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La diavoleria giuridica del corpus separatum

Capitolo II. La Fiume autonomista

2.1 La diavoleria giuridica del corpus separatum

La città di Fiume non rivestì una particolare rilevanza politica e importanza economica sino all'inizio del Settecento. Lo spartiacque per la storia cittadina, come nel caso della vicina Trieste, avvenne nel 1719 quando la città fu proclamata porto franco. A differenza però della gemella adriatica il porto franco non produsse un analogamente rapido sviluppo economico. Il numero degli abitanti rilevato nel 1869 testimonia perfettamente questa enorme discrepanza: la popolazione di Trieste oltrepassava già i 100.000 abitanti, Fiume invece si fermava a meno di 18.000 abitanti1. La sostanziale svolta economica e demografica per il porto quarnerino iniziò nella seconda metà dell'Ottocento, grazie al mutamento degli equilibri interni nell'Impero degli Asburgo negli anni Sessanta del medesimo secolo. La sconfitta della dinastia nella guerra contro la Francia e la Prussia rese necessario soddisfare le richieste di autonomia dell'élite ungarica, diventate nuovamente insistenti dopo gli avvenimenti del 1848. Così nel 1867 fu stipulato il Compromesso austro-ungarico e i territori posseduti dalla dinastia asburgica furono divisi in due distinte unità: le terre della corona austriaca e quelle della corona di Santo Stefano. I due stati rimasero accomunati, oltre che dalla figura del sovrano, anche dagli affari esteri, dalla difesa e dal ministero per finanziarli. Conseguentemente alle concessioni dei diritti storici ottenuti dall'élite ungarica anche la Dieta della Croazia-Slavonia rivendicò il rispetto delle proprie prerogative storiche. Al compromesso austro-ungarico seguì perciò il compromesso ungaro-croato, in croato Hrvatsko-ugarska Nagodba. In base alla Nagodba, la legislazione, l'amministrazione, la religione ed educazione e la giustizia divennero di competenza della Croazia-Slavonia, mentre gli altri affari furono riservati al Parlamento comune. Ci fu però un punto riguardo al quale non fu possibile giungere facilmente ad un accordo tra le due élite, la questione dell'appartenenza della città di Fiume2.

La questione si trascinava dal secolo precedente e verteva sulla diversa interpretazione di due diplomi dell'Imperatrice Maria Teresa. Nel 1776 Maria Teresa diede la città, dal 1465 e fino a quel momento feudo della dinastia degli Asburgo, al Regno d'Ungheria tramite l'incorporazione al Regno di Croazia. In seguito alle proteste dell'élite fiumana, appoggiata dagli ungheresi, Maria

1 D. Klen, Povijest Rijeke, cit., p. 233. Per la popolazione di Trieste, Cattaruzza menziona che nel 1859 la popolazione era di 104.707 diventati 229.550 nel 1910. M. Cattaruzza, Trieste nell'Ottocento, Del Bilanco editore, Udine, 1995, p. 125.

2 Per il Compromesso e il periodo che lo precede rimando al classico testo di C. A. Macartney, L'Impero degli Asburgo

1790-1918, Garzanti, terza edizione, Milano, 1981, in particolare pp. 562-652. Per una recentissima rilettura

dell’esperienza dell’Impero asburgico, P. M. Judson, The Habsburg Empire. A New History, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts and London, England, 2016.

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Teresa promulgò un altro diploma nel 1779 con cui Fiume fu annessa direttamente come corpus

separatum alla corona ungarica. Come aveva notato Klinger, tutta la seguente storia fiumana può

essere vista come una lunga nota a margine sull'interpretazione dei due diplomi3. Legalmente la città divenne parte del Regno d'Ungheria con l'Articolo di legge IV del Parlamento ungherese del 1807. La sovranità ungarica cessò con le guerre napoleoniche, dopo le quali Fiume fu annessa all'Impero austriaco come parte della provincia del Litorale. Per decisione dell'Imperatore Francesco I fu poi reincorporata all'Ungheria nel 1822 rimanendovi fino al 1848. In quel fatidico anno per le sorti della monarchia, la città fu occupata dall'esercito croato e il bano Jelačić fu nominato dall'imperatore governatore di Fiume. Nonostante le proteste dell'élite locale, che non voleva essere subordinata a un'altra provincia storica, questa situazione perdurò sino agli avvenimenti del 18684.

