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Capitolo II. La Fiume autonomista

2.3 L'identità regionale fiumana

La prima studiosa dell'autonomismo fiumano, Ljubinka Karpowicz, aveva definito lo scontro emerso verso la fine dell'Ottocento tra l'élite fiumana e il governo ungherese come contrasto tra la concezione del piccolo stato ispirato agli ideali liberali e lo stato ungherese148. Secondo Klinger, a partire da una manifestazione di coscienza municipale, in risposta ai nazionalismi croato e ungherese, si sviluppò dalla metà dell'Ottocento un'ideologia dello stato di Fiume. Questa ideologia in sostanza era un'ideologia nazionale se si rinuncia al criterio di grandi masse mobilizzate, all'estensione geografica e alla durata temporale quali premesse fondamentali del nazionalismo149. Tuttavia, tra gli elementi di quello che Klinger etichetta come nazionalismo fiumano la massa mobilizzata è presente, limitata dagli stretti confini del corpus separatum, come pure da una discreta durata temporale. Lo stesso Klinger cita un testo di Redslob che testimonia l'atteggiamento dei fiumani riguardo alla loro nazionalità, all'indomani della fine della Prima guerra mondiale:

148 Lj. Karpowicz, Riječki corpus separatum 1868-1924, doktorska dizertacija, Univerza Edvarda Kardelja u Ljubljani, Fakulteta za sociologijo, politične vede in novinarstvo, Ljubljana, 1986. Alcune parti della tesi sono state pubblicate in forma di articolo: ID, “Lo Stato di Fiume“ nel periodo del liberalismo, in “Quaderni“, Volume VIII, Centro di ricerche storiche – Rovigno, 1984-85, pp. 17-30; ID, Koncept nacije i države u intepretaciji riječkih autonomaša, in "Dometi", broj 12, 1985, pp. 21-32; ID, Formiranje autonomne lige u Rijeci (nastavak), in "Dometi", broj 1, 1986, pp. 87-92 e ID,

La concezione della nazione e dello Stato nell'interpretazione degli autonomisti fiumani (Contributo allo studio del movimento autonomista di Fiume nel 1899-1918), in “Quaderni“, Centro di ricerche storiche – Rovigno, 1988-89, pp.

19-34.

149 W. Klinger, Quando è nazione? Una rivisitazione critica delle teorie sul nazionalismo, in “Quaderni”, Centro di ricerche storiche – Rovigno, p. 419.

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“fiumains nous sommes, fiumains nous voulons vivre et morir. A ce compte, on verra l'Europe se transformer en salle de dissection.”150. In base poi a un rapporto delle fonti militari britanniche, sempre dello stesso periodo, anche questo scoperto da Klinger, risulta che a Fiume un terzo degli abitanti era favorevole all'istituzione della città a stato indipendente151. Questo probabilmente non significa che un terzo della popolazione si professasse di "nazionalità fiumana", poteva semplicemente considerare più vantaggioso economicamente uno stato cuscinetto che integrarsi in uno stato nazionale croato (jugoslavo) e/o italiano. L'atteggiamento politico di questa parte della popolazione testimonia però la presenza di una qualche forma di resistenza ai due nazionalismi e può indurre alla conclusione che i fiumani condividevano una specie di identità alternativa al nazionalismo italiano e croato.

Diverse sono le tracce che possono tornarci utili per una riflessione complessiva su questo fenomeno. Il letterato Osvaldo Ramous152 nel romanzo Il cavallo di cartapesta scrisse sul periodo asburgico: “Per buona parte degli alunni di quella scuola [il ginnasio ungarico ndA], le cognizioni geografiche di qualche concretezza si limitavano al cantuccio di terra riprodotto dal plastico [riproduzione del corpus separatum ndA]. I nomi di altre città che entravano nelle orecchie allora tenerelle, avevano un suono quasi di favola. Trieste, Venezia, Vienna, Zagabria, Budapest appartenevano a un mondo indeterminato. Fiume sembrava avulsa da tutto il resto del globo. Della loro città i fanciulli sentivano parlare a casa e a scuola come di una minuscola patria. La frase “mi son fiuman” veniva ripetuta con orgoglio, ed era ritenuta una risposta esauriente per ogni domanda che riguardasse la nazionalità di un nativo di Fiume.”153. Anche Riccardo Gigante154, figura molto discutibile per il suo impegno politico con il regime fascista, ma non certamente un autonomista, affermò: “Errerebbe chi credesse che i 24 mila italiani di Fiume fossero tutti consci della loro nazionalità e professassero sentimenti irredentistici; anzi, la maggior parte di essi – pur attaccata

