2.3 Lo Statuto di Roma e il principio di legalità come divieto di analogia
2.4.1 L’irretroattività nello Statuto di Roma
Lo Statuto di Roma prevede regola espressa riguardo la irretroattività della legge penale, la cui rappresenta un avanzo sensibile a livello internazionale244.
Infatti, le esperienze anteriori alla Corte Penale Internazionale, come i Tribunali speciali creati alla fine della Seconda Guerra Mondiale e nei casi dell’ex Jugoslavia e il Ruanda, poco si sono preoccupati per il principio in questione245, essendo
240 Eccezione a questa regola è quella contenuta nell’art. 2, comma 3, Codice Penale italiano, il quale stabilisce che, se un condannato a pena detentiva accade una legge che prevede lo stesso reato penale esclusivamente monetaria, la pena detentiva inflitta immediatamente convertita in una sanzione pecuniaria. 241 Mantovani, Diritto penale. p. 91.
242 E.g. Corte di Cassazione, Sentença 13903/2014:
Tirando le somme del discorso sin qui condotto, va in primo luogo rammentato che l'applicazione del principio di prevalenza della lex mitior, nei termini sopra esposti, richiede di tener conto della disposizione in concreto complessivamente più favorevole.
Ibidem. p. 91/92:
“La valutazione della legge più favorevole va, pertanto, effettuata: 1) in concreto, cioè raffrontando il
complesso delle conseguenze che deriverebbero applicando la vecchia legge e delle conseguenze che
deriverebbero applicando la nuova allo specifico caso concreto. A tale scopo vanno considerati tutti gli elementi influenti, in qualsiasi modo, sul trattamento del reo (durata, qualifica delittuosa o contravvenzionale del fatto, scriminanti, scusanti o esimenti, condizioni obiettive di punibilità ett). Come pure le condizioni processuali (es.: querela, istanza, autorizzazione a procedere), che influiscono sul carattere favorevole o sfavorevole delle leggi in questione (v. anche artt. 36 e 37 disp. trans.); 2) considerando più favorevole la legge che, rispetto al caso concreto, comporta il trattamento nel suo complesso meno svantaggioso, poiché l’art. 2/3 non può che riferirsi al reale pregiudizio, che lo specifico soggetto viene concretamente a subire.” . 243 E.g, Corte di Cassazione, Sentenza n. 42485/ 2012
Secondo i princìpi generali, l'apprezzamento del carattere più favorevole di una disciplina normativa deve essere formulato - come affermato e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità - considerando la stessa nel suo complesso: una volta individuata la disposizione globalmente ritenuta più favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, non potendo combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativa dell'altra legge secondo il criterio del favor rei, perché in tal modo verrebbe ad applicare una tertia lex di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità ("ex plurimis", Sez. 4, 20 settembre 2004).
244 Per Sergio Moccia (2004), l’avvanzo dello Statuto di Roma, dal punto di vista della legalità penale, è legato ad aspetti di irretroattività.
essi stessi tribunali di eccezione creati post factum246.
Il principio di irretroattività può infatti offrire alla delinquenza di Stato un mezzo per garantire la propria impunità.
Così, secondo i sostenitori di questi primi tribunali internazionali, il rischio di sacrificare valori -- quali il divieto di retroattività della legge penale -- deve essere messo in opposizione alla necessità di punire i responsabili di gravi atrocità (in particolare quelle verificate durante il regime nazista).
E il risultato di questo scontro (rappresentato, in primo piano, dal Tribunale di Norimberga), è proprio il risultato della mediazione tra, da un lato, il desiderio di “fare giustizia” a tutti i costi (sia attraverso processi giudiziari o esecuzioni sommarie) e, dall’altro, il desiderio di costituire un precedente storico di un processo giudiziario in cui sono rispettate le garanzie procedurali e sostanziali proprie di un sistema penale credibile (anche se, di conseguenza, portasse il rischio di non punire nessun responsabile)247.
Così, più ingiusto di punire (anche se, per questo, si dovessi non osservare il principio di irretroattività della legge penale), sarebbe permettere che i fatti illeciti restassero senza punizione248.
