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La contaminazione del pastiche tra scienza e fiction

2.3 The Third Policeman

2.3.3 La contaminazione del pastiche tra scienza e fiction

La dismissione delle certezze assolute non può non giocare un ruolo fondamentale in un romanzo come The Third Policeman, dove gran parte della vicenda si svolge in una dimensione ultraterrena. Le immagini tradizionali e il linguaggio consueto non sono sufficienti a rendere la complessità di questa dimensione. Pertanto O’Brien, trovandosi nella necessità di individuare un mezzo per descriverla, decide di compendiare con la tecnica del pastiche le teorie di Planck e di Einstein, collegate agli episodi del romanzo.43 Per la descrizione della caserma dei carabinieri, ad esempio, lo scrittore si serve della teoria einsteiniana, in particolare del concetto di distorsione spaziale, secondo cui ad una velocità superiore rispetto a quella della luce, un corpo risulta appiattito, in quanto privato della terza dimensione. Ecco fornita la spiegazione della mancanza di profondità della caserma dei carabinieri, bidimensionale come se fosse riprodotta su un foglio di carta:

About a hundred yards away on the left-hand side was a house which astonished me. It looked as if it were painted like an advertisement on a board on the roadside and indeed very poorly painted. It looked completely false and unconvincing. It did not seem to have any depth or breadth […]. I had no doubt at all that it was the barracks of the policemen. […] My gaze faltered about the thing uncomprehendingly as if at least one of the customary dimensions was missing (TP, p. 55).

Per spiegare, invece, lo scarto esistente tra la percezione che il narratore ha della durata del suo viaggio e l’effettivo lasso temporale trascorso, O’Brien ricorre nuovamente ad Einstein e in particolare al cosiddetto “paradosso dei gemelli”, corollario affascinante della ben più nota teoria della relatività. Lo scienziato aveva ipotizzato che se un gemello partisse con un razzo diretto a una lontana stella e viaggiasse ad una velocità pari a quella della luce, il tempo per lui scorrerebbe più

43 Per l’illustrazione delle teorie di questi scienziati, ed in seguito di Freud, si veda ROBERTA FERRARI, op. cit., pp. 80-94.

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lentamente rispetto a quello rimasto sulla Terra. Al suo ritorno dopo un certo numero di anni “terrestri”, quest’ultimo risulterebbe più anziano, mentre l’astronauta avrebbe solo qualche anno in più rispetto a quando è partito. Ecco spiegato perché il narratore, che in realtà impiega ben sedici anni a percorrere il proprio viaggio nell’Aldilà, crede che siano passati appena pochi giorni.

La presentazione di queste teorie permette di riflettere sul fatto che, all’interno del romanzo, anche le nozioni di spazio e tempo subiscono una profonda rilettura. Esse vengono rivisitate e radicalmente modificate, coerentemente all’affrancamento da tutte le certezze che caratterizzano il reale. Il passaggio da una dimensione concreta ad una surreale viene avvertito proprio attraverso lo stravolgimento di queste coordinate. Nel primo livello della narrazione, ancora profondamente legato al reale, lo spazio viene descritto dettagliatamente e il tempo scandito in maniera regolare, talvolta addirittura ossessivamente, indicando con esattezza ogni dettaglio cronologico che accompagna un determinato evento: “It was here that I first came to know something of De Selby […] I was about sixteen and the date was the seventh of March” (TP, p. 9). Con il passaggio alla dimensione ultraterrena, le coordinate spazio-temporali vengono improvvisamente smarrite. Come sottolineato da Clissmann, l’ambiente riprodotto sembra fare riferimento alle midlands irlandesi,44 trasformate poi in un paesaggio

minaccioso e distorto, più confacente a quello infernale. Le leggi della fisica vengono meno, creando una percezione confusa dello spazio e delle dimensioni: la natura esiste soltanto per proiettare al suo interno gli stati d’animo angosciati del protagonista. Il paesaggio non aderisce alle regole dello spazio quantificabile. Conseguentemente, anche la computazione oggettiva del tempo diventa problematica, fortemente influenzata dalla percezione del narratore.45 Esso si dilata e si contrae senza seguire una logica precisa, in un eterno reiterarsi degli eventi.

