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AREE VALORIALI SVILUPPO E APPUNTAMENT

2.  L’apprendimento in età adulta 

2.2.  L’apprendimento nelle esperienze: David Kolb e Peter Jarvis 

Uno  dei  principali  teorici  dell’apprendimento  esperienziale  è  David  Kolb.  All’inizio  del  primo  capitolo  di  uno  dei  suoi  testi  fondanti, 

Experiential  Learning  (1984),  egli  chiarisce  immediatamente  che  la 

caratteristica  fondamentale  degli  esseri  umani  è  l’adattività,  cioè  la  capacità  di  adattarsi  “not  only  in  the  reactive  sense  of  fitting  into  the  physical  and  social  worlds,  but  in  the  proactive  sense  of  creating  and  shaping those worlds” (p. 1). E la capacità di adattarsi evolve nel processo  di apprendimento. 

Kolb  suddivide  il  processo  dell’apprendimento  esperienziale  in  quattro  cicli  che  includono  quattro  modalità  adattive  di  apprendimento, 

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l’esperienza concreta  (EC),  l’osservazione  riflessiva (OR),  la  concettualizzazione 

astratta  (CA),  la  sperimentazione  attiva  (SA).  Le  quattro  modalità  si 

collocano  in  due  dimensioni  differenti  (esperienza  concreta  e  concettualizzazione  astratta  da  un  lato,  sperimentazione  attiva  e  osservazione  riflessiva  dall’altro),  che  rappresentano  due  orientamenti  adattivi  dialetticamente  opposti.  Le  basi  strutturali  del  processo  di  apprendimento  risiedono  nelle  transazioni  che  avvengono  tramite  queste  modalità  adattive.  La  dialettica  astratto/concreto  è  una  dialettica  di 

prensione  che  allude  a  due  procedure  differenti  e  opposte  di  “afferrare  e 

mantenere”  l’esperienza  basandosi  o  sull’interpretazione  concettuale  e  la  rappresentazione  simbolica,  attraverso  un  processo  di  com‐prensione,  o  sulle qualità tangibili dell’esperienza immediata, attraverso un processo di 

ap‐prensione.  

La dialettica attivo/riflessivo, invece, è una dialettica di trasformazione  che  allude  a  due  modalità  opposte  di  trasformare  quanto  “afferrato”  con  l’esperienza basandosi o sulla riflessione interna, attraverso un processo di 

intenzione,  o  sulla  manipolazione  attiva  del  mondo  esterno  attraverso  un 

processo di estensione.  

L’esperienza  “afferrata”  attraverso  l’apprensione  e  trasformata  attraverso  l’intenzione  produrrà  un  sapere  divergente;  l’esperienza  “afferrata”  attraverso  la  comprensione  e  trasformata  attraverso  l’intenzione  produrrà  un  sapere  assimilativo;  l’esperienza  appresa  attraverso  la  comprensione  e  trasformata  attraverso  l’estensione  dà  un  sapere  convergente;  infine,  l’esperienza  appresa  attraverso  l’apprensione  e  trasformata  attraverso  l’estensione  dà  un  sapere  accomodativo,  come  illustrato nella figura 2:                 

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Figura 2 - Le dimensioni strutturali del processo dell’apprendimento esperienziale

                      Fonte: Kolb, 1985, p. 42 

Il  processo  di  apprendimento  può,  in  diversi  momenti,  essere  governato  da  uno  o  più  di  questi  processi  che  interagiscono  simultaneamente, spostandosi da una base strutturale all’altra in relazione  alle  circostanze.  Questo  significa  che  il  processo  di  apprendimento  varia  da  persona  a  persona  poiché  ogni  individuo  attiverà  un  procedimento  adattivo che tenderà ad enfatizzare le proprie predisposizioni.  

Al  fine  di  valutare  tali  predisposizioni,  Kolb  elabora  un  inventario  degli  stili  di  apprendimento  (Learning  Style  Inventory  ‐  LSI)  in  cui  gli  stili  individuati  sono  concepiti  non  come  dei  tratti  di  personalità  prestabiliti,  ma  come  delle  strutture  che  risultano  dalle  modalità  individuali  di  programmare  la  struttura  di  base  ‐  ma  flessibile  ‐  del  proprio  apprendimento.  Queste  strutture,  a  loro  volta,  sono  definibili  come  delle  modalità  adattive  che  consentono  di  pervenire  ad  una  sorta  di  stabilità  attraverso gli schemi di transazione con il mondo circostante.   

