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L’eterogeneità dei modelli europei di tutela della convivenza

La disciplina della convivenza in Europa e la situazione italiana

3.2 L’eterogeneità dei modelli europei di tutela della convivenza

Nell‟Unione Europea la questione relativa alla tutela della convivenza è stata spesso oggetto di direttive riguardanti uno dei principi cardine dell‟Unione, ossia quello in base al quale “tutti i cittadini dell’Unione hanno gli stessi diritti,

indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, condizione sociale, dal loro credo religioso o orientamento sessuale”98.

Già nel 199499 la Comunità Europea aveva emanato una

risoluzione in cui affermava la parità dei diritti degli omosessuali, linea confermata anche dal Parlamento europeo nella “Risoluzione sulla parità dei diritti per gli omosessuali

nell’Unione Europea”100

. Nella Risoluzione del 16 marzo

2000101 lo stesso Parlamento europeo, in tema di rispetto dei

diritti umani nell‟Unione, aveva indicato la necessità di

98 Si tratta del cd. principio di indifferenza delle condizioni oggettive, disciplinato

dalla Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea.

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“Risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali nella Comunità

Europea”, nella quale si invita la Commissione per porre fine “agli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero ad un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni” e “a qualsiasi limitazione del diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento dei bambini”.

Risoluzione n. A3-0028/94 dell‟8 febbraio 1994, in GUCE., C61 del 28 febbraio 1994, p. 40.

100 Gazzetta Ufficiale n. C313 del 12 ottobre 1998 in

http://www.oliari.com/parlamentoeu/europeo1.html.

101 “Risoluzione sul rispetto dei diritti umani nell’Unione europea”, 16 marzo

2000, 11350/1999 – C5 0265/1999, in G.U.C.E., C377 del 29 dicembre 2000, pag. 344.

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compiere rapidi progressi nell‟ambito del riconoscimento delle varie forme di convivenza di carattere non coniugale e dei matrimoni legali tra persone dello stesso sesso.

Al di là degli interventi di cui si è detto, numerose sono state, negli ultimi quindici anni, le prese di posizione del Parlamento europeo finalizzate al riconoscimento di diritti sempre maggiori alle coppie di fatto, anche omosessuali, con inviti rivolti ai legislatori nazionali, al fine di rimuovere qualsiasi tipo di discriminazione, modificando se necessario le normative esistenti, così da riconoscere legalmente le convivenze al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso (favorendo in questo modo anche il matrimonio omosessuale o un istituto giuridico equivalente), e garantendo “alle famiglie monoparentali, alle coppie non

sposate ed alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie tradizionali”102.

A conferma di ciò, negli ultimi anni sono aumentate le pronunce in cui la Corte europea dei diritti dell‟uomo ha interpretato in modo particolarmente avanzato le garanzie contenute nella Convenzione europea in tema di diritti familiari.

Si può ricordare al riguardo la sentenza E.B. vs Francia103, in cui una cittadina francese aveva presentato ricorso contro il proprio Stato di origine in quanto, nonostante le proprie

102 Così si esprimono le citate “Risoluzione sulla parità dei diritti delle persone

omosessuali nella Comunità europea”, e la “Risoluzione sul rispetto dei diritti umani nell’Unione europea”.

103 Sentenza E.B. c. Francia del 22 gennaio 2008, applicazione n. 43546/2007, in

http://www.duitbase.it/database/sentenze-corte-europea-dei-diritti-

delluomo/556-EB-c-Francia. (Il testo integrale della sentenza è consultabile al

sito http://hudoc.echr.coe.int/sites/fra/pages/search.aspx?i=001-

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qualità personali e professionali, si era vista rifiutare la richiesta di adozione, avanzata sulla base dell‟articolo 343.1 del Codice civile francese, in ragione della propria omosessualità.

Secondo i giudici francesi, sebbene nel loro Paese un soggetto singolo avesse il diritto di ricorrere all‟adozione, nel caso della signora B. non sussistevano le condizioni psicologiche per far crescere il bambino adottivo, a causa delle mancanza di una figura paterna.

Gli interessi dell‟adottando erano stati considerati prioritari dalla Corte francese rispetto al fatto che il rifiuto della sua domanda di adozione violasse il principio di non discriminazione104.

