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L’art 111 del codice di procedura civile del

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 59-69)

Con i tentativi intrapresi nei primi decenni del XX secolo di riformare i codici del 1865 non può dirsi si sia accompagnata sin dall’inizio la consapevole volontà di dotarsi di una regolamentazione positiva della successione nel diritto controverso. Invero, nessuno dei primi progetti per un nuovo codice di procedura civile contiene alcuna disciplina in merito219.

Solo il progetto Carnelutti del 1926 contemplava all’art. 43 la fattispecie del trasferimento per atto tra vivi, che veniva inquadrata tra le eccezioni al principio di immutabilità delle parti processuali, a sua volta codificato nell’art. 37220.

218

In questo senso ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935 e CARNACINI, L’alienazione

dell’immobile colpito da pignoramento nel diritto italiano, in Riv. Dir. Proc., 1934, I, 354 ss.,

219

Nè il Progetto Orlando (1908-1909), né il Progetto Chiovenda (1918), né quello di Mortara (1923) contengono alcuna previsione in proposito, ma si limitano a disciplinare la sola ipotesi di successione mortis causa: cfr. sul punto Lorenzetto Peserico, op. cit., pag. 118 ss. Non possono del resto non ricordarsi le resistenze incontrate anche in Germania per una regolamentazione espressa dell’istituto.

220

L’art. 37 testualmente recitava: “ Non può agire o contraddire per la decisione di una lite una parte diversa da quella, la quale ha proposta la domanda o contro la quale la domanda è stata proposta, salvo che l’altra parte vi consenta e salve le eccezioni disposte dalla legge e in particolare dgli articoli seguenti”. Mentre l’art. 43 così disponeva: “Qualora prima della chiusura dell’istruzione muti la persona, alla quale appartiene l’interesse in lite per causa diversa da quella indicata nel precedente articolo, il processo continua senza mutamento delle parti, salvo diverso accordo di queste”. Il testo dell’articolo è riferito da ANDRIOLI, Commento al codice di

procedura civile, I, Napoli, 1960, 310 s.), mentre il testo dell’intero progetto è stato pubblicato quale Supplemento alla Riv. Dir. Proc., 1926. Su di esso si veda TARELLO, Profili di giuristi italiani contemporanei:

Il progetto Redenti del 1933 conteneva, all’art. 67, una il testo di una disciplina221

che, trasfusa con lievi modifiche nei progetti, preliminare e definitivo, Solmi, rispettivamente agli artt. 18 e 21222, assumerà in seguito la veste definitiva dell’attuale art.

111 c.p.c.

Non sembra senza interesse rilevare come, così come era stato qualche decennio prima per la Novelle della Zivilprozessordnung del 1898, anche nella elaborazione del codice di procedura civile particolarmente dibattuta risulta la questione della “giusta” collocazione da dare alla previsione degli effetti della sentenza nei confronti del successore (nonché, almeno limitatamente al codice italiano, delle clausole di salvezza costituite dalla trascrizione immobiliare e dal possesso di buona fede) . Espunta inizialmente dall’art. 21 del progetto definitivo Solmi perché ritenuta di pertinenza del diritto sostanziale, essa troverà definitiva collocazione nell’ultimo comma dell’art. 111 c.p.c., demandando all’interprete di rinvenire il nesso di coordinazione con la disciplina contenuta nel sesto libro del codice civile, in particolare con gli artt. 2909 e 2652-2653 c.c.223

Infine, dai lavori preparatori non sembrano emergere altre indicazioni di rilievo in ordine al meccanismo applicativo interno che si sarebbe voluto imprimere all’art. 111 c.p.c.224

Sta di fatto che la letteratura successiva ascriverà al legislatore italiano di essersi voluto consapevolmente rifare al § 265 ZPO225, o almeno alla comprensione che ne aveva la dottrina

italiana del tempo226, salva la fondamentale previsione della facoltà di intervento

221

Se ne riporta di seguito il testo: “Qualora in corso di giudizio una delle parti trasferisca ad altri per atto tra vivi i beni, i diritti, le azioni o le ragioni di cui si contende, il procedimento prosegue senza interruzione fra le parti originarie, anche se il trasferimento sia reso pubblico o notificato. La sentenza pronunciata nei confronti dell’alienante, spiega i suoi effetti anche nei confronti dell’acquirente. L’acquirente può tuttavia intervenire per la tutela del proprio interesse, e può esser chiamato in causa dalle altre parti. In questi casi l’alienante, con l’accordo delle altre parti, può essere estromesso dal giudizio e l’acquirente può subentrare a lui nel procedimento, nello stato e nei termini in cui si trova, ferma restando la responsabilità dell’alienante per le spese, se le parti espressamente non vi rinuncino”.

222

Un sommario panorama dell’ iter legislativo è riferito da ANDRIOLI, Commento al codice di procedura

civile,I, 3a ed., Napoli, 1961, 310 ss. L’art. 18 del progetto preliminare Solmi del 1937 era formulato come segue: “Se una delle parti trasferisca ad altri i beni o i diritti di cui si contende, l’acquirente può intervenire volontariamente nel giudizio, ma l’alienante non può essere estromesso se tutte la parti non vi aderiscano. La sentenza pronunciata contro l’alienante spiega in ogni caso i suoi effetti anche contro l’acquirente”. Rispetto ad essa, il progetto definitivo Solmi del 1939 avrebbe inteso sottolineare il principio della prosecuzione del giudizio con il dante causa.

223Rileva VACCARELLA, Trascrizione delle domande giudiziali e successione nel diritto controverso, in Trattato della

trascrizione, 2, La trascrizione delle domande giudiziali, diretto da GABRIELLI E GAZZONI, Torino, 2014, come “la divisione del lavoro tra processualisti e sostanzialisti nella riforma dei codici, che ha lasciato (rectius, conservato) a questi ultimi di disciplinare (riscrivendo il vecchio art. 1351 c.c.) “la cosa giudicata” (sostanziale) con l’art. 2909 ha comportato la necessità per i primi di prevedere nell’ultimo comma dell’art. 111 quella efficacia della sentenza nei confronti del successore a titolo particolare che la ZPO contempla”

224

Sembra che il nodo centrale entro cui si agitavano le discussioni in seno alla Commissione delle Assemblee legislative fosse l’opportunità di disporre in termini positivi la possibilità di prosecuzione del giudizio tra le parti originarie piuttosto che la sola previsione della facoltà di intervento del successore. Sul punto si veda WIDMANN, La successione, cit., 210, testo e nota 34.

225

Il giudizio è pressocché unanime: tra tutti, v. PROTO PISANI, La trascrizione delle domande giudiziali,

del successore, volontario o su chiamata, nonché del potere di impugnazione della sentenza.

All’indomani dell’entrata in vigore dell’attuale art. 111 c.p.c., il dibattito relativo al regime interno dell’istituto in esame doveva dunque riprendere (o meglio, più propriamente, iniziare) dal punto in cui era stato lasciato in precedenza, peraltro ulteriormente complicandosi per la complessa individuazione dell’entità – quella appunto del “diritto controverso” – intorno a cui avrebbe dovuto ruotare l’ambito di applicazione della disciplina227.

Venivano così denunciate le contraddizioni insite nella ricostruzione della dottrina previgente che, pur inquadrando il dante causa nella figura del sostituto processuale, continuava a giustificare la ratio dell’istituto con il principio della retroattività degli effetti della sentenza al momento della domanda228. Si prendeva dunque apertamente posizione

per la piena rilevanza del fenomeno successorio all’interno del processo 229; e, ancora una

volta, l’argomento principale che doveva essere lo stesso utilizzato dalla dottrina tedesca alcuni decenni prima: gli inconvenienti e le aporie cui avrebbe condotto la scissione del rapporto obbligatorio tra un piano sostanziale, esposto al traffico giuridico, da quello processuale refrattario ad ogni modificazione. Si tratta, come ben si vede, di un leit motiv che accomuna e avvicina, nonostante il trascorre del tempo, la dottrina italiana a quella tedesca230.

