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Membri “nominati”: il caso “paradigmatico” degli assessori comunali

Se in relazione ai membri “eletti” appare quindi evidente il contrasto che un accordo di restituzione dell’indennità di funzione genererebbe rispetto al divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 della Carta costituzione, ben maggiori sono le difficoltà che si riscontrano nel tentativo di individuare la soluzione valevole per quei membri che, seppur non “eletti”, ricoprano funzioni a livello di organo esecutivo. Non operando rispetto a questi ultimi il limite costituzionale relativo al divieto di vincolo di mandato, si potrebbe pensare di riconoscere la validità del patto in esame. In realtà, a ben vedere, anche per gli eventuali membri del partito non “eletti” vengono in rilievo disposizioni di legge (imperative) costituenti un vero e proprio argine rispetto all’obbligo di restituzione dell’indennità. E, come subito si vedrà, la conclusione, anche in questa ulteriore ipotesi, non può che condurre alla nullità di un siffatto accordo.

Ai fini della presente analisi si assumerà come “paradigmatica” la figura dell’assessore comunale. In particolare, la scelta di focalizzare l’attenzione sul componente dell'organo esecutivo dell’ente locale è giustificata dal fatto che, se ministri ed assessori regionali non sono stati ancora effettivamente riguardati da detti accordi, la “prassi” di restituzione in esame ha, invero, iniziato ad affermarsi proprio con riguardo ai membri della giunta comunale45. Tuttavia, considerazioni del tutto analoghe potrebbero essere svolte, mutatis mutandis, anche rispetto ai membri dell’esecutivo nazionale ovvero delle giunte regionali, se non altro per il fatto che la disciplina valevole per gli assessori comunali – come si vedrà – rappresenta semplicemente una specificazione di quella, maggiormente generale, già prevista in Costituzione e dunque applicabile a qualunque componente di organi esecutivi46.

Riflessioni controcorrente sul divieto di mandato imperativo negli ordinamenti regionali, in Liber Amicorum per Pasquale Costanzo, 30 luglio 2019.

Peraltro la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che «il principio generale del divieto di mandato sancito dall'art. 67 della Costituzione è pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva ed assicura ad ogni consigliere l'esercizio del mandato ricevuto dagli elettori, pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica, con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l'appartenenza dell'”eletto” alla lista o alla coalizione originaria» Cfr., ex multis, T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. Trento, sent. n.75 del 2009.

45 Come testimoniato dal già citato caso riguardante il Movimento Verona Pulita. A detto proposito, si veda, più approfonditamente https://www.utilitalia.it/dms/file/open/?a50a7975-fb56-4e76-bb26-c09a229ae1c1.

46 Appare, qui, utile rimandare alle diffuse analisi, riguardanti la figura dell’”assessore comunale” e, più in generale, quella della “giunta comunale”, autorevolmente sviluppate in E. MAGGIORA, Nomina, durata in carica e cause di cessazione degli assessori comunali e provinciali (Parte I), in Lo Stato civile italiano, n. 8 del 2006, p. 622 ss.; G.

GRIFFINI; Rapporti fra organi politici: considerazioni sugli organi di governo locale ed in particolare sui consigli comunali e provinciali, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, n. 10 del 2006, p. 1269 ss.; N.

MICHELE, L'ente locale e l'azione di governo, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, n. 23-24 del 2011, p. 2323 ss.; E. MAGGIORA, La nuova composizione dei Consigli e delle Giunte, in Lo stato civile italiano, n. 7 del 2012, pp. 38-46; R. LEONARDI - V. ITALIA - G. BOTTINO, Osservatorio sulle principali novità in materia di enti locali, in Il Foro amministrativo T.A.R., n. 4 del 2013, pp. 125 ss.

3.1. Artt. 3 Cost. e 77 T.U.E.L.: le condizioni di uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici Nel tentativo di analizzare approfonditamente la disciplina giuridica cui risulta soggetto l’accordo di restituzione di una parte dell’indennità di funzione dovuta agli assessori comunali, a venire in rilievo è certamente il D. Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. T.U.E.L.). Tale testo unico all’art.

77, comma 1, stabilisce che «La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge». Detto disposto trova applicazione a tutti gli amministratori degli enti locali, nell’alveo dei quali, in forza della precisazione di cui al comma 2 del medesimo articolo, rientrano altresì «i componenti delle giunte comunali»47.

Sgombrato, così, il campo da eventuali dubbi circa l’applicabilità della summenzionata disciplina al caso in esame, occorre evidenziare gli effettivi profili di violazione (se sussistenti) dell’accordo in questione rispetto all’art. 77 del T.U.E.L. Per fare ciò risulta previamente necessario individuare la voluntas legis che anima tale norma48. A tale riguardo pare evidente come il menzionato art. 77, attuando le garanzie stabilite dall’art. 51 della Costituzione49, intenda riconoscere a tutti i cittadini la possibilità di ricoprire cariche amministrative, esprimendo l’interesse costituzionale alla possibilità che tutti concorrano a dette cariche in posizione di eguaglianza, anche impedendo la risoluzione del rapporto di lavoro o di impiego, con giustificato e ragionevole sacrificio dell’interesse dei privati datori di lavoro50. La qual cosa al fine di

47 Art. 77, comma 2, “Definizione di amministratore locale” T.U.E.L.: «Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento».