E’ stato anche in questo senso, cioè, per evitare l’impunità che il §15 del Patto sui Diritti Civili e Politici, adottato nel 1966 dalle Nazione Unite, e l’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo derogano al principio di irretroattività per i
“I percorsi argomentativi sostenuti dai giudicanti possono riassumersi nei seguenti passaggi principali. Sotto il profilo giurisdizionale: la sovranità del potere esercitato al momento della costituzione della giurisdizione consentiva di stabilire una data precedente per il suo esercizio; non risulta che il principio del giudice precostituito sia una norma di diritto internazionale consuetudinaria imperativa; la ratio di tale principio, che sarebbe quella di evitare processo strumentali per punire reati politici e garantire un giusto processo, è pienamente rispettata per come l’organo giudicante ed il processo sono stati costituiti e strutturati. Sotto il profilo sostanziale: i crimini per cui si procede erano già crimini ai sensi dei diritto internazionale consuetudinario o pattizio (in alcune pronunce si fa riferimento anche a norme nazionale); la norma che vietava quel comportamento era accessibile e sufficientemente determinata; le conseguenze a cui l’agente sarebbe andato incontro commetendo quel fatto erano dallo stesso prevedibili.” In Mancini, “I crimini contro l"umanità”. p. 48-9
V. Mantovani, Diritto penale. p. 82
246 Infatti, già nella Corte di Norimberga la difesa degli imputati (prima, Hermann Goring, seguito da un’altro) hanno sostenuto la violazione del principio di irretroattività della legge. Secondo loro, i crimini contro la pace erano stati creati ex post facto, dato che prima della Carta di Londra non vi era alcuna norma di diritto internazionale o nazionale che qualificasse come tale la condotta descritta dall’art. 6, § 2, lett. a) della Carta. Il movimento, però, è stata breve e autorevolmente respinto in base all’art. 3 della Carta di Londra, secondo il quale “né il Tribunale, i suoi membri, né i loro supplenti possono essere contestati dal pubblico ministero, dagli imputati o dai loro difensori”. V. Mancini, “I crimini contro l"umanità”. p. 37-8 247 Ibidem., p. 38-40..
248 Tribunal de Nuremberg, The Prosecutor v. Goring et al. 1946: “To assert that it is unjust to punish those who in defiance of treaties ans assurances have attacked neighbouring states without warning is obviously untrue, for in such circumstances the attacker must know that he is doing wrong, and so far from it being unjust to punish him, it would be unjust if his wrong were allowed to be unpunished.” In A/CN.4/5. p. 43
fatti che, al momento della sua pratica, erano già considerati criminali “secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”249.
Lo Statuto di Roma, però, ha rotto il paradigma, come risulta dagli articoli 11 e 24, prevedendo, per quanto riguarda la successione di leggi nel tempo, espressa autorizzazione di applicazione della norma più favorevole.
Infatti, ai sensi dell’articolo 11250, la giurisdizione della Corte Penale Internazionale è limitata ai crimini commessi dopo l’entrata in vigore dello Statuto.
Già l’articolo 24 dello Statuto di Roma251 prescrive la irretroattività della legge penale incriminatrice, sotto il punto di vista dell’individuo, affermando che nessuno può essere criminalmente responsabile, in base allo Statuto, da una condotta praticata in momento precedente alla sua entrata in vigore.
Secondo si ritiene, l’art. 11 costituisce un divieto della Corte esercitare la propria competenza su crimini commessi prima dell’entrata in vigore della Convenzione stessa (giurisdizione ratione temporis), mentre l’articolo 24 rappresenta la garanzia per il singolo di non poter essere ritenuto responsabile per un comportamento posto in essere precedentemente alla vigenza dello Statuto (irretroattività ratione personae).
Avanza anche lo Statuto di Roma per consentire la retroattività della norma penale più favorevole affermando, anche nel 24, che se il diritto applicabile ad un caso è modificato prima della sentenza definitiva, si applica il diritto più favorevole alla persona oggetto di investigazione, accusata o condannata.
Quindi c’è un limite evidente alla retroattività della legge penale più favorevole, cioè la formazione di cosa giudicata.
Questa opzione, in tutto plausibile, favorisce la sicurezza giuridica, come nel
249 Mantovani, Diritto penale. p. 83. 250 Estatuto di Roma
Articolo 11
Competenza ratione temporis
1. La Corte ha competenza solo sui crimini di sua competenza, commessi dopo l'entrata in vigore del presente Statuto.
2. Quando uno Stato diviene Parte al presente Statuto successivamente alla sua l'entrata in vigore, la Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale solo sui crimini commessi dopo l'entrata in vigore del presente Statuto nei confronti di tale Stato, a meno che lo Stato stesso abbi a reso una dichiarazione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 3..
251 Estatuto di Roma Articolo 24
Non retroattività ratione personae
1. Nessuno é penalmente responsabile in forza del presente Stato per un comportamento precedente all'entrata in vigore dello Statuto.