226

Sul punto, icasticamente Vaccarella, Trascrizione delle domande giudiziali e successione nel diritto controverso, secondo il quale l’art. 111 c.p.c. è “figlio più della dottrina, che alla norma tedesca si è ispirata, che delle prescrizioni positive di essa”

227

Al punto sarà dedicato il III capitolo del presente lavoro.

228

Così DE MARINI, La successione nel diritto controverso , Roma, 1953, 20 ss., in part. 28, autore del primo

studio monografico in Italia sull’istituto in esame: “Una tale teoria, a mio modesto avviso, è contraddittoria. Se si ritiene che gli effetti della sentenza retroagiscano al momento della proposizione dell’azione, che l’attuazione del diritto debba consderarsi avvenuta in quel momento, che la situazione di fatto e di diritto considerata dalla sentenza debba essere quella originaria, è necessario concludere che l’alienante sta in giudizio per un diritto proprio”.

229

Così, ancora, DEMARINI,La successione nel diritto controverso, Roma, 1953, 22 s., 29 ss.

230

Le motivazioni addotte da DEMARINI, La successione nel diritto controverso, Roma, 1953, 22 ss., sono in

tutto sovrapponibili a quelle formulate con settanta anni di anticipo nell’ordinamento tedesco da

FOERSTER/ECCIUS, Preussisches Privatrecht, 6 Aufl., I, Berlin, 1892, 667. Si diceva, infatti: “E’ giusto che resti

inalterata, almeno apparentemente, la situazione processuale […], ma non è possibile voler considerare inalterata anche la situazione sostanziale. La modificazione o estinzione del rapporto sostanziale da parte del nuovo titolare non può passare inosservata nel processo” (DE MARINI, La successione, cit., 22 s.) cui seguono

esempi rigorosamente tratti dall’ipotesi di cessione del credito (pagamento al cessionario, remissione, novazione, etc.).

Tale è la lettura dell’istituto verso cui si è orientata la prevalenza degli interpreti231,

agevolati per altro dall’intervenuta codificazione (art. 81 c.p.c.) della figura della sostituzione processuale, nella quale si è continuato, almeno tendenzialmente, ad identificare la posizione ricoperta dal dante causa rimasto parte nel processo232.

Sempre in tale tendenziale e sommario quadro di riferimento, divergenze d’opinioni si riscontrano in ordine al ruolo da riconoscere all’allegazione nel processo del fenomeno successorio, intravvedendo in essa taluno il presupposto ineliminabile per l’applicazione di tutte le disposizioni contenute nell’art. 111 c.p.c. 233. Altri autori

riconducono alla mancata allegazione l’inverarsi di una disciplina in un certo senso derogatoria, ove il processo proseguirebbe ad oggetto immutato e in assenza di sostituzione processuale, mentre la sentenza pronunciata sarebbe efficace nei confronti del successore in virtù di un fenomeno di riflessione scaturente dalla previsione del co. 4 dell’art. 111 e della inclusione degli aventi causa fra i soggetti cui l’art. 2909 c.c. estende la sfera soggettiva di efficacia del giudicato234; ovvero si esclude toto coelo che l’art. 111 c.p.c.

231

La tesi della rilevanza dell’atto di cessione nel processo sarà sostenuta da ANDRIOLI, Commento al codice

di procedura civile, I, 3a ed., Napoli, 1961, 310 ss.; CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile secondo

il nuovo codice, II, Padova, 1944, 226; CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, I, Padova, 1985, 98 ss., n.

