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Violenza di genere: un problema sociale da contrastare

Capitolo 3 La violenza e il genere: un antico ma sempre attuale binomio

3.2 Violenza di genere: un problema sociale da contrastare

Quanto precedentemente osservato ha permesso di guardare più da vicino alla violenza di genere sia nelle sue diverse manifestazioni, che all'interno del contesto ampio e variegato nel quale si esplica, si è costatato che la violenza esercitata sulle donne è un fenomeno radicato e diffuso in tutti i tipi di società e persiste immutato nel tempo, ma pur essendo una tipologia di violenza fra le più conosciute, ancora oggi non è quantificabile. Le cause che possono produrre la violenza spaziano dai fattori individuali a quelli relazionali e sociali, è un fenomeno di ampio spettro che non si può più continuare a delimitare alla sola vita privata delle persone direttamente coinvolte. La violenza di genere è un problema sociale di ampia portata che impone un'assunzione di responsabilità da parte dei soggetti decisori, una presa in carico globale in grado di

64 La Convenzione del Consiglio d'Europa, Istanbul 2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, all'art.46 enuncia: “Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo necessarie per garantire che le seguenti circostanze, purché non siano già gli elementi costitutivi del reato, possano, conformemente alle disposizioni pertinenti del loro diritto nazionale, essere considerate come circostanze aggravanti nel determinare la pena per i reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione: [...] il reato è stato commesso su un bambino o in presenza di un bambino...”

Il nostro codice penale in considerazione dell'art.46 della Convenzione di Istanbul, considera il reato di violenza assistita come circostanza aggravante del reato di maltrattamento in famiglia.

coinvolgere a vari livelli le istituzioni nel loro complesso e tutta la collettività. Norme contro la violenza sulle donne sono state emanate ma se non vengono naturalizzate e assimilate restano disattese. Le organizzazioni internazionali hanno da tempo evidenziato questo fenomeno dilagante e inarrestabile, alcuni passi avanti, sia pure lentamente, sono stati fatti, anche se risultano insufficienti, ad esempio a livello nazionale, in ottemperanza alla Convenzione di Istanbul, nel 2013 è stata promulgata la legge n. 119 contro la violenza di genere o femminicidio65. La norma affronta la violenza di genere come se fosse un fatto eccezionale, un fenomeno sul quale occorre intervenire con provvedimenti dettati dall'emergenza, mentre è accertato che è un male radicato nella struttura di ogni società, che necessita di studi e approfondimenti per poterlo estirpare alla radice. Inoltre, essendo inserita in un quadro generale ed eterogeneo insieme a tematiche66, sia pure importanti, ma distanti dalla violenza di genere, si rischia che l'attenzione venga allontanata dal problema principale.

Nonostante le raccomandazioni internazionali, la normativa nazionale, il continuo parlare e le giornate dedicate al tema, bisogna riconoscere che ancora non si sa e non si fa abbastanza, considerato che i casi di maltrattamento e di omicidi contro le donne non accennano a diminuire. Di questo fenomeno ancora restano oscure tutte quelle dinamiche profonde che riproducono e trasmettono a livello intergenerazionale e culturale modelli di genere stereotipati che non riescono a sradicarsi dal passato, un altro limite è la mancanza di una misurazione in grado di fotografare quantitativamente le vittime prodotte dalla violenza sia per la scarsità di strumenti idonei che per la reticenza che hanno le donne nel denunciarla. Numerose sono le motivazioni che spingono le vittime ad accettare con rassegnazione il loro vissuto violento, sicuramente la cultura d'appartenenza e il grado d'istruzione hanno un peso sulla decisione di denunciare o meno la violenza, a questi elementi vanno sommate le varie paure: di essere giudicate, di dover abbandonare i figli se presenti, o di procurare loro ulteriori sofferenze che scaturirebbero da una eventuale denuncia del padre. Inoltre non va

65 La legge n. 119 del 15 ottobre 2013 ha convertito in legge con modificazioni il decreto legge 14 agosto 2013 n. 93 “recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province” ha ampliato il raggio di azione delle situazioni aggravanti e ha previsto l’irrevocabilità della querela per il delitto di atti persecutori nei casi di gravi minacce ripetute, un inasprimento delle pene e delle misure cautelari quando la violenza è commessa contro una persona con la quale si ha una relazione affettiva, non necessariamente legati da matrimonio o convivenza, le aggravanti si applicano anche in caso di maltrattamenti in presenza di minori o donne incinte, inoltre introduce l'arresto obbligatorio per i maltrattamenti in famiglia e stalking.

