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Una disciplina europea della successione nel diritto controverso(?)

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 77-82)

IL REGIME “INTERNO” DELLA SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO Sezione I: Introduzione

20. Una disciplina europea della successione nel diritto controverso(?)

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Proprio per scongiurare una simile eventualità, e conservare alla controparte l’originale contraddittore, era stato introdotto il § 236 CPO e, in progresso di tempo, il § 265 ZPO, la cui disciplina infatti, in forza della ratio che la giustificava, concedeva minime possibilità all’avente causa di intervenire nel processo e di far valere, oramai, la propria posizione sostanziale

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Invano ancora oggi si cercherebbe, tra la normativa di diritto internazionale processuale europeo, una qualunque norma volta ex professo a disciplinare l’alienazione del diritto litigioso entro lo spazio giudiziario europeo. Eppure una regolamentazione del fenomeno è stata in concreto enucleata dalla Corte di Giustizia – e, a cascata, dalle corti dei paesi dell’Unione Europea che vi hanno dato attuazione – a partire dalle norme disciplinanti la litispendenza europea Si anticipa che la disciplina in questione è stata forgiata in via interpretativa dalla Corte di Giustizia europea a partire dall’interpretazione delle norme europee in materia di litispendenza comunitaria, segnatamente l’art. 21 della Convenzione di Bruxelles

La questione si è venuta concretamente a porre nell’ambito della pronuncia della Corte di Giustizia nel caso Drouot assurances SA292. Nella fattispecie293, si trattava di valutare se sussistesse litispendenza tra una prima domanda giudiziale promossa in Olanda dal proprietario di un carico, affondato assieme alla nave che lo trasportava nelle acque del fiume Reno, nei confronti del comandante/proprietario della stessa per l’accertamento della sua esclusiva responsabilità per il naufragio, e la successiva domanda proposta in Francia dall’assicuratore della stessa imbarcazione, che aveva nel frattempo provveduto a recuperare nave e carico, per ottenere dal proprietario di quest’ultimo – attore nel primo giudizio – il rimborso del contributo d’avaria comune.

Si trattava dunque di una fattispecie riconducibile a quella che potrebbe dar luogo, nei singoli ordinamenti nazionali, all’applicazione della disciplina della successione nel diritto controverso in quanto – al di la della disciplina specifica dell’avaria comune e delle peculiarità del caso concreto – l’assicuratore nel procedimento francese si sarebbe potuto astrattamente considerare quale avente causa, in via di surroga del proprio assicurato, nel

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Si tratta della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sezione V, del 19 maggio 1998 (causa C-351/96) – Drouot assurancees SA c. Consolidated metallurgical industries, Protea assurance e GIE Reunion europeenne, pubblicata in Giust. Civ. , 1999, I, 1 ss., con nota di ASPRELLA , I presupposti della

litispendenza internazionale: rapporti tra l’art. 21 tra la Convenzione di Bruxelles e l’art. 7 della legge italiana di riforma del diritto internazionale privato; nonché ADOLPHSEN, Zur Frage der Anwendbarkeit des Art. 21 EuGVU

trotz fehlender Parteiidentitaet, in Zeitschrift fuer Zivilprozess International, 1998, 246 ss.; PERSANO, Il rilievo

della litispendenza internazionale nella Convenzione di Bruxelles del 1968: la nozione di ‘stesse parti’ , in Riv. Dir. Int. Priv. Proc., 2000, 713 ss.; HANDLEY, Res judicata in the European Court, in The Law Quaterly Review,

2000, 193 ss. Per ulteriori commento alla decisione della Corte si rimanda a LUPOI, Conflitti transnazionali di

giurisdizioni, II, Milano, 2002, 776 ss.; D’ALESSANDRO, L’oggetto del giudizio di cognizione, Torino, 2016, 50 ss.;

ID., Il riconoscimento delle sentenze straniere, Torino, 2007, 300; OTTO, Die subjektive Grenzen der

Rechtshaengigkeitssperre im deutschen und europaeischen Zivilprozessrecht, Berlin, 2007, 204 ss.; NIEROBA,

Die europaeische Rechtshaengigkeit der EuGVVO an der Schnittstelle zum nationalen Zivilprozessrecht, Koeln, 2005, ; SEATZU, The meaning of “same parties” in Article 21 of Bruxells Jurisdiction and Judgements Convention,

in European Law Review, 1999, 540 ss.

