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Il destination branding è uno strumento che dà forma all’identità di una destinazione proponendola come un paradigma di unicità, diversa da tutti gli altri luoghi. Per ottenere questa differenziazione netta, si cerca di convincere il potenziale turista che egli “possiede con la destinazione brandizzata

50 un’empatia e ne condivide i valori” (MORGAN, PRITCHARD 2002:12). In altre parole, va creata una relazione emozionale tra luogo e turista basata su una moltitudine di attributi, rappresentativi di come la destinazione sia un prodotto composito. Il brand necessita perciò di “una ricca personalità” per essere realmente attraente ai consumatori: dovrebbe essere dotato di un lato razionale, che comprende le sue caratteristiche logiche e oggettive, e di un lato emotivo, in cui spiccano le connessioni emotive tra il turista e il luogo (MORGAN, PRITCHARD 2002:31; GILMORE 2002). Inoltre, crea nei consumatori delle aspettative che, se non sono soddisfatte, rischiano di danneggiare la reputazione e l’immagine del luogo (GILMORE 2002). Per questo è necessario rappresentare con trasparenza la situazione reale della destinazione, anche se da una prospettiva positiva e prettamente turistica. Un brand di successo “è ricco in significato emozionale, ha un grande valore conversazionale e alta anticipazione per i turisti”, e coincide con “una proposta di vendita unica…sostenibile, credibile e rilevante” (MORGAN, PRITCHARD 2002:20-23).

Il valore di un brand dunque risiede sì nelle caratteristiche formali del prodotto, ma soprattutto nella percezione che i consumatori hanno di esso, alimentata dal marketing (ANHOLT 2002). Perciò un fattore trainante per il successo del brand delle destinazioni turistiche è che concretamente sia tramutato in un’ottima forma pubblicitaria. Questa operazione è compiuta nel caso del turismo, da organizzazioni turistiche nazionali e locali, camere di commercio, associazioni turistiche, istituzioni e uffici a vari livelli (MORGAN, PRITCHARD 2002; VUIGNIER 2016). Nelle realtà più strutturate, il

branding è gestito direttamente da organizzazioni specifiche, le destination management organizations o DMO (BLAIN et al. 2005). Possono essere usati intermediari e consulenti esterni,

oppure il progetto può essere svolto in autonomia (MORGAN, PRITCHARD 2002; BLAIN et al. 2005); il budget varia molto a seconda della destinazione a cui fanno riferimento, ma solitamente è minore dei capitali investiti nel settore privato per la pubblicità (MORGAN, PRITCHARD 2002). A ogni modo, il successo di una campagna di brandizzazione non è direttamente correlato al quantitativo di denaro coinvolto: grazie ad Internet infatti i costi sembrerebbero diminuiti; ciò che conta è l’abilità di saper trasmettere un’immagine significativa che colpisce l’audience (ANHOLT 2007).

Per elaborare una strategia di branding ci si pongono tre domande: “Dove siamo ora? Dove vogliamo andare? Come ci arriviamo?” (DINNIE 2015:220). E per rispondere vi sono diversi passaggi. Per prima cosa, è fondamentale valutare attentamente il mercato di riferimento e i concorrenti, individuando chiaramente anche il target (BUHALIS 2000; GILMORE 2002). Non è un compito semplice perché deve essere compiuta necessariamente una scelta che favorisce un segmento su un altro, dal momento che ogni tipologia di turista ricerca cose diverse nella destinazione; i desideri e le necessità del visitatore devono in ogni caso essere valutati in relazione alla pianificazione turistica e alle esigenze degli stakeholders, in un’ottica di sostenibilità ambientale, sociale ed economica (BUHALIS 2000). È altresì necessario comprendere il posizionamento della destinazione nel mercato attuale. Uno strumento utile da cui partire è il TALC di Butler (BUTLER 1980) già citato nel primo capitolo, impiegato come “guida per la pianificazione strategica” (BUHALIS 2000:105). Nei limiti di uno schema che propone un pattern universale, il ciclo d’evoluzione di un’area turistica TALC aiuta a definire il grado di popolarità e diffusione delle conoscenze sulla destinazione (BUHALIS 2000).

51 Il passo seguente è costituito dall’identificazione dei concetti e degli attributi con i quali si vuole rappresentare la destinazione mediante il brand. È a questo punto che diviene importante far emergere le percezioni, i valori e l’immagine associati alla destinazione e già diffusi tra i turisti, attraverso analisi e indagini di mercato (MORGAN, PRITCHARD 2002; CHANG, MARAFA 2018); e in base ai risultati definire un’immagine positiva ma realistica, rispettosa e soddisfacente per gli

stakeholders locali. Questo richiede uno sforzo non da poco perché molto spesso la brandizzazione

va rivolta ad un mercato su larga scala se non addirittura internazionale. È fondamentale riuscire ad analizzare un punto di vista non proprio, sapersi mettere nei panni del consumatore targettizzato per sfruttare a proprio vantaggio le sue percezioni e stereotipi (ANHOLT 2002). La realizzazione di una proposizione di vendita coinvolgente si articola poi enfatizzando la diversità della destinazione sulle altre (BUHALIS 2000; GILMORE 2002). La sua unicità può essere cercata nella “cultura della destinazione” e nella “combinazione di altri benefici”, come la bellezza del paesaggio, la convenienza, un patrimonio artistico di valore” etc. (GILMORE 2002:60).

Successivamente si sviluppa l’identità del brand vero e proprio. In questa fase vengono trovati e progettati metodi comunicativi e un logo rappresentativi. Il logo in particolare assume un significato chiave perché rende immediatamente identificabile il brand di cui è veicolo, e sarà poi proposto in molti media diversi- materiale cartaceo, video, merchandising- (BLAIN et al. 2005). La visione finale del brand della destinazione deve comunicare ai turisti “la sua credibilità, deve far passare il suo significato, deve differenziarsi, deve trasmettere idee potenti, deve saper entusiasmare i partner commerciali e deve essere in risonanza con il consumatore” (MORGAN, PRITCHARD 2002:27). Per giunta deve possedere una forte carica emotiva, strumento per attrarre e creare un legame con il consumatore (GILMORE 2002).

In seguito, il brand va lanciato sul mercato e promosso mediante canali diversi, come siti dedicati ai turisti, pubblicità online e su media più tradizionali, come radio, televisione e stampa (GILMORE 2002). Anche le fiere di settore e i materiali promozionali possono essere un valido sostegno (BUHALIS 2000). Il brand andrebbe poi continuamente implementato e monitorato, anche a distanza di tempo (GILMORE 2002). Le ricerche di mercato e l’ottenimento di dati infatti non sono attività precluse alle sole fasi inziali: la rapidità con cui avvengono cambiamenti nel nostro tempo stimola gli esperti a intraprendere un’analisi continua per riuscire a stare al passo (BUHALIS 2000). I brand possono essere reinventati completamente e coscientemente dalle DMO e dalle organizzazioni che si occupano della brandizzazione: difatti può essere costruita una nuova immagine di sé e alterata la reputazione della destinazione per i turisti, anche in un tempo relativamente breve (ANHOLT 2002). Una destinazione che riesce a costruire un brand che appare affidabile, diverso da altri e ricco di significato, e che riesce a trasmettere efficacemente queste sue caratteristiche, generando un rapporto empatico con il consumatore, può diventare un trend di successo anche in un mercato con un’alta competitività e un carattere internazionale come quello attuale.

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