66 La legge n.119/2013 reca disposizioni urgenti per contrastare la violenza di genere limitatamente agli articoli compresi da 1 a 5-bis, mentre negli articoli successivi tratta la sicurezza, la protezione civile e il commissariamento delle province.

dimenticato che tante donne provano vergogna e sensi di colpa per il male che subiscono, sentendosi in qualche modo responsabili per non essere state in grado di evitare l'ennesima esplosione di rabbia da parte del partner; infatti si denuncia più facilmente una violenza subita da sconosciuti rispetto a quella, che peraltro è anche la forma più diffusa, perpetrata da una persona con la quale esiste un legame. Perciò è importante che le donne vengano educate a non sottovalutare le forme di violenza inflitte dai loro compagni, per evitare conseguenze sulla loro salute, in considerazione del fatto che rispondere ai problemi con meccanismi di adattamento provoca dei blocchi psichici che portano a vere forme patologiche fortemente debilitanti (Biancheri 2016). Attualmente non si dispone di dati completi e certi sul fenomeno della violenza di genere, proprio perché tanta rimane sommersa e quelli esistenti non sono comparabili con altri precedenti, in quanto il primo studio completo a livello mondiale che analizza sistematicamente i dati sulla violenza esercitata contro le donne risale al 2002, a cura dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre sul territorio nazionale la prima indagine ISTAT in materia è stata effettuata nel 2006.

L'OMS nel 2002 ha reso noto il rapporto67 dal titolo “Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti”. É stato uno studio approfondito finalizzato sia alla raccolta di dati affidabili, prima inesistenti, che alla conoscenza della gravità del fenomeno, della diffusione in tutti i Paesi del globo e delle gravi conseguenze che ne derivano, con effetti che si ripercuotono non solo sulla vittima ma sull'intero sistema salute, economico e sociale. L'OMS ha definito la violenza sulle donne “un problema di salute di proporzioni globali enormi, l'abuso fisico e sessuale un problema sanitario che colpisce un terzo delle donne nel mondo”. I dati pubblicati sono sconcertanti, il trauma della violenza viene esperito da oltre il 35% delle donne in tutto il mondo, la forma più comune di abuso viene inflitta dal proprio compagno e colpisce oltre il 30% delle donne, mentre il 7,2% denuncia abusi sessuali da parte di sconosciuti. Gli abusi inflitti all'interno della coppia sono causa di morte e lesioni, dal rapporto si evince che il 38% di femminicidi a livello planetario è compiuto da un partner intimo e il 42% delle vittime ha sofferto di lesioni provocate dallo stesso.

Essere oggetto della violenza esercitata dal compagno, marito o fidanzato sottopone le donne abusate ad un rischio doppio rispetto alle altre di sviluppare malattie mentali

67 Il Rapporto è stato pubblicato dall'OMS in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine

come depressione e ansia, o dipendenza da alcool e farmaci. Un altro fattore di rischio, che interessa sia la violenza domestica che quella agita da sconosciuti, è rappresentato dalle gravidanze indesiderate che spesso seguono l'atto sessuale violento, il rischio di aborto di queste gravidanze è nettamente superiore a quello che corre una donna a seguito di un rapporto sessuale consapevole, inoltre se la gravidanza arriva al termine la probabilità di nati sottopeso aumenta del 16%.

