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Profili applicativi: poteri delle parti e intervento

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 145-147)

Sezione IV: teoria della rilevanza e della irrilevanza 33 Prospettiva d’indagine

41. Profili applicativi: poteri delle parti e intervento

Neanche da un punto di vista schiettamente procedurale sembrano frapporsi problemi applicativi alla tesi, qui sostenuta, secondo cui l’istituto della successione nel diritto controverso debba essere interpretato alla luce della teoria della rilevanza ovvero della irrilevanza a seconda della natura della situazione di vantaggio di volta in volta coinvolta nel fenomeno indagato.

In particolare, per quanto concerne i poteri processuali delle parti nel processo in corso546, la dottrina ha posto da tempo in luce come la questione vada risolta

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Sul fatto che anche per le annotazioni previste dall’art. 2655 c.c. operi il principio della continuità delle trascrizioni la dottrina è concorde: cfr. CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, 12a ed., Padova,

2016, 3442

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Il coordinamento tra l’art. 111 c.p.c. e l’art. 2653 n. 2 è infatti pacificamente ammesso dalla dottrina: Andioli, Lezioni, I, cit., 318; Ferri, Della trascrizione immobiliare, cit., 289 s.; Natoli, Trascrizione, cit., 162 s.; Mastrocinque, La trascrizione, cit., 413; Trifone, Enfiteusi, cit., 108; Orlando Cascio, Enfiteusi, cit., 953 s.; anche ad opera dei fautori della cd. teoria delle distinctiones: DE MARINI, La successione, cit., 266 s.; PROTO

PISANI, La trascrizione, cit., 186 ss.

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Si ricorderà come una delle fondamentali acquisizioni ricavate dall’analisi dell’evoluzione storica delle fonti compiuta nel precedente capitolo è infatti stata quella di aver evidenziato come l’applicazione della teoria della rilevanza ovvero della irrilevanza non sarebbe stato – per così dire – questione indifferente all’ambito applicativo dell’istituto in questione. Si è infatti individuato nel passaggio dalla chiave di lettura dell’istituto in esame fondata sulla teoria della irrilevanza a quella della rilevanza il motivo principale – se non unico – dell’affermarsi, prima in Germania e poi anche in Italia, di una lettura restrittiva dell’ambito di applicazione del § 265 ZPO e dell’art. 111 c.p.c. La costruzione teorica fondata sulla tesi dell’irrilevanza infatti, calibrata sin dal suo primo sorgere sulle caratteristiche strutturali delle situazioni di vantaggio di carattere meramente obbligatorio, si sarebbe rilevata del tutto disfunzionale se applicata a situazioni giuridiche di consistenza reale. Prova ne sarebbe stata l’esclusione delle ipotesi di costituzione di un diritto

546L’intervenuto trasferimento del diritto controverso esclude invece pacificamente la possibilità che il dantecausa ponga in essere ulteriori atti di disposizione di portata sostanziale, ovviamente nella misura in cui sia già il diritto sostanziale a sancirne l’inefficacia nei confronti del successore: così, in caso di cessione del credito, la norma di riferimento sarà ancora quella dell’art. 1264 c.c.; mentre per i beni materiali alternativamente le norme sulla trascrizione degli acquisti ovvero, per i beni mobili, quelle di cui agli artt. 1153

e1155 c.c.; sul punto, WIDMANN, La successione, cit., 11o; ROTH, sub § 265, cit., 412; ASSMANN, § 265, in

indipendentemente dalla adesione all’una o all’altra delle contrapposte teoriche, dovendo piuttosto aversi riguardo ad una valutazione comparativa degli interessi delle parti in gioco, in particolare quelli della controparte estranea alla successione da un lato e, dall’altro, dell’avente causa estraneo al processo547.

Così infatti nella letteratura tedesca, nonostante l’indubbia prevalenza raccolta in passato della Relevanztheorie, la consapevolezza della funzione di tutela della controparte assolta dal § 265 ZPO 548 ha spinto la maggioranza degli interpreti a riconoscere i più ampi

poteri processuali al dante causa rimasto parte del processo, potendo questi disporre liberamente dei mezzi di prova (ivi compresa la confessione), rinunciare all’azione, riconoscere la pretesa nonché transigere, anche in via stragiudiziale549.