Se il diritto applicabile ad un caso é modificato prima della sentenza definitiva, alla persona che e oggetto d'inchiesta, di un procedimento giudiziario o di una condanna sarà applicato il diritto più favorevole.
sistema giuridico italiano, in cui la retroattività della legge penale più favorevole trova limite sulla cosa giudicata. Tuttavia, lo Statuto di Roma si è omesso di regolare la (ir)retroattività in caso di abolitio criminis, forse a causa della remota possibilità di ciò verificarsi.
Infine, è opportuno registrare che, nel caso di modifiche successive dello Statuto di Roma, ipotesi prevista all’articolo 121, gli emendamenti modificativi delle disposizioni relative ai crimini di competenza della Corte Penale Internazionale entrano in vigore, per gli Stati che gli abbiano accettato, solo un anno dopo il deposito degli strumenti di ratifica o di accettazione.
D’altra parte, la Corte non può apprezzare crimine oggetto di emendamento sempre che sia stato commesso da nazionali di uno Stato Parte che non abbia accettato l’emendamento o nel rispettivo territorio.
Gli impedimenti all’esercizio della giurisdizione dalla Corte Penale Internazionale a fatti precedenti alla promulgazione dello Statuto di Roma evidenziano oggi un valore molto più storico-evolutivo e dottrinale che pratico, in quanto nel corso degli anni le ipotesi di incidenza di questa norma scompaiono. Allo stesso tempo, però, si può mettere eventualmente in discussione il problema delle lesioni permanenti che si prolungano nel tempo e la possibilità o meno di giurisdizione penale internazionale a dipendere della nozione di “tempo del crime” che se assegni.
Nonostante i progressi innegabili in termini di incorporazione del principio di irretroattività della legge penale più grave, non c’è modo di non puntare due eccezioni a tale principio, previste nello Statuto di Roma stesso, le quali, in un certo senso, lo indeboliscono come garanzia criminale.
La prima di queste eccezioni è prevista agli articoli 11 e 12 dello Statuto di Roma.
Infatti, secondo contenuto, se uno Stato diviene parte dello Statuto dopo la sua entrata in vigore (avvenuta il 1º luglio 2002), la regola è che la Corte Penale Internazionale può solo, rispetto a questo Stato, esercitare la propria giurisdizione in relazione ai crimini commessi dopo la vigenza dello Statuto per questo Stato252.
Accade che lo Statuto di Roma apre la possibilità per lo Stato, per propria
252 Cosa succede il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di 60 giorni dopo la data di deposito del suo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, come previsto all’articolo 126.2 dello Statuto di Roma
volontà, di fare eccezione al principio di irretroattività, accettando la giurisdizione della Corte a fatti precedenti dell’entrata in vigore dello Statuto per questo Stato, ai sensi dell’articolo 11.2253.
È stato pertanto in base su tale dispositivo che l’Uganda, che ha depositato lo strumento di ratifica il 14 giugno 2002 (entrata in vigore lo Statuto di Roma in relazione a tale Paese quindi il 1° settembre 2002), attraverso una dichiarazione rilasciata dal governo il 27 febbraio 2004, ha accettato la retroattività della giurisdizione della Corte il 1° luglio 2002254.
C’è da registrare che anche lo Stato non parte può accettare sottomettere alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale il giudizio di un determinato crimine e, anche in questo caso, farlo retroattivamente255. Abbiamo, ad esempio, la Costa d’Avorio, che anche senza ratificare lo Statuto di Roma, ha accettato nel 2005 la giurisdizione della Corte per i crimini commessi all’interno del suo territorio a partire dal 19 settembre 2002256.
Non c’è dubbio che, dal punto di vista della protezione dell’umanità, la possibilità offerta agli Stati de fare eccezione al principio di irretroattività ha per scopo evitare l’impunità.
Tuttavia, dal punto di vista individuale, c’è un chiaro indebolimento del principio in questione e della sicurezza giuridica stessa, in quanto cittadini di uno Stato particolare possono trovarsi soggetti alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale senza che abbiano conoscenza previa delle norme penali incriminatrici.
Si fa ancora più critica l’ipotesi riguardo il Consiglio di Sicurezza, che può sottomettere (anche dopo la pratica dei fatti) casi alla Corte Penale Internazionale relativi a uno Stato non parte e, in generale, contro la sua volontà.
Pertanto, il Consiglio di Sicurezza, che ha la prerogativa di provocare la Corte Penale Internazionale a estendere la sua giurisdizione a Stati non Parte, non trova limiti neanche nella irretroattività. In realtà, l’unico limite di tempo per l’esercizio della giurisdizione si riferisce alla data di entrata in vigore dello Statuto di Roma, vale a dire,
253 rispettando, in ogni caso, il termine della stessa Corte Penale Internazionale, cioè, il 1º Luglio 2002. 254 Stefano Mancini, “Il Principio di Irretroatività aspetti sostanziali e giurisdizionali”, in Diritto penale
internazionale, org. Enrico Mezzetti, 2o ed, vol. II - Studi (Torino: Giappichelli, 2010), 33–75. p. 57-58.
