LA COMPRENSIONE DELLA LETTURA: DAL LIVELLO COGNITIVO AL LIVELLO METACOGNITIVO
3. Dalla lettura inconsapevole alla lettura come problem solving 3.1 La selezione delle informazioni tra micro e macrostruttura
Una delle constatazioni fondamentali della ricerca sulla comprensione della lettura riguarda il suo carattere sequenziale (Lumbelli, 2009), il fatto cioè che leggendo un testo, ogni lettore deve necessariamente leggere, percepire e decodificare una frase alla volta.
Studiare la comprensione come attività mentale equivale a studiare il modo in cui i processi di elaborazione, in un momento specifico, si collegano a quelli già avvenuti nella mente del lettore: come si è visto, la rappresentazione dei significati linguisticamente espressi in un testo corrisponde ad una rappresentazione mentale di quegli stessi significati. Dal punto di vista dei processi di comprensione, la ricostruzione comincia a partire dal risultato dell’elaborazione di ogni singola frase sulla quale si concentra l’attenzione del lettore. In caso però di ripetizione del passaggio appena letto, se compreso correttamente, esso sarà parafrasato conservandone il contenuto, ma cambiando probabilmente la sintassi e il lessico. A questo proposito, Kintsch (1998) spiega che una volta avvenuta l’elaborazione di un elemento testuale, esso viene immediatamente integrato con il resto del testo trattenuto nella memoria di lavoro del lettore, ed è quindi immediatamente integrato con la rappresentazione del testo. Ciò significa che la comprensione di ogni singola frase non resta isolata dal processo di comprensione dell’insieme in cui è inserita, ma è sin dall’inizio influenzata dalla comprensione di quanto è stato già letto.
È questa interazione immediata tra la rappresentazione del singolo significato e la rappresentazione complessiva del testo che spiega perché, nella ripetizione, la veste linguistica specifica con cui il singolo significato è arrivato al lettore viene abbandonata.
Secondo Kintsch, gli elementi trattenuti interagiscono e vengono elaborati nella memoria di lavoro. Questa, infatti, pur condividendo con la memoria a breve termine la capacità limitata di trattenere degli elementi, tuttavia favorisce l’interazione tra i risultati della decodifica di una particolare frase e di quelle precedenti e riveste perciò un ruolo determinante rispetto ai processi di comprensione del testo. “Così come decisiva e
irrevocabile è la perdita della veste linguistica, irreversibile è il cambiamento
del significato che deriva dall’integrazione del nuovo significato nella rappresentazione complessiva del testo già letto” (Lumbelli, 2009, p. 6).
Questo cambiamento di significato produce esiti diversi in relazione alle modalità di collegamento con il significato delle frasi precedenti, in
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quanto le integrazioni destinate a riempire le lacune di coerenza possono essere adeguate al testo (sia localmente che nel complesso), oppure possono risultare in vere e proprie distorsioni del significato e quindi scaturire in errori di comprensione che influenzeranno le elaborazioni successive. Le conseguenze di tali distorsioni producono effetti gravi in quanto, come specifica Kintsch (1998), i processi di integrazione avvengono al di fuori del controllo consapevole del lettore. A differenza dei processi di pensiero, che sono sequenziali e controllati, i processi di comprensione avvengono in parallelo e affiorano alla coscienza solo quando si verifica un rallentamento dovuto ad una difficoltà. In questo caso, però, il processo cessa di essere di
comprensione e diventa di problem solving, come sarà dimostrato in seguito.
Il risultato dell’interazione tra la frase in ingresso e i contenuti già presenti nella memoria di lavoro può svilupparsi in due direzioni: può avvenire un collegamento coerente con il significato delle frasi immediatamente precedenti, oppure una interazione tra il significato della frase in ingresso e una sintesi selettiva del significato di tutto il contenuto immagazzinato con le frasi precedenti (che corrisponde a quella che è stata definita microstruttura). Sia in un caso che nell’altro, comunque, non entrano tutte le relazioni linguisticamente esplicitate nel testo, ma solo le relazioni tra significati presenti nella memoria di lavoro durante il processo di comprensione (Kintsch, 1998).
