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Le ragioni di una polemica

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 32-47)

Possono tracciarsi – giunti a questo punto – alcune conclusioni che, per quanto provvisorie, possono contribuire a rendere esplicite le ragioni della polemica tra Relevan- e Irrelevanztheorie.

I sostenitori di quest’ultima erano sicuramente, alla luce dell’indagine storica condotta, più fedeli interpreti della volontà del legislatore storico. D’altro canto, però, i fautori della Relevanztheorie mettevano chiaramente in luce l’artificiosità del meccanismo sotteso al § 265 ZPO, soprattutto nella sua concreta applicazione nell’ipotesi in cui la successione si verificasse dal lato attivo del rapporto processuale, ed in particolare nel caso in cui il processo avesse avuto ad oggetto una situazione sostanziale di consistenza obbligatoria97. Scindere artificiosamente e concettualmente il rapporto obbligatorio tra

una realtà processuale, insensibile ad ogni possibile modificazione soggettiva, e la realtà della vita del diritto sostanziale dei traffici e degli scambi, era forse astrazione eccessiva per i tempi che quella norma avrebbe dovuto disciplinare98 (e forse lo sarebbe anche ai

giorni nostri99).

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E’ ciò che del resto verrà sempre rinfacciato alla Relevanztheorie.

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Eppure anche il diritto processuale moderno nasce da una scissione dal diritto sostanziale. Eppure, ogni scissione analitica e concettuale della realtà può riverlarsi pericolosa, se dimentica della propria origini. In tempi in cui non si distingueva il piano sostanziale da quello processuale, nel diritto classico romano, insegnavano i latini che l’obbligazione, giunta alle porte del giudizio, si estingue per consumazione, per far subentrare un altro juris vinculum: quello fondato sull’azione, l’obbligazione giudiziale, il rapporto giuridico processuale. Scindere analiticamente i piani della realtà è sempre possibile, ma purché si tenga sempre a mente che si tratta in fondo un una necessità logica di comprensione umana (omni definitio per genus proximum e diferentiam specificam!). Il rischio subentra quando subentra il dogma.

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Il ché potrebbe leggersi come ammonimento, anche per l’attuale legislatore, dai pericoli che possono celarsi dietro una acritica e non riflettuta inversione dei rapporti tra rito e merito (si veda l’esperienza recente del filto in appello).

E’ certo che ad innescare quella polemica dovette indubbiamente contribuire la scelta consapevole del legislatore storico tedesco di frustrare, al di là di ogni prevedibile necessità, le possibilità di partecipazione al processo del successore nel diritto controverso, in nome – forse – di un’eccessiva e malintesa volontà di tutelare la parte che non avesse dato luogo alla successione100.

Ancora, non si è forse mai messo sufficientemente a fuoco, nell’inasprirsi della polemica tra la Relevanz- e la Irrelevanztheorie, quanta influenza possa aver esercitato il cd. Zweiparteienprinzip, da cui risulta informato il processo civile tedesco, in una linea di tendenza, anche storicamente determinata101, particolarmente visibile anche in materia di

successione nel diritto controverso102.

Il processo disciplinato dalla ZPO appare ancora oggi disciplinato all’insegna di un rigido intendimento della struttura bilaterale della lite, per cui le parti di ogni giudizio sono sempre e soltanto due, attore e convenuto103, quand’anche più soggetti possano concorrere a costituire un’unica parte processuale in qualità di litisconsorti. Tale principio si riflette inevitabilmente anche nella disciplina degli esiti di un processo interessato da un fenomeno di successione nel diritto controverso, anche a prescindere dalla scelta operata dal legislatore storico tedesco di privare il successore della qualità di streitgenoessicher Nebenintervenient.

Si esaminano infatti le alternative. Il successore, di per sé, può solo dispiegare nel processo einfache Nebenintervention (mero intervennto adesivo), nel qual caso non assume le vesti di parte processuale in senso proprio, ma di mero ausiliare della parte adiuvata (Streithelfer o Streitgehilfe), con poteri processuali estremamente ridotti104.