Un altro sostenitore dell’apprendimento legato alle diverse situazioni  di  vita  è  Peter  Jarvis,  il  cui  pensiero  si  sviluppa  intorno  all’idea  fondamentale  che  ogni  forma  di  apprendimento  inizia  sempre  con  l’esperienza  e  perciò  deve  essere  studiata  nello  spazio,  nel  tempo  e  nelle  relazioni  in  cui  si  verifica  (1987).  È  quindi  un’impresa  individuale  che  contraddistingue  ogni  persona,  la  rende  unica  poiché  costruita  nel 

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rapporto tra la propria biografia e l’esperienza, anche se all’interno di un  quadro  sociale  che  ne  condiziona  lo  sviluppo.  Il  paradosso 

dell’apprendimento  è  infatti  rappresentato  dalla  mediazione  che  la  persona 

opera  tra  le  proprie  esigenze  di  sviluppo  e  le  limitazioni  del  contesto  sociale  che  la  circonda.  Ed  è  qui  che  Jarvis  colloca  l’apprendimento  per  tutto  l’arco  della  vita,  in  questo  processo  di  esperienze  della  vita  quotidiana continuamente mediate e negoziate con il contesto. 

L’apprendimento  è  quindi  inevitabilmente  permanente  (lifelong)  in  quanto  rappresenta  un  fenomeno  esistenziale  la  cui  durata  coincide  con  quella  della  vita  cosciente  e  consapevole;  è  permanente  perché  avviene  quando  l’individuo  è  consapevole  di  apprendere;  non  è  incidentale  né  strumentale  in  sé,  ma  è  una  parte  intrinseca  dell’esistenza,  una  combinazione  di  processi  tale  per  cui  la  persona  nella  sua  totalità  (caratteristiche  fisiche,  biologiche,  genetiche,  nonché  conoscenze,  abilità,  attitudini, valori ed emozioni) sperimenta situazioni sociali e ne elabora il  contenuto  cognitivamente,  emotivamente,  praticamente  o  attraverso  una  combinazione  di  modalità,  per  poi  integrarlo  nella  propria  biografia  (Jarvis, 2006).    

L’apprendimento  è  un  bisogno  basilare  negli  esseri  umani  (Jarvis,  1988),  perciò  il  processo  di  apprendimento  avviene  per  buona  parte  dell’esistenza.  L‘educazione  per  tutto  l’arco  della  vita  dovrebbe  allora  essere  considerata  come  un  diritto  umano  e  come  una  necessità  fondamentale  in  qualsiasi  società  civile,  per  consentire  agli  individui  di  assecondare  i  loro  bisogni  di  apprendimento,  realizzare  il  proprio  potenziale e scoprire il proprio posto nella società.  

Il  modello  del  processo  di  apprendimento  proposto  da  Jarvis  si  realizza  quando  si  verifica  una  situazione  all’interno  della  quale  i  comportamenti  soliti  e  familiari  non  sono  più  efficaci.  Si  crea  allora  un’interruzione  tra  le  situazioni  note  che  richiedono  comportamenti  abituali,  e  le  situazioni  nuove  che  impongono  il  ricorso  a  nuovi  comportamenti: questa interruzione rappresenta lo  spazio da  colmare tra  l’esperienza  personale  di  una  situazione  data  e  la  biografia  individuale,  che fornisce le conoscenze e le abilità per agire consapevolmente.  

Il modello di apprendimento di Jarvis prende in considerazione nove  percorsi esplorabili partendo dall’esperienza in situazione e raggruppabili  in tre tipologie (Jarvis, 1987; Alberici, 2002, pp. 100‐101): 

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2. apprendimento  non  riflessivo:  apprendimento  preconscio, 

apprendimento di abilità, memorizzazione; 

3. apprendimento  riflessivo:  speculazione,  apprendimento  riflessivo 

di abilità, apprendimento sperimentale. 

La  prima  tipologia  si  riferisci  ai  comportamenti  dei  soggetti  adulti  che  possono  essere  ostativi  all’apprendimento;  l’ultima,  invece,  rappresenta  la  forma  massima  di  apprendimento  poiché  implica  la  riflessione  che  modifica  l’esperienza  e  i  comportamenti  e  perciò  induce  l’individuo a cambiare.  

L’apprendimento  è  per  Jarvis  un  fenomeno  individuale,  esistenziale  ed  esperienziale  (2009).  Anche  in  presenza  di  esperienze  e  fenomeni  analoghi, è sempre diverso da individuo ad individuo e condizionato dal  contesto  sociale  all’interno  del  quale  ognuno  è  inserito,  vive  ed  agisce.  Ogni  individuo  è  portatore  di  una  propria  cultura  che  condivide  nell’interazione  con  gli  altri,  internalizzando  cose  nuove  ed  esternalizzando  parti  di  sé.  L’interazione  sociale  è  il  terreno  ideale  per  la  negoziazione  culturale:  c’è  sempre  uno  scambio  di  differenze  legate  al  contesto personale e ogni persona interagisce adattandosi a tali differenze;  in  altre  parole,  l’apprendimento  può  non  essere  immediatamente  riconosciuto  poiché  non  sempre  si  verifica  in  una  condizione  di  totale  consapevolezza da parte del soggetto che apprende. 

