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L’EURO: introduzione e questioni giuridiche

Capitolo I: L' EVOLUZIONE DELL'INTEGRAZIONE ECONOMICA

1.2 Verso l’Unione monetaria europea (U EM )

1.2.6 L’EURO: introduzione e questioni giuridiche

La terza fase del progetto dell’unione economica e monetaria, come prescritto nel Trattato di Maastricht, iniziò il 1° gennaio 1999 e previde la sostituzione delle monete dei Paesi membri e l’adozione della moneta unica europea, l’euro. Precedentemente, il 3 maggio 1998, il Consiglio dell’Unione europea verificò all’unanimità64

l’adeguatezza di 11 Stati membri : Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo Spagna, sul rispetto delle condizioni necessarie per l’adozione della moneta unica.

La decisione del Consiglio nacque da una selezione dei Paesi attraverso la quale fu valutato, sulla base di un rapporto dell’ime65 e di una relazione e di una raccomandazione della Commissione europea66, quali Paesi soddisfacevano i criteri di convergenza stabiliti dal Trattato. I suddetti criteri vengono esposti all’art. 121, par.1 (ex art. 109 J TCE) e riguardavano in particolare il raggiungimento di un alto grado di

stabilità dei prezzi67, la sostenibilità della situazione della finanza pubblica68, il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio dello SME69 e la

convergenza dei tassi di interesse a lungo termine70.

La partecipazione alla terza fase era vincolata al rispetto dell’insieme di questi criteri che riflettevano il grado di convergenza economica da raggiungere per gli Stati membri che volevano adottare l’euro. I risultati e i progressi raggiunti venivano riferiti al

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Si veda l’art. 104 C, comma 3.

64 Decisione del Consiglio 98/317/CE del 3 maggio 1998, a norma dell’art. 109 J, par. 4 del Trattato, in G.U.C.E. L. 139/30 del 11/5/1998.

65 I

STITUTO MONETARIO EUROPEO, 1998. Postfach 16 03 19, D-60066 Frankfurt am Main.

66 C

OMMISSIONE EUROPEA, EURO 1999 – 25 marzo 1998 – Relazione sulla convergenza e

raccomandazione per il passaggio alla terza fase dell’Unione economica e monetaria, COM(98)1999 –

C40200/98.

67 Il tasso di inflazione non doveva superare dell’1,5% quello dei tre Stati membri che avevano conseguito

i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi nel corso dell’anno precedente l’esame della situazione.

68

La Commissione esaminava il rispetto della disciplina di bilancio seguendo i due principi già anticipati: il rapporto tra il disavanzo pubblico annuale e il PIL non doveva superare il 3% e il rapporto tra il debito pubblico e il PIL non doveva superare il 60% alla fine dell’ultimo esercizio di bilancio concluso.

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Per almeno due anni e in assenza di svalutazioni nei confronti delle valute degli altri Stati membri.

70

I tassi di interesse nominali a lungo termine non dovevano superare più del 2% quelli dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

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Consiglio dalla Commissione e dalla BCE nella c.d. «relazione sulla convergenza»,

almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro, conformemente all’art. 122, par.2 (ex art. 109 K TCE).

Il 1° gennaio 1999 prende avvio l’Unione monetaria tramite l’introduzione dell’euro, utilizzato inizialmente solamente come unità di conto e con la fissazione dei tassi di conversione di ogni valuta con l’euro. L’entrata fisica dell’euro, con monete e banconote, avviene il 1° gennaio 2002 e , a partire da tale data, inizia il progressivo ritiro dalla circolazione delle vecchie monete nazionali71.