Solo con il consenso delle parti originarie del processo105 può essere legittimato ad

assumere la lite al posto del proprio dante causa, con conseguente estromissione di quest’ultimo e subitaneo ristabilimento della bilateralità della lite.

100

Anche uno dei primi sostenitori della Irrelevanztheorie come ARNDT, Die Veräuβerung cit., 322, noterà che la soluzione poi adottata dal legislatore di mortificare così tanto i poteri processuali del successore lite pendente non fosse assolutamente imposta da esigenze dogmatiche.

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Plank

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Si tratta in realtà di un carattere costante del processo tedesco, anche di quello di diritto comune del XIX secolo. Lo stesso SCHMID, Handbuch, cit., 116 s., nello scandire i passaggi essenziali della disciplina

dell’avvicendamento del successore al proprio dante causa entro lo stesso rapporto processuale, riteneva necessario che: 1. una della parti processuali dovesse venire estromessa (“es muss eine Parteienperson aus dem Streitverhaeltnisse austreten”; 2. un altro soggetto dovesse essere legittimato a proseguire il giudizio (“es muss eine andere Person befugt sein, den begonnenen Process fortzusetzen”); 3. l’attività processuale svolta fino a quel momento dovesse ritenersi valida senza necessità di ratifica da parte del successore; 4. la validità del seguito del procedimento dipendesse dalla riassunzione della lite ad opera di una delle parti originarie o per intervento volontario del successore (il ché avrebbe escluso , secondo l’A., la possibilità di disporre nei suoi confronti l’adcitatio.

103Si tratta di un principio che può dirsi pacifico in Germania. Si veda sul puntoROSENBERG/SCHWAB/GOTTWALD,

Zivilprozessrecht, 17. Aufl., München, 2010, 201: “Jeder Zivilprozess hat zwei Parteien, von denen die eine gegen die

andere Rechtsschutz begehrt: sogenanntes Zweiparteienprizip. Ein mehrseitiges Verfahren, an dem mehr als zwei Parteien selbstaendig beteiligt, gibt es in Zivilsachen nicht”. Si veda anche LÜKE, Die Beteiligung Dritter im

Zivilprozess, Tübingen, 1993, 1, che parla di Zweiparteienstruktur.

104

ROSENBERG/SCHWAB/GOTTWALD,Zivilprozessrecht, cit.,252, 256.

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E’ vero che il § 265 ZPO richiede espressamente solo il consenso della controparte. Ma la norma è interpretata oggi dalla dottrina prevalente nel senso che DINSTUEHLER, Die Prozessuale Wirkungsweise des §

In alternativa, e sempre con il consenso – in questo caso – della sola controparte, il successore può dispiegare intervento principale (Hauptintervention) nel processo. Anche in tale ultima ipotesi, tuttavia, il principio della struttura bilaterale del processo non subisce deroga dal momento che la Hauptintervention è configurata dalla ZPO come una controversia autonoma che corre parallela rispetto a quella principale, avente come terminazioni soggettive, da una parte, l’interveniente (Hauptintervenient) e, dall’altra in un unico polo processuale, le parti della controversia principale106.

Dunque, qualunque sia la condotta processuale assunta dalle parti processuali, la controversia interessata da un fenomeno di successione nel diritto controverso proseguirà, secondo il disegno della ZPO, sempre e comunque in una dimensione strettamente bilaterale. Di qui il sospetto che tale peculiare carattere del processo tedesco abbia quantomeno contribuito ad imprimere al dibattito dottrinario quella direzione, che poi avrebbe effettivamente preso, così marcatamente segnata dal problema interpretativo di fondo relativo a quale sia l’oggetto del processo proseguito ai sensi del § 265 ZPO dalle parti originarie. In quest’ottica si spiega la fortuna che ha riscosso in Germania la chiave di lettura della disciplina della successione nel diritto controverso imperniata sulla antitesi tra Relevanz- e Irrelevanztheorie.

