Uno dei temi del turismo più largamente dibattuti, sono le motivazioni che portano il turista a intraprendere un viaggio. Tra essi, un assunto fondamentale è la ricerca dell’autenticità.
L’autenticità nel turismo possiede un significato molto ampio e complesso, riassumibile in due ambiti: “oggetti” ed esperienze. Autenticità è innanzitutto “la qualità di un qualcosa (artefatto, festival, rituale, cucina, etc.) connesso con metodi di produzione o fondazioni culturali che sono percepiti come premoderni o tradizionali”; ed è “la percezione della cultura e società della destinazione, di forme di viaggio, o di esperienze turistiche complessive che sembrano essere premoderne o tradizionali” (SHARPLEY 2018). È un costrutto sociale, “un criterio di valutazione usato dal turista moderno come osservatore”, personale e negoziabile (COHEN 1988:374).
In antropologia e sociologia del turismo, l’autenticità è da sempre oggetto di teorizzazioni soprattutto per il rapporto che la interseca con il turista. La ricerca dell’autenticità sembra infatti essere motore per le azioni del turista, ma le ragioni che si celano dietro a questa motivazione di viaggio e le difficoltà per i turisti nell’avvicinarsi a esperienze e oggetti “realmente” autentici, sono però questioni ancora da dipanare.
MacCannell espose una delle teorie più condivise sulle cause della ricerca dell’autenticità. Presentando una sua rielaborazione dell’interpretazione marxista dell’alienazione, sosteneva che l’alienazione dell’uomo moderno dalla sua società capitalistica e priva di significati, lo porta a cercare “realtà e autenticità altrove, in altri periodi storici e in altre culture, in modi di vivere più puri e semplici” (MacCANNELL 2013: 3). Il turista insegue un’autenticità che non riconosce nel suo modo di vivere, e lo fa tramite il viaggio. L’industria, che conosce e comprende il desiderio di
44 autenticità dell’uomo moderno, sfrutta il turismo, una merce il cui valore risiede “nella qualità e nella quantità di esperienza che promette” (MacCANNELL 2013: 23)17.
A causa dell’esperienza mercificata del viaggio, si articolano difficoltà per il turista nello sperimentare l’autenticità. MacCannell tentò di spiegarne le ragioni tramite le teorizzazioni di Goffman, che per primo, propose una divisione delle strutture sociali in termini di regione18
“anteriore” e “posteriore”: un davanti che è performance, apparenza e rappresentazione, e un dietro che è un luogo più nascosto e controllato, in cui “l’impressione alimentata dalla performance è contraddetta coscientemente e in modo automatico” (GOFFMAN 1959:69). Sono situazioni all’opposto che mostrano due lati del reale tra loro separati ma confinanti. MacCannell spiegò che nelle regioni posteriori era presente una realtà diversa da ciò che era mostrato frontalmente, ma il riconoscimento di questa diversità tra reale e artefatto, regione posteriore e anteriore, non era scontato. Ciò che appare vero, potrebbe essere uno “show basato sulla struttura della realtà”, in altre parole finzione (MacCANNELL 1973:593).
