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Dalla lettura inconsapevole alla lettura come problem solving 3.1 La selezione delle informazioni tra micro e macrostruttura 

LA COMPRENSIONE DELLA LETTURA: DAL LIVELLO COGNITIVO AL LIVELLO METACOGNITIVO

3.  Dalla lettura inconsapevole alla lettura come problem solving 3.1 La selezione delle informazioni tra micro e macrostruttura 

Una  delle  constatazioni  fondamentali  della  ricerca  sulla  comprensione  della  lettura  riguarda  il  suo  carattere  sequenziale  (Lumbelli,  2009),  il  fatto  cioè  che  leggendo  un  testo,  ogni  lettore  deve  necessariamente  leggere,  percepire e decodificare una frase alla volta.  

Studiare  la  comprensione  come  attività  mentale  equivale  a  studiare  il  modo in cui i processi di elaborazione, in un momento specifico, si collegano  a  quelli  già  avvenuti  nella  mente  del  lettore:  come  si  è  visto,  la  rappresentazione  dei  significati  linguisticamente  espressi  in  un  testo  corrisponde ad una rappresentazione mentale di quegli stessi significati. Dal  punto  di  vista  dei  processi  di  comprensione,  la  ricostruzione  comincia  a  partire  dal  risultato  dell’elaborazione  di  ogni  singola  frase  sulla  quale  si  concentra  l’attenzione  del  lettore.  In  caso  però  di  ripetizione  del  passaggio  appena  letto,  se  compreso  correttamente,  esso  sarà  parafrasato  conservandone  il  contenuto,  ma  cambiando  probabilmente  la  sintassi  e  il  lessico.  A  questo  proposito,  Kintsch  (1998)  spiega  che  una  volta  avvenuta  l’elaborazione di un elemento testuale, esso viene immediatamente integrato  con  il  resto  del  testo  trattenuto  nella  memoria  di  lavoro  del  lettore,  ed  è  quindi  immediatamente  integrato  con  la  rappresentazione  del  testo.  Ciò  significa  che  la  comprensione  di  ogni  singola  frase  non  resta  isolata  dal  processo  di  comprensione  dell’insieme  in  cui  è  inserita,  ma  è  sin  dall’inizio  influenzata dalla comprensione di quanto è stato già letto. 

È  questa  interazione  immediata  tra  la  rappresentazione  del  singolo  significato  e  la  rappresentazione  complessiva  del  testo  che  spiega  perché,  nella ripetizione, la veste linguistica specifica con cui il singolo significato è  arrivato al lettore viene abbandonata.  

Secondo  Kintsch,  gli  elementi  trattenuti  interagiscono  e  vengono  elaborati  nella  memoria  di  lavoro.  Questa,  infatti,  pur  condividendo  con  la  memoria  a  breve  termine  la  capacità  limitata  di  trattenere  degli  elementi,  tuttavia  favorisce  l’interazione  tra  i  risultati  della  decodifica  di  una  particolare frase e di quelle precedenti e riveste perciò un ruolo determinante  rispetto  ai  processi  di  comprensione  del  testo.  “Così  come  decisiva  e 

irrevocabile è la perdita della veste linguistica, irreversibile è il cambiamento 

del  significato  che  deriva  dall’integrazione  del  nuovo  significato  nella  rappresentazione complessiva del testo già letto” (Lumbelli, 2009, p. 6). 

Questo  cambiamento  di  significato  produce  esiti  diversi  in  relazione  alle  modalità  di  collegamento  con  il  significato  delle  frasi  precedenti,  in 

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quanto  le  integrazioni  destinate  a  riempire  le  lacune  di  coerenza  possono  essere adeguate al testo (sia localmente che nel complesso), oppure possono  risultare  in  vere  e  proprie  distorsioni  del  significato  e  quindi  scaturire  in  errori  di  comprensione  che  influenzeranno  le  elaborazioni  successive.  Le  conseguenze  di  tali  distorsioni  producono  effetti  gravi  in  quanto,  come  specifica Kintsch (1998), i processi di integrazione avvengono al di fuori del  controllo  consapevole  del  lettore.  A  differenza  dei  processi  di  pensiero,  che  sono  sequenziali  e  controllati,  i  processi  di  comprensione  avvengono  in  parallelo e affiorano alla coscienza solo quando si verifica un rallentamento  dovuto ad  una difficoltà. In questo caso, però, il processo cessa di essere di 

comprensione e diventa di problem solving, come sarà dimostrato in seguito. 