255 Interessante notare essere possibile a uno Stato, di fronte a un conflitto interno imminente, in carattere preventivo, dichiarare che tutti i crimini di guerra, genocidio contro l’umanità commessi a caso saranno oggetto di Corte Penale Internazionale. Così, sarà pienamente soddisfatto il principio di irretroattività. 256 Mancini, “Il Principio di Irretroatività aspetti sostanziali e giurisdizionali”. p.58 .
il 1º luglio 2002257.
Questo è successo con il caso Darfur, in Sudan. Infatti, con la Risoluzione 1593/2005, il Consiglio di Sicurezza ha sottomesso alla Corte Penale Internazionale la situazione di Darfur, conferendole giurisdizione258.
Infine, nonostante l’innegabile avanzo con la positivazione del principio di irretroattività penale, le eccezioni portate dallo Statuto di Roma finiscono per mettere in discussione la sua piena conformità. Infatti, nonostante sia noto che la previsione di tali eccezioni abbia lo scopo di evitare l’impunità, il fatto è che, dal punto di vista dell’individuo imputato, il principio di irretroattività è stato fortemente limitato.
257 Ibidem. p. 59-60.
CAPITOLO III
L’IMPRESCRITTIBILITÀ DEI REATI E DELLE PENE
NELLO STATUTO DI ROMA E L'EVENTUALE
INCOMPATIBILITÀ CON IL DIRITTO NAZIONALE
3.1 Prescrizione penale: alcuni fondamenti
Il trascorrere del tempo nel diritto penale ha un effetto favorevole sui trasgressori, poiché può causare l'estinzione della responsabilità penale già dichiarata in tribunale con una sentenza definitiva (prescrizione della pena) o può anche terminare con la possibilità di stabilire la responsabilità penale (prescrizione del reato1). La prescrizione è, pertanto, “l’estinzione del reato o della pena per mancato esercizio della pretesa punitiva protratta nel tempo”.2
La prescrizione in materia penale è un limite alla pretesa punitiva istituito dagli Stati3. Infatti, gli Stati avrebbero interesse “di non lasciare rapporti giuridici indefinitamente sospesi nel tempo”, perché “la perpetua pendenza dei rapporti contrasta col carattere temporaneo della natura umana ed è fonte di incertezza e disordine non vantaggiosi per la società”.4 Quindi, la prescrizione vuole tutelare altri interessi che possono essere più rilevanti della reale intenzione punitiva, poiché, dopo un certo tempo, la società dimentica e considera inutile la prosecuzione del reato o l’imposizione della pena.5
Si afferma, in questo senso, che trascorso un certo tempo, più o meno prolungato, si sarebbero mitigati o praticamente scomparsi l'obbligo di retribuzione in
1 Secondo Paolo Pisa, “solo la prescrizione del reato ha alle spalle una tradizione storicamente consolidata. Il fenomeno prescrittivo della sanzione penale è, invece, di data più recente, tanto da essere ignoto perfino nell’ambito di alcune codificazioni pre-unitarie.”Paolo Pisa, “voce Prescrizione–f) Diritto penale”,
Enciclopedia del diritto, [s.d.]. p. 78-80.
2 Girolano Penso, “voce Prescrizione del Reato e della Pena”, org. Mariano d’D’Amelio, Nuovo Digesto
Italiano (Torino: Unione tipografico-editrice torinese, 1937). p. 258.
3 In realtà, lo Stato, in determinate ipotesi e soddisfate determinati requisiti, rinuncia alla sua pretesa punitiva e quindi abbandona il suo potere di perseguire e punire i responsabili di un reato. José Luis Gusmán Dalbora, “Crimes Internacionais e Prescrição”, in Tribunal penal internacional: possibilidades e desafios, org. Kai Ambos e Carlos Eduardo Adriano Japiassú (Lumen Juris, 2005), 185–97. p. 188
4 Penso, “voce Prescrizione del Reato e della Pena”. p. 261. 5 Dotti, Curso de direito penal. p. 679ss
base alla colpabilità dell’ingiusto e la lesività della condotta, così come la necessità di imporre o eseguire la pena per servire come prevenzione generale. 6 Il passaggio del tempo cancella il ricordo dei fatti, facendo con che il crimine sia dimenticato per cessare l’allarme e lo squilibrio sociale da esso causato.7
Così, il bisogno sociale di punire si sarebbe ridotto finché diventasse minore dell’auspicabile (e in questi casi, prevalente) necessità di preservare la pace sociale attraverso il consolidamento della situazione giuridica.