L’Aldilà che si prospetta al narratore non si colloca in alcuna dimensione temporale. La presunta perdita dell’orologio, chiaro riferimento al tempo, esemplifica in modo evidente l’atemporalità connessa a questo mondo. Anche l’alternarsi di giorno e notte non risponde alle normali leggi naturali:

44 L’ipotesi è addotta da ANNE CLISSMANN, op. cit., p. 5.

45 Quando O’Brien scrive questo romanzo, ha sicuramente affrontato la lettura del libro di J. W. Dunne An Experiment with Time. Per Dunne, l’uomo non ha coscienza del tempo assoluto (Tempo 2), ma

soltanto di un’immagine deformata dalle sue percezioni (Tempo 1) (Cfr. MONIQUE GALLAGHER, op. cit., p. 111).

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The outside light of morning had faded away almost to nothingness. I glanced out of the window and gave a start. Coming into the room I had noticed that the window was to the east and that the sun was rising in that quarter and firing the heavy clouds with light. Now it was setting with last glimmers of feeble red in exactly the same place (TP, p. 37).

Il Sole infrange il suo corso tradizionale e, non a caso, il narratore crede che siano sempre le cinque del pomeriggio o che il suo viaggio sia durato solo pochi giorni, quando invece sono trascorsi moltissimi anni. Il concetto di tempo viene relativizzato e la perdita di un ordine temporale sembra metaforizzare la scomparsa di una precisa collocazione del soggetto, costretto a barcamenarsi in un’irrazionale condizione ontologica. Le teorie della fisica contemporanea, applicate a questi aspetti, partecipano alla narrazione, creando una straordinaria alchimia tra la scienza, pertinente al massimo grado con il reale, e la finzione narrativa.

Un ulteriore pastiche pseudo-scientifico viene offerto anche attraverso la teoria atomica proposta dal commissario Pluck e riferibile agli esperimenti di Planck, padre della fisica quantistica:46

Everything is composed of small particles of itself and they are flying around in concentric circles and arcs and segments and innumerable other geometrical figures […] never standing still or resting but spinning away and darting hither and thither and back again, all the time on the go. These diminutive gentlemen are called atoms. […] Now take a sheep. What is a sheep only millions of little bits of sheepness whirling around and doing intricate convolutions inside the sheep? […] Consecutively and consequentially you can safely infer that you are made of atoms yourself and so is your fob pocket and the tail of your shirt […] (TP, pp. 86-87).

La Teoria Atomica del sergente Pluck si basa pertanto sull’interscambio di atomi costituenti la materia che, entrando in contatto tra loro, per il continuo movimento, possono facilmente trasferirsi da un corpo all’altro. Le corrispondenze con la teoria quantistica sono evidenti, in quanto Planck aveva posto al suo centro la descrizione dei moti continui degli atomi e delle molecole.47 Nel romanzo, le deduzioni del poliziotto vengono concretizzate nella simbiosi che si instaura tra il narratore e la sua bicicletta. Tra i due si crea uno scambio di atomi talmente intenso da far diventare il ciclista più bicicletta che uomo, e viceversa la bicicletta, più uomo che macchina. Tra

46 L’associazione tra i due personaggi viene favorita anche dai loro nomi. Pluck richiama, infatti, per

omofonia, il cognome Planck.

47 “It is the fully developed theory of quantum mechanics that governs the narration in The Third Policeman; quantum mechanics is the atomic theory at work” (CHARLES KEMNITZ,“Beyond the Zone of Middle Dimensions: A Relativistic Reading of The Third Policeman”, Irish University

Review, XV, 1, 1985, pp. 56-72, qui p. 56).