Ritornando al periodo della Nagodba, il Parlamento ungherese e il Sabor votarono separatamente il testo che definiva i rapporti legali tra Ungheria e Croazia. Difatti, i parlamentari ungheresi decisero di modificare la parte del compromesso riguardante Fiume, specificando che la città e il suo porto erano un corpo separato direttamente annesso alla corona di Santo Stefano le cui relazioni dovevano essere definite in comune accordo tra le tre parti. All'Imperatore furono mandate le due copie del Compromesso approvate dalla Parlamento e dalla Dieta, ma per far combaciare i due testi, nel passo che si riferiva a Fiume, fu incollato nella versione croata un pezzo di carta con la traduzione del testo della versione ungherese. Successivamente la storiografia croata accuserà gli ungheresi di frode nei confronti della Croazia, all'epoca invece la questione non divenne un problema politico5. In ogni caso, in conformità al testo della Nagodba, furono convocate le delegazioni del municipio di Fiume, della Dieta Croata e del Parlamento ungherese. Queste non riuscirono a giungere a un accordo unanime su come strutturare i rapporti tra i tre fattori, tuttavia i fiumani e gli ungheresi riuscirono a formulare una soluzione. Come scrisse uno studioso ungherese, questo provvisorio, sancito alla fine del luglio 1870 dall'Imperatore e Re Francesco Giuseppe, era effettivamente una "diavoleria giuridica", destinata a rimanere in funzione sino al crollo della Monarchia6.

Il funzionamento del corpus separatum era basato sullo Statuto cittadino entrato in vigore nel 1872. Al vertice dell'amministrazione locale stava la Rappresentanza municipale, formata da cinquantasei consiglieri, che eleggeva il podestà. Nel corpus separatum esistevano due collegi elettorali: il primo della città di Fiume, che sceglieva cinquanta consiglieri, e il secondo delle tre

3 W. Klinger, Negotiating the Nation, p. 14. 4 Ibidem, pp. 33-72.

5 Mirjana Gross, Dvadeset godina bjesa i očaja ili borba za Rijeku od 1861. do 1881., in "Dometi", br. 4, 1987, pp. 183-225.

