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Gli interventi legislativi e giurisprudenziali e la “Legge Viareggio”

4.2 Gli interventi legislat

Come abbiamo avuto modo di constatare più volte nel corso della trattazione, se consistente è stato l‟apporto della giurisprudenza, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda gli interventi legislativi, che si sono rivelati assolutamente sporadici e settoriali.

La scelta tra regolamentare o meno il fenomeno della famiglia di fatto costituisce un problema di politica del diritto e di bilanciamento tra il rispetto della libera autonomia dei privati e l‟intervento delle pubbliche istituzioni, prima ancora che giuridico183.

Una conferma della possibilità di riconoscere rilevanza normativa al fenomeno della famiglia di fatto, anche se solo in alcuni settori e sotto determinati aspetti, è costituita da un complesso di interventi legislativi i quali, nei settori ordinamentali più disparati, ricollegano all‟esistenza di una

convivenza alcune conseguenze giuridiche184, giacché si può

ritenere che «l‟analisi della legislazione speciale, nell‟arco delle vicende che l‟hanno contrassegnata storicamente, non si presta né ad essere sopravvalutata nella sua portata (fino a

182 “La Nazione” mercoledì 13 giugno 2012, cronaca di Viareggio, pagina 8. 183 G. OBERTO, I diritti dei conviventi, Padova, 2012, pag. 25.

184

M. DOGLIOTTI, voce Famiglia di fatto, in Dig. disc. priv. sez. civ., VIII, Torino, 1992, pag. 192.

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ravvisare in essa una sorta di riconoscimento di famiglia di fatto come fonte di uno status “paraconiugale”), né ad essere relegata sul piano della “eccezionalità”, né, infine, ad essere ritenuta di scarso rilievo ai fini di una verifica della linea evolutiva lungo la quale si viene manifestando la rilevanza

giuridica del fenomeno in esame»185.

Nonostante il tormentato cammino che ha accompagnato la convivenza more uxorio lungo la strada verso un implicito riconoscimento all‟interno dell‟ordinamento giuridico, è interessante notare come, malgrado non fosse mai stata considerata un fenomeno degno di tutela, né tantomeno di riconoscimento, la convivenza venne considerata rilevante, sia pure in modo marginale, in alcune norme presenti nel nostro ordinamento già in epoca assai risalente: si pensi all‟articolo 2 del dPR n. 136 del 31 gennaio 1958, il quale precisava che per “famiglia anagrafica” si intendeva non solo il gruppo nascente dal matrimonio, ma ogni altra comunità fondata su vincoli affettivi e caratterizzata dal rapporto di convivenza e dalla messa in comune di tutto o parte del reddito prodotto dagli individui, al fine di soddisfare i bisogni comuni186.

Ancora, la legge n. 356 del 13 marzo 1958, all‟articolo 6, prevedeva l‟assistenza per i figli naturali non riconosciuti dal padre, caduto in guerra, quando la madre ed il presunto padre avessero convissuto more uxorio nel periodo del

185 BUSNELLI-SANTILLI, La famiglia di fatto, in Commentario al diritto italiano

della famiglia, VI, Padova, 1992, pag.778.

186 M. MONTEVERDE, La convivenza more uxorio, in Il diritto di famiglia –

Famiglia e matrimonio, (a cura di) G. BONILINI – G. CATTANEO, Torino,

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concepimento. Anche in questo caso quello che si voleva favorire era però il riconoscimento della paternità; quindi il

favor del legislatore era indirizzato alla filiazione e non certo

alla convivenza more uxorio che, comunque, iniziava a farsi spazio nel mondo del diritto187.

Per quanto riguarda la tutela penale invece, l‟articolo 30 della legge n. 354 del 26 luglio 1975188 sulla riforma penitenziaria prevedeva che ai condannati potessero essere rilasciati permessi in caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente.

Più recentemente, una norma importante nella svolta verso il riconoscimento della tutela al convivente more uxorio è costituita dall‟equiparazione al coniuge della “persona

stabilmente convivente”, operata dalla riforma in tema di

amministrazione di sostegno189.

L‟articolo 3 di questa legge inserisce nel titolo XII del primo libro del Codice Civile l‟articolo 408, rubricato “scelta

dell’amministratore di sostegno”, per effetto del quale la

persona stabilmente convivente viene equiparata, in tale scelta, ai parenti più prossimi190.

187 M. MONTEVERDE, La convivenza more uxorio, in Il diritto di famiglia –

Famiglia e matrimonio, (a cura di) G. BONILINI – G. CATTANEO, cit., pag.

935.

188 Legge n. 354 del 26 luglio 1975, rubricata “Norme sull’ordinamento

penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 212 del 9 agosto 1975.

189 Legge n. 6 del 9 gennaio 2004, rubricata “Introduzione nel libro primo, titolo

XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali”, pubblicata in Gazzetta

Ufficiale. n. 14 del 19 gennaio 2004, in

http://www.camera.it/parlam/leggi/04006l.htm.