Qualora la coerenza locale tra i significati delle frasi non sia garantita da elementi linguistici, il significato della singola nuova frase viene collegato con quella o quelle che precedono e che si trovano nella memoria di lavoro attraverso inferenze di collegamento tra i significati delle frasi. Queste inferenze assicurano la coerenza locale nello sviluppo della rappresentazione del significato del testo e sono eseguite in modo automatico e al di fuori del controllo consapevole.
Ogni nuova singola frase deve integrarsi con la rappresentazione della microstruttura. Nel caso in cui, però, la frase sia la prima di una nuova microstruttura, l’interazione che avviene nella memoria di lavoro è tra il significato della nuova frase e la microstruttura che si è conclusa con la frase precedente. “L’elaborazione della nuova frase sarà la conferma di una cesura semantica che determinerà così l’uscita della microstruttura dalla memoria di lavoro e la sua spedizione nella memoria a lungo termine e precisamente nella memoria episodica del testo già letto” (Lumbelli, 2009, p. 13). La decisione di chiudere una microstruttura è sempre inconsapevole e ha una grande importanza nel processo di comprensione perché comporta la sintesi di un insieme di frasi la cui coerenza è garantita dall’uso di elementi
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linguistici propri del testo, come i connettivi, che segnalano i rapporti tra i significati delle frasi o, in assenza di connettivi, le inferenze di connessione. Dopo aver collegato ed elaborato i significati di una serie di frasi successive, si verifica un processo di selezione tra ciò che è importante e ciò che è marginale e che può pertanto essere cancellato. Data la capacità limitata della memoria di lavoro, l’attività selettiva deve necessariamente avvenire nel corso della lettura.
Qui è possibile cogliere una differenza tra buoni e cattivi lettori, perché questi ultimi sarebbero incapaci di trovare elementi di continuità e coerenza nella sequenza di frasi successive e quindi di eliminare una sufficiente porzione di significati durante la lettura. Mancherebbe loro, cioè, quel
meccanismo di soppressione che è fondamentale per selezionare le informazioni
necessarie ad una comprensione adeguata del testo. Una caratteristica dei cattivi lettori sarebbe quella di chiudere molto rapidamente le strutture e di immagazzinarne troppe, così da non riuscire a memorizzare adeguatamente i contenuti del testo. Ne risulta una rappresentazione del testo frammentata, dovuta probabilmente all’incapacità di stabilire o inferire relazioni e connessioni tra significati e quindi di integrarli in un’unica struttura o microstruttura coerente, in modo da articolare la rappresentazione del testo in strutture semantiche abbastanza ampie e quindi poco numerose. La capacità di selezionare le informazioni più importanti di un segmento di testo dipenderebbe a sua volta dalla capacità di cogliere i nessi tra frasi adiacenti e/o di inferirli.
Il processo di comprensione del testo non si ferma, però, alla microstruttura. Più i testi sono lunghi, maggiore sarà infatti il numero di microstrutture rappresentate nella mente del lettore. Quando il numero diventa troppo elevato, si pone, a livello di microstruttura, lo stesso problema di sintesi/selezione e cancellazione che si verifica all’interno di una stessa microstruttura. E si entra, quindi, nell’ambito di quella che Kintsch e Van Dijk definiscono macrostruttura.
All’interno della macrostruttura, i processi di selezione attivati si riferiscono alla rappresentazione semantica di un insieme di microstrutture che non è più in relazione con la memoria di lavoro, ma con la memoria episodica del testo già letto. Il livello dell’identificazione di macrostrutture è perciò quello in cui viene a delinearsi il riassunto del testo nel suo complesso, la sintesi delle informazioni principali (Van Dijk, 1995). È il livello di elaborazione in cui, sulla base delle selezioni e dei processi precedenti, si arriva alle scelte decisive per determinare cosa resta nella mente di un testo relativamente lungo.
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Nell’articolazione in micro e macrostrutture resta comunque sempre il problema della capacità limitata della memoria di lavoro, che costringe ad operare continue sintesi e cancellazioni, che diventano più articolate e selettive quanto più lungo è il testo da comprendere. 3.1.1. Le conoscenze pregresse Il processo di comprensione della lettura è sempre influenzato da tutto ciò che è già presente nella mente del lettore. Il mantenimento della coerenza locale dipende, infatti, non solo dalla decodifica attenta delle frasi da collegare, ma anche dal ricorso a conoscenze che consentano di trovare i necessari collegamenti tra i significati espressi da quelle stesse frasi.