All’introduzione della moneta unica sono legate diverse questioni giuridiche. Prima fra tutte, e particolarmente attuale, risulta l’ammissibilità legale di uscita dall’Eurozona72

e abbandono della moneta unica. L’art. 50 del TUE prevede che ogni

Stato membro possa, tramite decisione incondizionata, recedere dall’Unione europea. La lettura che è stata data a questa norma va nella direzione dell’impossibilità di utilizzo, per l’uscita da un singolo aspetto dell’Unione: lo Stato membro che desidera lasciare l’euro deve conseguentemente lasciare l’Unione e viceversa. Nonostante ciò, va sottolineata la mancanza di un esplicito divieto di uscita dall’euro pur mantenendo un ruolo nell’Unione. Tuttavia l’appartenenza all’Unione europea e l’adesione all’Eurozona possono risultare situazioni normativamente distinte, dato che la partecipazione all’Unione medesima non vincola costituzionalmente gli Stati membri ad adottare l’euro. Questa è la situazione che colpisce i c.d. «Stati in deroga», cioè gli Stati che non hanno ancora raggiunto risultati soddisfacenti di convergenza, disciplinati dall’art. 140 del TFUE, a dimostrazione della presenza di forti asimmetrie nel processo di integrazione europea.

Ulteriore questione giuridica riguarda gli effetti dell’introduzione della valuta comunitaria nei rapporti interindividuali. In particolar modo occorre soffermarsi sulla situazione che interessa le obbligazioni pecuniarie espresse nella moneta nazionale, ma esigibili successivamente all’introduzione dell’euro. Con il Regolamento (CE) n.

1103/97, relativo a talune disposizioni per l’introduzione dell’euro73, e con successive

71 Il corso legale della Lira cessa il 28/02/2002. 72

Con il termine “Eurozona” si fa riferimento all’insieme degli Stati membri dell’Unione europea che adottano l’euro come valuta ufficiale. Per un maggior approfondimento sulle varie ipotesi giuridiche circa la legale uscita dall’euro si veda http://www.lavoce.info/archives/27284/si-puo-uscire-dalleuro/.

73 Regolamento (C

E) n. 1103/97 del Consiglio del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per

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disposizioni, la più importante delle quali è il Regolamento (CE) n. 974/9874, il

Consiglio dell’Unione europea ha voluto espressamente affermare il principio della continuità dei contratti.

In proposito, nell’art 3 del Regolamento (CE) n. 1103/97, viene specificato che l’introduzione della nuova moneta non ha l’effetto di modificare o annullare i termini, di uno strumento giuridico75. Tale principio viene espressamente confermato nella prima parte del considerando n. 7 del Regolamento che ribadisce «che la continuità dei contratti e degli altri strumenti giuridici non è influenzata dall’introduzione di una nuova moneta» nel rispetto della libertà contrattuale, in compatibilità con gli elementi concordati tra le parti in relazione all’introduzione dell’euro. L’art. 3, tuttavia, prosegue precisando che «la presente disposizione non pregiudica eventuali accordi assunti dalle parti».

In questo modo, viene sancito ancora una volta il principio della continuità dei contratti con il conseguente divieto di ricorso ai rimedi risolutori o anche modificativi di un contratto previsti in qualsiasi sistema giuridici al verificarsi di situazioni eccezionali ed imprevedibili.76 Non a caso, il suddetto principio viene stabilito con un regolamento del Consiglio, atto normativo dotato di efficacia erga omnes e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Esso, dunque, si sovrappone alle normative nazionali rendendo inapplicabili le disposizioni contrastanti77, e date le caratteristiche del regolamento, trova applicazione non soltanto nei riguardi di quei contratti sottoposti alla regolazione di una normativa di uno Stato membro appartenente all’Unione economica e monetaria, ma anche per quelli regolati dalla legge di uno Stato membro che non partecipi.

74 Regolamento (C

E) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro, in

G.U.C.E. L 139/1 del 11 maggio 1998.

75 L’art. 1 del Regolamento 1103/97 specifica che per “strumenti giuridici” si intendono «disposizioni

normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi capacità giuridica».

76 S

ANTA MARIA A., Diritto commerciale europeo, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pp. 297-298.

77 Cfr, in questo senso, D

E NOVA G., Il principio di continuità dei contratti dopo l’introduzione dell’Euro, in I Contratti, 1998, p.5 ss., a p. 6.

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1.3 La Banca centrale europea: l’istituzione che governa