293Questa, esposta più distesamente, è la fattispecie che ha dato origine alla questione interpretativa su cui si èpronunciata la Corte di Giustizia. Nel 1989 la società Consolidated metallurgical industries (in proseguo CMI) aveva incaricato il signor Valghe di trasportare a bordo della propria nave “Sequana”, lungo le rive del fiume Reno, un carico di ferrocromo di cui era proprietaria. Durante la traversata, il 4 agosto 1989, la Sequana

èaffondata nelle acque dei Paesi Bassi e la Drouot assurances, società francese assicuratrice della nave, la aveva fatta recuperare a proprie spese, permettendo così il salvataggio del carico della CMI. Quest’ultima tuttavia il 4 agosto 1990 – assieme alla Protea assurance, società di diritto sudafricano assicuratrice del carico – promuoveva in Olanda un giudizio nei confronti del sig. Valghe diretto ad accertare l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo per il naufragio, e che dunque la medesima non avrebbe dovuto contribuire alle avarie comuni. Successivamente, a sua volta, la Drouot citava davanti al Tribunal de commerce di Parigi la CMI e la Protea per il pagamento dell’importo del contributo d’avaria che nel frattempo era stato liquidato a carico delle convenute. Sollevata in tale procedimento eccezione di litispendenza europea da parte della CMI sulla base del giudizio pendente in Olanda, tale eccezione veniva respinta in prima istanza con la motivazione che la Drouot non era parte del primo giudizio e che comunque le domande dei due procedimenti non avevano lo stesso oggetto. La CMI e la Protea replicavano nel giudizio di gravame innanzi alla Cour d’appel di Parigi che il solo motivo per cui la Drouot non era parte del giudizio pendente in Olanda era che le norme di procedura olandesi non permettevano di chiamare in causa gli assicuratori; e inoltre che tra l’oggetto della controversia pendente in Francia era ricompreso in quello pendente in Olanda, dunque le controversie avevano lo stesso oggetto. Quindi la Cour d’appel accoglieva l’eccezione di litispendenza affermando che di fatto la Drouot era presente nel giudizio olandese “per interposto assicurato” e, dunque che le due controversie avevano lo stesso oggetto. Impugnata la sentenza innanzi alla Cour de Cassation, questa disponeva il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

diritto ad ottenere il rimborso della quota d’avaria da parte del proprietario del carico (art. 1916 c.c.294). Diritto per il quale era contestualmente pendente, nel processo preveniente in

Olanda, domanda di accertamento negativo.

Nel decidere la questione interpretativa sollevata in relazione all’allora in vigore Convenzione di Bruxelles del 1968295, la Corte di Giustizia prescinde da ogni necessità di

qualificare da un punto di vista oggettivo le domande pendenti nei due procedimenti296 e

appunta direttamente la sua attenzione sulla questione relativa all’interpretazione da attribuire alla nozione di “identità delle parti” che campeggia al centro dell’art. 21 della suddetta convenzione quale presupposto imprescindibile per la configurabilità di un’ipotesi di litispendenza comunitaria. Per tale via la Corte giunge così ad affermare che tale identità non debba venir intesa in senso prettamente formale, ma vada piuttosto verificata alla luce degli interessi sostanziali di cui ciascun soggetto è portatore, intravedendo in caso di coincidenza ed inscindibilità degli stessi un medesimo centro di interesse, e dunque una medesima parte processuale, suscettibile di innescare l’applicazione della disciplina della litispendenza297.

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Cfr. in giurisprudenza Cass. Sez. Un., 28 maggio 1994, n. 5246: “Con la surrogazione dell'assicuratore che ha risarcito il danno all'assicurato, nell'azione di risarcimento nei confronti del responsabile del danno stesso, si realizza una peculiare forma di successione a titolo particolare nel diritto di credito, sicchè l'assicuratore subentra nella stessa posizione sostanziale e processuale in cui si sarebbe trovato l'assicurato se avesse agito direttamente verso il responsabile, ovvero succede all'assicurato medesimo nel processo, se già promosso, a norma dell’art. 111 c.p.c.

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L’art. 21 della convenzione di Bruxelles del 1968 conteneva in nuce la disciplina della litispendenza europea, prevedendo che “q ualora davanti a giudici di Stati contraenti differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito. Se la competenza del giudice preventivamente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del giudice preventivamente adito”. Tale disposizione è stata successivamente trasfusa nell’art. 27 del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, ed è tuttora contenuta nell’art. 29 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 attualmente in vigore, che ha provveduto a sostituire il primo.

