3. La normativa italiana in materia di “collaborazione” fra imprese
3.2. Le reti formali: i distretti produttivi
3.2.1. L’elemento contrattuale
Ebbene, a seguito di una tale distinzione, occorre sottolineare come gli strumenti giuridici per il coordinamento tra imprese preesistenti (e alternativi) alla organizzazione “in rete” cos come attualmente disciplinato, sono di tre tipi: contratti plurilaterali (consorzi con attività interna e Associazioni Temporanee di Imprese - ATI); contratti bilaterali collegati; gli enti (ad es. consorzi con attività esterna47), utilizzati in genere nelle reti ove occorra rafforzare la gestione del coordinamento attraverso la delega agli organi amministrativi di un elevato livello di discrezionalità. L’utilizzo dei diversi sc emi previsti dall’ordinamento dipende dalle funzioni del coordinamento e dalle caratteristiche delle imprese aderenti.
Nello specifico, i contratti plurilaterali sono utilizzati prevalentemente per il coordinamento di imprese in posizione di parità. Lo strumento del consorzio, tradizionalmente, utilizzato per fini mutualistici, al fine di consentire la gestione di fasi della propria attività economica (ad es. sviluppo di un prodotto o di un servizio, coordinamento delle attività di distribuzione) a costi minori, fermo rimanendo il normale dispiegarsi del gioco concorrenziale tra le imprese al di fuori del consorzio. Le ATI, invece, rappresentano un fenomeno aggregativo di durata limitata, costituito con lo scopo specifico di partecipare ad una procedura di appalto, senza dar vita ad un modello stabile di coordinamento destinato a durare nel tempo48.
47 Per il riconoscimento della soggettività dei consorzi con attività esterna, cfr.: C. Stato, sez. V, 20-01-2004, n. 156; T.A.R. Lazio, sez. III, 13-02-2002, n. 962; Cass., 4 giugno 2007, n. 12958.
48 MOSCO, Frammenti ricostruttivi tra imprese e sistema delle reti, in Giurisprudenza
commerciale, vol. 37, 2010, p. 841; PALMIERI, Introduzione, in AIP (a cura di), Reti di impresa: profili giuridici, finanziamento e rating, Milano, 2011, p. XVI. Giuridicamente le ATI consentono
Per ciò che altresì concerne i contratti bilaterali collegati (reti di sub-fornitura, reti di distribuzione come il franchising, contratti di licenza di brevetto o know how, licenze di marchio), sono utilizzati prevalentemente in presenza di un’impresa leader in grado di coordinare le attività delle altre imprese. Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza, la presenza di un collegamento tra contratti rappresentato dalla destinazione a realizzare un’operazione economica comune rileva solo sotto il profilo degli effetti c e le vicende estintive relative a singoli rapporti producono rispetto alla rete, secondo il principio simul stabunt, simul cadent49.
Il collegamento contrattuale invece, non fornisce adeguata protezione agli investimenti specifici eseguiti dalle singole imprese per realizzare le finalità della rete contro il rischio di condotte abusive compiute da soggetti appartenenti ad altri nodi, n consente di integrare i singoli contratti con regole, desunte anche in via interpretativa da altri contratti collegati, idonee ad enucleare obblighi comportamentali che orientino le imprese verso la realizzazione dello scopo comune.
Infine, il coordinamento tra imprese può essere realizzato anche attraverso l’istituzione di un organismo apposito (c.d. reti organizzative) utilizzato in genere ove occorra assicurare la stabilità e l’efficacia del
possibilità di utilizzare cumulativamente le caratteristiche dimensionali, tecniche e operative delle imprese ai fini della partecipazione all’appalto si basa sul collegamento derivante da un mandato conferito dalle singole imprese ad una mandataria la quale partecipa all’appalto e assume la responsabilità per l’esecuzione.
49 IAMICELI, Dalle reti di imprese al contratto di rete, in Iamiceli (a cura di), Le reti di imprese e
coordinamento delegando agli organi amministrativi comuni un elevato livello di discrezionalità50.
Ebbene, lo strumento più diffuso di coordinamento, almeno anteriormente all’entrata in vigore del contratto di rete, stato quello del consorzio con attività esterna o della società consortile, con finalità di carattere mutualistico, in cui le imprese intendono beneficiare di economie di scala derivanti dalla gestione in comune di risorse per la produzione di servizi di interesse comune o dei vantaggi connessi ad una dimensione maggiore, quale la partecipazione a gare di appalto rispetto a cui le singole imprese non abbiano i requisiti dimensionali51.