Il concetto fondamentale per delineare il ruolo che nella comprensione dei testi è esercitato dalle conoscenze pregresse è quello del modello
situazionale, definito da Van Dijk e Kintsch (1983) ampliando i modelli mentali
di Johnson‐Laird (1980; 1983) cui si è già fatto riferimento.
Il modello situazionale influenzerebbe il modo in cui le categorie di conoscenze pregresse entrano a far parte della rappresentazione semantica del testo (Kintsch, 1998), interagendo con la rappresentazione di significati ricavata dalle frasi che si succedono. Esso sarebbe responsabile anche di eventuali aggiunte al significato esplicitamente espresso nel testo. In caso di modelli situazionali derivanti da conoscenze inadeguate, si verificano ovviamente errori di comprensione: l’attività rielaborativa del significato letterale delle frasi lette può essere sbagliata perché sono sbagliate le inferenze e queste, a loro volta, possono essere sbagliate perché basate su modelli situazionali errati. In questo senso, il concetto di modello situazionale diventa un concetto centrale della teoria dell’apprendere dai testi (Lumbelli, 2009): solo chi sia riuscito a capire il testo integrandolo con modelli mentali corretti, e quindi utilizzando le necessarie conoscenze pregresse, sarà poi capace di applicare autonomamente e produttivamente il risultato di quella comprensione a situazioni nuove. La qualità della rappresentazione costruita nel processo di comprensione di un testo dipende dalla qualità del modello situazionale utilizzato e condiziona quindi la qualità dell’uso di quella stessa rappresentazione nell’apprendimento.
In sintesi, il modello situazionale sembra riferirsi al modo in cui le conoscenze pregresse penetrano nel processo di comprensione interagendo con i significati del testo via via elaborati. Kintsch (1998) ricorre ad un esempio molto semplice per illustrare la progressiva formazione della
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rappresentazione del significato nella mente del lettore: leggendo la frase “John viaggiava sul ponte verso la casa in collina”, il lettore, in base alle proprie conoscenze circa la funzione prevalente dei ponti, può costruirsi un’immagine mentale in cui sotto al ponte scorre un fiume. Con questo modello situazionale, egli procede nella lettura fino a scoprire che la propria integrazione è sbagliata e viene smentita dalla frase successiva in cui si spiega che il ponte era stato costruito per far passare la strada al di sopra della linea ferroviaria. A questo punto, il lettore si autocorregge, intervenendo sulla distorsione della rappresentazione del testo: la modificazione dell’immagine mentale è strettamente connessa con il cambiamento della conoscenza pregressa recuperata e applicata nella formazione della rappresentazione. L’immagine cambia con il modello situazionale derivato da quella conoscenza.
3.1.2. Le categorie inferenziali
Il riferimento alle conoscenze pregresse nella ricostruzione del processo di comprensione riguarda il momento in cui l’elaborazione del significato delle frasi richiede un’integrazione da parte del lettore per stabilire o ristabilire la coerenza locale attraverso l’esecuzione di inferenze.
Kintsch (1998) distingue quattro categorie di inferenze, due delle quali sarebbero eseguite automaticamente, senza controllo consapevole, e sarebbero impropriamente denominate inferenze; la terza, seppure consapevole, non sarebbe ancora una vera inferenza; la quarta, infine, è l’unica che può ragionevolmente essere ritenuta un’inferenza e avverrebbe intenzionalmente e consapevolmente in quanto comporta l’ingresso del ragionamento deduttivo nel processo di comprensione. Infatti, il meccanismo mnestico, che entra in gioco per colmare le lacune nella coerenza del testo nei primi tre casi, non sarebbe sufficiente nel quarto caso, che richiede invece il ricorso ad un vero e proprio ragionamento. Più nello specifico, la prima categoria è quella delle bridging inferences. Si tratta di inferenze connettive che consistono in un’elaborazione associativa effettuata attraverso un recupero dalla memoria a lungo termine. Ad esempio, leggendo la frase “John inchiodò un’asse”, ne deriva immediatamente l’integrazione “con un martello”, senza che sia richiesto alcun tipo di ragionamento.