Il  risultato  dell’interazione  tra  la  frase  in  ingresso  e  i  contenuti  già  presenti  nella  memoria  di  lavoro  può  svilupparsi  in  due  direzioni:  può  avvenire  un  collegamento  coerente  con  il  significato  delle  frasi  immediatamente  precedenti,  oppure  una  interazione  tra  il  significato  della  frase  in  ingresso  e  una  sintesi  selettiva  del  significato  di  tutto  il  contenuto  immagazzinato  con  le  frasi  precedenti  (che  corrisponde  a  quella  che  è  stata  definita microstruttura). Sia in un caso che nell’altro, comunque, non entrano  tutte le relazioni linguisticamente esplicitate nel testo, ma solo le relazioni tra  significati  presenti  nella  memoria  di  lavoro  durante  il  processo  di  comprensione (Kintsch, 1998). 

Qualora la coerenza locale tra i significati delle frasi non sia garantita da  elementi  linguistici,  il  significato  della  singola  nuova  frase  viene  collegato  con quella o quelle che precedono e che si trovano nella memoria di lavoro  attraverso inferenze di collegamento tra i significati delle frasi. Queste inferenze  assicurano  la  coerenza  locale  nello  sviluppo  della  rappresentazione  del  significato  del  testo  e  sono  eseguite  in  modo  automatico  e  al  di  fuori  del  controllo consapevole. 

Ogni nuova singola frase deve integrarsi con la rappresentazione della  microstruttura.  Nel  caso  in  cui,  però,  la  frase  sia  la  prima  di  una  nuova  microstruttura,  l’interazione  che  avviene  nella  memoria  di  lavoro  è  tra  il  significato della nuova frase e la microstruttura che si è conclusa con la frase  precedente. “L’elaborazione della nuova frase sarà la conferma di una cesura  semantica che determinerà così l’uscita della microstruttura dalla memoria di  lavoro e la sua spedizione nella memoria a lungo termine e precisamente nella  memoria episodica del testo già letto” (Lumbelli, 2009, p. 13).  La decisione di chiudere una microstruttura è sempre inconsapevole e  ha una grande importanza nel processo di comprensione perché comporta la  sintesi di un insieme di frasi la cui coerenza è garantita dall’uso di elementi 

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linguistici  propri  del  testo,  come  i  connettivi,  che  segnalano  i  rapporti  tra  i  significati delle frasi o, in assenza di connettivi, le inferenze di connessione.  Dopo aver collegato ed elaborato i significati di una serie di frasi successive,  si  verifica  un  processo  di  selezione  tra  ciò  che  è  importante  e  ciò  che  è  marginale e che può pertanto essere cancellato. Data la capacità limitata della  memoria  di  lavoro,  l’attività  selettiva  deve  necessariamente  avvenire  nel  corso della lettura.  

Qui è possibile cogliere una differenza tra buoni e cattivi lettori, perché  questi ultimi sarebbero incapaci di trovare elementi di continuità e coerenza  nella  sequenza  di  frasi  successive  e  quindi  di  eliminare  una  sufficiente  porzione  di  significati  durante  la  lettura.  Mancherebbe  loro,  cioè,  quel 

meccanismo di soppressione che è fondamentale per selezionare le informazioni 

necessarie  ad  una  comprensione  adeguata  del  testo.  Una  caratteristica  dei  cattivi lettori sarebbe quella di chiudere molto rapidamente le strutture e di  immagazzinarne troppe, così da non riuscire a memorizzare adeguatamente i  contenuti  del  testo.  Ne  risulta  una  rappresentazione  del  testo  frammentata,  dovuta  probabilmente  all’incapacità  di  stabilire  o  inferire  relazioni  e  connessioni  tra  significati  e  quindi  di  integrarli  in  un’unica  struttura  o  microstruttura coerente, in modo da articolare la rappresentazione del testo  in  strutture  semantiche  abbastanza  ampie  e  quindi  poco  numerose.  La  capacità  di  selezionare  le  informazioni  più  importanti  di  un  segmento  di  testo  dipenderebbe  a  sua  volta  dalla  capacità  di  cogliere  i  nessi  tra  frasi  adiacenti e/o di inferirli. 