Del resto, in un ordinamento processuale come quello tedesco, che esclude espressamente che il giudicato possa cadere su un rapporto pregiudiziale a quello deciso in mancanza di espressa domanda di parte (§ 256 II ZPO)107, la distanza tra Relevanz- e Irrelevanztheorie sembra ridursi, fino al punto, quasi, di scomparire. Infatti, anche nel caso in cui si assuma – secondo i dettami della Relevanztheorie – che l’oggetto del giudizio, proseguito a compagine soggettiva invariata ex § 265 ZPO, sia il diritto proprio del successore, l’ambito oggettivo del giudicato non verrebbe tendenzialmente mai allargato alla questione, sottesa al rapporto di cessione, della legittimazione dell’avente causa108.

Nonostante tale osservazione, che escluderebbe in radice la ragione di ogni possibile distinzione, si nutre comunque il sospetto che la polemica tra Relevanz- e Irrelevanztheorie implichi un più profondo significato che solo una mancata visione d’insieme del fenomeno della successione nel diritto controverso ha – finora – potuto celare.

La questione sarà approfondita nel proseguo della ricerca, per ora appare opportuno seguitare nell’indagine storica per fornire maggiori spunti di osservazione e di analisi. La successiva piega che avrebbe preso in Germania il dibattito relativo all’istituto disciplinato dal § 265 si riconnette indissolubilmente agli sviluppi che gli studi processualistici avrebbero assunto sin a partire dagli inizi del XX secolo. Anche in questo caso ci si limiterà a mantenere il discorso nell’ambito proprio della discussione e delle

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ROSENBERG/SCHWAB/GOTTWALD,Zivilprozessrecht, cit.,252, 269

107Dispone, infatti, il secondo comma del § 256 ZPO: “Bis zum Schluss derjenigen mündlichen Verhandlung, auf die das Urteil ergeht, kann der Kläger durch Erweiterung des Klageantrags, der Beklagte durch Erhebung einer Widerklage beantragen, dass ein im Laufe des Prozesses streitig gewordenes Rechtsverhältnis, von dessen Bestehen oder Nichtbestehen die Entscheidung des Rechtsstreits ganz oder zum Teil abhängt, durch richterliche Entscheidung festgestellt werde”. Sul punto si veda ROSENBERG/SCHWAB/GOTTWALD,Zivilprozessrecht, cit.,876

principali tappe dell’istituto della successione nel diritto controverso, rimandandosi per l’analisi del contesto dogmatico-sistematico al successivo capitolo.

10. Prozessstandschaft, la svolta nella giurisprudenza tedesca e la modifica

funzionale dell’istituto

In proseguo di tempo, la fortuna della Relevanztheorie sarebbe stata indissolubilmente legata all’elaborazione della figura della sostituzione processuale (Prozessstandschaft) ad opera del Kohler, che permise di offrire una congeniale spiegazione teorica al meccanismo operativo del § 265 ZPO, sganciandola dalla originaria tesi della rappresentanza. Il dante causa, lungi dal rappresentare il successore, ne avrebbe proseguito il giudizio in sostituzione processuale in forza di un potere di disposizione di schietto diritto sostanziale seppur – nel caso di specie – esplicantesi sul rapporto giuridico processuale, di cui ancora risultava titolare109. Successivamente, il fondamento della

sostituzione processuale venne in generale individuato da Hellwig in un potere di amministrazione sulla posizione sostantiva altrui (Verwaltungsrecht) concesso ad un soggetto diverso dal titolare del diritto, a cui si sarebbe stato ricollegato il potere processuale di farlo valere in giudizio (Prozessfuehrungsrecht)110.