150 Robert Redslob, Le principe des nationalités: les origines, les fondaments psychologiques, les forces adverses, les

solutions possibles, Paris, 1930, citato in W. Klinger, Quando è nazione, cit., p. 400.

151 W. Klinger, Negotiating the Nation, cit., p. 169.

152 Osvaldo Ramous (Fiume, 1905-1981), scrittore, giornalista, critico teatrale e musicale. Dal 1930 al 1942 redattore, dal 1944 direttore, de “La Vedetta d'Italia” e successivamente direttore del Dramma Italiano dal 1946 al 1961. Il suo romanzo “Il cavallo di cartapesta” è stato scritto nel 1967, con un titolo “più che ironico, amaro”, pubblicato per la prima volta appena nel 2008. Gianna Mazzieri-Sanković, Premessa, pp. 11-22, in Osvaldo Ramous, Il cavallo di

cartapesta, Edit, Fiume, novembre 2008.

153 O. Ramous, op. cit., p. 35. La scuola della quale narra il Ramous era il ginnasio reale ungarico di Fiume mentre il plastico a cui si riferisce è quello della città di Fiume presente nel corridoio di tale istituto. Anche il titolo del libro si riferisce a questo plastico in quanto l'autore in esso vi scorgeva la sagoma di un cavallo in procinto di nitrire.

154 Riccardo Gigante (Fiume, Fiume, 1881-1945) fu una delle figure di spicco del movimento irredentista fiumano. Membro della Giovine Fiume, fu volontario nell'esercito italiano durante la Grande guerra. Membro del Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, fu eletto podestà nel 1919. Nell'aprile 1921 guidò il gruppo di ex-legionari e fascisti che distrussero le schede elettorali che davano la maggioranza agli autonomisti. Per un periodo, negli anni trenta, fu sindaco della città e divenne senatore del Regno. Con l'occupazione tedesca, aderì alla Repubblica Sociale Italiana e dagli occupanti gli fu offerta la carica di prefetto. Sarà fucilato dalle forze armata jugoslave nel 1945. Gigante Riccardo, in S. Samani, Dizionario biografico, cit., pp. 64-67.

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gelosamente alla lingua e alle usanze italiane – aveva conservato quella detestabile, stolida mentalità municipale secondo la quale il Comune è anche patria e si dicevano di “nazionalità fiumana”, simili agli anacronistici abitatori del Titano ed ai Ragusei di Dalmazia.155”.

Si potrebbe però ipotizzare che la "nazionalità fiumana" smise di esistere dopo i turbulenti avvenimenti del 1918-1924 conclusi con l'annessione della città al Regno d'Italia. Invece, sembra che questo sentimento politico rimase fortemente radicato almeno fino alla fine della Seconda guerra mondiale. In un rapporto indirizzato al Comitato Circondario del Partito comunista della Croazia per il Litorale croato (Okružni Komitet Komunističke partije Hrvatske za Hrvatsko

primorje) del 30 luglio 1943, i dirigenti comunisti locali notavano:

