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Status giuridico dello Statuto di Roma nell’ordinamento interno brasiliano

1.3 Conciliazione necessaria tra lo Statuto di Roma e il diritto nazionale

1.3.1 Status giuridico dello Statuto di Roma nell’ordinamento interno brasiliano

Ogni Stato, nell'esercizio della sua sovranità, imposta la regola e lo status con cui le norme del diritto internazionale sono incorporate nel diritto nazionale interno.

Non c'è uniformità su quest’argomento nel Diritto Comparato. Tuttavia, l'inserimento di norme internazionali nel diritto interno ha effetti onerosi sulla compatibilità delle norme giuridiche e la portata degli effetti, in questo caso, del Diritto Penale Internazionale sul Diritto Penale in vigore in ciascun paese.

In Brasile e in Italia le norme giuridiche internazionali hanno rapporto con le norme giuridiche nazionali in modi diversi, come vedremo in seguito.

In Brasile, si ritiene che i trattati internazionali, una volta ratificati, avrebbero preso lo stesso piano e lo stesso grado di efficacia in cui si trovano le leggi interne.

In realtà, e nonostante tutte le critiche che possano essere sollevate123, questa

121 Articolo 27

Irrilevanza dela qualifica ufficiale

1. Il presente Statuto si applica a tutti in modo uguale senza qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In modo particolare la qualifica ufficiale di capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un parlamento, di rappresentante detto o di agente di uno Stato non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale per quanto concesse il presente Statuto e non costituisce in quanto tale motivo di riduzione della pena.

122 Articolo 27

Irrilevanza dela qualifica ufficiale

(…)

2. Le immunità o regole di procedura speciale eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del. diritto internazionale Don vietano alla Corte di esercitare la sua competenza nei confronti di questa persona.

123 Valerio de Oliveira Mazzuoli, Curso de direito internacional público (Editora Revista dos Tribunais,

2014). p. 400 ss. Mirtô Fraga, O conflito entre tratado internacional e norma de direito interno: estudo

è la posizione già consolidata e risolta dalla Corte Suprema brasiliana124, da più di venti anni125, la quale ammette che un trattato, una volta formalizzato, abbia la forza di legge interna, potendo, quindi, abrogare disposizioni in contrario o perdere l’efficacia dinanzi a una legge successiva. È il cosiddetto treaty override (revoca del trattato, esplicitamente o tacitamente per legge successiva incompatibile).

Quest’analisi ha subito cambiamenti negli ultimi dieci anni per fornire un trattamento diverso ai trattati sui diritti umani.

Così i trattati internazionali ordinari, una volta incorporati, possono essere revocati da una legge successiva. Già i trattati sui diritti umani, come recentemente affermato dalla Corte Suprema brasiliana, hanno un posto speciale nel sistema giuridico, la sovralegalità. In questo modo essi sviluppano un’efficacia inibitoria con relazione ai diplomi normativi che, anche infra-costituzionali, sono collidenti126. Infatti, la sovralegalità di questi trattati internazionali sui diritti umani fa sì che la legislazione infra- costituzionale diventi inapplicabile, sia anteriore o posteriore all’atto di ratifica del trattato.

Si parla, dunque, di un sindacato di convenzionalità127, simile al controllo

124 Supremo Tribunal Federal

125 Fino al 1977, la Corte Suprema ha inteso che in caso di conflitto tra un trattato e una legge nazionale,

dovrebbe prevalere il trattato. Tuttavia, nella Sentenza RE 80 004 / SE, nel 1977 la Corte Suprema ha deciso che in caso di conflitto tra un trattato e una legge nazionale deve prevalere la più recenti delle norme, applicando la regola lex posterior derogat priori.

126 Supremo Tribunale Federale. HC n. 88240. Relator Min. Ellen Gracie . 07/10/2008,

DIRITTO PROCESSUALE. HABEAS CORPUS. PRIGIONE CIVILE DEL DEPOSITARIO INFEDELE. PATTO DI SÃO JOSÉ DELLA COSTA RICA. CAMBIAMENTO DI ORIENTAMENTO DELLA GIURISPRUDENZA DEL STF. CONCESSIONE DEL ORDINE.

1. La materia in giudizio in questo habeas corpus coinvolge la tematica dell’ (in)ammissibilità della prigione civile del depositario infedele nell’ordinamento giuridico brasiliano nel periodo posteriore all’ingresso del Patto di San Josè da Costa Rica nel diritto nazionale.

...