Quando però il soggetto, divenuto consapevole, pensa di aver trovato  una  modalità  di  adattamento  ad  una  situazione  nuova,  è  pronto  a  praticarla  in  un  contesto  sociale.  Se  la  modalità  non  è  respinta  dall’ambiente circostante, allora si suppone che sia socialmente accettabile  e  con  il  tempo  viene  acquisita  e  generalizzata  fino  al  momento  in  cui  interviene  un’altra  situazione  nuova  ‐  una  nuova  interruzione  ‐  che  richiede  un  nuovo  adattamento.  Se  invece  la  modalità  adottata  non  è  condivisa dall’ambiente, il soggetto procederà con tentativi successivi fino  a quando non riceverà segnali positivi. La figura 3 e la figura 4 raffigurano  il  modello  dell’apprendimento  e  la  trasformazione  dell’individuo  attraverso l’apprendimento secondo Jarvis (1987; 2009). 

68                                      Fonte: Jarvis (1987) 

69  Fonte: Jarvis (2009) 

Figura 4 - Trasformazione della persona attraverso l’apprendimento

La casella 11 descrive l’individuo nella vita quotidiana e la qualità delle sue esperienze in base al

proprio rapporto con se stesso e con il mondo esterno. Quando questa linearità viene interrotta da un evento inusuale, si verifica l’interruzione che conduce ad una nuova esperienza (casella 2). L’esperienza può subire modifiche attraverso il pensiero, l’emozione o l’azione (caselle 3, 4, 5) o attraverso una loro combinazione. Il processo di trasformazione può condurre ad un adattamento e quindi ad un nuovo apprendimento o ad una mancanza di adattamento (casella 6), ma in entrambi i casi il soggetto avrà subito un cambiamento (casella 7) e sarà pronto ad affrontare un nuovo ciclo (casella 12).

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        Il  contributo  di  Jarvis  rappresenta  la  molteplicità  delle  vie  dell’apprendimento esperienziale, ossia di quell’apprendimento che ‐ come si  è  detto  ‐  avviene  nelle  situazioni  di  vita  e  nei  contesti  sociali.  Gli  individui  possono  apprendere  in  presenza  o  in  assenza  di  interventi  specifici,  ma  quando questi vengono a mancare, le esperienze quotidiane possono essere  molto  ristrette  e  limitarsi  alle  esperienze  primarie.  Di  conseguenza,  grande  importanza rivestono i processi di insegnamento, che possono corrispondere  a diverse tipologie: “didactic, socratic or facilitative. If teachers play their role  in  a  didactic  fashion,  they  expound  the  knowledge  to  be  learned  by  the  students; if they are socratic, they lead students towards a conclusion to their  enquiry by shrewd questioning; if they are facilitative, they create conditions  under which learning can occur but they do not seek to control its outcome”  (1988,  p.  101).  Quale  che  sia  l’approccio  adottato,  didattico,  socratico  o 

facilitativo,  è  evidente  che  l’educatore  degli  adulti,  oltre  a  possedere  un 

bagaglio  di  conoscenze  ed  esperienze  rilevante,  deve  avere  alcune  caratteristiche  specifiche,  tra  cui  la  conoscenza  dei  processi  educativi,  l’attitudine  all’insegnamento,  capacità  relazionali,  al  fine  di  creare  un  ambiente che favorisca l’apprendimento da parte del discente adulto.  

Trattandosi  sempre  di  un’interazione,  anche  il  docente/facilitatore  impara  attraverso  il  confronto  con  i  destinatari  dell’apprendimento.  Il  raggiungimento  delle  forme  più  alte  di  apprendimento  si  può  dunque  realizzare  attraverso  una  pluralità  di  situazioni  che  implicano  la  predisposizione  di  strategie  consapevoli  finalizzate  a  rendere  gli  individui  autonomi.  

E questo diventa fondamentale nella realtà attuale in cui i cambiamenti  repentini  interrompono  sempre  più  spesso  la  linearità  di  quelle  che  Jarvis  definisce  “situazioni  abituali”  e  introducono  continuamente  in  quelle  “situazioni  nuove”  che  impongono  rinnovati  tentativi  di  adattamento  e  pongono costantemente nella condizione di dover apprendere (2009).