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TRE TOMBE PER UN SANTO

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 116-120)

Il sarcofago di San Simeone a Zara sbalzato nell’argento e quello a Venezia scolpito nel marmo da Marco Romano, cui abbiamo accennato in precedenza, non sono le sole tombe del santo conteso fra le due città adriatiche.

Come abbiamo avuto ragione di dire nel primo capitolo, a Zara, le sacre spoglie del profeta, secondo una tradizione risalente al XIII secolo143,trovarono già una dimora ben prima del benefico influsso della regina Elisabetta Kotromanic, influsso volto, si ricorda144, a dotare il santo di una degna sepoltura a discapito di quella preesistente, da cui l’opera del nostro artista.

Le spoglie di San Simeone si trovavano ancora nel 1377, in quei giorni della regale visita alla cittadina dalmata sottratta da Ludovico d’Angiò al dominio veneziano, in un’urna di pietra la cui datazione risale al tempo stesso in cui si afferma la leggenda che riguarda l’inventio dei sacri resti.

Il sarcofago di pietra presenta l’effige del santo scolpita in bassorilievo sul fronte di

143 I. Petricioli, St. Simeon’s shrine in Zadar, cit., p. 9. 144 Cfr. supra, Introduzione.

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quella che oggi è la base di altare della chiesa dedicata al santo patrono: la figura è compresa in una cornice di losanghe, la testa, adorna di una folta chioma è posta a sinistra dell’osservatore; la barba ricciuta nasconde il collo, e la fronte è solcata da segni molto marcati che contribuiscono a dotare di una forte espressività il vegliardo cui un nimbo baccellato attribuisce lo status di santo.

La testa di tre quarti è appoggiata su un cuscino, la veste sacerdotale da cui emergono le due mani raccolte incrociate nel grembo è fissata all’altezza del petto da un fermaglio.

Stando alla testimonianza che ci giunge dall’iscrizione posta dietro il sepolcro posto nella chiesa di S.Simeone Grande a Venezia, un’altra reliquia insigne del santo arrivò nella città lagunare, nel 1204. Del reliquiario di marmo atto a contenerne le sacre spoglie ci rimangono la figura giacente, un sarcofago, e un’ iscrizione. La tomba si presenta ai giorni nostri in un aspetto che non corrisponde a quello originario145.

Non vi sono tratti comuni salienti fra la figura scolpita della città lagunare e quella del bassorilievo dell’urna di Zara, a parte il confluire quasi spontaneo nel generico “tipo” del vegliardo profeta di alto tenore spirituale, di biblica dignità e “statura” morale (i lunghi capelli, la barba, l’espressione intensa, la tunica), ma è vero che il San Simeone dello spiovente principale del reliquiario di maestro Francesco appare intanto, salvo altri possibili confronti e con le dovute cautele necessarie nel comparare lavori generati da tecniche diverse, come una sintesi fra i due casi, pur distanti fra loro, che stiamo trattando.

Il sarcofago di Venezia, opera di Marco Romano firmata e portata a termine il 4

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febbraio 1318146, come risulta dall’iscrizione gotica, presenta la statua del profeta giacente posta sulla sommità.

La testa reclina è quasi poggiata sulla spalla destra e offre allo spettatore il volto intenso dotato di una forte carica realistica, la bocca leggermente aperta lascia intravedere i denti, gli occhi sono semichiusi, la fronte squadrata è compresa fra le volute dei lunghi capelli e la folta barba è avvitata in vortici spiraliformi. Il bel ritratto delle mani adagiate sul grembo potrebbe farci pensare a una scultura rinascimentale per l’attenzione all’articolazione delle dita e alla definizione delle vene.

La veste è percorsa da ampie pieghe distribuite in diagonali.

Avendo accennato nel trattare il bassorilievo dell’urna in pietra, a una figura che approda a un generico tipo, di “anziano profeta”, possiamo estendere tali considerazioni, che trascendono i connotati precipui dell’opera di Marco Romano, alla figura da lui scolpita, mettendo quest’ultima in una linea di discendenza con certi mosaici bizantini raffiguranti severi profeti, presenti in San Marco, come Isaia, Michea, Ezechiele.

Il paragone fra l’opera di Marco Romano e quella di Francesco da Milano può esser condotto in una diversa maniera che presuppone un rapporto a distanza ma diretto fra le due immagini del santo profeta se è vero, come sarebbe difficile pensare il contrario, che il nostro artista transitò da Venezia.

Di fatto con soluzione di continuità l’artista che operò a Zara inverte la posizione della figura ponendo la testa a destra, questa è poggiata sulla nuca e è in rapporto con il fruitore in quanto posta su un piano obliquo. La figura del santo passa in qualche modo dal bassorilievo dell’urna in pietra duecentesca, alla figura giacente scolpita in marmo, a una

146 Marco Romano, catalogo della mostra, a cura di Alessandro Bagnoli, Silvana Editoriale, Milano 2010, p.

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sintesi perfetta fra le due dimensioni realizzata a sbalzo e cesello nell’argento.

La veste è percorsa dal petto ai piedi da un panneggio a pieghe pressoché parallele, anch’esso segno di una presa di distanza dalle ampie cadenze del panneggio con cui Marco Romano ammanta la sua figura. Le pieghe parallele dell’opera di maestro Francesco sono in effetti vicine al disegno lineare di quelle dell’urna di pietra e convergono, conducendo una leggera curvatura, nel fermaglio posto sul petto. Lo stesso fermaglio rotondo e soprattutto la presenza del nimbo, assente nell’opera veneziana, riconducono ancora la figura principale del reliquiario di San Simeone alla prima sepoltura zaratina del santo.

Inequivocabilmente le parti di maggior pregio delle figure create dai due artefici sul finire e all’inizio del XIV secolo a Zara e a Venezia, si somigliano. In particolare le mani e il volto mentre i capelli e la barba sembrano condotti secondo diversi canoni.

Le due mani destre sono solcate dalle stesse vene.

La squadratura della fronte all’attaccatura dei capelli comune ai due autori ci riporta a certi trattamenti della figura ancora vivi in area veneta alla fine del secolo nelle opere di Pierpaolo e Jacobello Dalle Masegne nelle statue dell’iconostasi davanti al presbiterio di San Marco del 1395, si vedano a proposito la statua di San Filippo e quella di San Simone147.

Le figure che “recitano” San Simeone nelle varie parti del reliquiario, appaiono spesso dalle loro fattezze, coerenti con quelle del santo nella sua apparizione principale.

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Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 116-120)