Il  processo  di  comprensione  del  testo  non  si  ferma,  però,  alla  microstruttura.  Più  i  testi  sono  lunghi,  maggiore  sarà  infatti  il  numero  di  microstrutture  rappresentate  nella  mente  del  lettore.  Quando  il  numero  diventa  troppo  elevato,  si  pone,  a  livello  di  microstruttura,  lo  stesso  problema di sintesi/selezione e cancellazione che si verifica all’interno di una  stessa  microstruttura.  E  si  entra,  quindi,  nell’ambito  di  quella  che  Kintsch  e  Van Dijk definiscono macrostruttura.  

All’interno  della  macrostruttura,  i  processi  di  selezione  attivati  si  riferiscono  alla  rappresentazione  semantica  di  un  insieme  di  microstrutture  che  non  è  più  in  relazione  con  la  memoria  di  lavoro,  ma  con  la  memoria  episodica del testo già letto. Il livello dell’identificazione di macrostrutture è  perciò quello in cui viene a delinearsi il riassunto del testo nel suo complesso,  la  sintesi  delle  informazioni  principali  (Van  Dijk,  1995).  È  il  livello  di  elaborazione  in  cui,  sulla  base  delle  selezioni  e  dei  processi  precedenti,  si  arriva alle scelte decisive per determinare cosa resta nella mente di un testo  relativamente lungo.  

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Nell’articolazione in  micro e macrostrutture resta comunque sempre il  problema  della  capacità  limitata  della  memoria  di  lavoro,  che  costringe  ad  operare  continue  sintesi  e  cancellazioni,  che  diventano  più  articolate  e  selettive quanto più lungo è il testo da comprendere.       3.1.1. Le conoscenze pregresse  Il processo di comprensione della lettura è sempre influenzato da tutto  ciò che è già presente nella mente del lettore. Il mantenimento della coerenza  locale  dipende,  infatti,  non  solo  dalla  decodifica  attenta  delle  frasi  da  collegare,  ma  anche  dal  ricorso  a  conoscenze  che  consentano  di  trovare  i  necessari collegamenti tra i significati espressi da quelle stesse frasi. 

Il concetto fondamentale per delineare il ruolo che nella comprensione  dei  testi  è  esercitato  dalle  conoscenze  pregresse  è  quello  del  modello 

situazionale, definito da Van Dijk e Kintsch (1983) ampliando i modelli mentali 

di Johnson‐Laird (1980; 1983) cui si è già fatto riferimento. 

Il  modello  situazionale  influenzerebbe  il  modo  in  cui  le  categorie  di  conoscenze  pregresse  entrano  a  far  parte  della  rappresentazione  semantica  del  testo  (Kintsch,  1998),  interagendo  con  la  rappresentazione  di  significati  ricavata  dalle  frasi  che  si  succedono.  Esso  sarebbe  responsabile  anche  di  eventuali aggiunte al significato esplicitamente espresso nel testo. In caso di  modelli  situazionali  derivanti  da  conoscenze  inadeguate,  si  verificano  ovviamente  errori  di  comprensione:  l’attività  rielaborativa  del  significato  letterale  delle  frasi  lette  può  essere  sbagliata  perché  sono  sbagliate  le  inferenze  e  queste,  a  loro  volta,  possono  essere  sbagliate  perché  basate  su  modelli  situazionali  errati.  In  questo  senso,  il  concetto  di  modello  situazionale  diventa  un  concetto  centrale  della  teoria  dell’apprendere  dai  testi  (Lumbelli,  2009):  solo  chi  sia  riuscito  a  capire  il  testo  integrandolo  con  modelli  mentali  corretti,  e  quindi  utilizzando  le  necessarie  conoscenze  pregresse, sarà poi capace di applicare autonomamente e produttivamente il  risultato  di  quella  comprensione  a  situazioni  nuove.  La  qualità  della  rappresentazione costruita nel processo di comprensione di un testo dipende  dalla  qualità  del  modello  situazionale  utilizzato  e  condiziona  quindi  la  qualità dell’uso di quella stessa rappresentazione nell’apprendimento.  