48 Cfr. Cassazione civile, sez. I, 15 febbraio 2017, n. 4029 secondo cui la voluntas legis consisterebbe nell’intenzione di subordinare la corresponsione della indennità all'effettivo svolgimento delle funzioni amministrative. modifica dell'art. 51 Cost.: problemi e prospettive, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2003; U. ADAMO, La

‘promozione’ del principio di pari opportunità nella composizione delle giunte negli enti territoriali alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa, in Rivista AIC, n. 2 del 2011; A. AMATO, Focus sulla giurisprudenza amministrativa in materia di pari opportunità nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, in Istituzioni del Federalismo, n. 4 del 2011, p. 913 ss.; G. VIRGA, Il principio di pari opportunità nell'accesso alle cariche pubbliche, in www.blog.lexitalia.it, 2011; M. CERRONI, Il principio di pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive alla luce della giurisprudenza amministrativa del 2011, in Federalismi.it, n. 13 del 2012.; U. ADAMO, Il principio di pari opportunità in ambito politico fra legislatori statali (reticenti) e legislatori regionali (indecisi), fra giurisprudenza costituzionale e amministrativa (entrambe incisive). Un bilancio di tutela sempre più multilevel, in Federalismi.it, n. 22 del 2013; S. LEONE, Sulla conformazione delle Giunte degli Enti locali al canone delle pari opportunità: alcune riflessioni alla luce delle innovazioni legislative e della giurisprudenza più recente, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2015.

Si veda anche, in giurisprudenza, Tar Campania, sez. I, sentenza del 10 marzo 2011, n. 1427.

agevolare, nella maggior misura possibile, la partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica ed amministrativa del Paese51.

Detto altrimenti, l'art. 77, comma 1, T.U.E.L. ha previsto per gli amministratori locali l'erogazione dell'indennità in parola a titolo di compenso per l'attività svolta, onde favorire l'accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza per tutti i cittadini, disponendo del tempo necessario per l'assolvimento dei compiti politico amministrativi e conservando il proprio posto di lavoro. Laddove si dovesse assistere ad un accordo stipulato tra un amministratore locale ed il partito di appartenenza per il tramite del quale l’amministratore stesso venisse a rinunciare ad una parte dell’emolumento dovutogli per legge, si incorrerebbe in un evidente vulnus dell’art. 77, comma 1, T.U.E.L., da considerarsi in combinato disposto con l’art. 3 della Costituzione52. A ben vedere, l’obbligo di restituzione in esame si appalesa contrario al principio di uguaglianza, poiché potrebbe sortire un effetto deterrente rispetto a quei soggetti interessati a ricoprire incarichi di amministrazione degli enti locali nelle file di quel partito politico che un siffatto obbligo di restituzione preveda.

Appare, peraltro, innegabile l’illegittima influenza che la clausola contenente l’obbligo di restituzione dell’indennità percipienda dall’assessore comunale esercita sul diritto, espressamente tutelato dalla Repubblica, di ogni cittadino a concorrere all’amministrazione degli enti locali. Esclusivamente i cittadini che fossero disposti ad accettare un siffatto (distorto) patto politico, contemplante la rinunzia abdicativa ad una parte dell’indennità per legge prevista per l’esercizio della funzione pubblica in questione, potrebbero, in definitiva, ricoprire lo status di amministratore dell’ente locale. Si produrrebbe dunque un’inaccettabile discriminazione tra cittadini sulla base delle condizioni personali e sociali, e segnatamente economiche, testualmente vietata nel nostro ordinamento giuridico dall’art. 3 della Costituzione.

Solamente i cittadini più abbienti, capaci, pertanto, di rinunciare a siffatta indennità, potrebbero, in definitiva, ricoprire le funzioni di amministratore locale, rectius di assessore comunale, con inevitabile esclusione di tutti coloro che, a causa della loro condizione economica, non avrebbero la possibilità di rinunciarvi. Da tale angolo visuale, i meno abbienti sarebbero costretti ad abbandonare, sin dal principio, la possibilità di esercitare il proprio diritto di concorrere all’amministrazione dell’ente locale. A ciò deve aggiungersi il fatto che, laddove l’amministratore locale decidesse di non rispettare più l’obbligo di rinuncia ad una parte della propria indennità, entrando in rotta di collisione con il proprio partito, sarebbe inevitabilmente esposto alla (probabile) revoca dalla propria funzione53.

A tale riguardo, in dottrina, F. NARDUCCI - R. NARDUCCI, Guida normativa per l’amministrazione locale, Santarcangelo di Romagna, 2015, p. 257 ss..