Il rifiuto opposto dalle autorità competenti francesi alla domanda di adozione costituiva secondo la Corte Europea violazione dell‟articolo 8, in combinato disposto con l‟articolo 14 della Convenzione, il quale afferma che “il

godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, sulla razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”.

104

E. FALLETTI, La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e l’adozione da parte

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Tale principio, come affermato dagli stessi giudici di Strasburgo nella loro sentenza, “è radicato nella

giurisprudenza della Corte”105.

Il divieto di discriminazione non è un divieto assoluto, ma i suoi effetti si manifestano unicamente in combinato disposto con le altre disposizioni contenute nel testo o rispetto ai diritti che, pur non essendo esplicitamente affermati nella Carta Europea dei diritti dell‟uomo, trovano in essa la loro base giuridica.

In questo senso, la discriminazione basata sull‟orientamento sessuale è sicuramente la massima espressione della differenziazione di trattamenti, che non trova ancora condanna univoca ed assoluta.

La difficoltà maggiore consiste probabilmente nella mancanza di un orientamento comune in materia da parte degli Stati, anche se, come affermato in un'altra sentenza, “è

chiaro che un consenso in tale ambito stia emergendo”106. È poi recentissima la decisione della Corte europea dei diritti dell‟uomo107

che consente anche alle coppie omosessuali il diritto di adottare i figli dei compagni, così come avviene per le coppie eterosessuali non sposate.

105 Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo, E.B. c. Francia, sentenza del 22 gennaio

2008, cit.

106 Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo, Frettè c. Francia, sentenza del 26 febbraio

2002, in http://www.duitbase.it/database/sentenze-corte-europea-dei-diritti-

delluomo/564-Frette-c-Francia. (Il testo integrale è reperibile al sito

http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx#{"dmdocnumber":["6980 45"],"itemid":["001-60168"]}.).

107 Sentenza CEDU del 19 febbraio 2013, ric. 19110/07, X ed altri c. Austria, in

www.echr.coe.int (il testo della sentenza è rintracciabile anche in http://www.neldiritto.it/public/pdf/CEDU%20-

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La Corte europea dei diritti dell‟uomo, con una sentenza emessa su ricorso presentato da una coppia di donne

austriache108, ha perciò riconosciuto che è indifferenze

l‟orientamento sessuale in considerazione dell‟idoneità ad adottare.

Mancando tuttavia una competenza diretta della Comunità in tale settore, questi risultano essere atti di soft law, privi cioè di forza cogente.

Accanto alle norme che subordinano la produzione di effetti giuridici legati al rapporto di convivenza al perfezionamento di determinate formalità, esiste in alcuni Stati europei una disciplina per le situazioni di mera convivenza, che, seppur caratterizzate da stabilità e continuità, non sono state giuridicamente regolate secondo alcuno dei modelli descritti. Si tratta di vere e proprie unioni di fatto, il cui tratto distintivo è quello di produrre conseguenze a prescindere dal compimento di un qualunque atto formale da parte dei membri della coppia.

Nel corso degli ultimi anni la maggior parte dei Paesi comunitari ha operato un formale riconoscimento giuridico

108 I ricorrenti sono due cittadine austriache che vivono insieme, avendo creato un

rapporto stabile, ed il figlio di una di loro. Il figlio, nato da un precedente matrimonio, è stato affidato alla custodia della madre, e coabita con la nuova compagnia della stessa. Volendo creare un rapporto giuridico tra la nuova compagna ed il bambino, le donne concludevano un accordo di adozione. Si rivolgevano al tribunale al fine di far riconoscere l‟accordo, ma tale accordo veniva rifiutato: in base all‟articolo 182.2 del codice civile austriaco infatti, la persona che adotta sostituisce il genitore naturale dello stesso sesso,

interrompendo il legame con quel genitore. Invocando l‟articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell‟uomo (sul divieto di discriminazione) e l‟articolo 8 (sul diritto al rispetto della vita privata e famiglia), le ricorrenti lamentavano una discriminazione basata sull‟orientamento sessuale. Nella sentenza la Corte europea afferma che l‟Austria ha violato i diritti dei ricorrenti perché li ha discriminati sulla base dell‟orientamento sessuale dei partner, visto che in Austria l‟adozione dei figli dei compagni è possibile per le coppie eterosessuali non sposate.

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di rapporti di convivenza che, seppur non fondati sul matrimonio, ne condividono alcune caratteristiche.