"A parte ciò, bisogna prestare particolare attenzione a non accentuare la nazionalità, ma bisogna riferirsi a queste persone (Fiumani nota di M.P.) solo come "Fiumani". Dietro a ciò si accentua: "questo collegamento (con Trieste nota di M.P.) sarebbe comodo anche per questa questione nazionale che dobbiamo sempre evitare, e perché il lavoro ci è qui molto difficile. Perché sino ad ora siamo riusciti a coinvolgere solo gli ex Jugoslavi che si sentono come tali, ma quel paio di Italiani che abbiamo questi non sono con noi come antifascisti, ma come comunisti. Perché dobbiamo avere in mente che i Fiumani, anche se sono di origine Slavi, non sentono questa loro origine. Lui [il fiumano ndA] forse ammetterà che Fiume geograficamente appartiene alla Jugoslavia, però quando gli si spiegasse la sua origine slava, forse non protesterebbe, ma rimarrebbe con la sua idea che lui non è nessuna nazionalità [originale narodnost ndA] ma "Fiumano". Così è qui la mentalità e questo lo possiamo osservare."156. Anche il commento di Danilo Černjul, membro del movimento di liberazione comunista jugoslavo, rilasciato nel 1959, riguardo alla mancata formazione di un battaglione partigiano composto da fiumani nella seconda metà del 1944, lascia molto spazio alla riflessione: "(...) So che si era manifestato il motto che le compagnie ed eventualmente il battaglione erano in realtà unità combattenti che dovevano lottare per la realizzazione dell'autonomia. So che abbiamo interrogato alcune persone e addirittura anche arrestato [alcuni ndA] riguardo a queste cose."157. La testimonianza, da utilizzare con le dovute

155 Riccardo Gigante, Fiume e il nuovo confine: memorie e presagi, Ispi, Milano, 1943, pp. 18-19.

156 "Osim toga treba naročito paziti da se ne ističe nacionalnost, nego treba se tim ljudima (Riječanima, nap. M.P.) obraćati samo kao "Fiumanima". Iza toga se ističe:"to bi povezivanje (s Trstom, nap. M.P.) bilo zgodno i zbog tog pitanja nacionalnosti kojeg moramo stalno izbjegavati, i zbog čega nam je rad ovdje vrlo težak. Jer do sada smo uspjeli obuhvatiti samo ex Jugoslavene koji se takvima i osjećaju, a ono par Talijana što imademo ti nisu uz nas kao antifašiste, već kao komuniste. Jer moramo imati na umu, da Fiumani, premda su po porijeklu Slaveni, ne osjećaju to svoje porijeklo. On će možda priznati da Rijeka geografski pripada Jugoslaviji, ali kad bi mu se tumačilo njegovo slavensko porijeklo, možda se ne bi bunio, ali bi ostao kod svojeg mišljenja da on nije nikakva narodnost nego "Fiuman". Takav je ovdje mentalitet i to možemo uočiti." in Mladen Plovanić, Liburnisti i autonomaši 1943.-1944. godine, in "Dometi", broj 3-4-5, 1980, p. 57. La ricostruzione della situazione fiumana di quel periodo ad opera dello stesso autore, in ID,

Liburnisti i autonomaši 1943.-1944. godine (nastavak i svršetak), in "Dometi", broj 6, 1980, pp. 69-96.

157 "(...) znam da se pojavila parola da su čete i eventualno bataljon bile zapravo borbene jedinice koje bi se borile za ostvarenje te autonomije. Znam da smo neke ljude ispitivali pa čak i hapsili radi tih stvari." in Muzej Grada Rijeke,

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cautele, contribuisce a fornire una delle ragioni che spiegano l'epurazione effettuata dall'Ozna nei confronti di figure di spicco dell'ambiente autonomista all'indomani della fine del Secondo conflitto mondiale. Le idee politiche dell'autonomismo, tra cui la specificità identitaria fiumana, potevano ancora avere presa sulla popolazione locale e contrapporsi all'instaurazione dei nuovi poteri popolari. Un'identità di tipo fiumano e istanze dell'autonomismo sono dunque presenti almeno sino al 1945. La prima cesura per questo tipo di identità fiumanità rappresenta l'annessione di Fiume al Regno d'Italia, mentre la fine della Seconda guerra mondiale e la conseguente instaurazione della sovranità Jugoslavia, a cui seguì l'emigrazione di una notevole parte della popolazione, rappresenta l'altro estremo cronologico.