In  sintesi,  il  modello  situazionale  sembra  riferirsi  al  modo  in  cui  le  conoscenze  pregresse  penetrano  nel  processo  di  comprensione  interagendo  con  i  significati  del  testo  via  via  elaborati.  Kintsch  (1998)  ricorre  ad  un  esempio  molto  semplice  per  illustrare  la  progressiva  formazione  della 

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rappresentazione  del  significato  nella  mente  del  lettore:  leggendo  la  frase  “John  viaggiava  sul  ponte  verso  la  casa  in  collina”,  il  lettore,  in  base  alle  proprie  conoscenze  circa  la  funzione  prevalente  dei  ponti,  può  costruirsi  un’immagine  mentale  in  cui  sotto  al  ponte  scorre  un  fiume.  Con  questo  modello situazionale, egli procede nella lettura fino a scoprire che la propria  integrazione  è  sbagliata  e  viene  smentita  dalla  frase  successiva  in  cui  si  spiega  che  il  ponte  era  stato  costruito  per  far  passare  la  strada  al  di  sopra  della  linea  ferroviaria.  A  questo  punto,  il  lettore  si  autocorregge,  intervenendo  sulla  distorsione  della  rappresentazione  del  testo:  la  modificazione  dell’immagine  mentale  è  strettamente  connessa  con  il  cambiamento  della  conoscenza  pregressa  recuperata  e  applicata  nella  formazione  della  rappresentazione.  L’immagine  cambia  con  il  modello  situazionale derivato da quella conoscenza. 

   

3.1.2. Le categorie inferenziali 

Il riferimento alle conoscenze pregresse nella ricostruzione del processo  di  comprensione  riguarda  il  momento  in  cui  l’elaborazione  del  significato  delle  frasi  richiede  un’integrazione  da  parte  del  lettore  per  stabilire  o  ristabilire la coerenza locale attraverso l’esecuzione di inferenze. 

Kintsch (1998) distingue quattro categorie di inferenze, due delle quali  sarebbero  eseguite  automaticamente,  senza  controllo  consapevole,  e  sarebbero  impropriamente  denominate  inferenze;  la  terza,  seppure  consapevole,  non  sarebbe  ancora  una  vera  inferenza;  la  quarta,  infine,  è  l’unica  che  può  ragionevolmente  essere  ritenuta  un’inferenza  e  avverrebbe  intenzionalmente  e  consapevolmente  in  quanto  comporta  l’ingresso  del  ragionamento deduttivo nel processo di comprensione. Infatti, il meccanismo  mnestico, che entra in gioco per colmare le lacune nella coerenza del testo nei  primi tre casi, non sarebbe sufficiente nel quarto caso, che richiede invece il  ricorso ad un vero e proprio ragionamento.    Più nello specifico, la prima categoria è quella delle bridging inferences.  Si tratta di inferenze connettive che consistono in un’elaborazione associativa  effettuata  attraverso  un  recupero  dalla  memoria  a  lungo  termine.  Ad  esempio,  leggendo  la  frase  “John  inchiodò  un’asse”,  ne  deriva  immediatamente  l’integrazione  “con  un  martello”,  senza  che  sia  richiesto  alcun tipo di ragionamento. 

La  seconda  categoria  consisterebbe  nella  ricerca  di  conoscenze  connettive  nella  memoria  a  lungo  termine  per  riempire  una  lacuna  nella  coerenza.  Se 

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prendiamo  la  frase  “Danny  desiderava  una  bicicletta  nuova.  Egli  faceva  il  cameriere”  (Kintsch,  1998,  p.  191),  si  attiva  il  meccanismo  di  recupero  di  un’informazione che faccia da collegamento tra i significati delle due frasi. La  rappresentazione  del  significato  delle  frasi  diventa  una  sorta  di  “suggerimento  per  il  recupero”  (Lumbelli,  2009,  p.  29)  che  rende  direttamente disponibile la conoscenza richiesta mediante l’attivazione delle  strutture  di  recupero  presenti  nella  memoria  di  lavoro  e  nella  memoria  a  lungo  termine.  In  questo  caso,  il  rapporto  tra  i  due  tipi  di  memoria  è  fondamentale  per  l’adeguatezza  o  meno  della  rappresentazione  del  testo  e  per le integrazioni con le quali si dà coerenza alla rappresentazione. Quindi,  un  altro  elemento  che  distingue  i  buoni  dai  cattivi  lettori  è  relativo  alle  strutture mnestiche e  ai collegamenti di queste con la memoria di lavoro.  Il  lettore  esperto  sarebbe  in  grado  di  inserire  le  nuove  informazioni  nella  rete  delle  sue  conoscenze  in  modo  da  poter  disporre  prontamente  delle  integrazioni  richieste  nel  corso  della  lettura  attraverso  i  suggerimenti  per  il  recupero, dimostrando una spiccata abilità mnestica. 