3. C’è il carattere speciale del Patto Internazionale dei Diritti Civili Politici (art. 11) e della Convenzione Americana sui Diritti Umani - Patto di San José da Costa Rica (art. 7°, 7), ratificati, senza riserva, dal Brasile, nel 1992. A questi diplomi internazionali sui diritti umani viene riservato il posto specifico nell’ordinamento giuridico, trovandosi sotto la Costituzione, però sopra la legislazione interna. Lo status normativo dei trattati internazionali di diritti umani sottoscritti dal Brasile, fa diventare inapplicabile la legislazione infracostituzionale, sia la legge anteriore o posteriore all’atto della ratificazione.

4. Attualmente l’unica ipotesi di prisione civile, nel Diritto brasiliano, è quella del debitore di alimenti. L’art. 5°, §2°, della Carta Magna, espressamente ha stabilito che i diritti e garanzie espressi nel caput dello mesmo dispositivo non escludono altri derivati dal regime dei principi pi adotati, o dei trattati internazionali nei quali la Repubblica Federativa del Brasile faccia parte. Il Patto di San José da Costa Rica, inteso come un trattato internazionale in materia di diritti umani, espressamente, solo ammette, nella sua scia, la possibilità di prigione civile del debitore di alimenti e, come conseguenza, non ammette più la possibilità di prigione civile del depositario infedele.

5. Habeas corpus concesso.

127 Ramos, André de Carvalho, “Supremo Tribunal Federal brasileiro e o controle de convencionalidade:

levando a sério os tratados de direitos humanos”, Revista da Faculdade de Direito, Universidade de São

Paulo 104 (janeiro de 2009): 241–86. Rothenburgo, Walter Claudius, “Controle de constitucionalidade e

controle de convencionalidade. O caso brasileiro da lei de anistia”, in Direito Constitucional e Internacional

dos Direitos Humanos, por Pagliarini, Alexandre Coutinho e Dimoulis, Dimitri (Livraria Juridica On Line,

effettuato nel diritto italiano ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione Italiana.

Infine, con l'Emendamento Costituzionale n. 45/2004, è diventato possibile che i trattati internazionali che si occupano di diritti umani siano incorporati nel sistema giuridico brasiliano con status equivalente a un emendamento costituzionale, bastando essere approvato dal quorum speciale per gli emendamenti costituzionali128.

Lo Statuto di Roma, la cui ratifica è avvenuta poco prima dell’Emendamento Costituzionale n. 45/2004, gode, infine, minimamente129, di uno status di legge sopraordinaria, dovendo essere compatibile, quindi, con il testo costituzionale.

L'integrazione dello Statuto di Roma al diritto brasiliano ha obbedito tutte le norme costituzionali in vigore al momento della ratifica dei trattati. Ma, oltre a questo, si deve verificare se il contenuto dello Statuto di Roma è compatibile con il contenuto della Costituzione brasiliana.

La questione diventa ancora più rilevante quando si osserva che in Brasile le leggi e i trattati possono essere soggetti a sindacato di legittimità costituzionale direttamente nella Corte Costituzionale, senza la necessità di un caso specifico in cui sia necessaria l'applicazione della norma.

Come lo Statuto di Roma non accetta la ratifica con riserve, una dichiarazione d’incostituzionalità di alcune disposizioni della Corte Costituzionale brasiliana avrebbe l'effetto interno di una riserva e sarebbe, a livello internazionale, un’affronta al patto.

Nella Costituzione italiana, gli articoli 10, 11 ed il novellato articolo 117 portano alcune norme di apertura del diritto internazionale.

In effetti, l'articolo 10, prescrive l'adeguamento automatico dell’ordinamento giuridico italiano al diritto internazionale generalmente riconosciuto, conferendogli rango costituzionale.

Secondo la Corte Costituzionale, “la disposizione dell’art. 10 si riferisce alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute e non ai singoli impegni assunti nel campo internazionale dallo Stato”130. E, per “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” si intendono le norme consuetudinarie131.

Direitos Humanos na relação do Direito Internacional e o Direito Interno — Boletim Cientifico ESMPU”,

Boletim Científico da Escola Superior do Ministério Público da União 4 (setembro de 2002): 51–71.

128 Entro il 2014, l'unico trattato internazionale che gode di uno status di emendamento costituzionale è la

Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità e il suo Protocollo Opzionale, del 2007, promulgata nel 2009.