Quello che invece ci interessa, appurata la persistenza di questo fenomeno tra una parte della cittadinanza in un periodo relativamente lungo, non è tanto l'origine di questa ideologia all'interno dell'élite politica del corpus separatum, risultato degli studi della Karpowicz e di Klinger, quanto il meccanismo e gli strumenti usati dagli autonomisti per diffondere la loro "concezione nazionale". Questo ci aiuterà poi a comprendere come mai anche i socialisti furono influenzati dall'autonomismo.

Silvino Gigante scrisse “L'orizzonte degli autonomisti era – come s'è visto – ben meschino: il suo breve raggio era segnato dall'ombra del campanile. Il loro motto (Monroe in milionesimo) era Fiume ai fiumani, il concetto di patria per essi non varcava gli angusti limiti del Corpus separatum; ed era evidentemente troppo gramo. Erano in arretrato di parecchi secoli; e, se la cosa poteva appagare qualche modesto borghese, i cui ideali non andavano più in là del fondaco o dell'ufficio e della casa circondata in una certa agiatezza, non appagava chi alla vita chiedeva un po' più che meschine soddisfazioni materiali: non appagava soprattutto la gioventù assetata d'ideale.158”. In realtà, come scrisse Edoardo Susmel, l'autonomismo non era un movimento anacronistico perché molti furono da esso attratti: “(...) il partito autonomista creò tutta un'organizzazione politica, una mentalità politica, un'anima politica che divennero coscienza e sentimento della città serrata nella volontà di resistenza allo straniero. Esso ebbe il merito di aver allargato il sentimento della difesa del comune a vasto sentimento popolare, tanto che i cittadini ebbero lo stato d'animo di chi difende qualche cosa fuori di che non c'è vita. Così il partito autonomista si trovò al vertice di questa costruzione politica che aveva conquistato tutti i rami della via cittadina, dalla politica alla scuola, dalle istituzioni municipali al popolo; e si può dire che tutta la città seguiva con passione quella lotta, per cui Fiume, sotto l'impulso del suo continuo battagliare, in conflitto con lo stato cui apparteneva, prese sempre più chiara fisionomia di organismo indipendente, più concreta figura di

Muzej Narodne revolucije Rijeka, Zbirka memoarske građe, F1/48 Prijepis, Riječki bataljon-Izjava Černjul Danila, Rijeka, 15.VIII, 1959.

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città stato.”159. L'estensione dell'autonomismo era stata resa possibile dall'apertura del movimento a persone di tutti i ceti e di tutte le classi, sostiene Susmel, in particolare la piccola e media borghesia160. Era esattamente questa concezione di "orizzontale cameratismo" di tutti i membri della comunità immaginata a rendere l'autonomismo un movimento nazionale161. Non possiamo però limitarci ad affermare che l'esistenza di un corpo separato, istituzionalmente italofono, all'interno della corona ungherese e l'azione politica degli autonomisti abbia reso l'autonomismo una concezione diffusa tra la popolazione senza effettuare un'approfondita analisi del fenomeno. Prima di tutto, bisogna evidenziare che gli autonomisti si richiamarono a delle tendenze culturali già presenti tra l'élite fiumana e le adeguarono alla nuova politica allora in voga nella Duplice monarchia.

In uno studio comparso nel Primo dopoguerra l'ex direttore del ginnasio ungherese di Fiume Aladár Fest affermò: "(...) i vecchi fiumani non conoscevano altro che un patriottismo fiumano locale, in stretto legame con la nazione ungherese a difesa della loro autonomia, della loro nazionalità italiana e dei loro interessi economici (...)"162. Dunque un patriottismo fiumano, basato sul legame tra gli interessi economici, la nazionalità italiana e i diritti storici del Comune, legato alla nazione ungherese che difendeva queste prerogative. L'istituzione particolare del corpus separatum, prodotto delle rivendicazione di diritto storico dell'élite fiumana, fungeva da imprescindibile contesto per lo sviluppo di questo patriottismo municipale163, la cui successiva evoluzione fu l'autonomismo o il "nazionalismo fiumano". Una delle modalità utilizzate dall'élite fiumana per mantenere la posizione di privilegio e diffondere il consenso furono le rappresentazioni allegoriche del corpus separatum. Già nel settembre 1867 ritroviamo nella testata de "La Gazzetta di Fiume" una figura femminile cinta di una corona con in mano uno scudo con l'emblema cittadino, l'aquila bicipite. All'inizio degli anni Ottanta dell'Ottocento ritroviamo la città di Fiume rappresentata in un giornale umoristico ungherese come una donna in costume folkoristico. È stato però il giornale locale "La Varietà", sempre nello stesso periodo, a rappresentare allegoricamente Fiume come giovane ragazza oppure fata, ornandola con l'aquila bicipite e i colori della bandiera fiumana164. Ritroviamo la fanciulla anche tra le prime pagine della monografia cittadina pubblicata in ungherese

