Capitolo II: L'INTEGRAZIONE BANCARIA E FINANZIARIA
2.1.2 La liberalizzazione dei movimenti di capitali nella Comunità europea
Il percorso che ha portato alla libera circolazione dei capitali nel territorio comunitario è sicuramente stato più lento, se confrontato con le altre tre libertà sancite dal Trattato, e di più recente introduzione. Il Trattato di Roma, all’art. 3 lett. c) fa rientrare tra i principali obiettivi comunitari l’«eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali», disposizione poi richiamata dall’art. 8 A, II cpv. del Trattato CEE introdotto dall’Atto unico. Nel
Capo 4 (artt. 67-73) del Trattato CEE viene data una prima e generale indicazione su come attuare tale libertà: «gli Stati membri sopprimono gradatamente fra loro» le restrizioni ai movimenti di capitali «nella misura necessaria al buon funzionamento del mercato comune»134. Il Trattato inoltre impone agli Stati di «non imporre all’interno della Comunità nuove restrizioni di cambio pregiudizievoli ai movimenti di capitali ed ai pagamenti correnti relativi a tali movimenti e di non rendere più restrittive le regolamentazioni esistenti (…)» , dando la possibilità a quest’ultimi «ad andare oltre il livello di liberalizzazione dei capitali previsto»135.
Accogliendo i principi sanciti nel Trattato, il legislatore europeo adottò in poco tempo la Direttiva 11 maggio 1960136 e la Direttiva 63/21/CEE del 18 dicembre 1962137
che «completa e modifica la prima direttiva sull’applicazione dell’art. 67 del Trattato». In questi provvedimenti viene fatta una prima classificazione in quattro categorie delle operazioni che comportano un movimento di capitali, e previsto per ognuna di queste una disciplina specifica in base al grado di liberalizzazione138. Vengono liberalizzati gli investimenti diretti e i crediti a breve o medio termine per operazioni di tipo commerciale ovvero per gli acquisti di valori mobiliari negoziati in borsa.
Devono passare dieci anni prima di vedere ulteriori interventi normativi in materia139. Sulla scia della difficile situazione finanziaria degli anni settanta, nel 1972 il
completa liberalizzazione dei movimenti di capitali; infine la terza tappa, a partire dal 31 dicembre 1992, realizza la piena libertà di stabilimento e di prestazione di servizi bancari e finanziari.
134 Art. 67, paragrafo 1, del Trattato C
EE.
135 Art. 71, paragrafi 1 e 2, del Trattato C
EE.
136
Direttiva 11 maggio 1960, Prima direttiva per l’applicazione dell’articolo 67 del Trattato, in G.U.C.E. 921/60 del 12 luglio 1960.
137 Direttiva 63/21/C
EE del Consiglio 18 dicembre 1962, che completa e modifica la prima direttiva per
l’applicazione dell’articolo 67 del Trattato, in G.U.C.E. 62/63 del 22 gennaio 1963. 138P
ANZERA A.F., La «libera » circolazione dei capitali fra sistema comunitario e normativa italiana: il
ruolo della Corte di Giustizia delle Comunità europee, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, I, 1989, p.
273.
139 Vanno segnalati alcuni interventi nazionali che, anticipando l’azione comunitaria, hanno introdotto
misure nazionali unilaterali al fine di eliminare le restrizioni al movimenti di capitali. Così fecero la Germania nel 1961, il Regno Unito nel 1979 e i Paesi del Benelux nel 1980.
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Consiglio emana la Direttiva 72/156/CEE del 21 marzo 1972140 riguardante la
regolazione dei flussi finanziari internazionali e le loro conseguenze negative sulla liquidità interna. La Direttiva si inserisce in un contesto in cui i movimenti di capitali di eccezionale entità avevano comportato gravi perturbazioni nella situazione monetaria degli Stati membri, minacciando di nuocere alla progressiva attuazione dell’unione economia e monetaria141. Risultava perciò necessario intervenire per irrigidire la disciplina vigente al fine di arginare gli effetti della crisi in atto. In questo senso, la Direttiva invita gli Stati membri a mettere in campo «gli strumenti di cui dispongono per la regolazione della liquidità interna»142. Questa tappa dell’evoluzione della normativa rappresentò una sorta di freno alla progressiva liberalizzazione dei capitali nel territorio comunitario, suscitando non pochi dibattiti in dottrina sul contrasto di detta riforma con il principio generale della libera circolazione dei capitali sancito all’art. 67 del Trattato CEE143. Il contrasto riguardava l’attribuzione o meno di efficacia diretta
all’art. 67 del Trattato oltre il periodo transitorio previsto. La Corte di Giustizia entra nel dibattito ma, se in un primo momento nega l’efficacia diretta dell’art. 67 del Trattato, sentenza Casati144 e sentenza relativa ai casi riuniti Luisi e Carbone145,
successivamente cambia indirizzo, sentenza Brugnoni e Ruffinengo contro Cassa di
Risparmio di Genova e Imperia146, dando ai giudici nazionali il potere di riconoscere
quali misure di controllo adottate dalle Autorità nazionali sono «indispensabili» per «consentire il controllo dell’osservanza delle condizioni stabilite dalla normativa di detto Stato membro conformemente al diritto comunitario». Legittimando esclusivamente le misure indispensabili, la Corte si schiera fortemente contro gli interventi e i provvedimenti nazionali eccessivamente protezionistici147.
