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3.3 Le sezioni della rubrica: un ricco campionario umano e istituzionale

3.3.1 La Waama e altre istituzioni

Una delle più importanti associazioni presentate da Myles nella sua rubrica è la

Waama (Irish Writers, Actors, Artists, Musicians Association), nata con il preciso

scopo di dispensare servizi utili ai cittadini per elevarli al rango di sofisticati intellettuali, assistendoli in una serie di situazioni nelle quali è fondamentale fare sfoggio di erudizione.

In uno dei primi articoli, Myles pronuncia un’invettiva polemica ai danni del presidente dell’associazione, Sean O’Faolain, per cui da subito emerge l’importanza dei riferimenti non solo alla realtà irlandese, ma anche alla biografia di O’Nolan. O’Faolain si era affacciato sulla scena letteraria insieme ad O’Nolan, ma quest’ultimo non ne condivise mai il modello di letteratura, poiché troppo realista e tradizionalista. A O’Faolain furono attribuiti diversi incarichi istituzionali nel corso della sua carriera, ad esempio quello di direttore dell’Arts Council of Ireland, un’istituzione fondata nel

1951 dal governo irlandese per finanziare iniziative connesse all’arte irlandese e sponsorizzarne gli artisti. O’Nolan, ovviamente, contestò aspramente questa decisione perché convinto che l’idea di arte promulgata da O’Faolain non avrebbe favorito lo sviluppo della società irlandese ma, al contrario, avrebbe aumentato l’insularità della nazione e il suo isolamento rispetto ad un universo culturale molto più esteso. Probabilmente fu quest’episodio a fornire a O’Nolan l’idea per la Waama e a indurlo ad attaccare i membri dell’associazione che gli avevano preferito O’Faolain come presidente.

In un articolo egli mette in luce la pochezza di questi individui, riportando tutti i commenti fatti per escluderlo dalla presidenza, basati esclusivamente su pettegolezzi, degni delle più becere conversazioni tra comari.19 Inoltre demolisce l’immagine di O’Faolain paragonandolo a Dermot MacMurrough, personaggio storico del XII secolo, nonché archetipo della figura del traditore nella tradizione popolare irlandese. Quest’ultimo aveva chiesto aiuto al re d’Inghilterra per risolvere una questione interna all’Irlanda, permettendogli di insinuarsi nell’organizzazione della nazione. Anche il neo presidente poteva essere quindi considerato un traditore, perché con le sue spinte tradizionaliste non aveva fatto altro che deludere il sogno di modernità del Paese. Myles diventa personaggio centrale di questa serie di articoli e guida una scissione, dando vita ad un gruppo alternativo e ad una serie di iniziative di straordinaria portata, la più rivoluzionaria delle quali è senz’altro rappresentata dal “Myles na Gopaleen Book-Handling Service”.

Nel primo articolo intitolato “Buchhandlung”, Myles informa i lettori sulla genesi dell’iniziativa. Un giorno aveva fatto visita ad un uomo particolarmente facoltoso, ma altrettanto rozzo e persuaso che le persone più stimate e rispettabili della società irlandese fossero quelle in possesso di un’enorme quantità di libri nelle loro case. Pertanto aveva deciso di acquistare molte librerie e di assoldare un uomo che gliele riempisse con i testi più vari, non essendo in grado di farlo da solo, in quanto totalmente ignorante. A questo punto a Myles era balenata un’idea sensazionale, per quanto balzana: fornire un servizio in cui degli esperti sgualcitori di libri si recassero

19 “I could distinctly hear snatches of talk like ‘never sober’ […] ‘running round with a TD’s wife’,

‘sell his mother for sixpence’, ‘belly full of brandy and unfortunate children without a rag’, […] ‘pity unfortunate wife’, ‘what would people think’, ‘believe he was born in Manchester’, ‘probably fly-boy’ […] and so on I regret to say” (BoM, p. 15).