159 Edoardo Susmel, Antonio Grossich nella vita del suo tempo 1849-1926, Treves-Treccani-Tumminelli, Milano-Roma, 1933, p. 48.

160Ibidem, p. 61.

161 B. Anderson, Comunità immaginate, cit., p. 26.

162 Alfredo Fest, L'Ungheria e il mare con speciale riguardo a Fiume, Tipografia Franklin, Budapest, 1935, p. 36. 163 Il patriottismo locale fiumano non fu certamente una particolarità, si vedano i casi citati nelle raccolta di Laurence Cole (edited by), Different Paths to the Nation. Regional and National Identites in Central Europe and Italy, 1830-70, Palgrave Macmilian, Hampshire and New York, 2007 o Jeremy King, Budweisers into Czechs and Germans. A local

history of Bohemain politics, 1848-1948, Princeton University press, 2002.

164 Teodor De Canziani Jakšić, Alegorijski prikazi Rijeke u XIX. i XX. stoljeću, in Darinko Munić (glavni urednik),

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nel 1896; Fiume raffigurata come fata marina seduta su uno scoglio con in mano lo scudo con l'emblema cittadino e una torcia165. Questa figura femminile, richiamo alle rappresentazioni delle nazioni già all'epoca diffuse nel resto d'Europa166, era l'inizio della rappresentazione visiva di un distinto soggetto politico. La rappresentazione visiva era preceduta e accompagnata da scritti politici e opere storiografiche che dovevano enfatizzare l'esistenza di una comunità politica fiumana167. Voti e bisogni di Fiume di Antonio Felice Giacich168 oppure Fiume negli anni 1867 e

1868 di Emidio Mohovich169 avevano questa prima funzione. Come nel caso delle rappresentazioni femminili, sempre nella seconda metà degli anni Ottanta, vide luce una prima sintesi della storia cittadina ad opera del maestro comunale fiumano Vincenzo Tomsich170. L'opera, più che altro una raccolta cronologica di avvenimenti, il cui prologo era intitolato "Ai miei compatriotti!", doveva supplire alla "mancanza di una storia patria" ed era compilata da un "buon patriotta"171. Il volume più noto di storia cittadina, Le Memorie per la storia della liburnica città di Fiume di Giovanni Kobler172, era anch'esso "un costrutto atto a dare fondamento storico all’identità fiumana alla vigilia del 1896, anno delle celebrazioni del millennio ungherese."173. Nell'ambiente dell'élite politica fiumana circolavano dunque idee e rappresentazioni del corpus separatum come minuscola patria, potenzialmente recepibili anche dal resto della popolazione. Così nei temi scolastici degli allievi del ginnasio ungherese, luogo di formazione soprattutto dei figli dell'élite dirigente, veniva elaborato in lingua italiana il tema del patriottismo senza distinguere tra Fiume e l'Ungheria174. Pure un manuale delle scuole civiche dell'inizio Novecento, scuole controllate dal Comune e aperte a strati più ampi della popolazione, dava uguale importanza all'appartenenza locale e all'appartenenza alla nazione ungherese175. Come però abbiamo visto nel paragrafo precedente, ancora a inizio Novecento molti non erano in grado di leggere e scrivere. Forse allora non erano nemmeno in grado di arrivare a

165 Ibidem, p. 97.

166 A. M. Banti, L’onore della nazione. Identità sessuali e violenza nel nazionalismo europeo dal XVIII secolo alla

Grande Guerra, Einaudi, Torino, 2005, pp. 3-32.