Il turista secondo MacCannel cerca l’autenticità condividendo l’esperienza di “vita reale” degli ospiti o osservandola “così com’è realmente vissuta”: in altre parole, vi è da parte del visitatore l’aspirazione a vedere o partecipare a una “regione posteriore” della società con cui si interfaccia durante il viaggio (MacCANNELL 1973:594). Vuole in sostanza vivere la destinazione come lo farebbe un locale, e non nel suo ruolo di turista, o per lo meno assistere alla “vera” quotidianità dei residenti. In tale ricerca però sperimenta la divisione tra reale e artefatto appena descritta, tant’è che diventa complesso distinguere l’uno dall’altro. Nonostante infatti il turista si imbatta continuamente in situazioni a lui rivolte in cui apparentemente vi è un’apertura tra regione posteriore e anteriore, esse sono spesso messe in scena della “realtà” spacciate per vere. Infatti, tour guidati e avventure d’immersione nella quotidianità della destinazione tendono ad essere creati ad hoc per il turista, anche con una certa superficialità che però passa in secondo piano. In esse l’atmosfera di intimità è costruita artificialmente. La percezione del turista è di aver sbirciato nella dimensione nascosta della “vera realtà”, ma al contrario si ritrova in “una regione posteriore inscenata” o una “autenticità inscenata” (MacCANNELL 1973:596). Lo spazio turistico è quindi palcoscenico, è un’esperienza
17 Questa ricerca dell’autenticità non esclude il turismo nelle grandi città: anche in tale contesto il turista può
cercare esperienze locali autentiche. C’è però da segnalare che il turismo urbano è in crescita per altri motivi (BOCK 2015). In primis un conglomerato urbano richiama continui spostamenti di persone con scopi diversi, non solo legati al leisure (p.e. business, visite a parenti e amici, turismo medico, eventi). Inoltre, la città è capace di offrire un numero alto e una varietà di attrazioni in un’area relativamente ristretta. La facilità di reperimento di informazioni sulle aree cittadine e di prenotazione è un altro punto di forza; insieme alla diffusione dei traporti a basso costo. Pure lo spezzettamento delle vacanze in più periodi dell’anno ha sicuramente giocato a favore delle metropoli. Infine, si è dimostrato che l’urbanizzazione ha reso più inclini gli abitanti delle zone urbane a visitarne altre (BROK 2015).
18 È definita regione, e quindi anche una struttura sociale, “un qualsiasi luogo limitato in una certa misura da
45 inautentica. Dal punto di vista del turista, è difficile comprendere se ciò che si ha davanti è una regione posteriore o solamente un’altra regione frontale mascherata.
Il passo successivo fu compiuto da Cohen. Pur condividendo quanto scritto da MacCannell, riteneva che gli esseri umani moderni si sentissero alienati dalla società a livelli diversi (COHEN 1979 b; COHEN 1988). Pertanto, non esisteva un solo modello di turista e non vi era nemmeno univocità nella ricerca dell’autenticità (COHEN 1979 b). Per Cohen vi è una fenomenologia delle esperienze turistiche connessa con “i diversi tipi di relazioni ottenute tra una persona e una varietà di ‘centri’” (COHEN 1979 b: 180). In altri termini, prospettive diverse inducono a differenti modi di vivere l’esperienza turistica. Riscontrò cinque tipologie (COHEN 1979 b):
(1) la Modalità Ricreativa: il viaggio è concepito come forma di intrattenimento, volta a ristorare e rilassare. Non assume nessun valore spirituale, né di autorealizzazione o crescita personale. Il turista prende parte all’esperienza con superficialità, all’unico scopo di divertirsi. La ricerca della autenticità diventa quindi irrilevante. Non sono del tutto inconsapevoli, ma traggono piacere dall’essere osservatori di un’esperienza inscenata;
(2) la Modalità Diversiva: Il turismo acquisisce il valore di diversivo alla quotidianità. L’individuo che sperimenta questa modalità è “un uomo moderno spesso alienato dal centro della sua società e cultura”, ma che accetta la mancanza di senso nella propria vita (COHEN 1979 b:185). Il viaggio è un’evasione che però non dà un nuovo significato;
(3) la Modalità Esperienziale: questa tipologia si rifà al modello di MacCannell. L’individuo moderno è alienato dal centro della sua società e cerca un significato attraverso l’autenticità delle esperienze di altri, senza però trovarlo. Il turista perciò vuole osservare le “regioni posteriori”, ma rimane spesso incastrato in “un’autenticità inscenata” (COHEN 1979 b:187); (4) la Modalità Sperimentale: i turisti che fanno parte di questa categoria “non aderiscono più al centro spirituale della propria società” e “cercano significati in modi di vivere alternativi”, tra cui l’esperienza turistica (COHEN 1979 b:189). Partecipano alla vita autentica degli ospiti senza impegnarvisi completamente, perché alla ricerca di sé stessi, ma senza avere degli obiettivi chiari. Possono essere equiparati alla “vagabondo” nella tassonomia di Cohen (COHEN 1972);
(5) la Modalità Esistenziale: guidato da un “centro spirituale” lontano da ciò che è perpetrato nella sua cultura natale, diventa turista per essere a contatto con “un’esperienza di vita reale”, profonda e autentica (COHEN 1979 b:190). È un pellegrino moderno.