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Nell‟ultima parte dell‟articolo 408 del Codice civile infatti si legge che «nella

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L‟articolo 5 della stessa legge n. 6 del 2004 poi accomuna la persona convivente al coniuge per quanto riguarda l‟istanza di interdizione e di inabilitazione191; così come avviene con l‟articolo 8192, il quale estende alla persona stabilmente

convivente il diritto previsto per il coniuge di poter continuare dopo dieci anni nella tutela dell‟interdetto o nella curatela dell‟inabilitato193.

Perciò, in base alle modifiche compiute da questa legge, alla persona stabilmente convivente compete la legittimazione attiva in ordine alla proposizione della domanda di interdizione, inabilitazione o di nomina dell‟amministratore di sostegno, oltre al diritto di essere preferita nella scelta dell‟amministratore di sostegno, tutti diritti previsti in precedenza solamente per il coniuge.

Riguardo le questioni aventi ad oggetto cittadini extraeuropei soggiornanti in Italia, ed in relazione alle ipotesi che vedono protagonisti cittadini comunitari o italiani, la disciplina vigente espressamente esclude le coppie non legate dal vincolo del matrimonio dall‟esercizio del diritto al ricongiungimento familiare.

separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata».

191 L‟articolo 5 prevede che, nel primo comma dell‟articolo 417 del Codice civile,

le parole “possono essere promosse dal coniuge” sono sostituite dalle seguenti: “possono essere promosse dalle persone indicate negli articoli 414 e 415, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente”.

192 In base all‟articolo 8, all‟articolo 426 del Codice civile, al primo comma, dopo

le parole “del coniuge” sono inserite le seguenti: “della persona stabilmente convivente”.

193 L‟articolo 426 del Codice civile afferma che «nessuno è tenuto a continuare

nella tutela dell‟interdetto o nella curatela dell‟inabilitato oltre i dieci anni, ad eccezione del coniuge, della persona stabilmente convivente, degli ascendenti o dei discendenti». Perciò il limite decennale riguardante le altre categorie non riguarda il coniuge ed il convivente.

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Nel primo caso, infatti, l‟articolo 29 del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998194 limita espressamente al coniuge dello straniero residente la possibilità di ottenere il ricongiungimento familiare, escludendo dai beneficiari il

partner non coniugato195.

Analoga impostazione si desume dalla disciplina del ricongiungimento familiare dei cittadini comunitari prevista dalla direttiva recepita con il decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007196: l‟articolo 2, comma 1, lettera b) n. 2 infatti esclude dalla nozione di “familiare” rilevante ai fini della libera circolazione «il partner che abbia contratto con il cittadino europeo un‟unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante non equipari l‟unione registrata al matrimonio, nel rispetto delle condizioni previste dalla

pertinente legislazione dello Stato membro ospitante»197.

Pertanto, non solo non è sufficiente la convivenza, ma deve esservi stata un‟unione registrata; inoltre, la registrazione deve essere equiparata dal legislatore dello Stato ospite al matrimonio.

194 Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico delle disposizioni

concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1998.

195 L‟articolo 29 infatti, relativo al “ricongiungimento familiare”, alla lettera a) del

primo comma infatti prevede che lo straniero possa chiedere il

ricongiungimento familiare solo per il “coniuge non legalmente separato”.

196 Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, rubricato “Attuazione della direttiva

2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”, in http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/07030dl.htm.

197

Articolo 2 comma 1 lettera b) n. 2 del Decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007, rubricato “definizioni”.

127

Anche la disciplina in tema di procreazione medicalmente assistita198 contiene una disposizione, l‟articolo 5199, secondo cui «fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma

1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi».

Al riguardo, significativo è il fatto che il legislatore si sia sentito in obbligo di specificare che le coppie conviventi che vengono qui in rilievo possono essere solo quelle di sesso diverso, temendo che, in caso di mancata specificazione, l‟interprete sarebbe potuto giungere alla conclusione di poter concedere l‟accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche alle coppie omosessuali.

Ancora, in tema di misure contro la violenza nelle relazioni familiari, nella legge n. 154 del 5 aprile 2001200 il legislatore ha sostanzialmente parificato la condizione del coniuge sposato a quella del convivente: la legge infatti contempla l‟abituale convivente tra i soggetti cui possono essere diretti gli effetti attivi e passivi degli ordini di protezione.

In particolare, l‟articolo 342 bis cc dispone che «quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all‟integrità fisica o morale, ovvero alla libertà del coniuge o convivente, il giudice, qualora il fatto non

198 Legge n. 40 del 19 febbraio 2004, rubricata “Norme in materia di procreazione

medicalmente assistita”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24

febbraio 2004.

199 L‟articolo 5, contenuto nel Capo II relativo all‟accesso alle tecniche, è rubricato

“requisiti soggettivi”.

200 Legge n. 154 del 5 aprile 2001, rubricata “Misure contro la violenza nelle

relazioni familiari”, istitutiva degli ordini di protezione contro gli abusi

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costituisca reato perseguibile d‟ufficio, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più provvedimenti di cui all‟articolo 342 ter cc»201.

