CAPITOLO 4. ASPETTI MORFOLOGICI
4.5. Il verbo
4.5.1. L’imperfetto indicativo
4.5.1.1. Imperfetto etimologico/imperfetto analitico
Lo spoglio delle voci dell’imperfetto di prima persona rivela da parte degli scri- venti una schiacciante preferenza per il tipo analogico rispetto alla forma etimologica249: il dato relativo alle occorrenze delle varianti vede le forme in -o imporsi con 964 risultati rispetto ai 78 del tipo in -a.
Ciò che sarà forse più interessante notare è l’orientamento degli scrittori rispetto alle forme verbali250: nella maggior parte delle voci (13) la presenza dell’imperfetto eti-
mologico si rintraccia in singoli testi, nella fattispecie quelli di Giustina, Ilari, Invernizio, Jarro, Mastriani, Olivieri Sangiacomo e Serao; le forme attestate sono: aspettava («Que- sta non me l’aspettava», GIUS 368; «Questa seccatura non me l’aspettava», ILA 364;
aspettavo 17 occ.); conosceva («[…] io conosceva la storia […]», INV 121; «io cono- sceva Mosè Cabib […]», SER 192; «io conosceva un segreto […]», SER 198; conoscevo
23 occ.); credeva («io credeva fosse morto», JAR 82; credevo 27 occ.); diceva («Guarda, io stessa, due anni or sono diceva, come tu dici ora...» GIUS 76; dicevo 26 occ.); faceva («io le faceva orrore […]» SER 191; «[…] io mi faceva raccontare […]», SER 193; «[…] io le faceva schifo […]», SER 194; «L’orrore che io le faceva […]», SER 194; «Quanto io faceva queste piccole scoperte […], SG 248; facevo 20 occ.); ignorava («Io ignorava il delitto», SER 113; ignoravo 5 occ.); osava («[…] io non osava di muovermi […]», SER 177, 179; osavo 5 occ.); parlava («mi ingiuriava se io le parlava d’amore […] SER 200; parlavo 5 occ.); poteva («[…] io poteva» MAS 3; «[…] io non poteva sostenere», MAS 21; «[…] non poteva muovermi […]», SER 110; potevo 55 occ.); sentiva («[…] io
249 Decisivo l’influsso manzoniano, che condusse all’approvazione presso i grammatici postunitari,
in primo luogo Morandi & Cappuccini e Petrocchi, della forma in -o; l’allotropo in -a appariva ormai in disuso e letterario (cfr. Gizzi 2018: 319); sulla tradizione grammaticale del fenomeno si veda anche Serianni (1981: 25-26).
250 Tale criterio si basa in parte su quello adottato da Antonelli (2003: 150-153) per l’analisi dell’im-
perfetto di prima persona negli epistolari, grazie al quale lo studioso individua tre gruppi di preferenze relative al tratto, andando oltre l’esame delle occorrenze totali che a quell’altezza cronologica, il primo Ottocento, mostra una generica predilezione per il tipo etimologico.
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mi sentiva chiamato […]», GIUS 105; «In fondo, io sentiva qualcosa di tragico […]», SER 115; «Io sentiva che voi esistevate, Maria», SER 130); teneva («La sola persona, a cui io teneva […]», SER 200; tenevo 8 occ.); tentava («[…] se io tentava di costringerla […]», SER 18; tentavo 6 occ.); udiva («[…] io udiva degli strani canti […]», SER 189;
udivo 4 occ.); voleva («Io voleva togliergli la morte […]», SER 193, e volea: «Sì... e lei...
è di lei che vi volea parlare», GIUS 184; volevo 85 occ.).
Per gli ausiliari essere e avere l’alternanza tra le varianti si osserva in un numero maggiore di opere: aveva in Bassi, Giustina, Mastriani e Serao («E tu non m'hai rubato ciò che aveva di più caro su questa terra?», BAS 183, «Or non è molto – disse – aveva due figlie...» BAS 305; «[…] per ora io non aveva intenzione di maritarmi», GIUS 78; «Meno male che, io aveva in ostaggio un finimento di brillanti della contessa […]», MAS 165; «[…] quando io aveva 25 anni», MAS 168; «Io non aveva il coraggio […]», SER 179; «[…] io aveva trentacinque anni […] SER 191»; «[…] io aveva visto piegare innanzi a me tutte le volontà […]», SER 194; «[…] io aveva per sempre sfregiata la beltà […]», SER 199; […] io l'aveva sepolta nel piccolo cimitero di Dusseldorf», SER 200; si aggiun- gano, con dileguo della labiodentale251, i seguenti casi presenti nel testo di Giustina e, una volta, nel romanzo di Mastriani: «Vedi... vedi che io avea tutto indovinato», GIUS 33; «Non te l'avea detto io che avresti perduto?», GIUS 335; «Come le avea detto, la signora è in tale stato che non può ricevere», GIUS 367; «Bisognava che io mi fossi assicurata la impunità del furto che io avea commesso», MAS 213; avevo: 385 occ.); era compare come imperfetto di prima persona in 6 testi della raccolta, quelli di Arrighi, Donan Coyle, Giustina, Ilari, Mastriani e, in massima parte, Serao :«[…] da quello che io era un giorno […]», ARR 44; «io era su ciò secolui pienamente d’accordo», DC 76; «io era rimasto interdetto […]», GIUS 371; «[…] da paralitico che io era […]» ILA 311, «Ho detto che io era una tua sorella», MAS 91; «[…] io era nel caffè […]» MAS 212; «[…] io era partito […]», MAS 214; «[…] io era morta», SER 87; altri luoghi del testo di Serao: SER 107, 109, 112, 117 [quattro volte], 131, 170, 189 [due volte], 190, 193, 194, 197, 202; la forma analogica ero è attestata con 282 occorrenze.
In un piccolo gruppo composto da tre verbi si verifica una situazione di minor squilibrio tra gli allotropi, probabilmente dovuta alla loro scarsa frequenza nel campione:
arrestava («Io mi arrestava […]», SER 199; in funzione transitiva, «A momenti lo arre- stavo!», BEL 104); leggeva («Il giorno dopo io leggeva […]», GIUS 269, «[…] mentre
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io leggeva […]», SER 178; leggevo DG 386, JAR 21, SER 199); rimaneva («Mentre io
rimaneva […]» DC 239; rimanevo DG 380, INV 30).
Un ultimo gruppo è invece composto da 7 verbi per i quali si attesta solo la forma etimologica, sebbene residuale e confinata nei testi dei maggiori utilizzatori del tipo in -
a, come notato precedentemente, cioè Giustina e Serao (oltre a un esempio di Donan
Coyle): assisteva («[…] mentre io assisteva la disgraziata ragazza», DC 184); comandava («Però, quando io comandava di dormire […] io comandava a una di esse […] [io] co-
mandava di amarmi per un’ora […]», SER 189 [tre volte]; «[…] io le comandava di mo-
rire […]», SER 201); emanava («io emanava tale forza […]», SER 195D); ragionava («Ragioni, come ragionava anch’io […]», GIUS 78); sbagliava («Egli mi aveva sempre giurato che io mi sbagliava...», GIUS 101); sonnecchiava («Io sonnecchiava, a quella porta […]», SER 189); stringeva («[…] io la stringeva fortemente fra le braccia […], SER 180).
4.5.1.2. Dileguo della labiodentale nella desinenza
Le forme dell’imperfetto indicativo della terza e della sesta persona con dileguo della labiodentale, ancora comuni nella prosa settecentesca e primo ottocentesca252, sono generalmente poco frequenti in tutta l’opera manzoniana, (a parte qualche esempio di
avea nel Fermo e Lucia), ma ancora attestate in alcuni testi postunitari di larga circola-
zione come Cuore di De Amicis253.
L’opposizione tra le forme con e senza caduta della v avviene in primo luogo nei verbi ad alta frequenza, che per un lungo periodo hanno mantenuto intatta l’allotropia254; 252 Cfr. Patota (1987: 104-113) e Antonelli (2003: 153-156).
253 Cfr. Serianni (1989: 171-175). Per quanto riguarda il giudizio delle grammatiche coeve, Petrocchi
(1887: 156-157, § 17) non indica la variante con dileguo per l’imperfetto di avere nella sezione dei verbi ausiliari; Morandi & Cappuccini (1895: 137, §§ 454) nello specchietto relativo alla coniugazione di avere segnalano avea e aveano come letterari e dialettali. A proposito della circolazione del tipo nei testi popolari fiorentini, Serianni (1989: 174) nota che «l’imperfetto in -ea […] oltre che essere membro di una coppia diacronica, può rappresentare uno dei poli di una coppia diastratica, e precisamente quello più popolare».
254 Già nel secondo Settecento l’oscillazione tra le voci in -ea e le voci piene interessava «general-
mente un numero limitato di verbi», per alcuni dei quali, come fare e potere, «i casi di imperfetto in -ea sono più numerosi dei casi d’imperfetto in -eva» (Patota 1987: 106); in SPM si ricava la massima incidenza del tipo con dileguo della labiodentale per i seguenti verbi: avea 99 / aveva 219 (45,2%), dovea 88 / doveva 234 (37,6%), volea 30 / voleva 95 (31,6%), sapea 10 / sapeva 47 (21,3%), potea 46 / poteva 293 (15,7%)
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ma anche per queste voci, le forme in -ea si attestano con una percentuale di incidenza sul tipo maggioritario tra il 3 e il 10%: avea 524 / aveva 4401 (10,6%:); dovea 64 / doveva 582 (9,9%); volea 33 / voleva 364 (8,3%); facea 27 / faceva 406 (6,2%); parea 30 / pareva 481 (5,9%); potea 31 / poteva 653 (4,5%); tenea 7 / teneva 169 (3,9%).
La forma verbale più frequente, avea, appare nella maggior parte dei testi del cam- pione: ARR 156, BEL 3, 8, e in altri 24 luoghi, DG 390, DR 75, GIUS 34, 57 e in altri 157 luoghi, INV 17, 24 e in altri 58 luoghi, JAR 18, 20, MAS 7, 8 e in altri 269 luoghi, SER 13, SG 159, 179; il tipo avea presenta anche l’unica forma che si registra in tutto il
corpus con enclitica: aveagli (GIUS 267).
Man mano che la frequenza delle voci scende non scende tuttavia di molto la quota dei testi che presentano il tratto, anzi in molti casi le forme sono sparpagliate in un buon numero di testi: dovea si ritrova in Bello, Giustina, Mastriani e Serao (BEL 68, 140 e in altri quattro luoghi, GIUS 70, 184 e in altri 33 luoghi, MAS 17, 76 e in altri 20 luoghi, SER 106); volea in Bello, Giustina, Mastriani (BEL 68, GIUS 184, 273 e in altri 25 luo- ghi, MAS 8, 62, 136, 157, 218); facea in Arrighi, Bello, Giustina, Invernizio, Jarro, Ma- striani (ARR 123, 140, BEL 91, 263, GIUS 274, 289 e in altri sei luoghi, INV 68, JAR 93, MAS 38, 54 e in altri 11 luoghi); parea in Bassi, Di Giacomo, De Marchi, De Roberto, Giustina, Invernizio, Mastriani, Serao (BAS 188, BEL 5, 6, 54, 88, 264, DG 385, DM 200, DR 26, 44, 86, GIUS 308 e in altri sei luoghi, INV 68, MAS 11, 74, 125, 154, SER 17, 92 e in altri cinque luoghi); potea in Bello, Giustina, Invernizio, Mastriani (BEL 140, GIUS 69, 102 e in altri 17 luoghi, INV 45, MAS 10, 12 e in altri otto luoghi); tenea in Bello, Giustina, Mastriani (BEL 92, GIUS 280, 298, 444, MAS 85, 109, 144).
I testi di Giustina e Mastriani registrano esempi per tutte le voci sopra riportate; a questi appartengono anche una serie di forme sparse che non si registrano in nessun altro autore del corpus: nell’opera di Giustina si individuano ardea GIUS 259, ascondea GIUS 433, attendea GIUS 414, battea GIUS 289, chiedea GIUS 281, contorcea GIUS 410,
credea GIUS 319, 392, 443, dividea GIUS 298, giungea GIUS 432, mettea GIUS 298,
380, 431, nascondea GIUS 341, perdea GIUS 340, 441, permettea GIUS 388, profondea GIUS 441, ricevea GIUS 446, rimanea GIUS 313, sorgea GIUS 433, sostenea GIUS 451
ecc. (i dati sono contenuti in Serianni 1989: 172); l’archivio LIZ [s.c.] mostra un forte declino di tali voci nella prosa di fine Ottocento e di primo Novecento: la forma più frequente è sempre l’ausiliare avea, ma ha una incidenza solo del 5,6%; poi, in ordine di ranking, dovea (4,3%), parea (2,2%), facea (1,3%), tenea (1,03%), volea (1,02%), potea (0,9%).
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[due volte], uccidea GIUS 275; nel romanzo di Mastriani si rintracciano invece accadea MAS 109, aggiugnea MAS 202, 428, conoscea MAS 17, contenea MAS 114, correa MAS 99, 109, 123, dolea MAS 114, giacea MAS 140, leggea MAS 128, piangea MAS 135, producea MAS 153, richiedea MAS 27, 186, riscotea MAS 9, rispondea MAS 120, 127, 153, scadea MAS 73, 75, 162, schiudea MAS 100, sedea MAS 45, solea MAS 183,
volgea MAS 142 (assieme a Bello: stendea BEL 206, MAS 153).
Insieme, i romanzi di Mastriani e Giustina presentano: dicea GIUS 318, 430 e in altri cinque luoghi, MAS 12 e in altri 13 luoghi, intendea GIUS 374, MAS 26, prendea GIUS 260, MAS 98, rivolgea GIUS 308, MAS 98, sapea GIUS 275 e in altri 11 luoghi, MAS 12, 107, 150, 200, scrivea GIUS 286, 318, 393, MAS 42, temea GIUS 306, MAS 78, vedea GIUS 267, 272 e in altri cinque luoghi, MAS 150, vivea GIUS 281, 336, MAS 9, 67, 94, 157, 187.
Sempre in Giustina si ricava un’unica voce della terza coniugazione con dileguo della labiodentale, sentia (GIUS 259, 275), che già nel Settecento veniva considerata ar- caica e poetica255.
Minore incidenza si riscontra per le voci della sesta persona; le forme più testimo- niate sono aveano (BEL 140, 243, GIUS 298, 305 e in altri sette luoghi, INV 43, 57, MAS 9, 12 e in altri 33 luoghi; si registra inoltre il tipo apocopato avean in FAR 154, SER 186);
doveano (GIUS 298, 312, 406, INV 30, MAS 159); faceano (GIUS 406, INV 66, MAS
65, 67, 150); poteano (GIUS 303, 431, 441, 443, MAS 213).
Anche in questo caso si ritrovano alcuni verbi con la caduta della labiodentale soltanto in Giustina e Mastriani (a parte pareano, con un esempio anche in Jarro: GIUS 428, JAR 54): per il primo si segnalano diceano GIUS 420, piangeano GIUS 281, pio-
veano GIUS 362, protendeano GIUS 410, sapeano GIUS 369, 420, succedeano GIUS
298; per il secondo accendeano MAS 205, accingeano MAS 147, adduceano MAS 119,
confondeano MAS 204, conteneano MAS 98, giugneano MAS 82, pendeano MAS 164, rifrangeano MAS 204, risplendeano MAS 204, taceano MAS 34, vedeano MAS 6, 67;
in entrambi teneano GIUS 275, 431, MAS 104.
255 Cfr. Patota (1987: 113); in LIZ [s.c.] si ricavano solo due occorrenze della forma in Dossi (La colonia felice) e una in Fogazzaro (Piccolo mondo antico).
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