STRUMENTI DELLA RICERCA
BRANO 10 PROGRAMMI DI PLAN INTERNATIONAL (TESTO NON CONTINUO)
ITEM 35A
Tipo di compito individuare informazioni: paragonare le voci in un elenco Livello di difficoltà
dell’item
questa domanda serve solo per acquisire informazioni e non contribuisce al punteggio dello studente. La risposta viene presa in considerazione per la valutazione della risposta alla domanda 35B
ITEM 35B
Tipo di compito
riflettere sul contenuto del testo: basarsi su conoscenze ed esperienze personali per formulare un’ipotesi coerente con le informazioni date
Livello di difficoltà
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personalità degli intervistati e modificarsi all’occorrenza. “Deve concedere all’intervistato piena libertà di espressione, per metterlo nella condizione di far risaltare il proprio punto di vista utilizzando le proprie categorie mentali ed il proprio linguaggio. In una parola, lo strumento dell’intervista non può essere (o deve essere poco) standardizzato” (Corbetta, 2003, p. 407).
In base al diverso grado di standardizzazione, ossia al diverso grado di libertà/costrizione concesso all’intervistatore e all’intervistato, questo strumento si declina nelle seguenti tipologie:
‐ intervista strutturata: è la situazione in cui a tutti gli intervistati
vengono poste le stesse domande nella stessa formulazione e nella stessa sequenza. Lo stimolo è quindi uguale per tutti, ma le risposte sono libere, perciò aperte;
‐ intervista semistrutturata: è la situazione in cui l’intervistatore
dispone di una traccia che riporta gli argomenti da trattare, tuttavia egli è libero di impostare l’intervista, porre le domande e ‐ se necessario ‐ fornire spiegazioni;
‐ intervista non strutturata: sia gli argomenti che l’itinerario
dell’intervista sono liberi e l’intervistatore ha il solo compito di porre sul tavolo della conversazione i temi che vuole toccare.
Tra le tre tipologie generali elencate, quella più idonea a raccogliere le informazioni necessarie allo sviluppo della ricerca è sembrata senza dubbio l’intervista semistrutturata proprio in virtù del fatto che pur autorizzando l’intervistatore a condurre la conversazione, a mantenerla entro confini predefiniti e ad intervenire per avere degli approfondimenti, lascia il soggetto libero di parlare, di esprimersi, di evidenziare punti forti e criticità incontrate nel processo di lettura.
La tecnica alla quale ci si è ispirati per la conduzione delle interviste è quella del thinking aloud o pensare ad alta voce che, come si è visto nel quarto capitolo, è quella solitamente impiegata nella ricostruzione dei processi di comprensione della lettura (Lumbelli, 2009; Afflerbach, 2000; Ericsson and Simon, 1993; Veenman, Elshout & Groen, 1993).
Nel thinking aloud, l’intervistatore invita l’intervistato a pensare ad alta
voce durante l’esecuzione del compito dando voce a tutti quei pensieri che
generalmente vengono formulati in silenzio. Il soggetto non deve spiegare o giustificare ciò che sta facendo, né riferire le proprie strategie: egli deve semplicemente descrivere, con parole sue e se possibile senza interruzioni, ciò di cui è consapevole mentre svolge il compito assegnatogli. È l’intervistatore che deve inferire le strategie che emergono dalla descrizione.
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“Thinking aloud is intended to provide researchers with useful information to aid their inferences about how target tasks are normally carried out when thinking aloud is not required” (Gilhooly‐Green, 2008, p. 53).
Quando si applica il thinking aloud, perciò, si chiede ai partecipanti di parlare ad alta voce durante i processi di pensiero, di risoluzione dei problemi, di apprendimento. I protocolli verbali così ricavati vengono successivamente analizzati attraverso uno schema di codici (Bannert and Mengelkamp, 2008) con l’obiettivo di individuare i processi cognitivi e metacognitivi che soggiacciono all’esecuzione di differenti tipologie di compito.