La prescrizione, perciò, corrisponde a una necessità social, ossia, assicurare la dimenticanza sui crimini la cui punizione, che difficoltosa o rimandata ha perso la sua utilità8.
L'essenza dell'istituto della prescrizione, quindi, è di evitare che la persecuzione sia eternamente possibile, proteggendo così l'individuo di un senso di costante incertezza giuridica per quanto riguarda lo Stato sanzionatorio.
La prescrizione è un limite all'esercizio dello ius puniendi, ma non genera necessariamente un diritto soggettivo da parte del responsabile di un reato. In Brasile, ad esempio, l'individuo non può rinunciare alla prescrizione, per, così, cercare di dimostrare la sua innocenza9, perché i motivi politico-criminali sono considerati superiori a questo interesse individuale. Dall’altra parte, nel diritto italiano il Codice Penale prevede la possibilità dell’individuo di rinunciare alla prescrizione, a condizione che lo faccia esplicitamente10.
6 Giuseppe Giuliani, Istituzioni di diritto criminale (A. Mancini, 1856). p. 274.
“Il dicorso del tempo fa cessare la responsabilità penale perchè estingue nell’animo dei cittadini colla memoria del delitto quella perturazione, onde viene diminuita la loro sicurezza, ed ingenerato il danno sociale: ora è certo che lo scemamento di tale perturbazione, la quale poi finisce coll’estinguersi, operasi a gradi e comincia poco dopo l’infausto giorno del misfatto.”
7 Giostra, Glauco, “La prescrizione: aspetti processuali”, in Per una giustizia penale più sollecita: ostacoli
e rimedi ragionevoli (Giuffrè Editore, 2006), 79–93. p.85
8 Nelson Hungria, Comentários ao Código penal: Decreto-lei n. 2.848, de 7 de dezembro de 1940. --, 5. ed. --, vol. IV (Rio de Janeiro: Forense, 1977). p. 214
9 Nonostante la tradizione giuridica brasiliana nel tema, c’è un recente progetto di legge (Progetto di Legge del Senato n. 111/2012) che ha come scopo la modifica del Codice Penale e del Codice del Processo Penale per dare all’imputato il diritto di rinnunciare al termine prescrizionale.
http://www.senado.gov.br/atividade/materia/detalhes.asp?p_cod_mate=105115 http://www.senado.gov.br/atividade/materia/getPDF.asp?t=106624&tp=1 10 Codice Penale Italiano, articolo 157:
“La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.”
Infatti, la Corte Costituzionale già aveva dichiarato l’illegitimità costituzionale del previgente art. 157 del codice penale per non consentire la rinunciabilità della prescrizione (Sentenza n. 275/1990):
“Dinanzi a questa realtà, il legislatore, nel disciplinare l'istituto sostanziale della prescrizione, non poteva dunque non tener conto del carattere inviolabile del diritto alla difesa, inteso come diritto al giudizio e con esso a quello alla prova.
Senza voler essere esauriente, i fondamenti per la prescrizione nel diritto penale si trovano in alcune proposte teoriche che possono essere così raggruppate11: (i) quelle che cercano la ragione per l'istituto in considerazioni a ordine procedurali (teoria della dispersione probatoria o del deperimento delle prove); (ii) quelle concernenti la funzione della pena (teoria della riabilitazione sociale e della espiazione morale); (iii) quelle che disegnano un parallelo con la prescrizione civilistica (teoria del possesso del diritto all’impunità); e (iv) quelle, più recente, che prendono in considerazione il punto di vista della società.12
Per la prima, ossia, la teoria della prova la prescrizione troverebbe le sue basi in considerazioni di carattere procedurale, poiché il passaggio del tempo aumenterebbe la difficoltà di dimostrare il fatto (perché le prove tendono a scomparire), aumentando la possibilità di errori giudiziari13. Così, con il passare del tempo, si perderebbe la sostanza della prova e, successivamente, diminuirebbe, fino a scomparire, la possibilità di una sentenza giusta14. D'altra parte, l'inerzia dell'apparato punitivo nella repressione dei reati dimostrerebbe sia la non necessità o l'inutilità di una punizione così lontana dal verificarsi del reato, e il conseguente disinteresse dello Stato nella sua punizione.15
Per tale formulazione, si certifica che, con il tempo, il fatto commesso finisce per perdersi nel passato, restando privo delle sue caratteristiche fisiche e delle circostanze, diventando sempre più difficile raccogliere prove del fatto criminale per una valutazione