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Una nuova “prassi”: gli accordi di restituzione dell’indennità di funzione

Uno “spettro” si aggira per l'Italia: lo “spettro” della restituzione dell’indennità di funzione26. La sfiducia, se non addirittura l’ostilità, che, indubbiamente, il corpo elettorale nutre nei confronti del sistema partitico e delle istituzioni rappresentative risulta, ormai, talmente diffusa da costituire un tratto del tutto endemico alla vita politica del nostro Paese27. Sfiducia che, tra le varie motivazioni che la animano, pare rinvenibile, altresì, negli (elevati?) emolumenti che i rappresentati politici percepiscono e che agli occhi di parte della collettività paiono del tutto sproporzionati rispetto alle funzioni cui gli stessi sono chiamati ad assolvere. Alla base di questa concezione imperante vi è, peraltro, l’idea che i vari candidati ambiscano a ricoprire posizioni politiche esclusivamente per acquisire privilegi, e non, come piuttosto dovrebbe essere, per rispondere alle esigenze espresse dai cittadini elettori28.

Proprio nell’intento di ricomporre una frattura, così profonda ed evidente, una delle soluzioni che sono state prospettate, e attuate, è stata la conclusione di appositi accordi, tra partito politico e propri iscritti destinati a ricoprire cariche politiche, siano esse elettive ovvero frutto di apposita nomina, aventi ad oggetto la restituzione di parte delle indennità da questi ultimi percipiende29. Si tratta di un espediente di cui il Movimento Cinque Stelle, primo fra tutti, ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia, ma che anche ulteriori forze politiche, non sorde a tali esigenze di cambiamento, sono sembrate voler coltivare30. Qualsiasi fatto sociale (nel caso di specie la

26 La (provocatoria) locuzione iniziale è mutuata, ovviamente, dalla celeberrima frase di apertura del libello sul

“Manifesto del Partito Comunista”. Cfr., a tale riguardo, K. H. MARX – F. ENGELS, Manifesto del partito comunista, prefazione di R. ROSSANDA, Milano, 2009

Sull’indennità di funzione appare significativo rinviare, ex plurimis, alle autorevoli ricostruzioni sviluppate in G.

CONTINI, Indennità parlamentare, in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, p. 106 ss.; U. ZAMPETTI, Art. 69, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1986, p. 241 ss.; F. MUSSO, Il dibattito parlamentare sull’indennità di carica ai deputati (1848-1912), in Il Politico, n. 2 del 2000, p. 285 ss.; G. CONTINI, Indennità parlamentare, Milano, 1971; F. RATTO, L'indennità parlamentare: evoluzione storica, quadro attuale e prospettiva comparata, Genova, 2003; I. LA LUMIA, Sull'indennità dei deputati dell'assemblea regionale siciliana, in Forum di Quaderni Costituzionali, 11 gennaio 2010.

27 Sul punto, per tutti, V. PAZÈ, Cittadini senza politica. Politica senza cittadini, Torino, 2016.

28 Per un’attenta analisi delle molteplici questioni sottese alla, così detta, “crisi dei partiti” appare, qui, utile rinviare, ex multis, in dottrina a F. GIUFFRÈ, Crisi dei partiti, trasformazione della politica ed evoluzione della forma di governo, in Federalismi.it, n. 23 del 2016; S. STAIANO, La rappresentanza, in Rivista AIC, n. 3 del 2017, p. 4 ss.; A.

RUGGERI, I malati gravi (e incurabili?) degli Stati costituzionali: i partiti politici, in Federalismi.it, n. 22 del 2017;

V. M. GORLANI, Ruolo e funzione costituzionale del partito politico. Il declino della “forma” partito e la crisi del parlamentarismo italiano, Bari, 2017; C. A. CIARALLI, Riflessioni sulle nuove forme di rappresentanza e partecipazione al tempo della crisi dei partiti politici, in Politica del diritto, n. 3 del 2019, pp. 365-397; I.