La seconda categoria consisterebbe nella ricerca di conoscenze connettive nella memoria a lungo termine per riempire una lacuna nella coerenza. Se
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prendiamo la frase “Danny desiderava una bicicletta nuova. Egli faceva il cameriere” (Kintsch, 1998, p. 191), si attiva il meccanismo di recupero di un’informazione che faccia da collegamento tra i significati delle due frasi. La rappresentazione del significato delle frasi diventa una sorta di “suggerimento per il recupero” (Lumbelli, 2009, p. 29) che rende direttamente disponibile la conoscenza richiesta mediante l’attivazione delle strutture di recupero presenti nella memoria di lavoro e nella memoria a lungo termine. In questo caso, il rapporto tra i due tipi di memoria è fondamentale per l’adeguatezza o meno della rappresentazione del testo e per le integrazioni con le quali si dà coerenza alla rappresentazione. Quindi, un altro elemento che distingue i buoni dai cattivi lettori è relativo alle strutture mnestiche e ai collegamenti di queste con la memoria di lavoro. Il lettore esperto sarebbe in grado di inserire le nuove informazioni nella rete delle sue conoscenze in modo da poter disporre prontamente delle integrazioni richieste nel corso della lettura attraverso i suggerimenti per il recupero, dimostrando una spiccata abilità mnestica.
La terza categoria è quella delle inferenze transitive in un dominio familiare e chiama in causa la coincidenza tra immagine mentale e modello situazionale. È il caso in cui l’informazione contenuta nel testo viene ricavata direttamente dall’immagine che tale informazione evoca.
Infine, la quarta categoria, l’unica che Kintsch riconosce come inferenza vera e propria, riguarda i ragionamenti deduttivi e il loro ruolo nella comprensione del testo. Questa forma di ragionamento entrerebbe in funzione solo quando non è possibile colmare le lacune ricorrendo ad una delle tre modalità appena esposte e si configurerebbe quindi come una sorta di procedura di riparazione. Il tratto distintivo di questa forma di inferenza sarebbe il carattere strategico e consapevole delle attività di pensiero, nonché la capacità di attivarsi in seguito ad una consapevole percezione di un problema e alla ricerca della soluzione. La consapevolezza entrerebbe in gioco in tutte quelle occasioni in cui il problema di coerenza è tale da interrompere il processo di comprensione trasformandolo in un processo di ragionamento strategico. Il processo diventa consapevole o perché il lettore non dispone del necessario automatismo di intervento della memoria a lungo termine, o perché la lacuna da colmare richiede uno sforzo mentale che non si esaurisce nella sola ricerca nella memoria (Lumbelli, 2009, pp. 30‐31).
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3.1.3. La stimolazione della comprensione attraverso il thinking aloud
Il processo di stimolazione dell’abilità di comprensione della lettura deve puntare, secondo Lumbelli (2009), sull’affinità tra alcuni processi di elaborazione dei testi e le situazioni di problem solving nelle quali Kintsch colloca la quarta categoria di inferenze, quella che richiederebbe un impegno cognitivo consapevole da parte del lettore. Lumbelli (2009) specifica che un intervento di stimolazione di tale abilità non può prescindere dal totale coinvolgimento del lettore, che deve essere attivo e consapevole in ogni fase. Il ruolo attivo del lettore in termini di processi cognitivi consisterebbe nell’avere a disposizione e attive nella mente tutte le conoscenze pregresse sulle quali innestare le nuove informazioni in ingresso, e nel fare inferenze, riempire lacune e compiere nuove elaborazioni. In questo modo, inoltre, si rende il lettore autonomo nel proprio processo di apprendimento, con la conseguenza positiva dell’aumento dello sforzo mentale, del livello di attenzione e della persistenza nello studio.
Diventa fondamentale a questo punto il ruolo del docente/istruttore il quale, oltre a favorire e incoraggiare l’autonomia del discente, lasciandolo libero di decidere tempi e strategie, dovrebbe utilizzare un approccio in cui il compito di apprendimento abbia le caratteristiche di un problem solving, piuttosto che basarsi sull’esecuzione di esercizi che richiedano di rispondere a domande poste da altri.