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E’ stato rilevato (cfr. al riguardo OTTO, Die subjektive, 210) come la mancanza di attenzione della Corte per la qualificazione delle due domande proposte ai fini della determinazione già a un livello oggettivo della identità dei due procedimenti non dipendesse dalla questione interpretativa proposta dalla Cour de Cassation, la quale era formulata genericamente e avrebbe permesso alla Corte di Giustizia di prendere posizione sul punto.

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Più in particolare il dispositivo della sentenza afferma che “l’art. 21 della Convenzione non è applicabile nel caso di due domande giudiziali di contributo delle avarie comuni, l’una proposta dall’assicuratore della nave affondata nei confronti del proprietario del carico che si trovava a bordo al momento del naufragio e del suo assicuratore, l’altra proposta da questi due ultimi soggetti ne confronti del proprietario della nave e del suo noleggiatore, a meno che non si dimostri che, in relazione all’oggetto delle due controversie, gli interessi dell’assicuratore della nave, da un lato, e quelli dei suoi assicurati (proprietario de noleggiatore della nave), dall’altro, sono identici e inscindibili”. L’espressione impiegata dalla Corte in tedesco suona “Interessen […] identisch und voneinander untrennbar”; in francese: “intérets […] identiques et indissociables”; in inglese: “interests […] identical and indissociable”. Per la rilevanza che assumerà nel proseguo del commento si riportano i punti 19 e 20 della motivazione, a cui farà più frequente riferimento: “19) Orbene, è certo che, in relazione all'oggetto delle due controversie, gli interessi di un assicuratore e del suo assicurato possono coincidere al punto che una sentenza pronunciata nei confronti dell'uno avrebbe forza di giudicato nei confronti dell'altro. Tale sarebbe il caso qualora un assicuratore, in forza del suo diritto di surrogazione, proponga o sia convenuto in un giudizio in nome del proprio assicurato senza che quest'ultimo possa influenzare lo svolgimento del processo. In un'ipotesi del genere l'assicuratore e l'assicurato devono essere considerati come una sola e unica parte ai fini dell'applicazione dell'art. 21 della Convenzione. 20) Per contro,

Il problema che si è concretamente posto in sede di commento alla riferita decisione – al di là del dato indiscutibile per cui la nozione di parte rilevante ai fini della litispendenza europea, secondo la soluzione fornita della Corte, sia da interpretare non in senso formale – è quello relativo agli indici da cui riscontrare, nonostante la formale diversità di soggetti298, quella coincidenza e inscindibilità di interessi che permettano

l’individuazione di una medesima parte in senso sostanziale in diversi procedimenti giudiziari avviati all’interno dello spazio giuridico europeo299.

Tra le prese di posizione della letteratura, impegnata variamente a porre in risalto i diversi e – si confessa – confusi passaggi della sentenza300, è stato rilevato come la sua

motivazione sembri far leva unicamente sulla nozione di successore, quale sarebbe

l'applicazione dell'art. 21 della Convenzione non può avere la conseguenza di privare l'assicuratore e il suo assicurato, nel caso i loro interessi siano divergenti, della possibilità di far valere in giudizio, nei confronti delle altre parti interessate, i loro rispettivi interessi”

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V’è ampia convergenza di vedute tra i commentatori sul fatto che, con la decisione riferita, la Corte di giustizia abbia di fatto rifiutato la nozione di parte in senso formale: si veda tra tutti OTTO , Die subjektive,

208; NIEROBA, Die europaeische Rechtshaengigkeit, cit., 279 s.; ADOLPHSEN, Zur Frage, cit., 250; D’ALESSANDRO,

L’oggetto, cit., 52. Tuttavia, alcuni autori interpretano la sentenza in commento nel senso che la Corte di giustizia abbia comunque inteso ribadire la centralità della nozione di parte in senso formale, mentre solo in casi eccezionali – da intendersi in senso particolarmente restrittivo – sarebbe consentito valutare la coincidenza degli interessi al fine della individuazione della medesima parte (cfr. HENSSLER/D EDEK,

Anmerkung zu EuGH v. 19.5.1998 Rs. C-351/96 – Drouot/CMI, in EWIR, 1998, 499 s.; RÉMERY, Bericht zu Cour

de Cassation v. 22.6.1999 n° de pourvoi 94-16830, in Rev. Crit. dr. Int. Privé, 1999, 774 ss.)

