La sostenibilità potrebbe suggerire soluzioni a problemi ben noti; primo fra tutti il trend precedentemente citato in questo capitolo della concentrazione geografica in poche località del turismo inbound, causa primaria dell’overtourism. A partire da questo dato, è chiaro che sono molte le potenzialità inesplorate in questo mercato. Una distribuzione più omogenea sul territorio nazionale dei turisti stranieri allieverebbe le situazioni di sovraffollamento turistico nelle zone urbane (ZHANG, McCORNAC 2014). Manovre strategiche del governo sosterrebbero appunto la redistribuzione degli individui al primo viaggio, ma indurrebbero pure i turisti navigati a percorrere rotte meno battute (ZHANG, McCORNAC 2014). Percorsi che includono aree meno conosciute al pubblico internazionale potrebbero portare poi a un aumento della durata della permanenza nel paese generando ulteriori introiti, un’opportunità potente per le regioni con un’economia arrancante (ZHANG, McCORNAC 2014). Perciò, la creazione di piani sostenibili per allontanare il flusso inbound da specifiche destinazioni e “smistarli” in regioni meno note è un passo fondamentale per arginare l’overtourism.
I primi provvedimenti da attuare dovrebbero essere inquadrati nel contesto del turismo inbound in Giappone, con un focus sulle sue caratteristiche e problematicità. Lo squilibrio in favore di turisti asiatici mina la solidità dell’industria, perché legandosi strettamente a pochi mercati è più soggetta a cambiamenti di preferenze e interferenze esterne (ANDONIAN et al. 2016). Similarmente, la scarsa distribuzione dei turisti inbound sull’intero arcipelago fa sì che i benefici economici non raggiungano molte regioni; e anche quando i turisti si recano in aree meno affollate, spendono in media un 30% in meno rispetto a quello che spenderebbero nelle tre maggiori città (ANDONIAN et al. 2016). Aggiuntive difficoltà scaturiscono dalla capacità portante dell’ambiente delle maggiori metropoli giapponesi, ormai troppo spesso al limite: i numeri di posti letto non sono sufficienti a soddisfare la domanda e manca una differenziazione per prezzo adeguata (ANDONIAN et al. 2016).
Di fronte a questi problemi, si dovrebbe perciò porre l’accento su tre questioni (ANDONIAN et al. 2016):
(1) La percezione dell’alto costo del Giappone. È imperativo comunicare con efficacia la presenza di un paniere di prezzi variegato e allargare le opzioni per i turisti stranieri. La possibilità di attuare questo progresso dipende dalla capacità di operare online e in lingua inglese di molte strutture ricettive, ad oggi ancora troppo scarna.
(2) La scarsa conoscenza delle destinazioni turistiche. Per ovviare alla disomogenea distribuzione sul territorio e riportare in equilibrio il volume turistico asiatico ed euro- americano, è importante la promozione delle bellezze locali. Ciò deve essere fatto tenendo conto del punto di vista del turista non-giapponese, online e mediante UGC e il passaparola digitale, trasformando i turisti soddisfatti in testimonial. Vanno inoltre sviluppati modi per informare i turisti che vogliono tornare in Giappone di mete diverse e meno conosciute.
88 (3) I modelli di turismo differenziati. È assolutamente essenziale produrre strategie ad hoc per le regioni rurali, sia a livello di marketing che di gestione e sviluppo delle risorse, e non copiare le mosse studiate per le arre metropolitane.
Per migliorare quindi la situazione dell’inbound in Giappone, occorre attuare una serie di modifiche, che andrebbero a colmare aspetti attualmente non ancora risolti (ANDONIAN et al. 2016).