Non si mancava peraltro di sottolineare, da parte degli stessi autori che ne avevano sostenuto l’introduzione, alcune forzature necessarie per adattare la nascente figura della sostituzione processuale all’istituto della successione nel diritto controverso. Così non sfuggiva come il potere di amministrare la situazione giuridica altrui mancasse proprio al dante causa nella fattispecie disciplinata dal § 265 ZPO, il cui fondamento doveva quindi essere rinvenuto su di un piano eminentemente processuale111. Ancora, pur rilevandosi l’anomalia di una legittimazione straordinaria conferita ad un soggetto che si era oramai spogliato dell’interesse diretto in causa, laddove la legittimazione del sostituto era normalmente fondata su un proprio interesse nella lite, nondimeno – si sosteneva – la sostituzione processuale del dante causa ex § 265 ZPO doveva essere riconosciuta in

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La prima formulazione dell’istituto è data rinvenire in KOHLER, Der Dispositionsniessbrauch, in Jherings

Jahrbuecher, 1886, 187 ss., in particolare, in riferimento all’istituto in esame, 319 s.: “ Eine solche Prozessstandschaft findet ihre sofortige Erklaerung in dem Dispositionsrecht: der Prozess ist keine Disposition, aber es kann der Erfolg einer Disposition haben; es ist daher sehr rationell, demjenigen, welchem das Dispositionsrecht zusteht, auch die Prozessstandschaft zu geben; und wie der Dispositionsberechtigte im eigenen Namen, nicht procuratorio nomine disponiert, und wie er kraft eigenen Rechts, nicht kraft einer Gestaltung des Proprietars veraeussert, so prozessiert er im eigenen Namen, und sein Prozess wirkt auf die Sache kraft des ihm zustehenden Rechts an der Sache: das Prozessrechtsverhaeltniss ist sein Rechtsverhaeltniss und die Prozessrechtsakte sind seine Akte; und dass diese Akte und dieses Rechtsverhaeltniss des Nichteigentuemers auf das Eigenthum einwirken, beruht darauf, dass das Eigenthum in seine Discretion gestellt ist”.

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HELLWIG, Lehrbuch des deutschen Zivilprozessrechts, I, Leipzig, 1903, 317 ss., nonché ID., System des

deutschen Zivilprozessrechts, I, 2. Neudruck der Ausgabe Leipzig, 1912, Aalen 1980, 166.

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HELLWIG, Lehrbuch, cit., 328: “Lediglich auf prozessualen Gesichtspunkten beruht die Statuierung des

Prozessfuehrungsrechts, das der Partei verbleibt, obgleich auf ihrer Seite waehrend des Prozesses eine Rechtsnachfolge stattgefunden hat. Dass sie es behaelt und dass es dem Rechtsnachfolger versagt wird, beruht hier lediglich auf einem reinen Prozessrechtssatz, bemisst sich also fur den deutschen Richter ausschliesslich nach unserem Rechte“, e 345. In senso analogo Id., Anspruch und Klagrecht, 2. Aufl., Leipzig, 1910, 129, n. 11.

quanto era funzionale alla conclusione del processo ed imposta dall’interesse generale della giustizia (“das allgemeine Interesse der Justiz”)112.

Tali prese di posizione meritano di essere evidenziate, e non solo per l’autorevolezza degli autori da cui provenivano. Esse evidenziano in realtà la consapevolezza che la Prozessstandschaft solo con una forzatura interpretativa rispetto alla sua normale funzionalità poteva adattarsi alle modalità operative proprie dell’istituto della successione nel diritto controverso riletto alla luce della Relevanztheorie113. Alla sua base non v’erano più – come in ogni altro ipotesi di sostituzione processuale – esigenze, imposte dal diritto sostanziale, di spiegare l’incidenza dell’altrui attività giuridica (la si definisca potere di disposizione o di amministrazione, in questa sede non rileva) sul rapporto giuridico di un terzo.

Era invece chiaro che nell’ipotesi disciplinata dal § 265 ZPO l’esigenza che giustificava l’impiego della Prozessstanschaft sarebbe stata esclusivamente processuale114.