Tali situazioni possono formare oggetto di registered

partnerships, o di accordi stipulati dai membri della coppia

ed iscritti in pubblici registri, come ad esempio nel caso dei

pactes civiles de solidaritè (cd. PACS) francesi, essenzialmente equiparati dalla finalità di garantire alcuni diritti a soggetti che, pur non volendo o non potendo accedere al tradizionale istituto del matrimonio, abbiano tuttavia dato vita a legami dotati di una significativa stabilità e rilevanza.

Nonostante la consistente diffusione del fenomeno, buona parte degli Stati europei non si è ancora dotata di una disciplina giuridica per le unioni diverse da quelle tradizionali; peraltro, tra i Paesi che hanno formalmente previsto l‟esistenza e gli effetti di forme di convivenza ulteriori rispetto al rapporto coniugale, esistono rilevanti disparità legislative.

In alcuni ordinamenti l‟accesso agli istituti alternativi al matrimonio è consentito solo alle coppie del medesimo sesso, potendo quelle eterosessuali valersi degli strumenti tradizionali per legalizzare la propria unione109; altri Stati

109 È questo l‟esempio della Germania, nella quale la disciplina della convivenza

registrata, introdotta il 18 febbraio 2001 con la legge Gesetz über die

Eingetragene Lebenspartnerschaft (http://www.gesetze-im-

internet.de/lpartg/BJNR026610001.html), ammette le unioni civili solo per le

coppie omosessuali. La legge non equipara a tutti gli effetti la convivenza al matrimonio, pur applicando ai conviventi disposizioni analoghe a quelle previste per il matrimonio. Nel 2009 infine, un intervento della Corte

Costituzionale ha sancito l‟estensione di tutti i diritti e doveri previsti nel codice civile per il matrimonio alle coppie dello stesso sesso registrate.

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invece consentono la costituzione di unioni registrate di qualsiasi tipo.

Esiste inoltre una diversità fra gli ordinamenti che prevedono che determinati diritti e obblighi derivino dal mero fatto della convivenza, pur in presenza di alcuni specifici presupposti (stabilità, durata, ecc.), e quelli che invece subordinano la nascita di effetti giuridici al compimento di un atto, le cui caratteristiche di forma e contenuto possono variare, anche sensibilmente, da un ordinamento all‟altro.

È possibile individuare quattro diversi sistemi, che denotano differenti livelli di apertura verso il riconoscimento legislativo del fenomeno. Tali “livelli” sono graduati in funzione dell‟intensità del riconoscimento e della tutela che garantiscono.

A fronte di Stati che hanno previsto la possibilità per le coppie omosessuali di contrarre matrimonio (Olanda, Belgio e, più recentemente, Spagna, cd. primo livello), ve ne sono altri che, almeno al momento, si sono dimostrati decisamente più prudenti, dal momento che non esiste in essi alcuna tutela giuridica per tali rapporti (si pensi ad esempio all‟Italia, paese del cd. quarto livello, in cui non solo non vi è alcuna forma di riconoscimento per le coppie omosessuali, ma in cui manca addirittura una normativa statale organica relativa alla famiglia di fatto); infine altri Paesi che hanno previsto la possibilità per le coppie omosessuali di registrare la propria

unione (Svezia, Danimarca, Finlandia e Francia,

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Fra questi Paesi alcuni hanno stabilito che dalla registrazione scaturiscano effetti quasi analoghi a quelli che si realizzano con il matrimonio, mentre altri invece che da essa discendano diritti e obblighi reciproci, senza che venga tuttavia a configurarsi un nuovo status giuridico per i membri della coppia.

I Paesi scandinavi sono stati i primi ad introdurre legislazioni a tutela delle convivenze omosessuali; la Danimarca, in particolare, è stato il primo Paese del mondo ad introdurre la

partnerskab registrata, approvata dal parlamento danese con

la legge n. 372 del 7 giugno 1989110.

La legge danese ha profondamente influenzato la legislazione successiva dei Paesi dell‟Europa del nord, rappresentando un vero e proprio punto di svolta verso un nuovo e moderno approccio nei confronti della diffusione della convivenza e dell‟affermazione di nuovi modelli familiari.

In Svezia, Finlandia e Danimarca, paesi del cd. secondo

livello, le coppie omosessuali possono far valere la propria

unione mediante le cosiddette ”unioni registrate”, ossia un istituto equivalente al matrimonio, davanti alle medesime autorità competenti a celebrarlo, derivandone diritti ed obblighi simili a quelli appartenenti alle coppie sposate111.