A seguito di questo studio l'OMS ha ribadito con forza il dovere che hanno tutti i Paesi del mondo di lavorare congiuntamente per eliminare ogni forma di tolleranza verso la violenza e di attivare campagne di informazione e sensibilizzazione a tutti i livelli. Consideratoil legame diretto che intercorre tra violenza e salute, l'OMS raccomanda ai servizi sanitari un maggiore coinvolgimento e una partecipazione attiva nella presa in carico delle vittime di violenza. Generalmente chi ha subito violenza fisica chiede aiuto ad un medico per curare le lesioni riportate, ma difficilmente trova il coraggio di accusare l'autore di quei mali e il personale sanitario non sempre riesce a riconoscere e a gestire simili eventi. Determinante in questi casi è il riconoscimento della violenza taciuta, la formazione di tutto il personale sanitario è fondamentale per prepararlo ad offrire un'assistenza adeguata e appropriata, che comprenda non solo la cura fisica, ma che implichi una gestione globale di tutta la situazione portata alla loro attenzione dalla vittima. Dallo studio dell'OMS è emerso che il movente delle prime dieci cause di morte e di invalidità che colpiscono le donne adulte si deve attribuire all'aggressività maschile e per questo motivo i suoi esiti devono essere una priorità della salute pubblica.

A livello nazionale la prima indagine statistica è stata realizzata dall'ISTAT nel 2006, questa, successivamente aggiornata, mostra dei dati che non confortano, a dimostrazione che il fenomeno della violenza sulle donne continua ad essere una piaga grave e molto diffusa. L'ISTAT calcola che in Italia “6 milioni 788 mila donne tra i 16 e 70 anni, nel corso della propria vita hanno subito qualche forma di violenza fisica o sessuale e le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche, come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi, sono per la maggior parte opera dei partner o ex”. I numeri, impressionanti, lasciano spazio a tanti quesiti che non trovano risposte, ancora tante sono le donne che faticano a riconoscere la violenza all'interno delle loro relazioni affettive, mentre un suo riconoscimento precoce eviterebbe il ripetersi e il protrarsi di maltrattamenti e il numero

di femminicidi sicuramente diminuirebbe. Il numero elevato di vittime attribuibile alla violenza di genere, sia a livello mondiale che nazionale, denota la difficoltà esistente a mettere in pratica azioni efficaci per contrastarla e prevenirla, l'OMS ha più volte auspicato una forte e costante cooperazione tra gli attori dei diversi Paesi al fine di mettere in atto azioni finalizzate all'eliminazione di quei sentimenti di comando e di possesso che gli uomini continuano ad esercitare sulle donne, un abuso di potere che sembra non trovare ostacoli e che continua imperterrito a manifestarsi con i suoi effetti visibili e invisibili.

È accertato che la violenza ha un costo sociale ed economico elevato, drammatiche sono le sue conseguenze sulla salute delle vittime che inevitabilmente ricadono sui sistemi sanitari. Le prestazioni di pronto soccorso, gli esami clinici e strumentali, le visite mediche, compresi gli eventuali ricoveri, e in generale tutta l'assistenza necessaria che richiede un corpo maltrattato e ferito, comportano una spesa per la sanità che si ripercuote sul bilancio annuale dei singoli Paesi, ma nonostante l'evidenza la violenza sulle donne continua a non essere considerata un problema sociale. Comunque è da precisare che le stime sono sicuramente inferiori alla realtà a causa delle difficoltà a far emergere il fenomeno dalle mura domestiche, ostacoli che per essere superati richiederebbero ulteriori approfondimenti qualitativi, e non solo quantitativi, per riuscire ad individuare tutti quegli elementi che contribuiscono a mantenere anche nei Paesi ad alta democratizzazione percentuali così elevate di vittime (Biancheri 2016).

La prima indagine a livello nazionale in merito ai costi economici e sociali derivanti dalla violenza contro le donne, dal titolo “Quanto costa il silenzio?” è stata realizzata da Intervita68 nel 2013 e presentata a Roma poco tempo dopo l'approvazione della legge sul femminicidio. L'indagine è stata portata avanti per calcolare il valore dei danni culturali, economici e sociali che provoca la violenza sulle donne se non viene contrastata a livello nazionale con azioni concrete e investimenti mirati sia alla prevenzione che al sostegno e alla cura. I numeri emersi dall'indagine hanno fotografato un Paese nel quale il fenomeno della violenza è talmente sviluppato da mettere fortemente a rischio la salute, la libertà e la stessa identità delle donne.