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nelle case dei facoltosi con pretese di erudizione, con il precipuo scopo di sgualcire i testi conservati intonsi nelle loro biblioteche. In tal modo i proprietari di quelle dimore sarebbero apparsi come uomini di grandissima cultura. Per rendere questo servizio ancora più efficace, ma soprattutto accessibile a tutte le tasche, il giornalista aveva previsto, in una serie di articoli successivi, ben quattro tipi di trattamento a cui sottoporre i libri, variabili ovviamente in base alla cifra che l’acquirente era disposto ad investire:

Popular Handling – Each volume to be well and truly handled, four leaves in each to be dog-eared, and a tram ticket, cloak-room docket or other comparable article inserted in each as a forgotten book-mark. Say, £2 7s 6d.

Premier Handling – Each volume to be thoroughly handled, eight leaves in each to be dog-eared, a suitable passage in not less than 25 volumes to be underlined in red pencil, and a leaflet in French on the works of Victor Hugo to be inserted as a forgotten book- mark in each. Say, £2 17s 6d.

De Luxe Handling – Each volume to be mauled savagely […], a passage in every volume to be underlined in red pencil with an exclamation or interrogation mark inserted […], an old Gate Theatre programme to be inserted in each volume as a forgotten book- mark, not less than 30 volumes to be trated with old coffee, tea, porter or whiskey stains, and not less than five volumes to be inscribed with forged signature of the authors […]. Say, £7 18s 3d.

Handling Superb – Every volume to be well and truly handled, first by a qualified handler and subsequently by a master handler who shall have to his credit not less than 550 handling hours; suitable passages in not less than fifty per cent of the books to be underlined and an appropriate phrase from the following list inserted in the margin: Rubbish! How true, how true! Yes, but cf. Homer, Od. Iii, 151 […]. Not less than six volumes to be inscribed with forged messages of affection and gratitude from the author of each work: […] “Dear A. B. Your invaluable suggestions and assistance, not to mention your kindness, in entirely re-writing chapter 3, entitles you, surely, to this first copy of ‘Tess’. From your old friend T. Hardy. […] There is far more than this to be had for the paltry £32 7s 6d (BoM, pp. 19-22).

Come emerge da questi estratti, Myles elabora con accuratezza ogni singolo aspetto della sua iniziativa, quasi fosse un vero e proprio commerciante di cultura. Mette in piedi un business rivolto a tutte le categorie di consumatori, in linea con le migliori strategie di mercato. Niente è lasciato al caso e la dovizia di particolari incrementa ancora di più il senso del comico, perché non ci si capacita di come un’idea tanto stramba e soprattutto basata su così tante menzogne, possa trovare effettiva applicazione. Nonostante ciò, la proposta riscuote un successo inaspettato, confermato proprio dalla strategia dell’autore di suddividerne la presentazione in più puntate, anche a distanza di qualche giorno. Creando suspense tra i lettori, questi ultimi erano

invogliati ad acquistare quotidianamente il giornale in attesa della prosecuzione dell’argomento d’interesse.

Attraverso il “Book-Handling Service”, Myles intendeva evidentemente denunciare l’ennesima stortura della società irlandese. Egli satirizza, infatti, la finta erudizione che veniva sbandierata per coprire una sostanziale ignoranza. Myles offre indirettamente una parodia delle persone, anche degli stessi membri dell’Establishment irlandese, che si arrogavano il diritto di discutere di questioni culturali e magari anche di fornire linee di indirizzo per la cultura del Paese, senza possedere neppure le competenze più elementari. Ancora una volta, pertanto, dai quadri offerti in Cruiskeen Lawn emerge un’Irlanda schiacciata dal peso dell’ipocrisia e dell’ignoranza di coloro che credevano di poter imporre le logiche del denaro in qualunque ambito, ma che in realtà risultavano poi essere poveri di qualsiasi valore morale.