110 F. BILOTTA, Le unioni tra persone dello stesso sesso – profili di diritto civile,

comunitario e comparato, Udine, 2008, pag. 133.

111 Si vedano il Danish Act on Regisered Partnership, lo Swedish Registered

Partnership Act ed il Finnish Act on Registered Partnership, rispettivamente in

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Gli atti normativi che in questi Stati regolano il fenomeno delle registered partnerships richiamano infatti la disciplina del matrimonio, seppur con alcune significative eccezioni. Questo modello è caratterizzato da una sorta di “logica del parallelismo”, sulla base della quale si estendono alla

partnership registrata le disposizioni del codice civile in

materia di matrimonio e quelle contenute in altre leggi nazionali riferite ai coniugi, salvo talune limitazioni espressamente previste.

Le discipline scandinave hanno una struttura normativa comune, utilizzando la tecnica del “rinvio salvo eccezione”, attraverso cui si realizza un bilanciamento tra la necessità di

attribuire un riconoscimento giuridico alle coppie

omosessuali e le resistenze culturali connesse all‟istituto matrimoniale.

Ulteriore carattere peculiare è il destinatario esclusivo, dato che solamente le coppie omosessuali, e non anche quelle eterosessuali non coniugate, possono accedere alla formalizzazione dell‟unione.

I soggetti che danno vita ad un‟unione registrata acquistano lo status di “partner registrato” (a differenza dei soggetti del cd. terzo livello, caratterizzato dai PACS, i quali conservano lo status di “libero”).

Disposizioni simili a quelle previste nei Paesi scandinavi sono rinvenibili nell‟ordinamento britannico, dove nel 2004 è stata approvata una legge, il Civil Parnership Act112, che disciplina in modo approfondito l‟articolata procedura di

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accesso ad un‟unione registrata, e che inoltre prevede l‟estensione ad essa della maggior parte delle norme previste in materia di matrimonio.

Tale legge si applica alle coppie dello stesso sesso, i cui membri abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, e che non siano vincolati da un precedente matrimonio.

L‟attuale governo di David Cameron si è tuttavia dimostrato interessato ad introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso (cd. same sex) nell‟ordinamento inglese.

La proposta di legge113, attualmente al vaglio della Camera dei Lords e già passata attraverso il parere positivo della Camera dei Comuni, nel caso diventasse realtà costituirebbe una vera e propria svolta nel quadro legislativo inglese, tale da portare il Regno Unito alla pari di paesi come Spagna ed Olanda, tra quelli appartenenti al cd. primo livello.

Accanto agli ordinamenti che ammettono unioni registrate solo tra persone del medesimo sesso, ne esistono altri che invece consentono l‟accesso a forme di tutela giuridica della convivenza a qualunque tipo di coppia.

Anche tra questi ultimi esistono tuttavia alcune differenze, in quanto in certi Stati l‟unione legalizzata tra due soggetti non coniugati assume la forma di istituti simili al matrimonio, mentre in altri invece gli accordi di convivenza, seppur soggetti a registrazione e ad un controllo pubblico, sono più che altro riconducibili a negozi atipici, e dunque se ne

113 “Marriage (same sex couples) bill”, in

http://www.publications.parliament.uk/pa/bills/cbill/2012- 2013/0126/cbill_2012-20130126_en_1.htm.

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discostano per il fatto di non conferire ai membri della coppia un preciso status giuridico.

Tra i Paesi del primo tipo si possono annoverare la Spagna e l‟Olanda, Paesi appartenenti al cd. primo livello.

In tali Stati il matrimonio tra persone dello stesso tipo è ammesso; esistono quindi, sia per le coppie omosessuali che per quelle eterosessuali, due opportunità per formalizzare la propria unione, con un conseguente mutamento sostanziale della nozione di matrimonio.

Questa duplicazione di norme, finalizzate a regolamentare istituti formalmente diversi ma sostanzialmente analoghi, ha fatto nascere alcuni problemi applicativi.

In Olanda, il primo gennaio 1998 è stata approvata la legge sulle unioni civili registrate114, la quale disciplina un istituto sostanzialmente conforme al matrimonio, cui possono accedere tutte le coppie, a prescindere dal sesso dei loro componenti.