Un modello descrittivo del thinking aloud è stato elaborato da Ericsson and Simon (1993) e si basa sulla distinzione di tre diversi tipi di dati verbali:
1. parlare ad alta voce (talk aloud), che corrisponde al livello 1 di verbalizzazione: a questo livello, il soggetto che ha eseguito un’attività di lettura traduce in parole il contenuto immagazzinato nella propria memoria a breve termine senza alcuno sforzo o processo intermedio specifico, senza che avvengano cambiamenti significativi nei processi cognitivi;
2. pensare ad alta voce (think aloud), che corrisponde al livello 2 di verbalizzazione: a questo livello, nel momento in cui il contenuto della memoria a breve termine deve essere tradotto in parole, intervengono dei processi di mediazione che implicano la trasformazione da una forma di codifica, ad esempio quella verbale originaria del testo, ad un’altra, ad esempio visiva. Questo livello di verbalizzazione richiede dei tempi più lunghi del precedente poiché comporta delle pause di riflessione necessarie all’elaborazione e spiegazione dei processi in atto;
3. procedure di verbalizzazione che richiedono un processo di mediazione
prima della verbalizzazione (p. es. introspezione o riflessione) (reflect when prompted), che corrisponde al livello 3 di verbalizzazione: a questo
livello, sono necessari dei processi di mediazione poiché il soggetto deve spiegare i propri pensieri, le proprie idee, le proprie ragioni. Questi processi interpretativi addizionali richiedono non solo il tempo dovuto per le elaborazioni, ma possono anche comportare delle modificazioni nei processi cognitivi. In questo caso, infatti, il soggetto spesso attinge alla propria memoria a lungo termine per fare collegamenti con quanto immagazzinato nella memoria a breve termine e quindi inferire dei significati. All’interno di questo meccanismo, si verifica anche un’attività di “filtraggio”, poiché il
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soggetto seleziona le informazioni all’interno della memoria a breve termine che dovrebbero essere verbalizzate ed esclude quelle che non risultano utili.
Nel presente lavoro, si è passati costantemente dal secondo livello di verbalizzazione, quello definito thinking aloud, al terzo livello, quello definito
reflect when prompted. Infatti, nella letteratura relativa al thinking aloud
(Ericsson and Simon, 1993; Pressley and Afflerbach, 1995; Cromley and Azevedo, 2006, Gilhooly and Green, 2008), si suggerisce di non intervenire durante il processo di ricostruzione dell’attività cognitiva che avviene nel
thinking aloud per evitare di condizionare l’intervistato, mentre è possibile
invitarlo a riflettere nel reflect when prompted (come suggerisce la stessa denominazione). Il principio del “non intervento” è stato applicato quindi in tutti quei casi in cui i partecipanti si sono mostrati in grado di riflettere sul compito autonomamente; laddove invece si sono verificate difficoltà a procedere in tal senso, è stato necessario l’intervento del ricercatore per stimolare, attraverso domande specifiche, la riflessione sul compito, fondamentale per mettere in luce il possesso o meno di conoscenze e processi riconducibili a capacità di secondo livello.
Il passo successivo nel definire l’intervista è rappresentato dalla “stesura del canovaccio”, ossia dalla definizione della cornice all’interno della quale organizzare la traccia per le domande. A partire dalla finalità dell’intervista di evidenziare i processi e le strategie utilizzate dai partecipanti durante l’attività di lettura, si è preso come riferimento il Questionario sulle Strategie di Apprendimento (QSA) elaborato da Pellerey (2000) e lo si è adattato al lavoro da svolgere. Dopo aver selezionato, tra i fattori del QSA, quelli pertinenti con la presente ricerca, è stata elaborata una traccia per l’intervista semistrutturata, alla quale si è fatto ricorso solo nei casi in cui è stato necessario sollecitare gli intervistati a fornire delle informazioni che non erano in grado di dare spontaneamente:
ESEMPI DI DOMANDE