6 István Diószegi, La sistemazione dello status giuridico di Fiume dopo il compromesso storico ungaro-croato del

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sottocomuni che sceglieva due rappresentanti per ciascuna. Questo rendeva diversa la città rispetto al sistema delle curie vigente nella Cisleitania. Lo statuto divideva poi la popolazione presente in città tra pertinenti e stranieri7. La pertinenza, residenza legale nel Comune, aveva una funzione importante perché, all'epoca del mancato sviluppo di una provvidenza sociale statale, erano i Comuni a fornire ai propri pertinenti aiuti economici come il sussidio di povertà. In secondo luogo, il diritto di voto era legato all'acquisizione della pertinenza. Una delle diverse peculiarità fiumane rispetto all'Ungheria era la mancata modifica dell'acquisizione della pertinenza. Nella Cisleitania, a partire dal 1901, una legge rendeva automatica l'acquisizione della pertinenza dopo dieci anni di soggiorno stabile in un luogo8. Invece in Ungheria, in base alle legislazioni municipali del 1871-1872, la pertinenza era ottenuta in seguito a due anni di continuo soggiorno in un luogo, elevati a quattro nel 1876, comprovando però il pagamento di imposte municipali9. Nonostante la legge avesse subito un'ulteriore modificazione nel 1886, come risulta dal caso della mancata elezione del Mayländer nel 1904, questa non era stata estesa a Fiume10. Ciò significava che il corpus separatum continuava in modo molto selettivo ad accordare la pertinenza a chi economicamente e socialmente adatto. Oltre alla pertinenza, il diritto di voto era ovviamente legato allo status sociale e economico, limitando il suffragio a un ristrettissimo gruppo di persone. Un problema divenne la questione del diritto di voto alle elezioni locali per i sudditi ungheresi non pertinenti, gli impiegati dello stato, ma godenti del voto alle elezioni politiche. Nelle elezioni municipali del 1901 questi non furono inclusi, come risulta dal numero degli elettori riportato dai giornali, precisamente 2.04411. Stando poi alla decisione del Tribunale amministrativo di Budapest, in seguito a un ricorso presentato dalla Delegazione del municipio di Fiume, il diritto di voto alle elezioni amministrative fu esteso anche agli elettori politici che per lavoro erano obbligati a vivere a Fiume. Le liste elettorali erano cresciute secondo gli autonomisti di ottocento nominativi, portando in realtà il numero degli elettori a 2.550 nel 190412. La cifra rimase negli anni pressoché invariata13 e il diritto di voto lungo tutto il periodo del Novecento asburgico continuava a essere un privilegio d'élite. Per quanto concerne le

7 LJ. Karpowicz, Riječki corpus separatum, cit., pp. 71-73. 8 M. Cattaruzza, Trieste nell'Ottocento, cit., p. 126.

9 Susan Zimmermann, Divide, Provide, and Rule, CEU Press, Budapest-New York, 2011, pp. 12-13.

10 Samuele Mayländer afferma la sua pertinenza al Comune di Fiume in base al S 10 dell'articolo di legge XXII, 1886. Tuttavia, l'attività di questa legge non si estende alla libera città di Fiume e suo distretto perché le disposizioni cocernenti la legge sulla pertinenza furono estese dal S 164 soltanto alla capitale e alle altre citta del diritto giurisdizionale, non a Fiume. La decisione del tribunale amministrativo sui reclami de l’onor. dott. Fesüs e del dott.

Mayländer, in "Il Popolo", Fiume, 10 luglio 1904, p. 2.

11 Le elezioni comunali, in “La Bilancia”, 24 gennaio 1901, p. 2. Il numero degli elettori era 1621 per la città e 423 per le sottocomuni, salvo riportare il giorno dopo la cifra complessiva di 2100 elettori. La nuova Rappresentanza civica, in “La Bilancia”, 25 gennaio 1901, p. 2.

12 Le liste elettorali, in "La Voce del Popolo", 22 gennaio 1904, p. 2 e Le elezioni municipali-Le liste elettorali, in "La Bilancia", 20 febbraio 1904, p. 2. Gli elettori erano così distribuiti: città 1904, Plasse 287, Cosala 204 e Drenova 155. 13 La giornata elettorale, in "La Bilancia", 15 maggio 1911, p. 1. In quell'anno godevano del diritto di voto 2.366 persone così distribuite: città 1.917, Plasse 211, Cosala 199 e Drenova 39.

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elezioni politiche, Fiume eleggeva un rappresentante nel Parlamento di Budapest e poteva mandare anche dei rappresentati alla Dieta croata. Quest'ultima possibilità non fu mai utilizzata durante il periodo del corpus separatum per marcare l'estraneità di Fiume dalla Croazia-Slavonia.