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l’altro l’immagine della bicicletta, con le sue oscillazioni ondulatorie, richiamerebbe per Silverthone la struttura dell’opera, caratterizzata da continui movimenti di climax e anticlimax.48

Scienza e fiction, due mondi apparentemente paralleli, si uniscono tra le pagine di questo libro, alimentandone il fascino. Un importante contributo viene apportato anche dagli studi psicoanalitici di Freud, in particolare dalle teorie sul sogno che, allo stesso modo di quelle di Einstein e Planck, vengono riprese e inserite nel tessuto narrativo, come in una sorta di collage. Le suggestioni freudiane permeano l’avventura del narratore nell’Aldilà, che si presenta come una successione illogica di pensieri e azioni. Questo viaggio, però, nonostante l’apparente atmosfera angosciante, si mostra come un appagamento dei desideri del protagonista. Tutte le azioni di quest’ultimo, anche le più nefaste, sono compiute con l’unico scopo di procurarsi i soldi per la pubblicazione dell’opera omnia di De Selby. Non sembra assurdo pensare che egli brami anche a vivere in un mondo interamente regolato e strutturato sulle teorie deselbiane. Ciò risponderebbe al pensiero di Freud secondo cui, nel processo onirico, ogni sogno, anche quello più angustiante, altro non sarebbe che la trasposizione di un desiderio.

Evidente è anche il processo di rimozione e compensazione che si evince analizzando l’episodio dell’omicidio di Mathers. A livello psichico, infatti, l’inconscio allontana residui mnestici intollerabili per l’Io, ma questo contenuto rimosso può tornare a manifestarsi attraverso un meccanismo di compensazione, sebbene in forme diverse rispetto al suo contenuto originale. Lo stesso accade al narratore, che inconsciamente rimuove il ricordo di questo misfatto, per vederlo poi riaffiorare nel sogno ma con caratteristiche diverse. Mathers viene ucciso anche nel sogno, ma non con la vanga, come era avvenuto nella realtà, bensì per squartamento. Altro principio cardine del lavoro onirico è quello di condensazione, ovvero il collegamento nel sogno di elementi che nelle veglia sarebbero scollegati. O’Brien lo riprende, facendo sì che il terzo poliziotto, Fox, appaia al protagonista con il volto di Mathers, quasi a dimostrazione che la colpa del narratore continua a gravare pesantemente sulla sua psiche, riaffiorando nella dimensione onirica.

48 Cfr. MARTIN J.SILVERTHORNE,“Time, Literature, and Failure: Flann O’Brien’s At Swim-Two-Birds

and The Third Policeman, Éire Ireland, XI, 4, 1976, pp. 66-83, qui p. 73.

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Nel pastiche delle teorie freudiane lo scrittore inserisce anche uno dei loro capisaldi, ovvero il complesso di Edipo. La figura materna viene incarnata da Mathers, che la richiama anche etimologicamente (Mathers-mother). Non a caso, il narratore entra in casa dell’anziano attraverso una minuscola finestra, ricordando il momento della nascita. L’autorità paterna è invece rappresentata dai poliziotti, destinatari dell’avversione del narratore e tenuti, per questo, molto alla larga. L’immagine finale del poliziotto Fox, con il volto di Mathers starebbe a rappresentare il definitivo superamento di tale complesso. Sempre connessa con la sfera edipica, l’idea della castrazione torna più volte nel romanzo, con l’ossessivo ricorso all’immagine dei denti e soprattutto della loro caduta, ma anche con la menomazione dell’arto, sia del narratore, che di Martin Finnucane.49

Attraverso questa carrellata di riferimenti ad alcune tra le più importanti teorie scientifiche e psicoanalitiche del Novecento, poste alla base di episodi decisivi della narrazione, lo scrittore ha cercato di abbattere la stabilizzazione di paradigmi culturali, che intendevano dare al mondo una forma univoca e monologica. Punto di approdo di questa sperimentazione del pastiche, tipicamente postmoderna, è quella di confondere le gerarchie di valori, di creare realtà multiformi, in cui sistemi apparentemente inconciliabili possano trovare spazi di sinergia.