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TIPOLOGIE DEI CONTENITOR

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 75-86)

La sovrapposizione al fluttuante universo dei reliquiari di categorie e sottocategorie tese a definire e delimitare il singolo caso entro un ordine, è un’operazione necessaria, anche se mal si presta all’oggetto del nostro studio; l’operazione si complica dal momento in cui un singolo caso, come vedremo, può ricadere contemporaneamente sotto diverse classi. Detto ciò, ci serviremo di poche linee guida, essenziali, per esporre all’esercizio tassonomico le opere d’arte a noi giunte, contrassegnate dal nobile ruolo di servire da

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contenitori di sacre reliquie; opere talora diversissime fra loro, come una statua lignea a dimensioni naturali o una fiala trasparente da portare al collo, ma partecipi di una stessa funzione; in altri casi, accomunate, oltre che dal fatto di essere dei reliquiari, da quei tratti comuni che lasciano presupporre l’esistenza di un tipo, di una classe, di un genere.

Innanzi tutto conviene circoscrivere gli oggetti di derivazione sacra o profana che si prestarono ad essere reimpiegati come reliquiari, e che, pur essendo stati concepiti per tutt’altri fini, furono adattati a questo scopo. È il caso di pissidi, ostensori, calici, (quindi di suppellettili liturgiche riadattate), ma anche di cassette e cofanetti di vario tipo che in origine nessun rapporto potevano vantare con il contesto sacrale in cui venivano man mano calati nel corso dei secoli: di dimensioni inferiori ai 50 cm, dal coperchio piatto, costruiti in metallo, legno o avorio, intagliati o dipinti i primi; in legno o avorio ornati con finiture metalliche, o anche in metallo decorato a smalto o con borchie, con coperchio a spioventi o semicilindrico gli altri60.

Esteso è l’uso di recipienti per bere poi adattati a reliquiario che con gli oggetti a forma di cassetta costituiscono le due grandi famiglie di contenitori sacri ottenuti mediante il reimpiego di oggetti d’arte ad uso profano. A questo gruppo di oggetti adattati a svolgere la funzione di reliquiari possono essere accostati vari altri casi di oggetti considerati reliquie a loro volta, in quanto appartenuti a personaggi venerati; ad esempio l’olifante detto “di Carlo Magno” divenne esso stesso una reliquia leggendaria, così come la “Tazza di S.Giovanni Evangelista”, una coppa di vetro e diaspro ritenuta, secondo la tradizione agiografica, quella in cui bevve veleno; oppure il “Sacro Catino”, un bacile esagonale in

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vetro identificato tradizionalmente nel Santo Graal61. I reliquiari possono essere fissi o mobili.

Il reliquiario a cassa62 è un contenitore di grandi dimensioni a forma di parallelepipedo con copertura semicilindrica o più spesso a spioventi; riproduce sovente la struttura di un edificio a pianta basilicale a navata unica, quindi una forma architettonica; è un tipo di reliquiario comune fin dal periodo romanico, che, soprattutto oltralpe, assunse la particolare tipologia delle grandi casse, in argento o rame dorato, arricchite di smalti: ad esempio la “cassa reliquiario di Carlo Magno” del XII-XIII secolo nel Duomo di Aquisgrana.

Le caratteristiche strutturali di tali contenitori li rendono fruibili solo nei luoghi dove questi vengono esposti in sede stabile, senza che, salvo rarissime occasioni, venissero rimossi. Celebre è il reliquiario a cassa della Vaergine, datato 1205, realizzato da Nicolas de Verdun e conservato nella cattedrale di Tournai.

Il reliquiario a sarcofago63 condivide con quello a cassa diverse caratteristiche, non ultima quella di avere notevoli dimensioni e quindi di non aver carattere mobile: atto a racchiudere l’intero corpo del santo, ha una forma simile a quella dei veri e propri sarcofagi in pietra della tradizione antica: pianta rettangolare, lati rettangolari, coperchio piramidale o a due spioventi e basamento. I materiali adottati sono, il marmo, la pietra oppure il legno o il metallo.