In campo della legislazione vigente a Fiume, bisogna notare l'esistenza del cosiddetto paragrafo fiumano. Come nel caso del diritto alla pertinenza, non tutte le leggi approvate dal Parlamento ungherese avevano valore ossia erano estese al corpus separatum. Per le particolari condizioni linguistiche e storiche Fiume, come ha fatto notare Klinger, non condivideva la tradizione giuridica feudale ungherese14 e nel momento dell'approvazione delle leggi in Parlamento si inseriva un paragrafo apposito con delle modificazioni dettate dalle condizioni particolari della città15. Fu appunto stabilito che prima dell'introduzione di nuove leggi a Fiume il governo dovesse sentire il parere della Rappresentanza municipale, ma il comune non poteva fermare una legge, bensì al massimo richiederne una modifica. Su questa questione si inserisce lo sviluppo del movimento autonomista in città, su cui torneremo tra breve.

Riguardo alla pubblica istruzione, sebbene la supervisione sulle scuole di Fiume fosse affidata alle autorità ungariche, la città formava un circondario scolastico ungherese indipendente e un Consiglio scolastico, di competenza del Magistrato espressione della Rappresentanza municipale che amministrava le scuole cittadine. Le scuole erano perciò divise tra quelle comunali, dove la lingua d'insegnamento era l'italiano, e quelle statali, con l'ungherese come lingua d'insegnamento. Oltre alle scuole private, esistevano ancora delle scuole nelle sottocomuni, sempre di dipendenza del comune, dove era possibile apprendere limitatamente il croato. Da notare alcuni particolari interessanti che aiutano a comprendere la complessità della situazione. Le scuole statali iniziarono a funzionare dal 1880, per essere precisi la prima scuola fu fondata nel 1876 e successivamente riorganizzata, e in esse l'insegnamento era bilingue (ungherese e italiano) ossia si iniziava ad apprendere gradualmente l'ungherese16. Ciò significa che nei primi anni del corpus separatum l'insegnamento primario era offerto quasi esclusivamente in lingua italiana. Riguardo alle scuole di secondo livello, in città funzionavano inizialmente due ginnasi. A Fiume continuò ad operare il ginnasio croato, sotto supervisione delle autorità della Croazia-Slavonia, finché non fu costretto a spostarsi nel 1896 nella limitrofa Sušak. Nel ginnasio statale era invece l'italiano a essere predominante, ma l'ungherese divenne presto materia obbligatoria e fu imposto come lingua d'insegnamento di alcune materie nelle classi superiori17. A compensare questa situazione, a partire

14 W. Klinger, Negotiating the Nation, cit., p. 102.

15 Attilio Depoli, Fiume XXX ottobre 1918, Li Causi Editore, San Giovanni in Persiceto, 1982, pp. 105-106.

16 Tamás Pelles, L'istruzione bilingue italo-ungherese dall'esperienza fiumana (1868-1918) ad oggi, in "Fiume", Anno XXVII, N. 16 nuova serie, II semestre 2007, pp. 25-38.

17 Gianluca Volpi, Fiume sotto il "dualismo": l'esperienza del ginnasio ungarico, in "Fiume", Anno XVII, N. 35, I semestre 1998, pp. 3-39.

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dal 1912 l'élite italofona fiumana ottenne una civica scuola reale superiore18.

La polizia era anch'essa prerogativa del Comune come sezione del Magistrato civico, tuttavia rispondeva anche al governatore di Fiume. Appunto il governatore, scelto dal primo ministro ungherese, era al vertice della struttura politica amministrativa statale e rappresentava la città nella Camera dei Signori. Membro dell'aristocrazia magiara, svolgeva il compito di occuparsi di affari di traffico e commercio per il Littorale ungaro-croato e dall'altro lato vigilava sul corpus

separatum ossia sulla Rappresentanza municipale. Infine, il Tribunale fiumano di prima istanza, di

lingua italiana, rispondeva al Ministero della giustizia ungherese. L'unica eccezione a questo elaborato sistema di legami con l'Ungheria presentava l'amministrazione ecclesiastica. Difatti, la diocesi di Fiume dipendeva dal vescovo di Segna-Modruš, della Croazia-Slavonia. In sostanza l'amministrazione cittadina operava in lingua italiana e aveva il diritto di comunicare con le istanze statali, tramite il governatore, in italiano. Fiume era perciò un’isola ufficialmente italofona della corona ungarica.