124; ID., Spiegazioni di diritto processuale civile, II, 2a ed., Torino, 2012, 458; COSTA, Manuale di diritto

processuale civile, Torino, 1959, 177; DE MARINI, La successione nel diritto controverso, Roma, 1953, 29;

D’ONOFRIO, Commento al nuovo codice di procedura civile, I, Padova, 1941, 91; FAZZALARI, La successione nel

diritto controverso, in Riv. Dir. Proc., 1979, 521 ss., 527; ID., Successione nel diritto controverso , in Enc. Dir.,

XLIII, Milano, 1384 ss.; JAEGER, Diritto processuale civile secondo i nuovi codici, Torino, 1942, 255; LASERRA, Prospettazione ed efettività dell’art. 111 c.p.c., in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1978, 1285 ss.; LIEBMAN, Manuale di

diritto processuale civile, Milano, 1973, 80 ss.; LUGO, Manuale di diritto processuale civile, 7° ed., Milano, 1979, 87 s.; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Torino, 2002, 371 ss.; MURONI, La successione nella res litigiosa nell’arbitrato rituale interno e con profili di internazionalità: analisi retrospettiva dell’ultimo comma dell’art. 816-quinquies c.p.c ., in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2007, 903 ss., 909 ss.; PICARDI, La successione processuale, Milano, 1964, 132 s.; PROTO PISANI, La trascrizione delle domande giudiziali, Napoli, 1968, 13, n. 16; ID.,

Dell’esercizio dell’azione, sub art. 111, in ALLORIO, Commentario del codice di procedura civile , I, 2, Torino, 1973,

1242 ss,; R EDENTI, Diritto processuale civile, I, Milano, 1957, 182; ZANZUCCHI, Il nuovo diritto processuale civile,

I, Milano, 1942, 313 ss.

232

Invero, una volta ammessa la piena rilevanza del trasferimento del diritto controverso all’interno del processo, è sembrato per lo più naturale inquadrare la posizione del dante causa rimasto parte del processo nell’istituto della sostituzione processuale. Così almeno la maggioranza degli autori citati alla nota precedente.

233

E’ questa l’opinione di PICARDi, La successione processuale, Milano, 1964, 133: “l’alienante, se dichiara

l’avvenuto mutamento soggettivo, diventa un sostituto processuale, altrimenti rimane, nel processo, nella stessa situazione in cui si trovava prima della alienazione. […] il processo proseguirà fra l’alienante e la controparte, come se nulla fosse mutato. Il fenomeno traslativo si esplicherà unicamente sul piano sostanziale. L’acquirente del diritto sostanziale non potrà, perciò, intervenire nel processo, ai sensi dell’art. 111, 3° comma, cod. proc. Civ.; non potrà avvalersi dei mezzi di impugnazione, diversi dall’opposizione di terzo. In altri termini, un tale acquirente non avrà tutti i poteri che l’art. 111 conferisce al successore nel cd. diritto controverso. Il giudicato, invece, si rifletterà su di lui, ma solo in forza delle normali regole civilistiche, cioè, nel senso che gli effetti della sentenza incideranno direttamente nel patrimonio dell’alienante e, soltanto in virtù della normale ripercussione, ricadranno nel patrimonio dell’acquirente […] per far scattare il complesso meccanismo di cui all’art. 111 cod. proc. Civ., è necessario che l’alienante dichiari nel processo di aver trasferito ad un terzo il cd. diritto controverso. Tale dichiarazione costituisce, invero, uno dei segmenti essenziali della fattispecie a cui è ricollegata la successione nel cd. diritto controverso”.

234

In questo senso, in particolare CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, 2aed., Torino, 2012,

458 s., in adesione all’impostazione di GARBAGNATI, La sostituzione processuale, Milano, 1942, 207 s., secondo

codifichi un’ipotesi di sostituzione processuale, dando vita piuttosto ad una peculiare fattispecie di legitimatio ad causam straordinaria235; o, ancora, si applica a tale ipotesi la teoria della parte complessa236.

Per contro, sotto la vigenza dell’art. 111 c.p.c., la tesi della completa irrilevanza del trasferimento nel processo ha continuato a trovare seguito tra gli interpreti in misura certamente maggiore di quanto non avvenisse nella coeva dottrina tedesca, e nonostante il deficit costituito dalla difficoltà di rendere ragione del meccanismo interno che giustificasse l’esclusione del fenomeno successorio dall’orizzonte visuale del giudice237.