Più variegata, invece, è la posizione della dottrina italiana la quale si mostra unanime solo nel ritenere pacifico che il dante causa possa porre in essere atti di mero impulso processuale, ricomprendendo tra questi – esemplificativamente – la rinuncia agli atti del giudizio550. I dubbi, peraltro, si addensano in particolare sulla confessione e sul giuramento: se

da una parte si sottolinea come difetti nel dante causa la necessaria disponibilità del diritto per porli in essere551, dall’altro si rileva come nelle dinamiche applicative dell’art. 111 c.p.c. non entri

affatto in gioco un potere di disposizione processuale sul diritto controverso552. Secondo tale

ultima ricostruzione sarebbe piuttosto l’intervento in causa del successore a dover rappresentare il criterio decisivo di riferimento

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Luiso, 7; GRUNSKY, Die Veraeusseung, cit., 6 s., secondo cui “ die Loesung dieser Fragen haengt

grossenteils davon ab, ob man den Interessen der nicht veraeussernden Partei […] den Vorzug vor denen des Erwerbers gibt, der die Befugnisse des Veraeusserers naturgemaess moeglichst eng umgrenzt sehen moechte”

548Consapevolezza maturata proprio in contrasto con i postulati propri della Relevanztheorie nonché anche con la portata eminentemente sostanziale degli atti che si legittimava in tal modo il dante causa a compiere con effetto nei confronti del successore: cfr. BLOMEYER, Zivilprozessrecht. Erkenntnisverfahren, Berlin, 1963,

239:“Meines Erachtens ist die Frage nicht nach der materiellrechtlichen oder prozessualen Natur der Akte, sondern ausscliesslich nach dem Zweck des § 265 zu entscheiden, und dieser spricht eindeutig gegen die Relevanztheorie”; adesivamente ROTH, sub § 265, cit., 412 nonché – sempre sottolineando lo scopo di tutela

della disposizione – BECKER-EBERHARD, § 265, in Muenchener Kommentar, cit., 1604.

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Così in generale ROTH, sub § 265, cit., 412; SCHIEDERMAIR, Vereinbarungen im Zivilprozess, 1935, 159;

BECKER-EBERHARD, § 265, in Muenchener Kommentar, cit., 1604. La legittimazione del dante causa a transigere

anche in via stragiudiziale con effetto vincolante per il successore è stata affermata anche dal BGH (cfr. BGH 14.5.1986 – IV a ZR 146/85, NJW- RR 1987, 307), pur precisandosi in dottrina che l’efficacia della transazione dovrebbe essere condizionata in tal caso dal fatto che il suo contenuto riproduca quello di una possibile sentenza pronunciata dall’autorità giurisdizionale (ergo, che con la transizione il dante causa non disponga di un diritto proprio del successore): cfr. tra tutti ROSENBERG/SCHWAB/GOTTWALD, Zivilprozessrecht, cit., 555;

MERLE, Die Veraeusserung des streitbefangenen Gegenstandes, in Juristische Ausbildung, 1983, 626 ss., 631;

ZEUNER, Verfahrensrechtliche Folgen des Betriebsuebergang nach § 613 a BGB, in Festschrift Schwab, 1990, 575

ss., 592. In senso parzialmente divergente, STADLER/BESCHING, Die Veraeusserung streitbefangener Sachen, in

Jura, 2001, 433 ss., 435, ritengono ammissibile la transazione solo a condizione e nei limiti in cui essa corrisponda all’accordo tra dante causa e successore.

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Così LUISO, Successione nel processo, cit., 7; DE MARINI, La successione, cit., 84 s.; PROTO PISANI,

Dell’esercizio dell’azione, cit., 1233; WIDMANN, La successione, cit., 111. Peraltro ciò avviene non senza precisare

che anche la rinuncia agli atti del giudizio può comportare fattualmente la disposizione del diritto controverso: così quando essa intervenga in fase di gravame (comportando il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado) ovvero per il conseguente venir meno dell’effetto sospensivo prodotto dalla domanda originaria sul termine di prescrizione.

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DE MARINI, La successione, cit., 108 ss.; PROTO PISANI, Dell’esercizio dell’azione, cit., 1234; TOMMASEO,

che, sottraendo al dante causa il monopolio esclusivo nella conduzione del processo, imporrebbe di degradare l’efficacia di tali prove legali sottoponendole al libero apprezzamento del giudice553.

Proprio in riferimento all’intervento in causa, sia esso spontaneo ovvero ad istanza di una delle parti originarie, o ancora provocato dallo stesso giudice (art. 107 c.p.c.), dovrà riconoscersene la diversa incidenza e il diverso significato a seconda che esso si verifichi nelle ipotesi in cui sia ritenuta rilevante piuttosto che irrilevante la vicenda successoria verificatasi in corso di lite.

Così, in tale ultimo caso, sarà solo a seguito dell’ingresso del successore nella compagine processuale che anche la posizione sostanziale di quest’ultimo potrà assumere piena rilevanza all’interno del giudizio in corso. Diversamente, nelle ipotesi in cui trovi applicazione la teoria della rilevanza, l’intervento in causa del successore si rivelerà necessario solamente allorché la controparte intenda promuovere nei suoi confronti una autonoma e diversa domanda (domanda riconvenzionale, eccezione di compensazione, accertamento dell’intervenuto trasferimento).

Nel documento La successione nel diritto controverso (pagine 145-147)