A partire dall'instaurazione del Provvisorio iniziava un periodo di fecondo sviluppo economico seguito dalla crescita demografica, grazie a numerosi investimenti statali, culminato alla vigilia dello scoppio della Grande guerra19. Dal punto di vista politico invece la situazione subì un'importante modifica nell'ultimo decennio dell'Ottocento. Nel 1891 il porto franco fu abolito e l'élite fiumana si risentì per non aver ottenuto alcun compenso dal governo ungherese. Lo scontento economico si riversò nell'agone politico20. Nelle elezioni per il Parlamento ungarico del 1892 la Rappresentanza municipale decise di sostenere come candidato Tivadar Batthyány, rispetto a quello proposto dal governo, e questi vinse le elezioni. La questione divenne però scontro aperto a partire dalle celebrazioni del Millennio ungherese. Sino al 1896 le relazioni tra l'élite fiumana e la centrale ungherese erano, come affermeranno gli storici locali, idilliache21. Il podestà di Fiume fu ininterrottamente dal 1872 Giovanni de Ciotta e tra la politica dei liberali al potere in Ungheria e le formazioni politiche fiumane non sussistevano particolari discordanze22. Nel 1896 invece il Parlamento ungherese guidato dal primo ministro Dezső Bánffy, un notorio nazionalista magiaro, decise di trattare il corpus separatum alla stregua di un qualsiasi territorio ungherese. Il primo ministro introdusse in città delle leggi per l’istituzione della Giunta amministrativa, un corpo

18 Sul sistema scolastico vigente a Fiume all'epoca si veda Milivoj Čop, Riječko školstvo 1848-1918, Izdavački centar Rijeka, 1988.

19 Da un punto di vista quantitativo basta vedere i valori delle merci importate ed esportate dal porto di Fiume negli anni citati in D. Klen, Povijest Rijeke, cit., p. 241.

20 Si noti qui la somiglianza, non menzionata da Karpowicz e Klinger, con lo sviluppo delle posizioni politiche dell’élite triestina e la rielaborazione del tradizionale autonomismo in Giorgio Negrelli, Al di qua del mito. Diritto storico e difesa

nazionale nell'autonomismo della Trieste asburgica, Del Bianco editore, Udine, 1978.

21 Silvino Gigante, Storia del Comune di Fiume, Bemporad, Firenze, 1928, p. 111.

22 Sulla situazione politica a Fiume fino a quella data rimandiamo a W. Klinger, Negotiating the Nation, cit., pp. 93-106.

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intermedio tra il governatore e la Rappresentanza, senza previo consenso del municipio. La nuova riforma ledeva così il potere del podestà, rendendolo subordinato all'interno della Giunta al governatore. Inoltre, la riforma prevedeva che la lingua del nuovo ente fosse l'ungherese, mentre l'autorità scolastica era ora affidata a un membro della Giunta. Il punto nodale della questione stava nei poteri della Rappresentanza municipale e nei rapporti con il potere centrale. Lo statuto civico prevedeva che la Rappresentanza potesse richiedere al Parlamento la modifica delle leggi prima che queste fossero estese al corpus separatum, tuttavia se il governo insisteva le leggi dovevano essere promulgate a Fiume. La Rappresentanza si riservava però il diritto di appellarsi al Parlamento. L'interpretazione di questo punto è cruciale per comprendere la nascita dell'autonomismo, ma anche le posizioni degli avversari. Per l'élite fiumana ciò significava che Fiume era un terzo fattore nella corona di Santo Stefano che godeva di un'autonomia e perciò le leggi non potevano essere estese alla città senza previa accettazione del Comune. Da parte degli esponenti politici ungheresi invece la valutazione era fatta in altri termini. Fiume non era un corpo separato distinto dalla corona, era invece una città separata dall'Ungheria territorialmente, ma non legalmente ossia per questioni di diritto pubblico23. Questa questione continuò a trascinarsi sino al 1914, ma non era una questione prettamente nazionale ossia un semplice scontro tra nazionalismo ungherese e nazionalismo italiano. Si trattava di una questione aperta tra la centralizzazione e l'autogoverno locale che era anche uno scontro tra stato-nazione magiaro e comune italofono.