129 Se considerato un trattato sui diritti umani.

130 Corte Costituzionale, Sentenza n. 32/1960. In tal senso, cf. Corte Costituzionale Sentenze nn. 104/1969,

48/1979, 188/1980, 153/1987, 323/1989, 146/1996, 288/1997, 224/2005, 284/2007 e 348/2007.

131 Sentenza n. 323/1989:

“… poiche' dall'ambito di operativita' di tale articolo [art. 10] sono escluse le norme internazionali pattizie, ancorche' generali, che assumono nell'ordinamento la medesima posizione della legge ordinaria che ha dato

L’adattamento automatico porta con sé il fatto di essere immediato (perché si compie nel momento stesso in cui si forma una consuetudine), completo (perché provvede ad introdurre nell’ordinamento italiano tutte le variazioni necessarie per conformarlo alla norma consuetudinaria), continuo (perché ogni vicenda, modificativa o estintiva, della consuetudine internazionale comporta una variazione nell’ordinamento interno)132.

Queste norme internazionali consuetudinarie avrebbero anche il potere di conformare e derogare alle disposizioni contenute nella propria Carta Costituzionale. Infatti “l’ordinamento italiano si è adeguato, ancor prima dell’entrata in vigore della Costituzione, alla norma di diritto internazionale, generalmente riconosciuta”133.

Però, a proposito delle “norme di diritto internazionale generalmente riconosciute che venissero ad esistenza dopo l’entrata in vigore della Costituzione, … il meccanismo di adeguamento automatico previsto dall’art. 10 della Costituzione non potrà in alcun modo consentire la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, operando in un sistema costituzionale che ha i suoi cardini nella sovranità popolare e nella rigidità della Costituzione” 134.

In questo modo, l’adattamento automatico della Costituzione alle norme consuetudinarie trova limite nei cosiddetti principi supremi, ossia, quei precetti che “non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali” e che hanno “una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale”135.

È importante rilevare che nonostante la recente innovazione portata dalla sentenza 349 del 2007 nella quale la Corte ha esteso l'ambito di operatività dell'art. 10, primo comma, della Costituzione, al fine di considerare inserite le “norme contenute in accordi internazionali, che (...) riproducano principi o norme consuetudinarie del diritto internazionale”136, non sembra essere sufficiente per ammettere che lo Statuto di Roma

loro esecuzione, e che possono, quindi, essere abrogate o modificate da leggi successive. S. nn. 153/1987; 96/1982; 188/1980; 48/1979; 104/1969; 32/1960. Emerge in modo inequivocabile dai lavori dell'Assemblea costituente - e dottrina e giurisprudenza sono concordi - che l'art. 10, primo comma, della Costituzione prevede l'adattamento automatico del nostro ordinamento esclusivamente alle "norme del diritto internazionale generalmente riconosciute", intendendosi per tali le norme consuetudinarie.”

132 Ex plurimis Riccardo Monaco e Carlo Curti Gialdino, Manuale di diritto internazionale pubblico: parte

generale (UTET giuridica, 2009). p. 345ss

133 Corte Costituzionale, Sentenza n. 48/1979. 134 Corte Costituzionale, Sentenza n 48/1979. 135 Corte Costituzionale, Sentenza n 1146/1988. 136 Corte Costituzionale, Sentenza n. 349/2007:

“In generale, la giurisprudenza di questa Corte, nell'interpretare le disposizioni della Costituzione che fanno riferimento a norme e ad obblighi internazionali – per quanto qui interessa, gli artt. 7, 10 ed 11 Cost. – ha costantemente affermato che l'art. 10, primo comma, Cost., il quale sancisce l'adeguamento automatico dell'ordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, concerne esclusivamente i principi generali e le norme di carattere consuetudinario (per tutte, sentenze n. 73/2001, n. 15/1996, n. 168/1994), mentre non comprende le norme contenute in accordi internazionali che non riproducano princìpi o norme consuetudinarie del diritto internazionale.”

sia protetto dall’art. 10, primo comma, Costituzione.

In realtà, pur essendo possibile affermare che lo Statuto di Roma ha codificato alcune norme consuetudinarie del diritto internazionale (come il principio dell’irrilevanza della carica occupata, come già indicato in precedenti tribunali penali internazionali) non sembra vera l’affermazione che tutte le sue disposizioni sarebbero mere riproduzioni di principi generali dell’ordinamento internazionale (si consideri ad esempio, l’imprescrittibilità dei crimini internazionali, la cui accettazione, a livello internazionale, era tutt'altro che unanime).