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Si tratta del medesimo problema interpretativo che si è trovata a dover risolvere laCour de Cassation, alla quale – al termine del giudizio incidentale operato dalla Corte di giustizia Ue – erano stati rimessi gli atti per valutare la sussistenza di una comunanza di interessi secondo i parametri forniti dal giudice europeo. Nella fattispecie la Cour de Cassation ha risolto il dilemma attraverso il corso ad uno stratagemma che le ha consentito, di fatto, di aggirare la questione relativa alla configurabilità nel caso di specie di un rapporto di successione. Il supremo giudice d’oltralpe riqualifica infatti la Drouot quale assicuratrice della sola nave e ritiene che, in quanto tale, essa avrebbe dovuto garantire la sola quota di contributo per l’avaria comune gravante sull’imbarcazione e non invece della eventuale responsabilità dell’armatore, di cui si discuteva nel procedimento pendente in Olanda. In tal modo la Cour de Cassation può affermare che gli interessi della Drouot e dell’armatore non fossero coincidenti e inseparabili: ciò che le consente di cassare la sentenza della Cour de appel che aveva, al contrario, affermato la litispendenza europea. Si riporta il passo della motivazione commentato: “la compagnie Drouot, en sa qualité d'assureur corps du navire, ne peut être tenue au-delà de la contribution de celui-ci aux avaries communes et qu'à ce titre elle est fondée à demander au propriétaire des marchandises sauvées et à l'assureur facultés la contribution de la cargaison à l'avarie, dont elle a avancé le montant, sauf leur recours ultérieur en responsabilité à l'encontre des armateurs, si ces derniers ont commis une faute à l'origine de l'événement ayant donné lieu à la déclaration d'avarie commune, ce dont il résulte que l'assureur corps, qui ne couvre pas les conséquences de cette faute éventuelle des armateurs, et ces derniers n'ont pas des intérêts identiques et indissociables par rapport à l'objet de chaque litige, la cour d'appel a violé le texte susvisé

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Confusi o disorientanti (“Verwirrend”) sono stati definiti i passaggi della motivazione della sentenza da GEIMER/SCHUETZE, sub art. 27, Rdnr. 13, in Europaeisches Zivilverfahrensrecht, 2. Aufl., Muenchen, 2004. La

maggioranza degli autori ha fatto comunque riferimento, quale criterio di base per l’individuazione della “stessa parte”, al fatto che i più soggetti sarebbero comunque assoggettati all’accertamento contenuto nella sentenza emanata in uno dei due procedimenti (in questo senso W ERNECKE, Die Einheitlichkeit des europaeischen und des nationalen Begrifs vom Streitgegenstand, Berlin, 2003, 42; nonché D’ALESSANDRO,

L’oggetto, cit., 52). In tal senso sembrerebbe infatti deporre un passaggio della motivazione della sentenza della Corte secondo la quale “è certo che, in relazione all’oggetto delle due controversie, gli interessi di un assicuratore e del suo assicurato possono coincidere al punto che una sentenza pronunciata nei confronti dell’uno avrebbe forza di giudicato nei confronti dell’altro”. Secondo altri il criterio decisivo sarebbe dato della impossibilità per una delle parti estranee al giudizio di poter “influenzare lo svolgimento del processo”

appunto “un assicuratore [che], in forza del suo diritto di surrogazione, proponga o sia convenuto in un giudizio in nome del proprio assicurato senza che quest’ultimo possa influenzare lo svolgimento del processo”301. E ciò – sembrerebbe – a prescindere da ogni

considerazione relativa ai limiti soggettivi di efficacia della sentenza emessa nel procedimento preveniente e, in particolare, dal fatto se, secondo le norme di quell’ordinamento, il successore sia vincolato all’accertamento formatosi contro il proprio dante causa302

Non è chi non veda, tuttavia, a quali inconvenienti potrebbe portare una simile interpretazione della “coincidenza e inscindibilità degli interessi” tanto lata da farla di fatto coincidere con ogni fenomeno successorio – non necessariamente verificatasi in corso di causa – indipendentemente dalla disciplina processuale del singolo ordinamento nazionale, soprattutto in punto di limiti soggettivi della sentenza. Il rischio latente sarebbe quello di impedire, in virtù delle norme sulla litispendenza europea, la possibilità di promuovere – contemporaneamente a quella condotta dal dante causa – una parallela azione da parte o nei confronti del successore nello spazio giudiziario europeo, senza garanzia che la sentenza pronunciata a conclusione del primo procedimento sia efficace nei confronti di quest’ultimo303.