Due esempi sono utili per comprendere la questione: l'introduzione del bilinguismo nell'ufficio dello Stato civile e l'arrivo della polizia di confine. Stando a un'ordinanza ministeriale del 1896 a Fiume era concesso l'uso dell'italiano come lingua ufficiale nelle registrazioni matricolari. Nel 1904 fu invece votata in Parlamento una legge che modificava le precedenti disposizioni, introducendo per Fiume accanto all'italiano anche l'ungherese24. Per essere precisi, le matricole e le stampiglie dovevano essere stampate nelle due lingue, mentre le registrazioni potevano avvenire in una delle due lingue a libera scelta delle parti25. Questa nuova disposizione era vista come un atto lesivo all'autonomia fiumana e la Rappresentanza municipale votò un ordine del giorno di protesta dichiarando di lasciare in queste condizioni lo Stato civile allo stato. Questo accadde e con il 1 gennaio 1907 lo Stato civile non fu più gestito dal Comune di Fiume bensì dallo stato ungarico26. Oltre alle proteste della Rappresentanza si creò una situazione confusa, addirittura nella notte di San Silvestro furono fatti arrivare alcuni militari perché circolavano voci di una folla davanti all'abitazione di Zanella che gridava evviva e cantava "Marciamo con la bandiera rossa

23 Salvatore Samani, I rapporti politico-costituzionali di Fiume con l'Ungheria, in Aa. Vv., Studi fiumani. Atti del

Convengo (Roma 4 dicembre 1982), cit., pp. 31-33.

24 Rappresentanza municipale, in "La Bilancia", 4 dicembre 1906, p. 2. 25 Rappresentanza municipale, in "La Bilancia", 15 dicembre 1906, pp. 1-2.

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contro il governo", ma incidenti non ci furono27. Anzi, la situazione fu dimenticata in quanto al governo c'era la coalizione, di cui faceva parte lo stesso Zanella. Nel caso della polizia di confine, come nota Volpi richiesta per motivi di sicurezza già a inizio del Novecento28, questa fu introdotta appena nel 1913 escogitando un pretesto. Icilio Baccich29, già vice-presidente municipale e poi diventato cittadino italiano, fu accusato di irredentismo ed espulso dalla città. La Rappresentanza municipale protestò contro l'agire della polizia comunale, alla decisione il governatore pose il veto e a questo seguì il ricorso del consiglio comunale che portò allo scioglimento dello stesso e alla conseguente introduzione della polizia di confine30. Da un punto di vista legale tutto quadrava, tuttavia si trattava di un'azione ponderata nel programma d'insediamento al Parlamento del nuovo primo ministro ungarico István Tisza31. Per una parte dei politici ungheresi Fiume doveva essere uguale alle altre città ungariche e avere dunque la polizia statale, per l'élite fiumana la polizia era invece una prerogativa del Comune a essere perciò lesa e dunque il concetto stesso di autonomia. Nel caso concreto, Tisza e il suo governo autocratico erano malvisti dalla Rappresentanza e l'accoglienza riservata alla polizia di confine non fu dunque delle migliori. Rispetto all'introduzione del bilinguismo nello Stato civile, la questione della polizia di confine era un problema più serio per il mutato quadro politico all'interno dell'Ungheria. Dal punto di vista del rapporto fra corpus

separatum e stato ungarico erano però due problematiche analoghe che dimostravano le divergenze