La legge del 5 luglio 1997, entrata appunto in vigore il primo gennaio 1998, inserisce nel primo libro del codice olandese il nuovo titolo V, che racchiude l‟assetto delle nuove regole sulla registrazione delle convivenze.

Questa legge permette alle coppie dello stesso sesso o di sesso diverso di registrarsi in appositi registri comunali delle unioni civili ed ottenere gli stessi diritti delle coppie sposate. L‟articolo 30 del codice civile olandese stabilisce l‟irrilevanza del sesso dei contraenti ai fini della celebrazione sia del matrimonio civile che della convivenza registrata,

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affermando che “un matrimonio può essere contratto da due

persone di sesso diverso o dello stesso sesso”.

Per quanto riguarda la Spagna invece occorre distinguere la situazione delle diverse comunità autonome in cui il territorio è diviso.

Tra il 1998 ed il 2000 quelle di Catalogna, Aragona e Navarra si sono dotate di leggi che prevedono la possibilità per le coppie non sposate di regolamentare autonomamente la propria convivenza; dal 2001 in poi il medesimo esempio è stato seguito da molte altre regioni, come quella di Madrid115, di Andalusia e delle Asturie.

La Ley catalana de uniones estables de pareja del 15 luglio

1998116 disciplina in due capitoli distinti le unioni

omosessuali e quelle eterosessuali. Tuttavia non sembrano potersi ravvisare significative differenze tra di esse.

La svolta a livello nazionale si è tuttavia avuta con la legge n. 13 del 2005, approvata dal Parlamento spagnolo il 30 giugno ed entrata in vigore il 3 luglio, con la quale è stata modificata l‟intera disciplina del diritto di famiglia, estendendo la possibilità di contrarre matrimonio civile anche alle coppie aventi sesso diverso.

La riforma, ispirata dall‟imperativo etico della non discriminazione, è stata realizzata modificando l‟articolo 44

del codice civile spagnolo117, con l‟aggiunta della

115 Ley de la Comunitad Autonoma de Madrid, de Uniones de Hecho del 19

dicembre 2001, in http://www.lemur.unisa.it.

116 http://noticias.juridicas.com/base_datos/Derogadas/r2-ca-l10-1998.html. 117 Prima della riforma l‟articolo 44 del Codice civile spagnolo affermava che

“l‟uomo e la donna hanno diritto di contrarre matrimonio in conformità alla disposizione di questo Codice”. Adesso è stato aggiunto un secondo comma, in

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specificazione che il matrimonio richiede gli stessi presupposti e produce gli stessi effetti anche quando a contrarlo sono due persone dello stesso o di diverso sesso. Il governo Zapatero ha in questo modo equiparato la possibilità di sposarsi ad eterosessuali ed omosessuali.

Le unioni omosessuali hanno perciò lo stesso status di quelle eterosessuali, con tutti i diritti che ne conseguono, in primis quello relativo all‟adozione.

Non si tratta tuttavia solo di un riconoscimento legale delle unioni omosessuali, ma si è operato un cambiamento del concetto di matrimonio, la cui struttura oggettiva è stata stravolta.

La legittimità di questa normativa, messa in discussione in un primo momento da un ricorso presentato alla Corte costituzionale spagnola e basato sul fatto, secondo i proponenti, che la legge “snaturasse l’istituzione

fondamentale del matrimonio”, è stata confermata dalla

stessa Corte, la quale ha ritenuto il ricorso infondato, ed ha confermato la validità dei 22.442 matrimoni omosessuali celebrati tra il 2005 ed il 2011118.

Infine, si può citare la cd. legge Taubirà119, entrata in vigore pochi mesi fa, non senza alcuni momenti di tensione120, in Francia.

base al quale “il matrimonio avrà gli stessi requisiti e gli stessi effetti quando entrambi i coniugi siano dello stesso sesso”.

118

http://ilpunto.it/esteri/item/310-spagna-il-qsiq-alle-unioni-gay-dalla-corte-

costituzionale.html.

119 Legge che prende il nome dal Ministro della giustizia francese, Cristiane

Taubirà.

120 La legge è stata approvata con 331 voti a favore, 225 contrari e 10 astensioni.

Numerose sono state, nelle settimane precedenti l‟entrata in vigore della legge, le manifestazioni dell‟estrema destra e di coloro che vedevano nell‟estensione

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Con questa legge l‟Assemblea nazionale francese ha approvato definitivamente il progetto di legge che permette