Sempre nell’ordine dei reliquiari a cassa o a sarcofago troviamo le urne

61 Ivi, p. 204. 62 Ivi, p. 182. 63 Ivi, p. 185.

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reliquiario64 di grandi dimensioni (ne esistono però anche di dimensioni ridotte) che differiscono dai casi precedenti della cassa e del sarcofago, in quanto presentano almeno un lato trasparente che, anche nel caso delle urne da altare, viene esposto allo sguardo dei fedeli.

Le grandi casse reliquiario presentano, come detto, forme architettoniche; ma oltre ad esse è riscontrabile tutta una tipologia di reliquiari architettonici65 di ridotte dimensioni, quindi mobili, che propongono dei veri e propri edifici in miniatura, secondo un uso frequente soprattutto a partire dall’età gotica. Vi sono reliquiari a chiesa, a fortezza, a piramide, a obelisco. La cosiddetta “Lanterna di Begon”, del Tesoro di Conques, anche se di epoca anteriore, ha la forma di un tempietto a pianta centrale coperto da cupola66.

I contenitori per reliquie in forma di statua sono piuttosto rari e spiazzano l’osservatore moderno, in quanto queste opere, una volta inserite nel loro tempo, rivelano aspetti del tutto inattesi che vanno al di là della lettura che la nostra sensibilità ci permette di dare. Le statue reliquiario, malgrado le imponenti dimensioni, non erano fisse, bensì mobili. Il tipo, di cui un celebre esemplare è la Maestà di santa Fede del Tesoro di Conques67, è caratterizzata da un’anima in legno scolpito racchiudente la teca con le reliquie; esso successivamente veniva rivestito da una lamina metallica e nobilitato dal dispiego di ornamenti preziosi. Il resoconto di un sinodo tenutosi a Rodez intorno all’anno Mille, ci narra di come i vescovi partecipanti riunissero di volta in volta le Maiestates, cioè le grandi figure sedute dei patroni delle loro chiese, ciascuna con il proprio contenuto di

64 Ivi, p. 186. 65 Ivi, pp. 201, 203. 66 Ivi, p. 201. 67 Ivi, p. 196.

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reliquie: “vetus mos et antiqua consuetudo”68.

Di questa importante categoria, quella cioè dei reliquiari mobili, fanno parte, fra i restanti, tutti i contenitori sacri, che appartengono a quella classe di arti che connotano la persona; le reliquie potevano essere introdotte negli abiti, nelle fibule, nelle fibbie delle cinture, nell’elsa della spada, negli anelli, nei medaglioni, nei pendenti... Nel reliquiario a capsula69, di ridotte dimensioni, le reliquie sono poste tra due valve uguali e combacianti oppure sono racchiuse entro una montatura o una piccola cornice. Nel caso di particolari tipologie, tale reliquiario può meglio essere definito reliquiario a medaglione70 (con teca circolare, ovale, o quadrangolare, montatura e anello di sospensione); oppure reliquiario a pendente71, simile ai precedenti ma di forma più ricercata, in materiale prezioso e assimilabile ad analoghi gioielli profani.

L’encolpio72, il tipo di reliquiario a capsula più antico, si configura di norma come un particolare contenitore a forma di croce metallica che veniva portata sul petto. Generalmente è costituito da due valve con cerniera, fissa in alto e mobile in basso, chiusa da un perno e apribile in senso longitudinale. Contiene reliquie per contatto o semplici non solo vere e proprie reliquie ma più spesso materiali venerati come granelli di sabbia della Terra Santa.

Questi reliquiari sono solitamente destinati al culto privato e portati appesi al collo; alcuni però potevano venir fissati su un’asta per essere portati in processione.

Salvo quindi i reliquiari a cassa, sarcofago o a urna di grandi dimensioni, il

68 Liber miraculorum sanctae fidis, a cura di A. Bouillet, Paris 1897, pp. 71-72. 69 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 160.