L’articolo 11 della Costituzione Italiana, a sua volta, consente all’Italia, in condizioni di parità con gli altri Stati, limitare la propria sovranità a vantaggio di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra gli Stati.

Infatti, “il costituente … Ha inteso con l’art. 11 definire l’apertura dell’Italia alle più impegnative forme di collaborazione e organizzazione internazionale: ed a tale scopo ha formalmente autorizzato l'accettazione, in via convenzionale, a condizioni di parità con gli altri Stati e per le finalità ivi precisate, delle necessarie ‘limitazioni di sovranità”137.

Questo dispositivo, originariamente pensato per l'adesione d'Italia alle Nazioni Unite138, è stato utilizzato per fornire legittimità costituzionale all'espansione dell’ordinamento comunitario. Questo perché la formula dell’art. 11 “legittima le limitazioni dei poteri dello Stato in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionale, quali si rendevano necessarie per la istituzione di una Comunità tra gli Stati europei, ossia di una nuova organizzazione interstatuale, di tipo sovranazionale, a carattere permanente, con personalità giuridica e capacità di rappresentanza internazionale.”139

Proprio per questo (come avviene a proposito dell’articolo 10), si presume che le disposizioni emanate da questi organi sovranazionali potrebbero introdurre deroghe anche al disegno costituzionale interno. Queste deroghe, però, trovano limiti nei principi fondamentali del sistema costituzionale italiano e nei diritti inalienabili della persona umana140. Infatti, per forza dell’art. 11 della Costituzione, “l'ordinamento statale non si apre incondizionatamente alla normativa comunitaria, giacché in ogni caso vige il limite del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti

137 Corte Costituzionale, Sentenza n. 183/1973. 138 Corte Costituzionale, Sentenza n. 183/1973. 139 Corte Costituzionale, Sentenza n. 183/1973

140 Corte Costituzionale, Sentenza n. 399/1987. In tal senso, v. anche Corte Costituzionale Sentenze nn.

inalienabili della persona umana, con conseguente sindacabilità, sotto tale profilo, della legge di esecuzione del Trattato.”141

Inoltre, il giudice è autorizzato a garantire la piena efficacia del diritto comunitario142, potendo disapplicare qualsiasi disposizione contrastante nella legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la rimozione della norma interna legislativa o qualsiasi altra procedura costituzionale143.

Così, avendo in mente gli obiettivi della Corte Penale Internazionale, di carattere permanente e costituita dalla volontà degli Stati, si potrebbe immaginare che il sistema giurisdizionale creato dallo Statuto di Roma sarebbe inserito nell’ambito dell’operatività dell'articolo 11 della Costituzione.

Inoltre, quando ha aderito allo Statuto di Roma, l’Italia (come tutti gli altri Stati che hanno proceduto allo stesso modo) ha acquisito poteri decisionali e di rappresentanza all’interno della nuova organizzazione, nell’Assemblea degli Stati, la quale, tra altre incombenze, decide sull’adozione e modifica del Regolamento di Procedura e di Prova e degli “Elementi Costitutivi dei Crimini”144, elegge i giudici, il procuratore e il suo gruppo di lavoro145, e ancora può determinare la composizione del tribunale.

Si deve avere in mente, però, che la Consulta ha rifiutato la qualifica di “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” alle “norme della CEDU, le quali, pur rivestendo grande rilevanza, sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell’ordinamento interno”146. Infatti, la Convenzione EDU “non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa è configurabile come un trattato internazionale multilaterale (…) da cui derivano ‘obblighi’ per gli Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, da cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omisso medio, per

141 Corte Costituzionale, Sentenza n. 168/1991 142 Corte Costituzionale, Sentenza n. 168/1991:

“Può aggiungersi che tale principio, desumibile dal Trattato istitutivo della Comunità europea (per il tramite della sua legge di esecuzione), è coerente con l'art. 11 Cost. che riconosce la possibilità di limitazioni alla sovranità statuale, quale può qualificarsi l'effetto di "non applicazione" della legge nazionale (piuttosto che di "disapplicazione" che evoca vizi della norma in realtà non sussistenti in ragione proprio dell'autonomia dei due ordinamenti); peraltro l'ordinamento statale non si apre incondizionatamente alla normazione comunitaria giacché in ogni caso vige il limite del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana, con conseguente sindacabilità, sotto tale profilo, della legge di esecuzione del Trattato (v. anche in tal senso la Sentenza n. 232/1989).”

