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LO SPIOVENTE PRINCIPALE DEL COPERCHIO

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 32-36)

La figura intera del santo è sbalzata in altorilievo, a dimensioni naturali, sul lato del coperchio della cassa reliquiario, che inclina verso la navata.

Rispetto all’antica arca-altare in pietra, la posizione del santo profeta è invertita.

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La testa (alla destra dell’osservatore), dalla fluente chioma stilizzata, dalla lunga barba di fluidi riccioli e volute, posa, incorniciata da un nimbo baccellato, su un cuscino decorato a fiori e motivi vegetali. Agli angoli di questo e alla metà dei lati in vista, trovano posto delle nappe.

La santa effige, ad occhi chiusi, accoglie lo spettatore con un’espressione intensa del volto, vibrante e luminosa, marcata dal disegno di linee orizzontali che percorre la fronte come segni di marea nell’arenile. Il vecchio veste una lunga tunica, da cui emergono abbozzate le punte dei piedi, e un mantello, fermato con una fibbia posta al centro del petto. La tunica e il mantello sono percorsi da un’imitazione di disegno tessile con ricami a motivi vegetali ottenuti mediante punzonatura. La figura giace supina su un rilievo decorato con ornamenti ancora in forma di foglie e tralci, sbalzati.

La testa e le mani completamente modellate hanno dettagli realistici. Le mani, sono quelle di un uomo vecchio segnate da vene e solcate da pieghe.

Sull’orlo della veste che cinge il petto e sui polsini della stessa è presente una iscrizione in Gotico minuscolo, sanctus Simeon propheta.

Non esiste nessun documento ufficiale relativo all’invenzione della reliquia di San Simeone a Zara.

Esistono però delle iscrizioni che possono attestarne il culto, le più antiche delle quali sono state rinvenute nelle rovine della chiesa Santa Maria Maggiore.

SIMEON IUSTUS QUI FILIO MEO SAL...

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EX VOTO D:P:O:M: SIMEONI DIVO

PACHARIUS PR: F: F: MCCLXXXVIII7

Un documento è stato rinvenuto il giorno della traslazione, voluta dall’alto clero come atto di devozione al fine di arrestare un’epidemia. Dall’arca di pietra, dove fino a quel giorno si trovava l’insigne reliquia, fu tratto l’originale scritto, inciso su cuoio, di un registro datato 1283, un elenco di centouno nomi di nobili famiglie zaratine, facenti parte del Consiglio Maggiore della città, tutti nomi presenti negli archivi.

Lorenzo Fondra in un manoscritto del 1686 (pubblicato a Zara solo nel 1855), attingendo, come sostiene, da una tradizione ancora viva, scrisse una dettagliata storia della reliquia8, che qui riassumeremo.

Nell’anno 1273 una galera veneta, partita da Soria, navigava verso Venezia. Nell’Adriatico viene sorpresa da una burrasca, scatenata dai demoni. Nella lotta contro i marosi ed il vento, la nave sta per naufragare.

I marinai ed i passeggeri corrono ai ripari e sbarazzano la nave di tutto il suo carico. Superata la burrasca la galera si trova sospinta nelle acque di Zara, raggiunge il porto e sosta a lungo per le necessarie riparazioni.

Fra i passeggeri viaggiava pure un ignoto nobile cittadino veneziano, reduce dal pellegrinaggio ai luoghi santi. Egli recava una cassa gelosamente custodita che neppure nel pericolo aveva voluto abbandonare.

Nel soggiorno a Zara il pellegrino trovò ospitalità presso un monastero di religiosi;

7 V. Brunelli, Storia della città di Zara, Venezia 1913, p. 421. 8 L. Fondra, Istoria della insigne reliquia di San Simeone profeta, cit.

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là portò il prezioso bagaglio, chiedendo ai monaci la carità di seppellirlo nel loro cimitero giacché conteneva la salma di un suo fratello morto in Soria. Ma il pellegrino si ammalò gravemente; si rivolse così ai religiosi raccomandando loro di esaminare dopo la sua morte tutti i documenti che possedeva perché avrebbero appreso notizie molto importanti. Dopo la morte del pellegrino i monaci adempirono la pia volontà e, appeso al collo del defunto, trovarono un documento celato con somma cura. Esso diceva che la cassa fatta sotterrare nel cimitero racchiudeva non il corpo di suo fratello, ma quello di San Simeone Giusto e Profeta.

Attoniti per sì inattesa rivelazione, subito i monaci pensarono di appropriarsi della reliquia onde arricchire del prezioso deposito la loro chiesa e di non divulgare la notizia prima di aver esumato i sacri resti collocati nel cimitero. A notte inoltrata si accingono a disseppellirli, ma vengono sorpresi nel lavoro dai tre Rettori della città: questi nella medesima notte erano stati avvertiti da un egual sogno, che nel cimitero di quei religiosi giaceva il corpo di un gran santo di recente portato dall’Oriente; si affrettassero ad esumarlo ed esporlo alla venerazione dei fedeli. Ciascuno dei tre uscì dalle abitazioni e si incamminò verso il luogo indicato dal sogno. Strada facendo si incontrarono nel medesimo crocevia e, vinta la sorpresa di quell’imprevisto incontro, si narrarono a vicenda il sogno misterioso risolvendo di obbedire subito all’arcano e comune invito.

I monaci nel frattempo avevano esumata la salma del Veggente ancora mirabilmente intatta...

Il Fondra termina il racconto con un curioso epilogo:

“Il successo si ha per pura tradizione, e raccolta da noi da molti vecchi e savii soggetti,

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mirabilmente confermano questa verità, sono le sculture dell’arca d’argento, specialmente il primo e il secondo quadro, nei quali si può con l’osservazione scoprire tutto esso fatto, vedendosi nel primo, la nave agitata dalle tempeste, i demoni che vomitano le medesime, ed il santo che la protegge; nel secondo, i religiosi che estraggono il cadavere dal cimitero, ed i tre Rettori assieme raccolti. A questa scultura non deve negarsi quella fede che si presterebbe alla più autentica scrittura del mondo”9.

Le scene descritte, il Viaggio in mare del corpo santo e l’Invenzione dello stesso nel cimitero dei monaci, sono rappresentate rispettivamente in uno dei riquadri dei lati brevi e, attiguo, nel primo a sinistra dei tre pannelli sul lato anteriore del sarcofago.

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 32-36)