La terza categoria è quella delle inferenze transitive in un dominio familiare  e  chiama  in  causa  la  coincidenza  tra  immagine  mentale  e  modello  situazionale. È il caso in cui l’informazione contenuta nel testo viene ricavata  direttamente dall’immagine che tale informazione evoca. 

Infine, la quarta categoria, l’unica che Kintsch riconosce come inferenza  vera  e  propria,  riguarda  i  ragionamenti  deduttivi  e  il  loro  ruolo  nella  comprensione  del  testo.  Questa  forma  di  ragionamento  entrerebbe  in  funzione  solo  quando  non  è  possibile  colmare  le  lacune  ricorrendo  ad  una  delle tre modalità appena esposte e si configurerebbe quindi come una sorta  di procedura di riparazione. Il tratto distintivo di questa forma di inferenza  sarebbe  il  carattere  strategico  e  consapevole  delle  attività  di  pensiero,  nonché  la  capacità  di  attivarsi  in  seguito  ad  una  consapevole  percezione  di  un  problema  e  alla  ricerca  della  soluzione.  La  consapevolezza  entrerebbe  in  gioco  in  tutte  quelle  occasioni  in  cui  il  problema  di  coerenza  è  tale  da  interrompere il processo di comprensione trasformandolo in un processo di  ragionamento  strategico.  Il  processo  diventa  consapevole  o  perché  il  lettore  non dispone del necessario automatismo di intervento della memoria a lungo  termine, o perché la lacuna da colmare richiede uno sforzo mentale che non  si esaurisce nella sola ricerca nella memoria (Lumbelli, 2009, pp. 30‐31).        

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3.1.3. La stimolazione della comprensione attraverso il thinking aloud  

Il  processo  di  stimolazione  dell’abilità  di  comprensione  della  lettura  deve  puntare,  secondo  Lumbelli  (2009),  sull’affinità  tra  alcuni  processi  di  elaborazione  dei  testi  e  le  situazioni  di  problem  solving  nelle  quali  Kintsch  colloca la quarta categoria di inferenze, quella che richiederebbe un impegno  cognitivo  consapevole  da  parte  del  lettore.  Lumbelli  (2009)  specifica  che  un  intervento  di  stimolazione  di  tale  abilità  non  può  prescindere  dal  totale  coinvolgimento del lettore, che deve essere attivo e consapevole in ogni fase.  Il  ruolo  attivo  del  lettore  in  termini  di  processi  cognitivi  consisterebbe  nell’avere  a  disposizione  e  attive  nella  mente  tutte  le  conoscenze  pregresse  sulle quali innestare le nuove informazioni in ingresso, e nel fare inferenze,  riempire  lacune  e  compiere  nuove  elaborazioni.  In  questo  modo,  inoltre,  si  rende  il  lettore  autonomo  nel  proprio  processo  di  apprendimento,  con  la  conseguenza  positiva  dell’aumento  dello  sforzo  mentale,  del  livello  di  attenzione e della persistenza nello studio.  

Diventa  fondamentale  a  questo  punto  il  ruolo  del  docente/istruttore  il  quale,  oltre  a  favorire  e  incoraggiare  l’autonomia  del  discente,  lasciandolo  libero di decidere tempi e strategie, dovrebbe utilizzare un approccio in cui il  compito  di  apprendimento  abbia  le  caratteristiche  di  un  problem  solving,  piuttosto che basarsi sull’esecuzione di esercizi che richiedano di rispondere  a domande poste da altri. 

Ancora  una  volta  il  rimando  è  alle  inferenze  della  quarta  categoria  di  Kintsch,  cioè  a  quelle  inferenze  che  avvengono  in  modo  consapevole  e  non  automatico.  Tuttavia,  aggiunge  Lumbelli,  “anche  qualora  questo  tipo  di  inferenze risulti eseguito al di fuori del controllo consapevole, resta valido un  principio fondamentale per la scelta dei passi su cui concentrare l’intervento  educativo: quei passi devono richiedere l’esecuzione di inferenze suscettibili  di  essere  recuperate  alla  coscienza  del  lettore,  che  possano  far  parte  dell’attività  necessariamente  consapevole  in  cui  consiste  l’intervento  educativo” (2009, pp. 101‐102). 