I consorzi, tuttavia, consentono, secondo parte della dottrina, solo di coordinare fasi delle singole attività economiche degli imprenditori per uno scopo mutualistico (riduzione dei costi) e non già l’esercizio di attività imprenditoriali comuni rivolte prevalentemente a terzi per la produzione di utili52. La regolamentazione del consorzio, inoltre, pur essendo dispositiva e quindi modellabile liberamente dalle imprese aderenti, conterrebbe disposizioni di default non adeguate a regolare in modo efficiente il coordinamento tra imprese.
50 Possono al riguardo essere utilizzate tutte le forme previste dall’ordinamento, in particolare: consorzi con attività esterna, società consortili, società cooperative, società con scopo di lucro, associazioni e fondazioni, a seconda del modello più adeguato alle finalità perseguite dagli aderenti. Ai consorzi possono affiancarsi i GEIE (Gruppi Europei di Interesse Economico), regolati a livello comunitario, che rappresentano forme di coordinamento tra imprese dotate di autonomia patrimoniale e quindi di soggettività, pur non essendo provvisti di personalità giuridica. Cfr. IANNACCONE, Il Contratto di Rete e il ruolo del notaio, in AIP (a cura di), Reti di impresa, cit., 2011, p. 122.
51
Data l’esistenza di un tale strumento, da più parti si criticata l’istituzione del contratto di rete in quanto una pedissequa riproduzione del primo.
52 PALMIERI, Profili generali del Contratto di Rete, in AIP (a cura di), Reti di impresa, cit., 2011, pp. 11 ss.; SCOGNAMIGLIO-TRIPPUTI, Il contratto di Rete per l’esercizio di attività comune:
In pratica, se da una parte si è tentato di fornire giudizi di assimilazione, se non di sovrapposizione o addirittura di equivalenza, fra il contratto di rete e quello di consorzio (ex artt. 2602 e ss., c.c.), dall’altra ci si è chiesto se il primo, come il secondo, possa dar luogo ad un’autonoma figura imprenditoriale, esposta poi all’applicazione di procedure concorsuali53.
Ad ogni modo, accanto ai consorzi anc e l’uso delle società molto diffuso. Se si osserva, infatti, nell’ambito delle diverse forme societarie lo strumento che appare più adeguato, rispetto all’esigenza di coordinamento, sembra rappresentato dalla società a responsabilità limitata.
Essa, invero, coniuga l’ampiezza dei beni conferibili (che a differenza delle S.p.A. comprende anche prestazioni di opera e di servizi, garantiti da polizza fideiussoria o assicurativa) al beneficio della limitazione di responsabilità, mantenendo ampi margini di flessibilità di regolazione dell’attività di gestione ed amministrazione (che può essere delineata sia secondo il modello della società per azioni sia secondo il modello della società di persone prevedendo l’amministrazione congiuntiva) e dei rapporti tra soci.
53
Quesito che, come vedremo nel prosieguo, ovviamente si legittima a due condizioni:
- c e ricorra l’ipotesi (non più esclusiva, come si visto, ma c e qui si voluto mettere in primo piano) di un programma di rete che come quello dei consorzi con attività esterna preveda lo svolgimento di un esercizio in comune di attività rientranti nell’oggetto delle imprese dei contraenti; costituendo allora a servizio di tale attività un patrimonio la cui funzione di garanzia sia destinata ad operare secondo il regime descritto dagli artt. 2614 e 2615 c.c.;
- sempre che si conceda che anche una gestione formalmente erogativa — c e consista però nella produzione di un servizio a beneficio dei suoi partecipanti, i quali al contempo coprano i costi di produzione con contributi periodici — sia compatibile con la nozione d’impresa, almeno in punto di “economicità”. Il c e però, non essendo tendenzialmente contestato per i consorzi con attività esterna (che infatti in caso di insolvenza sono normalmente sottoposti a procedure concorsuali), neppure qui lo sarà.
Gli altri schemi societari, invece, appaiono residuali ai fini del coordinamento. In tal senso, la società per azioni presenta situazioni di restrizione relative al patrimonio (capitale sociale minimo elevato), alla natura e alla disciplina degli enti conferibili (non essendo conferibili prestazioni di opere e servizi), una minore elasticità organizzativa (non potendo l’assemblea e più in generale i soci ingerirsi nell’attività amministrativa che rimane di esclusiva competenza degli amministratori e non essendo possibile prevedere cause di esclusione dei soci), oltre a costi elevati di gestione. Le società in nome collettivo, viceversa, non prevedono restrizioni alla natura dei conferimenti e, di conseguenza, consentono di valorizzare il contributo amministrativo dei soci (la regola di default l’amministrazione disgiuntiva di tutti i soci salvo patti diversi), ma tutti i soci rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali. La società in accomandita per azioni e in accomandita semplice potrebbero avere una qualche utilità solo in presenza di reti in cui le imprese intendano graduare i poteri amministrativi e la responsabilità degli aderenti limitando il ruolo di alcune imprese a quello di soci finanziatori con limitazione di responsabilità.