70 Ibidem. 71 Ibidem. 72 Ivi, p. 173.

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variopinto mondo dei contenitori sacri in età medievale era di natura mobile; tratto sì, questo, comune a molti reliquiari, ma che non ci permette di delineare una più precisa suddivisione tipologica: abbiamo già scorso in rassegna particolari reliquiari mobili: quelli che la persona “indossa”, per esempio; abbiamo accennato alle caratteristiche dei reliquiari monumentali muniti di sostegni per essere portati in processione; resta la gran parte degli altri contenitori sacri di svariata natura (per fare un esempio la “legatura reliquiario”73, legatura di libro liturgico in cui sono ricavate piccole teche contenenti reliquie), che non sono stabili ma differiscono dai casi appena citati per forma, destinazione e materiali impiegati.

A proposito dei materiali usati, un altro ordine di considerazioni solleva il caso particolare dei contenitori sacri con la reliquia a vista, cioè reliquiari in cui il contenuto è accessibile agli occhi attraverso aperture e protetto da vetro, osso o cristallo di rocca; in questa categoria hanno grande diffusione i reliquiari a ostensorio74: sono dei contenitori mobili nella maggior parte dei casi, la cui forma è assimilabile a quella dell’ostensorio eucaristico; sono oggetti di struttura varia in cui le reliquie sono visibili perché racchiuse in una teca trasparente; i reliquiari a ostensorio rappresenteranno la tipologia più comune e diffusa, in metallo argentato lavorato a sbalzo o consistente in una struttura lignea sagomata e intagliata su cui è applicato un rivestimento in metallo. Un dato eclatante che riguarda questo tipo di contenitore sacro consiste nel fatto che il “movimento” del dare e avere non fu dallo spazio degli arredi eucaristici al reliquiario, bensì dal reliquiario alla suppellettile liturgica atta a contenere l’ostia consacrata, che troverà posto nella liturgia

73 Ivi, p. 178. 74 Ivi, pp. 164-166.

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solo a partire dall’XIII secolo75. È il caso in qualche misura opposto a quello degli oggetti, sacri o profani, che furono riadattati a contenere le sacre parti.

Estesa è la casistica dei contenitori sacri con reliquia a vista: il reliquiario a ostensorio lo è per definizione; l’urna grande o piccola, fissa o mobile, è caratterizzata, a differenza delle casse e dei sarcofagi, proprio da questa proprietà; ma ci sono ancora altre tipologie di reliquiari a vista e altre modalità di esporre i sacri resti: è il caso del reliquiario a castone76 in cui la reliquia è compresa entro una montatura metallica più o meno lavorata e preziosa, munita di anello (se di piccole dimensioni) per venir portati appesi al collo. Talora il castone è particolarmente elaborato, come nel caso di reliquie di grandi dimensioni, e poggia su una base: il reliquiario è allora definibile a castone su supporto.

Le fiale reliquiario77, boccette o piccole ampolle in vetro, cristallo di rocca con chiusura generalmente metallica sono anch’esse trasparenti ma allo stesso tempo comprese in una più generica categoria che include tutti i contenitori costituiti da vasi, anche se non trasparenti: anfore, brocche, ciotole, coppe; questi sono recipienti solitamente in materiali trasparenti, ma anche in ceramica o metallo, eventualmente poggianti su fusto e piede oppure su una semplice base. Un’ampolla reliquiario in vetro appartiene così all’universo dei contenitori mobili; all’interno di questa macrocategoria è inclusa nella grande famiglia dei reliquiari vasiformi, e fra questi rappresenta quella parte di reliquiari sopra detti in cui la reliquia è a vista, reliquiari che possono appartenere a quella classe di oggetti sacri veicolati dalla persona. L’urna che contiene il corpo intero del santo ha carattere stabile ma presenta una reliquia a vista, è così, per certi versi, assimilabile, per via dei materiali usati,

75 M.Collareta, Arredi, suppellettili, decorazioni mobili, cit., p. 310. 76 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 162.

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ad altri reliquiari dalle caratteristiche strutturali pure molto diverse.