Affinché  sia  favorita  l’attivazione  della  mente  del  lettore,  è  quindi  necessario che egli percepisca il problema come tale e che sia intrinsecamente  motivato a trovare una soluzione. Ma perché si tratti di un problema vero e  proprio  (e  non  di  un  semplice  compito  assegnato  dal  docente,  secondo  la  distinzione fornita poc’anzi), perché il problema esista nella mente del lettore  e  non  semplicemente  nel  testo,  è  necessario  che  ci  sia  già  stata  un’elaborazione il cui esito non coincide con quello richiesto dal testo.  

Un’altra  condizione  essenziale  per  la  stimolazione  dell’abilità  di  comprensione  mediante  situazioni  di  problem  solving  riguarda  il  tipo  di 

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soluzione  prevedibile  in  base  all’analisi  del  testo:  la  soluzione  (intesa  come  l’integrazione  inferenziale  necessaria  per  garantire  la  coerenza  della  rappresentazione  mentale)  deve  poter  essere  cercata  nel  testo  stesso  e  non  soltanto  nella memoria a lungo termine del lettore. Detto in altri  termini, la  meta  da  raggiungere  deve  poter  essere  chiaramente  rappresentata  e  il  percorso  deve  poter  essere  scoperto  attraverso  l’analisi  degli  elementi  che  costituiscono il problema: lo spazio del problema deve essere ben delimitato e  accogliere  un’attività  di  analisi  volta  a  scoprire  relazioni  o  aspetti  non  immediatamente evidenti durante la lettura.  

I  casi  in  cui  l’inferenza  richiesta  sia  da  ricercarsi  solo  nella  mente  del  lettore, e quindi nelle sue conoscenze pregresse, sono da escludere perché, in  quanto  privi  della  possibilità  di  delimitare  lo  spazio  del  problema,  non  consentono di osservare il percorso di ricerca seguito dal lettore, percorso che  nello  studio  dei  processi  di  comprensione  della  lettura  solitamente  si  ricostruisce  attraverso  l’utilizzo  della  tecnica  del  thinking  aloud  o  pensare  ad 

alta  voce  (che  sarà  approfondita  nei  capitoli  dedicati  alla  descrizione  della 

presente  ricerca)  (Mosconi,  1990;  Ericsson  e  Simon,  1993;  Pressley  e  Afflerbach, 1995). Anche in questo caso, il docente/istruttore ha un ruolo ben  preciso:  oltre  ad  invitare  il  lettore  a  pensare  ad  alta  voce  durante  la  rilettura,  deve assumere un atteggiamento non valutativo, empatico, di attenzione ed  incoraggiamento  al  ruolo  attivo  dell’interlocutore  e  di  compensazione  delle  possibili frustrazioni attraverso la riformulazione (Rogers, 1951). Nei momenti  di  difficoltà,  infatti,  il  docente/istruttore,  riformulando  alcuni  passaggi  del  discorso  del  lettore,  oltre  a  mostrare  lo  sforzo  di  comprensione  e  quindi  l’attenzione  per  il  processo  in  atto,  fornisce  uno  stimolo,  una  esortazione  a  continuare, senza peraltro interferire con il filo del discorso dell’interlocutore  e quindi con il suo ruolo attivo di ricerca della soluzione nel testo. 

Perciò,  laddove  l’errore  di  comprensione  del  testo  si  verifichi  ad  un  livello di inconsapevolezza da parte del lettore, non si esclude la possibilità  di  un  intervento  del  docente  di  trasformazione  del  problema  di  comprensione  dal  problem  posing  al  problem  solving,  attraverso  i  seguenti  passaggi (Lumbelli, 2009): 

‐ riformulazione  non  valutativa  dell’esito  dell’elaborazione  del  lettore  nel  corso  della  prima  lettura  come  premessa  per  l’impostazione del problema; 

‐ eventuale argomentazione dell’effettiva esistenza del problema;  ‐ proposta  di  riesplorazione  di  una  parte  del  testo  alla  ricerca  di 

elementi  che  possano  essere  di  supporto  nella  risoluzione  del  problema; 

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‐ incoraggiamento ad esprimere tutti i pensieri e le idee che affiorano  durante la rilettura. 

Questa serie di operazioni ha l’obiettivo di richiamare alla coscienza ciò  che  sfugge  al  controllo  consapevole,  provvedendo  a  far  rientrare  nel  controllo  l’esecuzione  di  quelle  operazioni  che  definiscono  la  comprensione  corretta  di  passaggi  particolarmente  critici  perché  bisognosi  di  integrazioni  determinabili in base al testo.