Come corollario dell’iniziativa appena proposta, Myles ne ideò un’altra a beneficio dei lettori, soprattutto di quelli benestanti, che volevano sembrare persone di una certa cultura. La Waama accorse in loro aiuto, attivando l’efficace e remunerativo “Escort Service”. Per questa sezione di articoli l’autore ricorse ad un’idea già collaudata durante gli anni universitari. Sulla rivista d’ateneo Comhthrom Féinne il già audace O’Nolan, utilizzando l’eteronimo Brother Barnabas, aveva proposto un servizio simile, grazie al quale la gente sola poteva noleggiare degli accompagnatori, i cosiddetti “Eaters”, per recarsi al ristorante in compagnia, e non svelare la propria profonda solitudine. In questa nuova occasione, invece, Myles prevede l’intervento di una squadra di ventriloqui professionisti disponibili ad essere ingaggiati da donne o uomini facoltosi in occasione di qualsivoglia evento mondano. In questo modo i clienti potevano non solo accompagnarsi alle feste o a teatro con persone piacevoli e quindi in grado di suscitare le invidie di tutti, ma anche intavolare con loro lunghe discussioni di tono erudito, facendo acute osservazioni o apprezzamenti con cognizione di causa su vari argomenti, dalla musica alla pittura, passando per il balletto o la letteratura. O almeno fingere di farlo, poiché gli utenti di tale servizio non dovevano proferire parola: il ventriloquo avrebbe parlato per loro. Le sue risposte, preparate ovviamente ad arte, avrebbero dato lustro al committente strabiliando gli ascoltatori. Come l’attività precedente, anche questa prevedeva conversazioni diverse in base al denaro che si era

disposti ad investire. All’iniziale successo dell’iniziativa seguirono però, come illustrato in altri articoli della rubrica, una serie di spiacevoli incidenti. Myles racconta di come tra le fila degli accompagnatori si fossero infiltrati diversi imbroglioni, pronti a ricattare i clienti, minacciando di pronunciare frasi indecorose qualora non avessero accettato di pagare delle somme di denaro. L’iniziativa sembrava essere destinata al fallimento e l’ideatore ne prese atto con rammarico.

L’autore prende così nuovamente di mira l’ipocrisia dell’alta società irlandese che solo apparentemente poteva vantarsi di racchiudere in sé il miglior volto della città, ma che in realtà era costituita da un manipolo di imbroglioni pronti solo a dare sfoggio di una sapienza del tutto inesistente. I ventriloqui, invece, potrebbero rappresentare la classe dirigente della nazione, che con il pretesto della tutela dell’identità, aveva completamente plasmato le menti dei cittadini, ormai talmente plagiati dalle loro idee protezioniste da non riuscire più ad esprimere un pensiero in autonomia. L’attività di denuncia svolta da O’Nolan trovava quindi terreno fertile nel materiale proposto in

Cruiskeen Lawn, ma il suo più grande merito risiedeva nella capacità con cui riusciva

a trasmettere le sue osservazioni polemiche senza urtare particolarmente la suscettibilità altrui, grazie a quell’umorismo che lo accompagnerà nel corso della sua intera carriera giornalistica.

Egli prosegue nell’analisi antropologica dell’irlandese tipo proponendo un ulteriore corpo istituzionale, ovvero il Royal Myles na Gopaleen Institute of Archelogy. Come emerge dalle varie colonne dedicate a questo gruppo, esso si occupa di svolgere prevalentemente analisi di tipo archeologico, dalle quali è possibile ricavare nuove informazioni riguardo l’evoluzione della civiltà irlandese, stravolgendo le conoscenze, date per certe, acquisite nel tempo: “discoveries are being made which may mean the end of civilisation as we know it; and the end, too, of all our conventional concepts of human, social, artistic, geological and vegetable evolution” (BoM, p. 318). Ancora una volta è la carica rivoluzionaria di Myles a prendere il sopravvento. L’aspetto sicuramente più rilevante di questa sezione emerge proprio grazie all’abilità dello scrittore nel fornire notizie di caratteristiche intrinseche agli irlandesi, avvalorandole come tratti dominanti addirittura presenti già nei loro antenati. La conferma archeologica e di conseguenza anche scientifica viene usata come strumento per dare credito ad una certa visione della società, filtrata in realtà dagli occhi di Myles.

Interessanti sono anche i giochi di parole, che il giornalista, con la sua straordinaria capacità di dominare il linguaggio, riesce a creare.