Ancora una volta il rimando è alle inferenze della quarta categoria di Kintsch, cioè a quelle inferenze che avvengono in modo consapevole e non automatico. Tuttavia, aggiunge Lumbelli, “anche qualora questo tipo di inferenze risulti eseguito al di fuori del controllo consapevole, resta valido un principio fondamentale per la scelta dei passi su cui concentrare l’intervento educativo: quei passi devono richiedere l’esecuzione di inferenze suscettibili di essere recuperate alla coscienza del lettore, che possano far parte dell’attività necessariamente consapevole in cui consiste l’intervento educativo” (2009, pp. 101‐102).
Affinché sia favorita l’attivazione della mente del lettore, è quindi necessario che egli percepisca il problema come tale e che sia intrinsecamente motivato a trovare una soluzione. Ma perché si tratti di un problema vero e proprio (e non di un semplice compito assegnato dal docente, secondo la distinzione fornita poc’anzi), perché il problema esista nella mente del lettore e non semplicemente nel testo, è necessario che ci sia già stata un’elaborazione il cui esito non coincide con quello richiesto dal testo.
Un’altra condizione essenziale per la stimolazione dell’abilità di comprensione mediante situazioni di problem solving riguarda il tipo di
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soluzione prevedibile in base all’analisi del testo: la soluzione (intesa come l’integrazione inferenziale necessaria per garantire la coerenza della rappresentazione mentale) deve poter essere cercata nel testo stesso e non soltanto nella memoria a lungo termine del lettore. Detto in altri termini, la meta da raggiungere deve poter essere chiaramente rappresentata e il percorso deve poter essere scoperto attraverso l’analisi degli elementi che costituiscono il problema: lo spazio del problema deve essere ben delimitato e accogliere un’attività di analisi volta a scoprire relazioni o aspetti non immediatamente evidenti durante la lettura.
I casi in cui l’inferenza richiesta sia da ricercarsi solo nella mente del lettore, e quindi nelle sue conoscenze pregresse, sono da escludere perché, in quanto privi della possibilità di delimitare lo spazio del problema, non consentono di osservare il percorso di ricerca seguito dal lettore, percorso che nello studio dei processi di comprensione della lettura solitamente si ricostruisce attraverso l’utilizzo della tecnica del thinking aloud o pensare ad
alta voce (che sarà approfondita nei capitoli dedicati alla descrizione della
presente ricerca) (Mosconi, 1990; Ericsson e Simon, 1993; Pressley e Afflerbach, 1995). Anche in questo caso, il docente/istruttore ha un ruolo ben preciso: oltre ad invitare il lettore a pensare ad alta voce durante la rilettura, deve assumere un atteggiamento non valutativo, empatico, di attenzione ed incoraggiamento al ruolo attivo dell’interlocutore e di compensazione delle possibili frustrazioni attraverso la riformulazione (Rogers, 1951). Nei momenti di difficoltà, infatti, il docente/istruttore, riformulando alcuni passaggi del discorso del lettore, oltre a mostrare lo sforzo di comprensione e quindi l’attenzione per il processo in atto, fornisce uno stimolo, una esortazione a continuare, senza peraltro interferire con il filo del discorso dell’interlocutore e quindi con il suo ruolo attivo di ricerca della soluzione nel testo.
Perciò, laddove l’errore di comprensione del testo si verifichi ad un livello di inconsapevolezza da parte del lettore, non si esclude la possibilità di un intervento del docente di trasformazione del problema di comprensione dal problem posing al problem solving, attraverso i seguenti passaggi (Lumbelli, 2009):
‐ riformulazione non valutativa dell’esito dell’elaborazione del lettore nel corso della prima lettura come premessa per l’impostazione del problema;
‐ eventuale argomentazione dell’effettiva esistenza del problema; ‐ proposta di riesplorazione di una parte del testo alla ricerca di
elementi che possano essere di supporto nella risoluzione del problema;
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‐ incoraggiamento ad esprimere tutti i pensieri e le idee che affiorano durante la rilettura.
Questa serie di operazioni ha l’obiettivo di richiamare alla coscienza ciò che sfugge al controllo consapevole, provvedendo a far rientrare nel controllo l’esecuzione di quelle operazioni che definiscono la comprensione corretta di passaggi particolarmente critici perché bisognosi di integrazioni determinabili in base al testo.