In alternativa a questa interpretazione, non apparirebbe allora tanto remoto il timore – paventato da attenta dottrina304 – che la Corte si sia voluta porre sulla strada verso l’enucleazione di una autonoma nozione di giudicato, dotato di peculiare estensione soggettiva e suscettibile di essere imposto nel silenzio di ogni espressa disposizione legislativa al terzo successore il cui interesse risulti coincidere con quello di una parte processuale.

(sempre il punto 19 della motivazione della decisione, evidenziato da PITZ, Torpedos unter Beschuss, in

GRURInt, 2001, 32 ss, in part. 34)

301Il passaggio è tratto dal punto 19 della motivazione della sentenza in commento. Il rilievo del fenomeno successorio quale unico criterio onde ravvisare la coincidenza e inscindibilità degli interessi tra diversi soggetti èstato svolto soprattutto da commentatori inglesi (cfr. CHESHIRE, in NORTH-FAWCETT, Private International

Law, 13a ed., London, 1999, 253; COLLINS, in DICEY & MORRIS, The conflict of Laws, I, 13a ed., London, 2000) e tedeschi (OTTO, Die subjektive, cit., 208).

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Al di là di un accenno al punto 19 della motivazione, non risulta infatti alcuna altra considerazione della Corte sulla eventualità che la sentenza che verrà ad essere emessa nel procedimento preveniente esplichi la sua efficacia nei confronti del successore. In realtà v’è anche da dubitare che, nella fattispecie sottoposta al giudizio interpretativo della Corte di giustizia, potesse effettivamente parlarsi di successione in corso di lite dal momento che con buona probabilità la Drouot aveva già provveduto a recuperare nave e carico e a surrogarsi nel diritto del proprio assicurato prima che fosse reso pendente il procedimento in Belgio. La motivazione della sentenza non getta luce in proposito, né la questione è stata fatta oggetto della benché minima considerazione.

303In tale ipotesi, il soggetto pregiudicato da una simile disciplina sarebbe verosimilmente la controparteestranea alla successione nel diritto controverso. Può immaginarsi il caso dell’azione di rivendica relativa a un bene mobile promossa in Francia nei confronti di un convenuto che poi, in corso di lite, trasferisca ad un terzo il bene e questo venga trasferito in un paese terzo. Come si è visto, in tale fattispecie l’ordinamento processuale francese non assoggetta il terzo successore agli effetti della emananda sentenza, a meno che questi non partecipi al processo. L’attore potrebbe tuttavia avere interesse a promuovere un distinto procedimento giudiziario nel paese in cui il bene è stato trasferito, ma vi sarebbe impedito dalla pendenza del primo procedimento, magari mantenuto dolosamente in vita dal convenuto con intento proditoriamente dilatorio.

Se così effettivamente fosse, dovrebbe concludersene l’esistenza di una autonoma disciplina europea della successione nel diritto controverso, del tutto svincolata dalle singole previsioni nazionali e capace di imporre un giudicato “a sorpresa” nei confronti del terzo successore senza che lo stesso fosse in grado a monte di prevederlo – sulla base della lex fori disciplinante il procedimento ovvero della lex causae applicata al merito della controversia305 – e senza alcuna assicurazione che l’ordinamento del foro preveda

strumenti idonei a permettere la sua partecipazione al processo.

Si confessa che la prospettiva non appare sotto ogni cielo rassicurante

Di qui, l’opportunità di una interpretazione restrittiva del principio affermato dalla Corte di Giustizia: la valutazione della identità di interessi tra soggetti formalmente diversi dovrebbe essere guidata da un giudizio prognostico – effettuato dal giudice successivamente adito – sulla possibilità che la sentenza pronunciata al termine del primo procedimento sia in grado di spiegare effetti nei confronti del successore. Solo in ipotesi di risposta affermativa a tale interrogativo, al giudice adito per secondo sarebbe imposto – ai sensi degli attuali artt. 29 ss. del regolamento 1215/2011 – di dichiarare la litispendenza306.

In tal modo, la disciplina della litispendenza europea – lungi dal contenere in nuce una autonoma regolamentazione della successione nel diritto controverso – avrebbe il ben più esiguo ma definito compito di coordinare nell’ambito dello spazio giudiziario europeo le singole discipline nazionali della materia. Non è neanche da escludersi, del resto, che sia

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