L’industria turistica cerca di soddisfare le esigenze delle prime due categorie creando “un’illusione semi-cosciente” di autenticità, perché comunque non è il fulcro del loro viaggio (COHEN 1979 b:194). Il pericolo di cadere nella trappola di una performance inscenata ad hoc, ricade invece soprattutto per i turisti che improntano la loro esperienza turistica sulla ricerca dell’autenticità. Con l’aumento della domanda di un contatto “vero” nelle destinazioni turistiche, la falsificazione diviene più frequente e facile (COHEN 1979 b).
In seguito, lo stesso Cohen rivalutò la tassatività con cui aveva descritto l’inautenticità dell’esperienza turistica confezionata da alcuni degli stakeholders del settore. In primis, la percezione di cosa sia autentico nasce anche dalla soggettività dell’individuo, proprio perché gli
46 viene conferito da ognuno un valore diverso. Stadi diversi di alienazione dalla società moderna spingono il turista ad accettare gradi di autenticità diversi, arrivando addirittura a godere di esperienze completamente fabbricate: “anche la minima traccia o somiglianza di quello che gli esperti considererebbero un tratto “autentico” del prodotto, potrebbe essere sufficiente per loro per prendere parte al gioco immaginario di avere un’esperienza autentica” (COHEN 1988:379). In secondo luogo, la mercificazione non distrugge automaticamente i significati culturali e non rende l’esperienza turistica necessariamente inautentica. Secondo quello che Cohen definisce “autenticità emergente” infatti, tutto ciò che viene modificato per il consumo del turista, con il tempo può essere ridefinito e accettato come autentico (COHEN 1988).
Con uno sguardo al lavoro di MacCannell ma più aperto al pluralismo, Wang presentò tre approcci nella concezione dell’autenticità per il turista, dimostrando come l’autenticità sia interpretata a seconda del soggetto (WANG 1999). Il primo, “oggettivistico”, prevede il riconoscimento dell’autenticità di un oggetto attraverso criteri assoluti e oggettivi; il secondo, “costruttivista”, è una percezione di autenticità che non è ontologica, ma costrutto sociale; il terzo, “esistenzialistico”, coinvolge “le sensazioni personali o intersoggettive attivate dal processo liminale delle attività turistiche” (WANG 1999:351).
Negli ultimi due decenni, l’interesse verso il tema si è affievolito, soppiantato dall’analisi di motivazioni diverse o altre problematiche. Si è passati dal concepire la ricerca della autenticità come
il fondamento del turismo, a considerare anche altri elementi come altrettanto centrali. Urry,
presentando una sua teoria postmodernista, afferma che il turismo genera esperienze piacevoli, diverse dal proprio ordinario: per questo, più che dall’autenticità, il turista postmoderno è affascinato dalla differenza, oggetto del suo “sguardo”, il tourist gaze (URRY, LARSEN 2011). Nella società postmoderna, caratterizzata dalla de-differenziazione, tutto è prodotto di massa e in serie, non c’è distinzione e unicità, ogni cosa è copia di qualcos’altro. Anche il turista “consuma e immagina luoghi” attraverso rappresentazioni e riproduzioni degli stessi, delle copie (URRY, LARSEN 2011:101). Il turista postmoderno realizza che non può prendere parte a un’esperienza autentica, perché la destinazione è costruita per il suo consumo e lui non può scampare dal suo ruolo di esterno (FEIFER 1985:271). Questo tuttavia non significa che i turisti non ricerchino più l’autenticità, ma che l’omologazione e le simulazioni della realtà sono talmente diffuse da rendere difficile soddisfare tale desiderio (RITZER 1998).
47 Capitolo 3