Il primo passo è creare una partnership forte tra settore pubblico e privato, mediando una strategia condivisa che incorpori scopi e necessità dello stakeholder pubblico e dell’industria turistica nel suo complesso - dalla ricettiva, alle compagnie di trasporto e delle infrastrutture- (ANDONIAN et al. 2016; NISHIYAMA 2017). L’obbiettivo è un’alleanza con una leadership chiara, con dei target definiti, monitoraggio e aggiustamenti continui, coinvolgimento dei settori che vengono toccati anche indirettamente dal turismo e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia (ANDONIAN et al. 2016). Le DMO perciò acquisiscono la funzione fondamentale di coordinazione e coesione delle diverse parti, attuando politiche di marketing e management territoriale in accordo con gli altri stakeholders (NISHIYAMA 2017). Le competenze delle DMO vanno oltre però l’ideazione e promozione di un brand e di un’immagine della destinazione adatta ai turisti domestici e internazionali; infatti esse devono pianificare una strategia turistica sostenibile pensando “all’interesse pubblico” per preservare le risorse locali (NISHIYAMA 2017:35).
Attivata questa collaborazione58, si passa a definire “cinque leve per guidare il turismo inbound”
(ANDONIAN et al. 2016:32).
(1) Rafforzare il modello organizzativo giapponese del management delle destinazioni: un network coeso e collaborativo, con un budget ben diviso tra le varie DMO, è la base per il successo;
(2) costruire una piattaforma online per supportare l’esperienza end to end del turista: in altre parole, creare luoghi digitali dove indirizzare gli utenti-turisti alle informazioni giuste e pubblicizzare così le destinazioni e le industrie che ruotano attorno a esse;
(3) sostenere lo sviluppo di strutture, hotel e luoghi turistici per il canale inbound: superare le barriere linguistiche e risolvere l’inefficienza online per gli acquisti in ambito turistico per gli utenti internazionali sono la priorità;
(4) incorporare il punto di vista dei turisti stranieri nell’elaborazione di marketing a loro rivolto: è necessario cercare l’apporto di aziende e professionisti stranieri per adeguare il messaggio alla prospettiva di un mercato internazionale;
(5) migliorare la promozione online mediante “ambasciatori” (turisti soddisfatti, personalità famose, etc.): usufruire degli UGC e del passaparola per comprendere più a fondo le esigenze e preferenze dei segmenti turistici e beneficiare dell’influenza positiva su possibili viaggiatori. Si vuole inoltre far notare che il management turistico sostenibile si ottiene solo se anticipato da una più ampia e attenta pianificazione nei confronti dei cittadini e dei turisti (GOTO 2019). Caso
89 esempio del successo di questo approccio è la città di Kamakura, che sin dal 1996 ha adottato una serie di strategie basate sul modello per cui le istituzioni, i residenti e i viaggiatori devono percepire la città come “bella da abitarci, bella da visitare” (GOTO 2019:31). Sebbene non abbia i volumi turisti di città più problematiche come Kyoto, le istituzioni di Kamakura sono riuscite a coordinare gli
stakeholders locali privati e pubblici nella gestione del turismo; hanno divulgato pubblicamente le
informazioni inerenti ai progetti per il management turistico per permettere una partecipazione attiva della cittadinanza; hanno incoraggiato la comprensione reciproca delle parti coinvolte; e si sono attivate con misure concrete per il controllo di fenomeni di overtourism, pur mantenendo livelli alti di soddisfazione per i turisti (GOTO 2019).
Sulla carta infine, è segnalata l’importanza ad oggi e per il futuro delle DMO (JTA 2019 a). La buona capacità di comunicazione con i residenti e di un’efficace promozione di informazioni ai turisti intenzionati online e in loco, rimangono il cuore delle DMO (JTA 2019 a). Queste organizzazioni ufficiali infatti, se capaci di coordinare gli stakeholders e incanalare le loro proposte in misure concrete, sono quelle che poi riescono ad attuare un management turistico veramente sostenibile, basato sulla “comprensione accurata e multi-sfaccettata delle condizioni reali”, grazie all’elaborazione di dati riguardanti la destinazione e all’utilizzo di indicatori riconosciuti a livello internazionale (JTA 2019 a:34).
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