51 Cfr., ex pluribus, Corte cost. sentt. nn. 454 e 52 del 1997; n. 158 del 1985 e n. 193 del 1981.

52 Art. 3 Cost.: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

53 Per considerazioni analoghe si veda quanto sostenuto da C. S. VIGILANTI, Prove tecniche di recall: la revoca del mandato “intramovimento” (il caso non riuscito del M5S), in Forum di Quaderni Costituzionali, 2014, p. 13.

In relazione all’ipotesi di revoca del consigliere comunale pare, peraltro, utile rinviare alle efficaci analisi di V.

BALSAMO, Sindacabilità giurisdizionale della revoca dell'incarico di assessore comunale, in Rass. Avv. Stato, n. 2 del 2007, p. 165 ss.; F. LAUDANTE, La natura giuridica del decreto di revoca degli assessori comunali e

3.2. Artt. 97 Cost. e 78 T.U.E.L.: l’imparzialità dell’amministratore pubblico

Il patto abdicativo dell’indennità non contrasta solamente con il combinato disposto di cui agli artt. 3 Cost. e 77 T.U.E.L. ma finisce altresì per confliggere con un’altra fondamentale disposizione del T.U.E.L., ossia l’art. 78, comma 1, a mente del quale «il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità ed al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione fra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni»54.

In sostanza, la summenzionata previsione normativa, cristallizza a livello della legislazione ordinaria, in termini che esigono rigoroso rispetto, il dovere di osservare i principi di imparzialità e di buona amministrazione, già espresso dall’art. 97 della Costituzione che, con accezione generale, fa obbligo a chi esercita pubbliche funzioni di operare con la massima equità nella cura degli interessi generali dei cittadini55. Il dovere di buona amministrazione impegna al più elevato livello di efficacia, trasparenza ed efficienza, l’azione dell’amministratore per la corretta e positiva gestione dell’istituzione alla quale è preposto.

La corresponsione di un’indennità in favore dei soggetti chiamati a ricoprire cariche di amministratori locali rinviene la propria ragione giustificatrice nella volontà del legislatore di preservare l’imprescindibile imparzialità che deve costituire caratteristica prima ed indefettibile per chi rivesta un pubblico ufficio. Per converso, la rinunzia alla medesima potrebbe esporre l’amministratore pubblico a condizionamenti esterni di varia natura. La restituzione dell’indennità di funzione vanificherebbe, pertanto, l’intento del legislatore di prevenire, e finanche di reprimere, per il tramite della corresponsione di un emolumento in grado di garantire l’effettiva indipendenza del pubblico amministratore, eventuali ipotesi di corruzione e di illegalità all’interno della pubblica amministrazione. D’altro canto l’inosservanza del dovere di

La revoca di un assessore ed il difficile discrimine tra scelte politiche e decisioni discrezionali, in Il Foro Amministrativo C.d.S., n. 12 del 2009, p. 2889 ss.; C. GIAON, Osservazioni sulla "consistenza" dell'obbligo di motivare la revoca dell'assessore, in Il Foro amministrativo T.A.R., n. 3 del 2009, p. 883 ss.; E. MAGGIORA, La revoca dell'assessore comunale e provinciale, in Lo stato civile italiano, n. 9 del 2011, p. 34 ss.

54 A. CERRI, Imparzialità ed indirizzo politico della p.a., Padova, 1973.

55 Art. 97 Cost.: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

Sui principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione è esistente una sterminata letteratura, di cui non è possibile dare, in questa sede, contezza con esaustività; sia pertanto consentito – senza, per l’appunto, pretesa di completezza – il rinvio a U. ALLEGRETTI, L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965; P.

BARILE, Il dovere di imparzialità della pubblica amministrazione, in Scritti di diritto costituzionale, Padova, 1967;

A. CERRI, Imparzialità ed indirizzo politico della pubblica amministrazione, op. cit.; P. CARETTI, Art. 97, in G.

BRANCA – A. PIZZORUSSO (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1994; M. R. SPASIANO, L’organizzazione comunale – Paradigmi di efficienza pubblica e buona amministrazione, Napoli, 1995, p. 223 ss.;

M. GALDI, Buon andamento, imparzialità e discrezionalità amministrativa, Napoli, 1996; R. FERRARA, L’interesse pubblico al buon andamento della pubblica amministrazione tra forma e sostanza, in Studi in onore di Alberto Romano, I, Napoli, 2011; C. PINELLI, Il buon andamento dei pubblici uffici e la sua supposta tensione con l’imparzialità. Un’indagine sulla recente giurisprudenza costituzionale, in Studi in onore di Alberto Romano, I,

imparzialità, cui la rinuncia all’indennità di funzione esporrebbe, costituisce per l’amministratore dell’ente locale una violazione di legge rilevante ai fini della configurabilità del reato di abuso d’ufficio56.