Lo spunto per il diverso approccio ermeneutico doveva, ancora una volta, essere offerto dalla considerazione della natura (reale) della situazione di vantaggio fatta valere nel processo e poi trasferita238, ovvero del lato del rapporto processuale (quello passivo) in cui si sarebbe dovuta verificare la successione a titolare particolare239, entrambe prese quali

dell’alienante, appunto perché non si può dire che l’alienante faccia valere, in questo caso, un diritto altrui; e l’efficacia della sentenza di cosa giudicata in senso sostanziale […] spiega anche nei confronti del successore a titolo particolare (art. 111, ult. comma) non è un’efficacia diretta, ma un’efficacia riflessa, che si fonda sopra la successione nel diritto controverso, dall’art. 111 sostanzialmente equiparata, a questo effetto, ad una successione che si verificasse dopo la formazione del giudicato, avente per oggetto il diritto stesso”.

235

TOMMASEO,L’estromissione di una parte dal giudizio, Milano, 1975, 239 ss.

236

DEMARINI,op. cit., 180, riconduce la posizione di alienante ed acquirente alla figura teorica della cd. parte

complessa.

237

Non si riscontra, invero nella dottrina italiana, uno specifico impegno ricostruttivo profuso verso una nuova ed originale esplicazione del meccanismo sotteso all’art. 111 c.p.c. informato alla teoria della Irrelevanztheorie che si discosti sensibilmente dalle formulazioni già in precedenza elaborate dalla dottrina tedesca. Possono qui segnalarsi le posizioni di FABBRINI, L’opposizione ordinaria di terzo nel sistema dei mezzi di impugnazione, Milano, 1968, 175, che continua a ricondurre il regime dell’art. 111 c.p.c. al principio della retroattività della sentenza al momento della domanda; LORENZETTO PESERICO, La successione nel processo

esecutivo, Padova, 1983, 278, secondo la quale sotteso all’art. 111 c.p.c. opererebbe un fenomeno – limitato alle sole parti processuali e non estensibile a terzi – di subordinazione dell’effetto traslativo sostanziale alla conclusione del processo in senso favorevole al dante causa. Più di recente, un tentativo di riabilitare la teoria della irrilevanza sulla base di una supposta finzione che si celerebbe dietro all’istituto in esame è stato compiuto da WIDMANN, La successione, cit., 193 ss.

238

In tal senso ATTARDI , Diritto processuale civile, I, Padova, 1999, 328 ss., il quale, proprio prendendo a

riferimento controversie che mettono in gioco assetti latu sensu proprietari – in particolare vengono considerate domande di rivendica della proprietà e di impugnativa di contratti di compravendita – arriva a concludere che “non è affatto vero che il trasferimento a titolo particolare del diritto controverso sollevi un problema di legitimatio ad causam, attiva o passiva, rispetto alle parti originarie”, op. cit., 331. Ne segue la constatazione per cui l’art. 111 c.p.c. si limita a far fronte al problema della tendenziale limitazione soggettiva di efficacia del giudicato alle sole parti del processo. In tale prospettiva, l’immutazione soggettiva delle parti processuali disposta dall’art. 111, 1° co., c.p.c. sarebbe indice della volontà del legislatore di sancire l’inefficacia, nel solo ambito del giudizio pendente, della successione a titolo particolare nel diritto controverso (op. cit., 335, 338 s.).

239

Tale è l’impostazione di VERDE, Profili del processo civile, I, 3a ed., Bologna, 2012, 203 ss., 206, che

interpreta l’art. 111 c.p.c. come “espressione del principio chiovendiano secondo cui la durata del processo non deve pregiudicare l’attore che ha ragione”, e – di conseguenza – lo ritiene applicabile alle sole ipotesi di successione verificatisi dal lato passivo del rapporto processuale. In ipotesi di successione dal lato attivo, invece, qualunque sia la consistenza del diritto (reale od obbligatorio) fatto valere, si dovrebbe pervenire al rigetto nel merito della domanda originaria cha fa valere un diritto ormai estinto ovvero, qualora l’attore modifichi la domanda chiedendone l’accoglimento in favore del cessionario, per difetto di legittimazione ad agire; VERDE, op. cit., 205.