143 Corte Costituzionale, Sentenze nn. 106/1977, 168/1991 e 389/1989. 144 V. Statuto di Roma, articolo 51 e articolo 9, rispettivamente.

145 V. Statuto di Roma, articolo 36, sesto comma, lettera a; e articolo 42, quarto comma, rispettivamente 146 Corte Costituzionale, Sentenza n. 348/2007. Posizione ribadita nella Sentenza n. 349/2007.

tutte le autorità interne degli Stati membri”147.

E conclude a Corte Costituzionale, “ne consegue che al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme e qualora ciò non sia possibile, ovvero qualora dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale ‘interposta’, proporre la relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, primo comma, della Costituzione”148

Dinanzi a ciò, forse il metodo più sicuro sia affermare che lo Statuto di Roma deva essere all’interno della copertura offerta dal novellato art. 117, primo comma, della Costituzione, il quale afferma che la potestà legislativa è esercitata nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Così, se una legge va contro un Trattato, ci sarà una questione di legittimità costituzionale, che dovrà essere risolta nell’ipotesi di un caso concreto, dalla Corte Costituzionale italiana.

Prima del 2001, quando è avvenuto il cambiamento del testo costituzionale con la Legge Costituzionale n. 3, si intendeva che le norme internazionali, quando non incorporate secondo gli articoli 10 e 11 della Costituzione, acquisivano il rango del provvedimento normativo di attuazione, abitualmente la legge ordinaria, essendo, allora, potenzialmente modificabili da altri atti di stesso livello gerarchico.

Con il cambiamento costituzionale, i trattati internazionali, nonostante non avessero lo status di norma costituzionale, passano a essere qualificati come norma interposta, in certo modo superiore alle altre norme infra-costituzionali. Infatti, “[c]on l'art. 117, primo comma, si è realizzato, in definitiva, un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, la quale dà vita e contenuto a quegli obblighi internazionali genericamente evocati e, con essi, al parametro, tanto da essere comunemente qualificata ‘norma interposta’; e che è soggetta a sua volta, come si dirà in seguito, ad una verifica di compatibilità con le norme della Costituzione.”149

Si deve tener presente, però, “l'esigenza che le norme che integrano il parametro di costituzionalità siano esse stesse conformi alla Costituzione”150. In questo modo “in occasione di ogni questione nascente da pretesi contrasti tra norme interposte e norme legislative interne, occorre verificare congiuntamente la conformità a Costituzione di entrambe e precisamente la compatibilità della norma interposta con la Costituzione e

147 Corte Costituzionale, Sentenza n. 348/2007. 148 Corte Costituzionale, Sentenza n. 349/2007. 149 Corte Costituzionale, Sentenza n. 349/2007. 150 Corte Costituzionale, Sentenza n. 348/2007.

la legittimità della norma censurata rispetto alla stessa norma interposta.”151. E, nel caso in cui il trattato internazionale sia in contrasto con una norma costituzionale, la Corte dovrà dichiarare “l’inidoneità della stessa ad integrare il parametro, provvedendo, nei modi rituali, ad espungerla dall’ordinamento giuridico italiano”.152

Infatti, dinanzi al nuovo quadro normativo, resta valido quanto affermato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 73/2001 (Caso Baraldini), nella quale aveva dichiarato che “sottoponendo a controllo di costituzionalità la legge di esecuzione del trattato, è possibile valutare la conformità alla Costituzione di quest'ultimo (ad esempio, sentenze nn. 183 del 1994; 446 del 1990; 20 del 1966) e addivenire eventualmente alla dichiarazione d'incostituzionalità della legge di esecuzione, qualora essa immetta, e nella parte in cui immette, nell'ordinamento norme incompatibili con la Costituzione (sentenze nn. 128 del 1987; 210 del 1986).”153

Così, proprio come nel sistema giuridico brasiliano, lo Statuto di Roma deve essere pienamente compatibile, non solo a proposito dei principi supremi, ma a tutte le disposizioni della Costituzione italiana.

La differenza, però, è che in Italia, soltanto dinanzi a un caso concreto la questione può essere portata all'analisi della Corte Costituzionale, mentre in Brasile, dove c'è un sindacato astratto e concentrato di legittimità costituzionale delle leggi, può la Suprema Corte, essere attivata anche per discutere la materia in tesi.

In questo modo, dalla ratifica dello Statuto di Roma, conviene analizzare quali sono le conseguenze derivate da questi comandi costituzionali, quando le norme del diritto internazionale sono incompatibili o non considerano i diritti e garanzie previste nella Costituzione.