LAGROTTA, Quale riforma per i partiti? Riflessioni per un recupero di credibilità e di legittimazione per il sistema politico italiano, in Federalismi.it, n. 21 del 2020, pp. 204-227. Ma sulla medesima lunghezza d’onda già A.

BARBERA, La rappresentanza politica: un mito in declino?, in Quaderni costituzionali, n. 4 del 2008, p. 859 ss., il quale sottolinea come, con l’avvento dei c.d. “partiti di massa” «la rappresentanza si manifesterà sempre meno come una relazione diretta fra rappresentanti e rappresentati».

29 D’ora in poi solo “accordo di restituzione” ovvero “accordo”.

30 Cfr. il c.d. “Regolamento relativo al trattamento economico degli eletti del Movimento 5 Stelle” , reperibile sul sito www.movimento5stelle.it, il quale prevede che ciascun parlamentare italiano, europeo ovvero consigliere regionale, eletto all’esito di una competizione elettorale nella quale si sia presentato sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle, debba restituire una porzione (finanche consistente) dell’indennità spettantegli ex lege sulla base delle condizioni indicate nel regolamento medesimo. Peraltro, sul sito ufficiale del Movimento Cinque Stelle, tirendiconto.it, risulta possibile verificare lo stato delle restituzioni da parte dei membri “eletti” nelle file del

disillusione nei confronti dell’attività politica) sovente comporta ricadute e ripercussioni sul versante giuridico (la stipulazione di accordi che obbligano gli “eletti” a restituire quanto legittimamente dovuto loro): sicché si è assistito al tentativo di reagire alla menzionata disillusione nei confronti del ceto politico attraverso il ricorso proprio ad uno strumento giuridico. A tale riguardo, però, non ci si può esimere dal manifestare qualche dubbio in proposito. In effetti riesce difficile ritenere che uno shock al sistema partitico possa derivare dall’indebolimento di quelle garanzie – quale indubbiamente si qualifica l’indennità di funzione – che l’ordinamento giuridico riconosce agli esercenti funzioni pubbliche.

Peraltro, tale intento viene perseguito per il tramite del ricorso a formule contrattualistiche cui consegue una sorta di “privatizzazione” delle dinamiche politiche che porta con sé la pretesa di vincolare, sempre più, i propri membri alle strette maglie delle decisioni assunte dal partito31. Si tratta, evidentemente, di uno strumento piuttosto preoccupante. In questo modo, se ben si considera, si produce l’effetto sostanzialmente opposto a quello indicato: ossia quello del dominio dei partiti stessi sulle dinamiche di governo ed assembleari e della contemporanea eliminazione di qualsivoglia residuo spazio di libertà in capo ai loro membri32.

A prescindere da ogni ulteriore giudizio di valore circa l’opportunità nonché l’efficacia di una siffatta scelta politica, e posto che gli accordi in parola risultano piuttosto diffusi in seno alla

“prassi” partitica, occorre incentrare la presente ricerca sulla disciplina normativa degli stessi, particolarmente gravida di conseguenze giuridiche. In tale cornice, quid iuris se tra partito politico e quei soggetti, vuoi eletti nelle sue file vuoi designati dal partito medesimo a ricoprire incarichi in seno ad esecutivi a livello nazionale, regionale o locale, venga a stipularsi un accordo di restituzione dell’indennità in parola? Un tale accordo può considerarsi giuridicamente

Passando, d’altro canto, dal livello nazionale a quello locale e, precisamente, comunale, si riscontra una situazione piuttosto consimile che porta a considerare quello del partito fondato da Beppe Grillo, non già come un mero caso isolato, bensì come l’indice di una nuova “tendenza”. Un esempio emblematico è costituito dal “Movimento Verona Pulita” (oggi “Prima Verona”) il quale aveva fatto sottoscrivere a tutti i propri esponenti, eletti ovvero nominati a rivestire cariche pubbliche a qualsiasi livello, un documento formale, recante l' impegno a versare al predetto movimento il 20 per cento di qualsiasi ricompensa spettante loro: tanto che si trattasse dello stipendio di un assessore oppure dei gettoni di presenza relativi alla partecipazione a qualsiasi assemblea.