casi paradigmatici – se non esclusivi240 – di applicazione dell’istituto in esame. In ogni

caso, comune a questa impostazione è il rifiuto di intravedere nelle pieghe dell’art. 111 c.p.c. un’ipotesi di sostituzione processuale241, mentre viene variamente evidenziata

l’analogia o – comunque – la maggior rispondenza dell’istituto riletto alla luce della prospettiva dell’irrilevanza con altri fenomeni processuali quali la successione nel processo mortis causa242, ovvero, al disciplina della successione nel diritto controverso nell’arbitrato (art. 816-quinquies, 3° comma, c.p.c.)243.

In ultimo, alcuni autori hanno suggerito un approccio differenziato al problema, sulla scorta delle analoghe posizioni assunte dalla dottrina tedesca. In tale ottica – si è sostenuto – la teoria della irrilevanza offrirebbe soluzioni del tutto appaganti se applicata alla successione verificatasi dal lato passivo del rapporto processuale. Al contrario, in ipotesi di trasferimento operato da parte dell’attore – e il riferimento precipuo doveva ancora correre alla fattispecie della cessione del credito – dovrebbe ammettersi la piena rilevanza della cessione nel processo onde ammettere il convenuto ad opporre eventuali eccezioni personali al cessionario244.

La giurisprudenza, dal canto suo, non pare più neanche sollevare questioni in ordine alla piena rilevanza del trasferimento nel processo, ma si limita a reiterare l’insegnamento tradizionale consentendo al dante causa di proseguire il processo in qualità di sostituto processuale del cessionario245. Mentre non pare si sia neanche minimamente posto

all’attenzione dei giudici il problema anche solo della eventualità che

240

Così VERDE,op. cit.,206

241

In tal senso: ATTARDI, Diritto processuale, cit.,334 s.; VERDE, op. cit.,207; SATTA,Commentario al codice

diprocedura civile, I, Milano, 1966, 417; VOCINO, Contributo alla teoria del beneficio d’inventario, Milano, 1942,

59, secondo il quale la prosecuzione del processo da parte dell’alienante “non ha bisogno d’appoggiarsi a una pretesa sostituzione dell’ultimo all’acquirente del diritto litigioso”. Così, espressamente, anche MENGONI, Note

sulla trascrizione delle impugnative negoziali, in Riv. Dir. Proc., 1969, 360 ss., 365, nt. 11.

242

E’ il rilievo svolto da ATTARDI, Diritto processuale, cit., 328 e 336, secondo cui la prospettiva della

irilevanza del trasferimento si consiglierebbe anche per l’analogia con la disciplina della successione nel processo di cui all’art. 110 (e 111, 2° co.) c.p.c., in cui si danno certamente ipotesi (mancata dichiarazione del venir meno della parte ovvero mancata accettazione pura e semplice dell’eredità) in cui il processo prosegue sul rapporto originario facente capo al de cuius. Tale considerazione è condivisa da LORENZETTO PESERICO, La

successione nel processo esecutivo, Padova, 1983, 247 ss.,WIDMANN, La successione a titolo particolare nel

diritto controverso, Trento, 2015.

243

CAVALLINI,L’alienazione della res litigiosa nell’arbitrato, inRiv. Dir. Proc., 1997, 146 ss

244

In tal senso LUISO, Diritto processuale civile, I, Milano, 2009, 376 ss., nonché ID., Successione nel processo, in Enc. Giur., XXX, Roma, 1993, 1 ss.; 5, dove si fa l’esempio del pagamento che il convenuto debitore effettui nelle mani del cessionario, onde poter spendere la relativa eccezione nel processo proseguito con il cedente.

245

La massima appare del tutto incontrastata. Si vedano Cass., 23 ottobre 2014 n. 22503; Cass., 24 febbraio 2014 n. 4368; Cass., 7 agosto 2013 n. 18867, in CED Cassazione, 2013; Cass., 22 ottobre 2009 n. 22424, in CED

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