Anche in questo caso, tuttavia, la convivenza non viene equiparata al matrimonio, né il legislatore ha voluto dare un espresso riconoscimento giuridico a tale istituto, limitandosi a dare rilievo a questa situazione di fatto, che è comunque foriera di effetti in quell‟ambito familiare inteso come comunità allargata in cui rientrano non solo i coniugi ed i figli, ma anche altri soggetti stabilmente conviventi con costoro202.

La legge 149 del 28 marzo 2001203 poi, che ha modificato la

legge 184 del 4 maggio 1983204 ha corretto gli articoli 330 e

333 del Codice civile, inserendo, accanto alla figura del coniuge, quella del convivente205.

L‟articolo 6 della suddetta legge al comma 1 afferma che «l‟adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve

201

Articolo 342 bis cc, rubricato “Ordini di protezione contro gli abusi familiari”.

202 A. CIANCI, Gli ordini di protezione familiare, Milano, 2005.

203 Legge n. 149 del 28 marzo 2001, rubricata "Modifiche alla legge 4 maggio

1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile", pubblicata nella G.U. n.

96 del 26 aprile 2001, in http://www.camera.it/parlam/leggi/01149l.htm.

204 Legge n. 184 del 4 maggio 1983, rubricata “Diritto dei minori ad una famiglia”,

in

http://www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/legge184%20del%2019 83.htm.

205 L‟articolo 330 del Codice civile, rubricato “decadenza dalla potestà sui figli”, al

comma 2 afferma che «il giudice può ordinare l‟allontanamento del figlio dalla residenza familiare, ovvero l‟allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore». L‟articolo 333 del Codice civile invece, rubricato “condotta del genitore pregiudizievole ai figli”, afferma che «il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l‟allontanamento dalla residenza familiare del genitore o del

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avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto».

Al comma 4 poi si legge che «il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto».

È perciò esplicito all‟interno della legge il riferimento alla convivenza stabile e continuativa.

Infine, le disposizioni introdotte dalla legge n. 54 dell‟8

febbraio 2006206dettano principi in tema di affidamento

condiviso e per la gestione del rapporto rispetto alla prole dei coniugi in crisi, norme sicuramente applicabili anche alle coppie conviventi.

In ambito penale, l‟articolo 199 comma 3 lettera a) del

codice di procedura penale207 equipara il convivente al

coniuge208, prevedendo tra coloro che possono astenersi dal testimoniare anche “chi, pur non essendo coniuge

dell’imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso”209.

206 Legge 8 febbraio 2006, n. 54, rubricata “Disposizioni in materia di separazione

dei genitori ed affidamento condiviso dei figli”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale

n. 50 del 1 marzo 2006, in http://www.camera.it/parlam/leggi/06054l.htm.

207 La norma è stata così modificata dal nuovo Codice di procedura penale,

approvato con d.P.R. n. 447 del 29 settembre 1988. Il medesimo principio trova poi attuazione anche nel processo civile, ai sensi dell‟articolo 249 c.p.c..

208 L‟articolo 199 del Codice di procedura penale, rubricato “facoltà di astensione

dei prossimi congiunti”, afferma che “i prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre”.

209

Sentenza Corte Costituzionale del 18 gennaio 1996, n. 8, in Fam. e dir., 2010, pag. 933.

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Collocandosi infine su di un altro piano si può ricordare, come visto nel capitolo precedente210, che, in difetto di una normativa organica di carattere generale, svariati comuni italiani hanno provveduto alla creazione di appositi registri delle unioni civili riguardanti le coppie di fatto, sia etero che omosessuali211.

La funzione di questi registri è quella di certificare pubblicamente una condizione soggettiva, giuridicamente rilevante, ma che non determina la creazione di un nuovo stato giuridico. Essi svolgono essenzialmente due funzioni: quella probatoria della relazione personale di convivenza, e quella dell‟estensione alle convivenze di tutti i procedimenti, benefici ed opportunità di varia natura riconosciuti alle coppie sposate ed assimilate, nei limiti delle competenze comunali212.

Infine, anche se non si tratta propriamente di un intervento legislativo, è singolare il caso del regolamento della Camera dei deputati, secondo il quale il convivente more uxorio è equiparato al coniuge ai fini dell‟estensione dell‟assistenza sanitaria integrativa dei deputati: è richiesto come unico requisito che la convivenza perduri da almeno tre anni e risulti da iscrizione anagrafica o da atto notorio; tale limite

210 Vedi infra, pag. 111-116.

211 Tra questi si ricordano, oltre ai già citati Empoli, Pisa e Milano, an che Arezzo,

Bologna, Campi Bisenzio, Desio, Ferrara, Firenze, Gubbio, Perugia, Terni, Piombino, Savona, Torino ed altri ancora.

212

R. DI MAIO, I registri delle unioni civili, in Fam. pers. e succ., 2007, pag. 59- 60.

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temporale non è tuttavia richiesto in presenza di figli nati dalla convivenza213.

Tutte queste previsioni sono caratterizzate dall‟assenza di una normativa organica in materia di convivenza, anche per ciò che riguarda l‟attribuzione dei singoli diritti.