68 Intervita Onlus è un'Organizzazione Non Governativa di cooperazione allo sviluppo internazionale, nata nel 1999 a Milano, con il fine di supportare l'infanzia, le donne e le comunità locali nella lotta alla povertà e alle diseguaglianze, per uno sviluppo sostenibile. Sono impegnati in Italia, America Latina, Asia e Africa, la loro missione è la difesa e la promozione dei diritti dei bambini e delle donne in tutto il mondo.

Dettaglio costi Simulazione di costo

Costi sanitari 460.440.546

Costi consulenza psicologica 158.740.629

Costi per farmaci 44.582.514

Costi per l’ordine pubblico 235.760.187

Costi giudiziari 421.357.019

Costi per spese legali 289.917.809

Costi dei servizi sociali dei comuni 154.697.925

Costi del Centri Antiviolenza 7.827.456

Costi del lavoro per mancata produttività 604.103.835 Simulazione di risarcimento danni fisici, morali e biologici 14.342.112.410

Totale costi economici e sociali della violenza contro le donne 16.719.540.330

Tabella 3.1 Costi economici e sociali della violenza contro le donne.

Dalla Tabella 3.169 si evince che i costi economici e sociali che impattano sul bilancio dello Stato raggiungono una cifra esorbitante, l'indagine condotta da Intervita ha stimato che per garantire gli investimenti necessari alla prevenzione e al contrasto della violenza occorrerebbero 6.323.028 di euro all'anno, è facilmente intuibile la convenienza che trarrebbe il bilancio statale investendo in risorse economiche e sociali per la prevenzione, piuttosto che nel tamponare i danni causati dalla violenza, sostenendo annualmente un costo di quasi 17 miliardi di euro. Rispetto ai costi stimati, appare irrisorio anche lo stanziamento triennale, di circa 30 milioni di euro, previsto dal Governo per il piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, somma insufficiente per programmare e fronteggiare il problema. La prevenzione, unitamente alla protezione e sostegno alle vittime, al perseguimento del colpevole e a politiche integrate forma le famose “4P” che sono princìpi fondanti della Convenzione di Istanbul.

69 Nostra elaborazione da fonte: “Quanto costa il silenzio?” indagine nazionale sui costi economici e sociali della violenza contro le donne condotta da Intervita Onlus nel 2013.

Le modalità con le quali una società interviene per affrontare e contrastare la violenza di genere sono indicative del grado di sviluppo di un Paese e purtroppo i dati dell'indagine fatta da Intervita riflettono un enorme ritardo nell'affrontare il problema, l'Italia, unitamente ad altri Paesi deve sviluppare una coscienza politica e collettiva della vastità del fenomeno, i soggetti decisori devono uscire dalla retorica e impegnarsi concretamente ad affrontare questa piaga che continua a falciare vittime.

La Convenzione di Istanbul, all'articolo 11 impegna le Parti “a raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disaggregati pertinenti su questioni relative a qualsiasi forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione, a sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione, al fine di studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate ai fini dell’applicazione della presente Convenzione. Le Parti si adoperano per realizzare indagini sulla popolazione, a intervalli regolari, allo scopo di determinare la prevalenza e le tendenze di ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione […] stimolare la cooperazione e permettere un confronto a livello internazionale”. Nonostante le indicazioni chiare dell'articolo si registra un forte ritardo nella sua ottemperanza, i dati sono carenti, la mancanza di indicatori comuni e di strumenti adeguati non permette una raccolta dati regolare ed omogenea, utile ad una obiettiva valutazione del problema e ad una messa in opera di interventi politici pianificati e di strategie di azioni mirate. Una maggiore conoscenza dei costi sociali ed economici sarebbe determinante per definire il piano di spesa per gli investimenti necessari. È assodato che la violenza di genere frena lo sviluppo economico di ogni società, una donna picchiata difficilmente ha la forza fisica e l'equilibrio necessario per continuare un'attività lavorativa, sia che si tratti di un lavoro retribuito sia che venga svolta all'interno della famiglia, il danno causato si riversa, oltre che sulla salute e qualità della vita della vittima, anche su tutta la società che deve rinunciare a risorse preziose che altrimenti sarebbero state produttive.