140 Direttiva 72/156/C
EE del Consiglio del 21 marzo 1972, per la regolazione dei flussi internazionali e
la neutralizzazione dei loro effetti indesiderabili sulla liquidità interna, in G.U.C.E. , L 91/13 del 18
aprile 1972. 141 Considerando n. 1, Direttiva 72/156/C EE. 142 Considerando n. 2, Direttiva 72/156/C EE. 143
Si veda NUVOLONE P., Lineamenti di diritto penale valutario, CEDAM, Padova, 1979, pp. 58 ss.
Contra DE GUTTRY A., La disciplina penale valutaria italiana e la libera circolazione dei capitali alla
luce dell’interpretazione della Corte comunitaria, in Foro It., IV, 1982, p. 81. 144
CORTE DI GIUSTIZIA, Sentenza Tribunale di Bolazano c. Guerrino Casati, Causa 203/80 dell’11 novembre 1980, in Racc. p. 2597. La causa fa riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Tribunale di Bolzano relativa al procedimento penale contro Guerrino Casati, cittadino italiano che aveva tentato di esportare una somma di denaro in Germania in mancanza dell’autorizzazione prevista dalla legge.
145
CORTE DI GIUSTIZIA, Sentenza Graziana Luisi e Giuseppe Carbone c. Ministero del Tesoro, Causa 286/82 del 31 gennaio 1984, in Racc. p. 379.
146 C
ORTE DI GIUSTIZIA, Sentenza Luigi Brugnoni e Roberto Ruffinengo c. Cassa di risparmio di Genove e
Imperia, Causa 157/85 del 24 giugno 1986, in Racc. p. 2022. Relativa l’acquisto di titoli esteri. 147
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Da quanto detto emerge una sorta di cautela del legislatore europeo nel processo di liberalizzazione, sicuramente dettata dall’influenza della materia nella politica economica e monetaria degli Stati membri. Infatti, si riteneva che un approccio più liberale, tramite una liberalizzazione assoluta dei movimenti di capitali, avrebbe potuto causare uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti dei Paesi aderenti alla Comunità, pregiudicando il buon funzionamento del mercato interno.
Il processo iniziato nei primi anni sessanta riprende con i provvedimenti previsti dal “piano Delors” volti al raggiungimento di una completa ed effettiva liberalizzazione dei movimenti di capitali. La prima tappa del piano si realizza attraverso l’approvazione della Direttiva 86/566/CEE148che modifica la Direttiva 11 maggio 1960, unificando le prime due categorie delle quattro elencate nell’allegato di quest’ultima. Dato che, come precedentemente detto, le categorie erano ordinate in modo decrescente in funzione del grado di liberalizzazione, il passaggio di alcune operazioni dalla categoria B alla categoria A, ha di fatto incrementato il grado di libertà complessivo aumentando le operazioni che godono della piena libertà.
La seconda tappa del “piano Delors” preveda l’abolizione delle restanti restrizioni, a decorrere dall’1 luglio 1990, che ancora ostacolavano la completa apertura delle frontiere valutarie. Questo avvenne tramite la Direttiva 88/361/CEE149 del 24 giugno
1988, provvedimento che si inserisce come punto fondamentale del percorso che porterà al passaggio dallo SME all’UEM. L’art. 1 della Direttiva esprime in pieno le intenzioni
del legislatore dal momento che impone agli Stati membri di sopprimere «tutte le restrizioni ai movimenti di capitale effettuati tra le persone residenti» nel territorio comunitario, «fatte salve le disposizioni che seguono». In questa ultima frase, la norma fa riferimento alle c.d. «clausole di salvaguardia» alle quali gli Stati membri possono ricorrere qualora movimenti di capitali a breve termine di eccezionale entità provochino gravi perturbazioni della politica monetaria (art. 3 della Direttiva). Libertà di circolazione dei capitali che non può essere definita del tutto assoluta, la stessa Direttiva autorizza gli Stati membri ad adottare i provvedimenti ritenuti indispensabili «per
148
Direttiva del Consiglio 86/566/CEE del 17 novembre 1986, che modifica la prima direttiva dell’11
maggio 1960 per l’applicazione dell’articolo 67 del trattato, in G.U.C.E. L 332/22 del 26 novembre
1986.
149 Direttiva del Consiglio 88/361/C
EE del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del trattato, in G.U.C.E., L 178/5 dell’8 luglio 1988, salvo le proroghe concesse ad alcuni Stati.
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impedire le infrazioni alle leggi e ai regolamenti interni, specialmente in materia fiscale o ai fini di una sorveglianza cautelare degli istituti finanziari»150.
Il regime definitivo della materia si raggiunge con il Trattato di Maastricht del 1992 che introduce la libera circolazione dei capitali tra le libertà fondamentali dell’Unione europea. Il Trattato modifica sensibilmente la disciplina originaria dei movimenti di capitali e dei pagamenti per creare un terreno fertile intorno all’Unione economica e monetaria, riducendo l’autonomia degli Stati membri e rafforzando il coordinamento delle politiche economiche nazionali151. L’art. 63 del TFUE (ex art. 56 del TCE) sancisce la piena liberalizzazione dei movimenti dei capitali all’interno della Comunità, vietando «tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi».