• Non ci sono risultati.

L’indispensabile regolamentazione a livello locale

L’art. 117, co. 6, Cost. attribuisce alla potestà regolamentare locale la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, configurando un ambito normativo locale, definito a livello costituzionale e dotato, pertanto, di specifica garanzia costituzionale, come espressione del principio di autonomia ex art. 114, co. 2, Cost.

Allo statuto sono riservati i principi dell’organizzazione amministrativa, con i limiti della Costituzione e della competenza esclusiva statale. Al regolamento è riservata, nel rispetto dello statuto, la parte della disciplina che va oltre i principi. Pertanto, esiste una riserva di regolamento locale in materia di organizzazione degli enti locali, in forza del principio di competenza.

Riguardo alla collocazione dei regolamenti locali nel sistema delle fonti, questa deve necessariamente tener conto dell’attuale configurazione policentrica del sistema statale. Sistema nel quale si è scelto, in aderenza al principio di sussidiarietà, di privilegiare i livelli istituzionali più vicini ai cittadini. Ciò potrebbe condurre ad una cedevolezza della legge statale e regionale rispetto ai regolamenti locali, nelle materie di loro competenza, limitando l’intervento della legge ad una regolazione per principi e per linee generali.

Diversamente, per la disciplina dello svolgimento delle funzioni locali, sembra profilarsi un più esteso ambito di intervento della legge, statale e regionale, titolare della regolazione dell’esercizio delle funzioni amministrative, ex art. 118, co. 2, Cost.

Lo statuto ed i regolamenti non possono, comunque, derogare norme aventi forza di legge, poiché la riserva di competenza non vale ad attribuirli una forza pari a quella della legge.

Secondo la piega autonomistica, come ha spiegato la Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 274 del 2003, ritenere che la disciplina della potestà normativa degli Enti territoriali risieda solo nell’art. 117 Cost., significa considerare in modo parziale i precetti che la Costituzione stessa pone al legislatore ordinario, nella fissazione delle regole.

Gli Enti locali, nello specifico, hanno potere regolamentare per la disciplina delle funzioni loro attribuite, anche se si deve tenere conto del fatto che, nelle materie a competenza legislativa concorrente, esso è contestualmente, in linea di principio, incardinato in capo alle Regioni.

Diversamente, se si tratta di materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, il potere regolamentare spetta allo Stato, salva un’eventuale delega a favore delle Regioni.

Pertanto, gli Enti territoriali hanno potere regolamentare proprio nelle materie di loro pertinenza.

In particolare, in materia di affidamenti sotto soglia, ambito tanto importante per le micro, piccole e medie imprese, e di competenza anche dei piccoli e medi Comuni, intervengono le modifiche del d.l. c.d. “sblocca cantieri”, delle linee guida n. 4, aggiornate al d.lgs. n. 56 del 2017, e anche della modifica dell’art. 95, co. 13, d.lgs. n. 50 del 2016, che ampia la discrezionalità delle stazioni appaltanti a favore delle imprese di territorio.

Oltre alla necessaria semplificazione del Codice, là dove è palesemente incongruente e non funzionante, intervenendo su meccanismi amministrativi, fra le previsioni normative, che lo Stato adotta, rientra la normativa a sostegno giuridico della regolamentazione locale a favore della territorialità.

La regolamentazione locale a favore degli appalti “Km 0”, nel quadro di un sistema normativo ben definito, declina il principio criterio della territorialità, in considerazione anche dei principi costituzionali della sussidiarietà istituzionale e sociale, dell’adeguatezza e della differenziazione dei territori, a favore delle micro, piccole e medie imprese.

Emergenza da covid-19 ed effettività della tutela negli appalti pubblici: esigenze a confronto

Maria Ilaria Palumbo Praticante Avvocato

ABSTRACT [It]:L’articolo analizza alcuni aspetti problematici del d.l. n. 76/2020, con particolare riferimento alla materia dei contratti pubblici ed al rito appalti previsto dall’art. 120 del codice del processo amministrativo. Ci si interroga, soprattutto, sull’effettività della tutela nel giudizio e sulla necessità di rendere i ricorsi amministrativi relativi agli appalti pubblici ancor più stringenti rispetto al passato. Tali modifiche, infatti, presentano problemi di compatibilità rispetto ai principi garantiti dalla Carta costituzionale e, più specificamente, con l’art. 24 Cost.

ABSTRACT [En]: The following article analizyes some aspects of the d.l.n. 76/2020, especially by referring to the public contracts subject and to the procedure about procurements as part of the administrative code at art. 120. In particular, we question in reguard to the effectiveness of the protection on trials and to the necessity of making administrative appeals on procurements much stricter than before. Such modifications, actually, raise compliance issues regarding to the principles stated on the Italian Constitution, particularly with reference to the art. 24 Cost.

SOMMARIO:1. Premessa. – 2. L’art. 4 del d. L. N. 76/2020 e la “immediata” definizione del giudizio di merito in sede cautelare – 3. La definizione “di norma” in sede cautelare: il recente orientamento del consiglio di stato. – 4. Clausola di stand still e il decreto semplificazioni. – 5.

Considerazioni conclusive.

1. Premessa

La necessità di accelerare gli investimenti e le infrastrutture a seguito dell’emergenza pandemiologica da Covid-19 che ha coinvolto il sistema economico globale, ha imposto al nostro Legislatore la conseguente incombenza di semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici e di incentivazione degli investimenti. Tale obiettivo è stato ottenuto con il decreto c.d. “semplificazioni” n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con legge dell’11 settembre, n.

120/202062.

Come meglio si vedrà, le disposizioni contenute in tale intervento normativo presentano non poche lacune, specie con riguardo alla tutela giurisdizionale nel rito appalti, disciplinato dall’art.

120 c.p.a. Il decreto c.d. semplificazioni prima e la legge di conversione dopo, infatti, hanno apportato una modifica al codice del processo amministrativo, prefiggendosi quale esigenza primaria quella di semplificare i giudizi in materia di contratti pubblici, che generalmente tendono ad ostacolare e rallentare l’esecuzione delle opere pubbliche.

62 Per un’analisi critica sulle novità del decreto semplificazioni, si veda L. CARBONE, Una responsabilità erariale transitoriamente “spuntata”. Riflessioni a prima lettura dopo il d.l.16 luglio 2020, n. 76 (c.d. “decreto semplificazioni”), in federalismi.it, n. 30 del 4 novembre 2020.

Tanto premesso, non mancano tuttavia dubbi in merito all’effettività della tutela della sfera individuale degli operatori privati che instaurano rapporti di tipo economico con la Pubblica Amministrazione, con particolare riguardo alla tutela giurisdizionale garantita dai principi della Carta costituzionale.

2. L’art. 4 del d. l. n. 76/2020 e la “immediata” definizione del giudizio di merito in sede cautelare

La lett. a) dell’art. 4 del d. semplificazioni ha modificato l’art. 120, comma 6 c.p.a., il quale già prevedeva una forma di rito accelerato in tema di appalti pubblici. La previgente disposizione, infatti, stabiliva che qualora vi fossero i presupposti, il giudice potesse decidere nel merito anche in sede cautelare ovvero fissare un’udienza di merito fissata entro 45 giorni dalla scadenza del termine previsto per la costituzione delle parti, definendo la questione con sentenza in forma semplificata a norma dell’art. 74 c.p.a.

Pertanto, già prima delle modifiche apportate all’art. 120 c.p.a., la struttura processuale del rito appalti era imperniata di sommarietà, essendo previsti tempi assai stringenti per le parti e per il giudice. In altri termini, nel caso in cui la causa non avesse particolari necessità istruttorie ai fini del merito, la sua trattazione in camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare era molto comune.

La novella disciplina, invece, specifica che la conclusione del giudizio nella fase cautelare prescinde anche dall’ipotesi in cui si ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, derogando pertanto al comma 1 dell’art. 74 c.p.a. Di conseguenza, l’immediata decisione nel merito in fase cautelare non è più un’eccezione, ma una regola ordinaria.

La modifica apportata suscita tuttavia una serie di interrogativi. Il primo di essi riguarda l’effettiva trattazione della causa nel contraddittorio orizzontale e verticale. Quest’ultima viene svolta nelle stringenti tempistiche e modalità del procedimento cautelare, rispetto al un giudizio che, anche precedentemente, risultava già di per sé accelerato. In altri termini, vi è rischio, da un lato, di una oggettiva difficoltà per le parti di articolare le proprie difese e dall’altro per il collegio di valutare nel merito delle cause63.

Secondo motivo di perplessità riguarda la portata innovativa della modifica in questione. Infatti, non è chiaro quali siano le effettive differenze rispetto al precedente art. 120, c. 6 c.p.a., posto che in entrambi i casi deve essere accertata la completezza dell’istruttoria e al contraddittorio delle parti per la definizione del giudizio in sede cautelare64.

Nonostante l’art. 120 c.p.a. già prevedesse, oltre la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, anche la possibilità di definizione immediata nell’udienza cautelare, ciò non

63 Su tali problematiche si veda l’intervista di M. A. SANDULLI nell’intervista a Il dubbio, 31 luglio 2020, https://www.ildubbio.news/2020/07/31/alessandra-sandulli-nel-dl-semplificazioni-troppi-limiti-alla-tutela-contro-gli-appalti-irregolari/.

64 A. CARBONE, La definizione “di norma” immediata del giudizio, in sede cautelare, in materia di contratti pubblici. L’interpretazione del Consiglio di Stato del decreto semplificazioni. (nota alle ord.ze Sez. V. nn. 4556 e

è stato ritenuto sufficiente. Per di più, non è stato considerato che in tale fase, a causa dei tempi estremamente ristretti che intercorrono tra l’udienza e il deposito dei documenti e degli scritti difensivi, è fisiologicamente impossibile avere una cognita causa65. Pertanto, l’attuale previsione normativa si scontra inevitabilmente con questioni di carattere costituzionale. Infatti, benché il comma 6 così come novellato includa l’ipotesi in cui “le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all'esame di un'unica questione, nonché in ogni altro caso compatibilmente con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa”, la disposizione trova un limite al principio di rango costituzionale del diritto alla difesa ex art. 24 Cost.

La disposizione appena citata, in verità, risulta di dubbia interpretazione.

Non è chiaro se la richiesta congiunta delle parti di limitare la decisione all’esame di un’unica questione comporti un obbligo del giudice di decidere nel merito in sede cautelare ovvero se l’inserimento dell’espressione “di norma” preveda una sorta di clausola di salvezza66, che riconosce la facoltà del giudice di valutare l’opportunità di limitare la pronuncia in sede cautelare ovvero fissare un’udienza pubblica di merito. Se così fosse, tuttavia, non si comprenderebbe il motivo del rendere esplicita un’ipotesi che potrebbe essere assorbita dall’espressione “in ogni altro caso” prevista dal periodo successivo. Sembrerebbe, dunque, che il Legislatore abbia voluto onerare il giudice di motivare la propria scelta di fissare una vera e propria udienza di merito, scoraggiando, in altri termini, la prosecuzione del giudizio.

Parimenti, non risulta chiaro cosa il Legislatore abbia voluto intendere con l’espressione “unica questione”. Infatti, la ratio della disposizione in commento è quella di velocizzare i giudizi che non presentino particolari complessità. Tuttavia, il più delle volte complessità non è sinonimo di unicità, posto che il giudice può trovarsi di fronte ad un’unica questione, rectius censura, ma di particolare complessità. Invero, non di rado si verifica l’ipotesi in cui un unico profilo di illegittimità venga frazionato in motivi di ordine differente. Pertanto, la valutazione circa complessità della controversia dovrà essere effettuata in senso qualitativo e non quantitativo.

In tutti questi casi, compito del giudice sarà valutare se i motivi possano racchiudersi in un’unica questione, tali da poter essere definiti in sede cautelare, ovvero se questi necessitino di una cognizione piena, fissando in tal caso un’udienza pubblica.

Non può altresì escludersi che durante il giudizio sorgano questioni nuove che diano luogo ad eccezioni di parte. In questo caso, è chiaro che la causa non possa definirsi in camera di consiglio, dal momento che così facendo verrebbe inevitabilmente compromesso il diritto di difesa delle parti. Esclusa tale ipotesi, la richiesta congiunta della decisione in sede cautelare, non compromette in alcun modo il diritto della difesa processuale, avendo le parti rinunciato al diritto di svolgere il giudizio a cognizione piena.

65 In tal senso, v. A. COIANTE, Decreto semplificazioni: contratti pubblici, concorrenza e tutela, in Giustiziainsieme.it, 31 luglio 2020.

66 Così definita da M. LIPARI, Il nuovo rito appalti nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76, in Lamministrativista.it, 22 settembre 2020.

È necessario evidenziare, però, che nella prassi le istanze congiunte di decisione “immediata”

sono molto sporadiche, poiché generalmente è una delle parti che ne fa richiesta, mentre l’altra aderisce meramente a quest’ultima. Tuttavia, in virtù del principio di disponibilità dell’azione processuale, il giudice dovrà sempre assecondare le istanze di parte, a meno che non vi siano ragioni oggettive che inducono a ritenere non raccomandabile la definizione immediata nel merito. In ogni caso, la richiesta congiunta delle parti così come prevista dal dato normativo non genera perplessità sull’effettività della tutela, dal momento che sono le stesse parti che rinunciano alla cognita causa.

Stesso ragionamento non può farsi “in ogni altro caso”.

La seconda ipotesi, infatti, prevede una discrezionalità del giudice – per così dire anomala – il quale potrà valutare se decidere nel merito anche quando la questione non sia “unica”.

Invero, nonostante possa trovarsi di fronte ad una questione che non presenta particolari complessità, la definizione nel merito in fase cautelare è affetta dal deficit della cognita causa.

L’intervento normativo, in altri termini, mira a limitare l’adozione di misure cautelari che interferiscano sulla procedura di aggiudicazione o sulla stipulazione del contratto. Per di più, la deroga all’art. 74, comma 1, c.p.a. rappresenta la prova di come i giudizi in tema di appalti stiano diventando sempre più superficiali. Già la normativa previgente prevedeva un sistema acceleratorio di tali processi67, in quanto la ratio risiedeva nella necessità di velocizzare gli esiti delle controversie sorte nella fase aggiudicativa ovvero esecutiva del contratto pubblico, con l’unico scopo di portare a termine l’opera pubblica. La definizione dei giudizi con sentenza in forma semplificata, infatti, era già chiaro sintomo di celerità.

Il legislatore pare abbia rimarcato ciò che era già indicato in via di principio nel rito appalti, prevedendo una regola a carattere generale temperata dalla locuzione “di norma”, che lascia spazio a deroghe valutabili dal giudice in sede di giudizio.

Ulteriore problema esegetico si pone con riguardo ai due elementi introdotti dalla novella normativa, vale a dire il diritto di difesa delle parti e la complessità della controversia. Invero, l’interpretazione letterale della normativa sembrerebbe essere svuotata della sua portata innovativa, poiché in tal senso non avrebbe alcuna differenza rispetto al passato. La previgente disposizione disciplinante il rito appalti prevedeva, infatti, che la controversia venisse decisa nel merito in sede cautelare qualora non vi fossero particolari esigenze istruttorie. Una visione più ampia della disposizione porterebbe a sostenere, invece, che nonostante la volontà delle parti di

67 Sul punto è intervenuto anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa, il quale ha sostenuto che «attualmente i tempi di definizione dei giudizi in materia di affidamento di opere, servizi e forniture sono straordinariamente celeri tanto che è possibile ottenere una sentenza definitiva in due gradi in meno di un anno e una pronuncia cautelare in trenta giorni; sicché è ormai generalmente riconosciuto, anche dal mondo delle imprese, che i ricorsi in materia di appalti non sono causa del ritardo nella realizzazione delle opere pubbliche. Pertanto, non si comprendono le reali ragioni dell’intervento normativo che corre il rischio, se applicato letteralmente, di pregiudicare le garanzie di difesa dei cittadini e delle imprese e rimettere il controllo di legalità esclusivamente alla sede penale» (Documento

voler definire la controversia in camera di consiglio, venga richiesto al giudice l’impegno aggiuntivo di valutarne l’opportunità68.

3. La definizione “di norma” in sede cautelare: il recente orientamento del consiglio di stato