Ed anche l’invocazione di ragioni latu sensu pubblicistiche (quel “allgemeine Interesse der Justiz” evocato dal Kohler) per giustificare l’interpretazione del § 265 ZPO ispirata alla nuova lettura della Relevanztheorie, può forse sorprendere in un ordinamento processuale così profondamente liberale come quello tedesco. E tuttavia, quella aperta (e forse irriflessa) ammissione che l’istituto in esame potesse essere animato (anche) da una funzione pubblicista – pur sempre asservita all’interesse privato, della parte che all’esito del processo avesse ottenuto ragione – può rappresentare un sicuro indice di quello che ne sarebbe stato il successivo sviluppo 115. Per ora basti qui rilevare come, per effetto

dell’operata rilettura dell’istituto, il § 265 ZPO subiva una deformazione funzionale: in primo piano non v’era più solo ed esclusivamente la necessità di tutelare la parte che non aveva dato luogo alla successione, ma anche esigenze di economia processuale e di concentrazione della funzione giurisdizionale.

Tutte queste considerazioni non potevano impedire alla nuova lettura dell’istituto ispirata alla Relevanztheorie, e almeno apparentemente rinnovata dall’impiego dell’istituto della Prozessstanschaft, di diffondersi e trovare sempre nuovi consensi. La nuova ricostruzione fece presto breccia nella dottrina e, soprattutto, nella giurisprudenza del116

112

KOHLER, Ueber die Sukzession in das Prozessverhaeltniss, in ZZP, 1888, 97 ss., 108, “ein eigenes Interesse

des Prozessstandschafters haeufig vorliegen wird, dass ein solches aber durchaus nicht immer erforderlich ist. Insbesondere ist eine Prozessstandschaft moeglich in Faellen, wo das Interesse der Erledigung der Prozesse, wo also das allgemeine Interesse der Justiz es verlangt, mithin namentlich, wenn es sich darum handelt, eine Succession in das Civilrecht zu ermoeglichen, ohne die Zwecke des Prozesses zu vereiteln”.

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Non è forse un caso che, anche in proseguo di tempo, una delle critiche più radicali che verrà opposta alla Relevanztheorie, non solo nel contesto tedesco ma anche in quello italiano, sarà la stessa possibilità di ravvisare, nella posizione processuale assunta dal dante causa rimasto parte in giudizio nonostante il trasferimento del diritto controverso, un’ipotesi di sostituzione processuale.

114

Hellwig lo ripeterà in tutte le sue opere; cfr. anche HELLWIG , System, cit., 368: “Dieses Prozessfuehrungsrecht ist insofern exceptionell, als es nicht – wie sonst – der Ausfluss des Verwaltungsrechts ist und deshalb keine zivilrechtlichen Befugnisse umfasst”. Nonché HELLWIG, Wesen und subjektive Begrenzung

der Rechtskraft, Leipzig, 1901, 156 s.

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Soprattutto in Italia; si vedano in proposito i paragrafi ad essa dedicati

116Emblematico del grado di reattività della dottrina nell’accogliere e far propria la nuova figura della

Prozessstandschaft appare la posizione assunta da Dernburg, il quale, dopo avere accolto già nella prima edizione del

suo manuale la Relevanztheorie come formulata da Eccius, già nella seconda edizione delle sue Pandekten, I:

Reichsgericht. Quest’ultimo, già prima della fine del secolo, tributava la propria preferenza alla Relevanztheorie, ritenuta maggiormente rispondente al tenore letterale della norma e al suo scopo117.

Di lì, il passo sarebbe stato breve nel pretendere che, a seguito dell’allegazione della cessione compiuta dall’attore in corso di causa, anche la domanda fosse mutata a favore del cessionario, pena il rigetto della stessa – restata immutata – in caso di deduzione e prova dell’avvenuta successione 118. Incidentalmente preme ancora una volta rilevare come le fattispecie che avevano dato impulso all’orientamento da ultimo assunto dal Reichsgericht, in senso favorevole alla Relevanztheorie, dovevano essere ancora una volta costituite da ipotesi di successione nel lato attivo del rapporto processuale, ed in particolare di fattispecie di cessione del credito119.