31 Sull’innegabile “privatizzazione” delle logiche partitiche appare significativo rimandare alle ricostruzioni maturate in M. V. DE GIORGI, I partiti nel diritto privato: il codice civile arriva dove può, in laCostituzione.info.it, 2017; S. CURRERI - G. STEGHER, I partiti politici in Italia, in Federalismi.it, n. 23 del 2018, p. 1 ss.; A. D'ANDREA, Del ridimensionamento "per contratto" del ruolo del Presidente del Consiglio (e di altre forzature imposte dai capipartito), in Quaderni costituzionali, n. 3 del 2018, p. 681 ss.; L. D'ACUNTO, Esclusione dell’iscritto e democrazia interna nei partiti politici: la prospettiva privatistica, in Diritti fondamentali, n. 2 del 2019, p. 4 ss.; C.

F. FERRAJOLI, Un declino senza cambiamento. Il Parlamento italiano tra la XVII e la XVIII Legislatura, in Costituzionalismo.it, n. 1-2 del 2019, pp. 33-96; M. MANDATO – G. STEGHER, Dal contratto di Governo all’accordo politico: cronaca della resa del primo Governo bipopulista perfetto, in Nomos, n. 2 del 2019, p. 1 ss.

32 Per una sintetica – quanto brillante – ricostruzione inerente alle problematiche sottese all’autoregolamentazione da parte dei partiti politici A. COSSIRI, Il ‹‹territorio›› nell’autoregolamentazione dei partiti politici, in Le Regioni, n. 3 del 2014, p. 394 ss., a detta del quale il sistema di regole interne al Movimento Cinque Stelle «sembra riconducibile ad un modello di organizzazione del potere d tipo assolutistico: chi scrive le regole è il medesimo soggetto che le applica, non vi sono organi interni di garanzia, non vi è separazione dei poteri; manca una declinazione anche embrionale del principio di legalità, non esiste una disciplina sulle modalità di produzione delle regole. La Leadership non è formalmente contendibile, il capo politico in quanto esterno alla struttura associativa è legibus solutus, non è tollerata la presenza interna di posizioni di minoranza e di dissenso, la cui manifestazione da parte di soggetti con qualche visibilità ha costituito nella prassi presupposto per l’espulsione dal movimento e dai gruppi e per l’inibizione dell’uso del simbolo».

valido e, pertanto, effettivamente giustiziabile?33 Oppure, come anche si ritiene, esso costituisce esclusivamente uno strumento propagandistico, un mero escamotage, che la macchina partitica italiana ha escogitato, ma che, a ben guardare, rimane pur sempre incoercibile giudizialmente, stante la sua invalidità? Sono questi gli interrogativi cui si cercherà di fornire una risposta. Si saggeranno, in particolare, i profili critici di compatibilità di tale “pattuizione” con le norme costituzionali nonché con quelle di legge inderogabili dall’autonomia privata.

Deve, ancora, evidenziarsi come detto problema si imponga oggi in maniera ancor più pressante, considerato il progressivo incremento delle ipotesi di conflittualità che si verificano in seno ai partiti. Partiti che, probabilmente anche a causa della loro endemica debolezza, non paiono più in grado di gestire e sanare al proprio interno le crisi che li attraversano, determinando un’esternalizzazione delle stesse, sfociante inevitabilmente in una conflittualità giuridica34. Non rappresenta, d’altro canto, un semplice caso il fatto che recentemente, proprio in un clima di generalizzata disillusione nei confronti dell’attività politico-partitica, sia stata approvata la discussa “riduzione del numero dei seggi parlamentari”, ossia una riforma costituzionale ispirata a «ragioni di tipo punitivo nei confronti del ceto politico, colto nel suo complesso come “casta”

autoreferenziale, lontana dalla realtà sociale»35.