167 W. Klinger, La storiografia di Fiume (1823-1924): una comunità immaginata?, in “Quaderni”, Volume XV, Centro di ricerche storiche - Rovigno, 2003.pp. 233-252.

168 Antonio Felice Giacich, Bisogni e voti della città di Fiume, Tipografia di Ercole Rezza, Fiume, 1861. 169 Emidio Mohovich, Fiume negli anni 1867 e 1868, Stabilimento Tipo-litografico, Fiume, 1869.

170 Vincenzo Tomsich, Notizie storiche sulla citta di Fiume. Stabilimento Tipo-litografico di E. Mohovich, Fiume, 1886.

171 Ibidem, pp.3-4.

172 Giovanni Kobler, Memorie per la storia della liburnica città di Fiume, Stabilimento Tipo-litografico fiumano di E. Mohovich, Fiume, 1896, ristampa in tre volumi, LINT, Trieste, 1978.

173 W. Klinger, Giuseppe Lodovico Cimiotti (1810-1892) e le problematiche origini della storiografia fiumana, in "Fiume", Anno XXXI (nuova serie), n. 24, 2011, p. 61.

174 G. Volpi, Fiume sotto il Dualismo, cit., p. 34.

175 Paola Delton, I manuali della scuola popolare asburgica in Istria e a Fiume. Con un approfondimento

documentario su alcuni aspetti della vita degli scolari istriani nel secondo Ottocento, in "Quaderni", Volume XXVI,

Centro di ricerche storiche-Rovigno, 2015, p. 157. L'autrice riportare anche alcuni evidenti contraddizioni. Nelle scuole femminili venivano utilizzati manuali scolastici importati dal Regno d'Italia che enfatizzavano il patriottismo italiano. Vedi p. 158.

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contatto con la stampa e vedere le citate allegorie. Il menzionato Tomsich ricostruisce però un episodio che rappresenta uno dei meccanismi di divulgazione del patriottismo, dove è evidente che non serviva leggere giornali per recepirlo. Nel 1886 in città fu inaugurata una lapide commemorativa del Congresso dei medici e naturalisti ungheresi, svoltosi a Fiume nel 1869. Nella via adiacente la piazzetta dove era posizionata la lapide erano esposte bandiere ungheresi e bandiere fiumane. Imbandierato era anche il "palazzo di città" e le case vicine176. Le bandiere fiumane, che ritroveremo soprattutto utilizzate nel periodo dell'affermazione del movimento autonomista, non denotano ancora un diffuso sentimento popolare, sono piuttosto espressione di un élite. D'altronde, la bandiera fiumana era prodotto dell'azione municipale risalente al 1846 volta a emulare gli altri municipi ungheresi177. Quello che importa enfatizzare è un dettaglio presente sulla lapide commemorativa: "Nella fascia che serve di base all'incorniciatura della lapide trovasi scolpita in rilievo l'acquila [ndA così nell'originale, sic!] di Fiume portante il motto Indeficienter."178. L'aquila bicipite, presente anche nella bandiera cittadina, era lo stemma araldico del Comune di Fiume, riportato nei documenti ufficiali della Rappresentanza, negli edifici comunali179 e visibile pure a livello statale. Non a caso, lo stemma di Fiume appare, accanto ad altri cinque stemmi storici raffiguranti la Dalmazia, la Croazia, la Slavonia, la Transilvania e l'Ungheria, sulla facciata dell'entrata al Parlamento ungherese. Grazie alle istituzioni comunali la popolazione si trovava di fronte a un simbolo con cui era volontariamente o involontariamente quotidianamente in contatto. Le modifiche apportate all'aquila bicipite lungo il Novecento offrono un'ottima spiegazione del perché considerarla simbolo nazionale. Una delle preoccupazioni di Riccardo Gigante durante la Grande guerra era di trasformare l'aquila bicipite fiumana in quella romana, sottraendole una testa. All'operazione si aggiunse anche la decapitazione della statua dell'aquila bicipite presente sulla