Uno degli aspetti più avvincenti dell’evoluzione formale del reliquiario, a partire dall’epoca tardocarolingia e quindi dalla rinascita delle arti suntuarie e dell’oreficieria, è quello che vede il ricettacolo sacro assumere la forma di quella parte del corpo che costituisce la reliquia in esso contenuta: una sorta di scambio osmotico fra contenuto e contenitore, di passaggio reciproco di elementi, di “informazioni”. Si tratta dei reliquiari cosiddetti “parlanti”78, antropomorfi o topici, che rappresentano e evocano nella materia, il lascito del santo (dito, mano, braccio, piede, gamba, testa...), custodito al suo interno, intero o a frammenti.

Tecnicamente il contenitore sacro antropomorfo è costituito da un’anima in legno rivestita di una lamina d’oro o d’argento lavorato, arricchita sovente con pietre preziose; non mancano peraltro esemplari eseguiti semplicemente a sbalzo. Le dimensioni di questi oggetti ripropongono generalmente quelle della parte del corpo descritta.

Oltre che dichiarata nella forma antropomorfa, la reliquia in essi presente veniva talvolta esposta allo sguardo e alla venerazione dei fedeli collocandosi in compartimenti a vista dello stesso reliquiario, ambienti chiusi da vetro o cristallo di rocca, come nel caso del braccio reliquiario di Sant’Antonio a Lucca, nel museo della Cattedrale, un esemplare di reliquiario “parlante” con reliquia a vista79. In altri casi la reliquia era visibile attraverso parti traforate.

In direzione di una sempre più accentuata visibilità del sacro reperto, di un contatto visivo immediato con l’oggetto di culto (indotto anche dalla crescente importanza attribuita all’impiego di materiali preziosi), testimonianza della trasformazione della liturgia verso

78 Ivi, pp. 190, 191, 193, 194, 195.

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nuove forme di spettacolarità e coinvolgimento emotivo, il reliquiario “parlante”80 antropomorfo (che conosce il suo maggiore sviluppo medievale in età gotica) è connesso alla reliquia in un rapporto serrato, che verrebbe da definire causale. In queste forme trova espressione l’anelito verso un’auspicata presenza “reale” del santo, che si concretizza in un contatto visibile con i contenuti miracolosi (ben diverso il caso delle capselle d’altare, risalenti al IV secolo, da deporre in un apposito vano nella mensa dell’altare: scatole di pietra chiuse da coperchio e sottratte allo sguardo del devoto); è in questo nesso tra immagine e contenuto che va riconosciuto in primo luogo il “carattere di realtà”81 degli strumenti liturgici del Medioevo: veramente i sacri resti non possono prescindere dalla materia e dalla forma che li evoca e li rende più fruibili e vicini, vicini come il santo è vicino a Dio.

Si ravvisa in questa tipologia di contenitore sacro un importante rapporto con lo sviluppo della plastica monumentale, specialmente nel caso in cui la rappresentazione che “dice” la reliquia riguarda la testa82 o il busto83, in argento o argento dorato, non di rado “vivificati” da pietre preziose o smalti al posto degli occhi; i reliquiari di questo tipo costituiranno il principale trait d’union fra la fine del ritratto scultoreo nella tradizione romana antica e la ripresa del genere in età rinascimentale; non a caso tali reliquiari sono di origine specificatamente latina84.

Le stauroteche85 costituiscono un caso di reliquiario “parlante” non antropomorfo; fatte ad imitazione della croce, rappresentano una tipologia di reliquiario molto diffusa: se

80 Ivi, p. 899. 81 Ibidem.

82 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 200. 83 Ivi, pp. 192-193.

84 M. Collareta, Arredi, suppellettili, decorazioni mobili, cit., p. 310. 85 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 172.

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ne contano più di mille esemplari, di varie dimensioni ma generalmente ridotte (talvolta comprese queste ultime in altre composizioni come la teca) contengono parti della “vera Croce”; questi reliquiari possono considerarsi i più antichi esempi di ricettacoli sacri; un reliquiario della “vera Croce” è citato già nel Liber Pontificalis dove si ricorda come papa Silvestro (314-335) ne possedesse un esemplare composto in oro e gemme; si tratta quindi di oggetti non di rado molto preziosi, sia per i materiali usati che per l’ornamentazione86.

I pastorali reliquia87 ebbero ruolo di oggetti di importanza giuridica, specialmente in ambito irlandese-insulare, l’involucro del bastone ne riproduceva la forma; in tutte le regioni cristiane, reliquiari di questa sorta ebbero un ruolo importante nei giuramenti, come ausilio nelle contese guerresche e nelle riunioni dei consigli. È ancora un caso di reliquiario parlante, benché si tratti di una reliquia secondaria.

Tutti i reliquiari in manufatti di modeste dimensioni fanno teoricamente parte della tipologia dei reliquiari mobili, ma ci sembra di ravvisare nei reliquiari “parlanti”, di semplice e immediata lettura, una particolare inclinazione all’impiego pubblico, un’inevitabile approdo del carattere mimetico e spiccatamente teatrale di simili oggetti.

Ma non solo i reliquiari parlanti hanno rapporto con l’aspetto della realtà esterna. Il reliquiario fitomorfo88 riproduce un albero stilizzato alludendo al simbolismo dell’albero della vita; la struttura del detto reliquiario consta di un fusto da cui si dipartono i rami, disposti in modo simmetrico, al termine dei quali si trovano le teche con le reliquie. Il reliquiario zoomorfo89, tipologia riscontrabile specialmente oltralpe, propone invece forme di animali legati alla simbologia cristiana: agnello, colomba, leone, pesce, fenice...

86 Ivi, p. 174.

87 V. H. Elbern, voce “reliquiari”, in Enciclopedia dell’arte medievale, cit., p. 899. 88 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 168.

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Molto frequente in tutta Europa in età altomedievale fu il reliquiario a borsa90, di medie o ridotte dimensioni; eventualmente provvisto di tracolla, realizzato in materiali diversi, dal metallo al cuoio, al tessuto, alla paglia, ma anche con materiali molto preziosi: oro, gemme, perle. La tipologia è molto antica, come già documentato da esempi di età merovingia (Bologna, Museo civico Medievale).

Reliquiari di tipologie particolari sono ad esempio quello a pomo91 conservato al Louvre (una sfera che si apre in quattro spicchi, ciascuno contenente reliquie diverse), a gruppo scultoreo92, o di tipologia composita93, contenitori per reliquie, questi ultimi, la cui forma comprende diverse classi di reliquiari, come nel caso di un reliquiario a testa inserito in una struttura architettonica, o di un reliquiario a cassetta con elementi zoomorfi.

La difficoltà di catalogare i contenitori sacri anche alla luce di poche, generiche, linee guida, (reliquiari usati come tali/reliquiari di reimpiego, stabili/mobili, opachi/trasparenti, parlanti/non parlanti), assume un senso ulteriore alla luce del multiforme, dinamico mondo connesso alla percezione (e alla legislazione) del sacro veicolato dai sacri resti; anche quando viene convalidato, appunto, dalle normative ecclesiastiche inerenti: relative alla vita, morte e passione di Cristo, alla Vergine, ai santi, di culto assoluto, relativo, ex ossibus, (insignes, non insignes, notabiles, exiguae) ex

contactu (brandea, memoria, nomina, pignora, palliola, sanctuaria) normative che

delineano gruppi, famiglie, insiemi, categorie e sottocategorie di valore (o disvalore nel caso sempre incombente del falso) che si compenetrano, si intersecano e si comprendono, esattamente come i contenitori sacri esposti all’esercizio tassonomico.

90 Ivi, p. 181; V. H. Elbern, voce “reliquiari”, in Enciclopedia dell’arte medievale, cit., p. 895. 91 Suppellettile ecclesiastica I, cit., p. 189.

92 Ivi, p. 196. 93 Ivi, p. 188.

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È forse proprio questa complessità “istituzionale” relativa alle reliquie tout court che si rifrange nella straordinaria, inclassificabile, varietà dei reliquiari, quindi nel dispiego di forme e materiali e tecniche in cui essi traducono le varie declinazioni del sacro, materiali e forme e tecniche che hanno accompagnato nel mondo cristiano, per secoli, le spoglie dei santi, falsi, e altre reliquie.

Nel documento Il reliquiario di San Simeone in Zara (pagine 75-86)