ma quasi dimesso, la presenza sullo sfondo di una decorazione che stempera la solennità dell’occasione. È un racconto più lento, di una prosa sostenuta ma ancora contenuta.

Le tre principesse, sotto la cassa reliquiario, sono poste in ordine decrescente a partire da quella in prossimità della Regina, in fila, in ginocchio anch’esse, con le mani giunte in preghiera e la corona in testa. Ai profili del gruppo, compreso quello della Regina risponde il volto quasi frontale del Santo.

Un dettaglio decorativo è al centro dell’arco, una croce sbalzata su una forma ovale.

La scena a destra dell’iscrizione mostra, secondo la tradizione17, la malattia o la morte del padre della Regina Elisabetta, il Ban della Bosnia Stepan Kotromanic, sotto gli auspici di San Simeone.

Anche in questo caso, la composizione comprende due momenti: uno ambientato in una stanza, l’altro in una chiesa (riassunta in un arco) dove si trova il reliquiario, quindi il corpo del santo.

Nella stanza si trova un letto, alzato su una pedana decorata con rombi, rosette e piccoli archi. Una cortina decorata, assicurata in alto ad una asta orizzontale, fa da sfondo, inquadrando la scena.

La figura dell’uomo sdraiato, con la testa poggiata sul cuscino, è quella di un

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vecchio, con una lunga barba e capelli fluenti, vagamente somigliante al santo. Porta un cappello.

A ridosso del letto, sul lato sinistro, San Simeone è rappresentato nella abituale maniera, avvolto nel mantello fermato da un fibula all’altezza del petto, la testa è meno definita rispetto alla figura del santo riprodotta nell’occasione della Donazione. San Simeone tiene una mano sul capo dell’uomo sdraiato.

Dietro al letto si trovano due donne, visibili dalla vita in su: a sinistra una giovane con la folta chioma sciolta, e una mano sul viso e una sul petto, dolente; a destra un’anziana che porta un cero nella sua destra, la testa avvolta in un velo che cade sulle spalle, anch’essa con la sinistra sul petto.

Sul lato destro, sotto un arco da cui pende una lanterna, su un fondo uniforme, è inserita una figura di giovane, inginocchiato in atto di preghiera: è al cospetto dell’arca del santo, riprodotta nella sua versione “semplificata”, in una prospettiva quantomeno azzardata; questa si trova dietro una delle colonne su cui è impostato l’arco, e davanti all’altra, più corta e robusta, su cui l’arco piega.

Il giovane in preghiera, si trova contemporaneamente sul pianale del letto, in ginocchio, guardando ancora alla cassa del santo, mentre, con il gesto delle mani, si direbbe, gli si rivolge direttamente, affinché sia testimone presso l’uomo morente. Se questa ipotesi è valida, la scena del giovane in preghiera presso il reliquiario dovrebbe essere successiva, e potrebbe esservi fissato il momento di ringraziamento al santo per la sua intercessione.

34 8. I TIMPANI

Sui timpani del reliquiario sono montati i due spioventi, in uno di essi è assicurata la figura a grandezza naturale del santo descritta all’inizio di questo capitolo, nell’altro, ancora, i suoi miracoli.

I timpani sono entrambi decorati alla stessa maniera, con i blasoni di re Ludovico, sbalzati in altorilievo. Vi è uno scudo diviso longitudinalmente in due parti: le barre orizzontali, Ungheresi, sul lato sinistro, e i fiori di giglio, Angioini, sul lato destro; compare l’elmo da armatura di profilo, con sopra una corona aperta e un ricco mantello di pelliccia in basso, al vertice della composizione si trova il cimiero in forma di struzzo coronato, con le ali spiegate e un ferro di cavallo nel becco.

Tutto intorno stanno delle decorazioni di foglie d’acanto; fra queste, a destra e a sinistra dello stemma, le iniziali del re: L.R., Lodovicus rex.

Una banda decorata con dei fiori stilizzati separa la parte ora descritta dal pannello del lato breve sottostante.

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 49-57)