33 In relazione ai conflitti tra gruppo ed appartenenti allo stesso si rimanda, ex multis, a quanto efficacemente ricostruito e sviluppato in F. GALGANO, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati (art. 36-42), in A.

SCIALOJA - G. BRANCA (a cura di), Comm. del cod. civ., Bologna-Roma, 1967, p. 165 ss.; M. BASILE, L’intervento dei giudici nelle associazioni, Milano, 1975, p. 28 ss. Più specificatamente sulla giustiziabilità degli atti dei partiti politici, oltre alle opere appena citate, si veda F. GALGANO, Principio di legalità e giurisdizione civile nelle controversie interne ai partiti politici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, p. 384 ss.

34 Ne costituisce emblematica espressione la vicenda riguardante le espulsioni che, poco prima delle elezioni amministrative tenutesi a Roma e a Napoli nel 2016, hanno riguardato vari membri del Movimento Cinque Stelle. In particolare, i membri espulsi avevano tutti adito l’autorità giudiziaria impugnando presso quest’ultima i provvedimenti disciplinari che li avevano visti destinatari. Cfr., a tale riguardo, E. CATERINA, Il giudice civile e l’ordinamento interno dei partiti politici: alcune considerazioni sulle recenti ordinanze dei tribunali di Napoli e di Roma, in Osservatorio sulle fonti, n. 3 del 2016, p. 1 ss.

35 Così, testualmente, S. GAMBINO, Quale centralità del Parlamento se si procedesse al taglio del numero dei parlamentari?, in Consultaonline, n. 3 del 2020, p. 470.

La riforma costituzionale volta alla riduzione del numero dei parlamentari ha stimolato ampi e vivaci dibattiti, sia qui sufficiente richiamare (senza alcuna pretesa di esaustività) A. ALGOSTINO, Perché ridurre il numero dei parlamentari è contro la democrazia, in Forum di Quaderni costituzionali, 30 settembre 2019, p. 1 ss.; G. TARLI BARBIERI, La riduzione del numero dei parlamentari: una riforma opportuna? (ricordando Paolo Carrozza), in Le Regioni, n. 2 del 2019, p. 375 ss.; D. PORENA, La proposta di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari (A.C. 1585): un delicato “snodo” critico per il sistema rappresentativo della democrazia parlamentare, in Federalismi.it, n. 14 del 2019, p. 5 ss.; G. CERRINA FERONI, Riduzione del numero dei parlamentari e applicabilità delle leggi elettorali, in Osservatorio AIC, n. 3 del 2019, p. 4 ss.; P. D. LOGROSCINO, Rinvigorire il Parlamento “tagliato” a scapito delle ragioni del regionalismo, in Federalismi.it, n. 24 del 2020, pp.

96-112; R. GIUSEPPE, Taglio dei parlamentari: guida al referendum, in Aggiornamenti sociali, n. 8-9 del 2020, pp.

568-574; M. VOLPI, La riduzione del numero dei parlamentari, in Costituzionalismo.it, n. 1 del 2020, p. 43 ss.; C.

TUCCIARELLI, Il significato dei numeri: riduzione del numero di deputati e senatori e regolamenti parlamentari, in Osservatorio sulle fonti, n. 2 del 2020, p. 168 ss.; L. CASTELLI, Taglio dei parlamentari e prospettive di (ulteriore) revisione costituzionale: qualche osservazione dell'indagine comparativa; in Federalismi.it, n. 10 del 2020; p. 1 ss.

G. GUERRA, Quando il legislatore costituzionale “dà i numeri” è meglio non fidarsi. Brevi osservazioni critiche sulla riduzione dei parlamentari, in Forum di Quaderni costituzionali, n. 2 del 2020, p. 508 ss.; C. TRIPODINA, Riduzione del numero dei parlamentari, tra riforma costituzionale ed emergenza nazionale, in Osservatorio AIC, n.