Sotto il profilo della cd. “Umstellung des Antrags” (la modificazione della domanda, appunto), si trattava in realtà di una necessità su cui non vi era concordia neanche fra i fautori della Relevenztheorie. Si è già visto come Eccius, originariamente, richiedesse la modifica della domanda da parte dell’attore perché quest’ultimo non si rendesse inadempiente nei confronti del cessionario e, d’altro canto, concedeva alla controparte di poter eccepire la cessione al solo scopo di venire condannato direttamente nei confronti dell’attuale titolare del diritto120. Dal canto suo, Kohler riteneva meramente opportuna e non necessaria (“angezeigt, nicht

nothwendig”) tale modifica, e – fra l’altro –

dell’istituto datane da Kohler.

117Così, quasi letteralmente la sentenza del Civilsenat IV. del 7 ottobre 1897, in Entscheidungen des Reichsgerichts

in Civilsache, XL, Leipzig, 1898, 340 ss., in part. 343, secondo cui lo scopo del § 265 ZPO è solo quello di impedire che

la posizione processuale della controparte possa risentirne pregiudizio a causa dell’avvicendamento della parte originaria con un soggetto incapiente (e quindi impossibilitato a rifondere le spese processuali) e a cui non potesse essere deferito giuramento decisorio. A questi fini sarebbe stato sufficiente interpretare restrittivamente l’affermazione secondo cui l’atto di cessione era ininfluente sul processo, conferendovi un rilievo complementare e meramente processuale. Prospettare una irrilevanza anche ai fini della decisione sul merito avrebbe ecceduto rispetto alle intenzioni del legislatore, mettendo capo ad una inefficacia relativa dell’atto di cessione nei confronti della controparte processuale, che sarebbe stata in aperto contrasto con l’abrogazione del divieto romanistico di alienazione della res litigiosa, sancita dal primo Absatz del § 265 ZPO. Preme tuttavia rilevare come il Reichsgericht continuerà a qualificare il dante causa rimasto parte in causa come un rappresentante del successore ancora nella sentenza del Civilsenat IV. del 22 prile 1911, in Entscheidungen des Reichsgerichts in Civilsache, LXXVI, Leipzig, 1911, 215 ss., in part. 217

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La prima pronuncia in cui si afferma tale principio è la sentenza del Civilsenat VI dell’11 gennaio 1904, in Entscheidungen des Reichsgerichts in Civilsache, LVI, Leipzig, 1904, 301 ss., in part. 307 ss..Questa si richiama espressamente alle conclusioni raggiunte dalla sentenza del 1897 in materia di rilevanza dell’atto di cessione (si veda la nota precedente) e prospetta la modificazione della domanda come una conseguenza necessaria (notwendige Folge) della soluzione accolta dalla prima. Altrimenti – si dice nel testo della motivazione – avrebbe perso ogni significato il primo comma del § 265 ZPO che dispone la libera alienabilità delle cose e delle pretese controverse. Non si vede perché – prosegue il testo della decisione – non possa essere eccepito al cedente di non essere più creditore, dal momento che questi perde tale qualità sin dal momento dell’atto di cessione ai sensi del § 398 BGB. In tal senso deporrebbe anche l’analogia con il caso costituito dal pegno di un credito controverso, ove sarebbe impensabile che il debitore venisse condannato al pagamento a favore del creditore pignorato. Già la successiva sentenza del Civilsenat IV. del 22 prile 1911, in Entscheidungen des Reichsgerichts in Civilsache, LXXVI, Leipzig, 1911, 215 ss., in part. 217, si limiterà a richiamare il precedente del 1904 per fondare la medesima tesi.

119In questo senso tutte le decisioni citate alle note precedenti, cui si aggiunga anche la sentenza RGH, V, del 12 giugno, 1901, in Entscheidungen des Reichsgerichts in Civilsache, IL, Leipzig, 1902, 363 ss.,

solo nel caso di successione verificatasi dal lato attivo del rapporto processuale e di sentenza di

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 32-47)