Myles, ora nei panni di archeologo, annuncia ad esempio il sensazionale ritrovamento del Corkadorky Man che, secondo un’opinione diffusa, doveva essere il progenitore di tutti gli altri ominidi ritrovati durante le ricerche archeologiche.20 Il giornalista sottolinea un tratto dominante della fisionomia di questo essere preistorico: l’eccezionale lunghezza del dito indice destro, che nella parte superiore presenta una dentellatura piuttosto marcata e dei segni di usura. Secondo le teorie degli antropologi, questo sarebbe il risultato della cattiva abitudine dell’antenato di mettere le cose sul dito, tenendole lì per lunghissimi periodi. Qui Myles riesce abilmente a rappresentare alla lettera una famosa espressione appartenente al linguaggio gaelico cuir an anméar

fhada, che corrisponde all’inglese “putting things on the long finger”. Questo modo di

dire ha ovviamente anche un significato figurato, ovvero quello di posporre le cose a un tempo indefinito. Ciò spiega perfettamente la prosecuzione dell’articolo:

This corroboration of the well-known folk idiom about putting things on the long finger is curious and may mean that Corkadorky Man may explain for us at last why our record in the world as men of affairs has always been so miserable (BoM, p. 321).

L’operazione posta in essere da Myles è molto chiara: parte da un’espressione gaelica tradizionale per avvalorare una caratteristica radicata nella personalità prototipica degli irlandesi. In questo caso, ad esempio, attraverso il tratto fisionomico dell’antenato che materializza il detto gaelico, Myles mette in evidenza, con intento denigratorio, il consueto atteggiamento indolente degli irlandesi, incapaci di prendere iniziative e pertanto condannati anche al fallimento negli affari.

Ma le intenzioni di Myles non sono sempre e necessariamente critiche. In alcuni casi egli mette in risalto anche le qualità dei suoi connazionali. Lo fa, in questa sezione, descrivendo ad esempio un aspetto del Corkadorky Man: “From inquiries I have made, I am glad to say […] that the hands bear no traces of cheese or of the despised cheese- paring tools”. Per interpretare il valore di questo aspetto bisogna fare nuovamente riferimento al significato di un’espressione, in questo caso “cheese-paring”, che oltre

20 Anche qui troviamo un riferimento alla località immaginaria di Corkadorky, simbolo dell’antica

Irlanda di lingua gaelica, già adottata da O’Brien come setting per il romanzo An Bèal Bocht. Ciò avvalora ancora di più il tentativo di offrire un prototipo dell’uomo irlandese, fortemente radicato sul territorio.

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a significare “levare la crosta al formaggio”, può essere usata anche come aggettivo nell’accezione di gretto, villano oppure avaro. Il fatto, dunque, che sul progenitore della stirpe irlandese non fossero stati trovati segni di questi “cheese-paring tools”, avrebbe dovuto indicare che il popolo d’Irlanda non dovesse essere considerato gretto o rozzo, né tantomeno avaro. Gli irlandesi si distinguevano piuttosto per la loro generosità e compostezza negli atteggiamenti. Per una volta, quindi, la penna di Myles non è una frusta pronta a sferzare colpi contro l’Irlanda, bensì una piuma, usata per accarezzarla.

Ancora legata all’interpretazione delle parole e ai suoi doppi sensi è la Cruiskeen

Lawn of Voluntary Jurisdiction, un altro filone narrativo della rubrica. Questa

istituzione viene prevista dallo scrittore proprio per parodiare l’ampollosa burocraticità della legge e della giustizia, che si affidavano spesso a formule latine incomprensibili per la popolazione media irlandese. Il giudice Twinfeet, protagonista degli articoli, pretende infatti la massima chiarezza dai membri della corte, correggendo eventuali storture:

The first case was called the other day before His Honour, Judge Twinfeet, who was attired in a robe of poplin green. He ‘opened’ that abstraction, the ‘proceedings’, by expressing the hope that there would not to be too much jargon. ‘Justice is a simple lady,’ he added, ‘not to be overmuch besmeared with base Latinities’ (BoM, p. 137).

Questa sezione gioca molto su una delle più spiccate capacità del comico, ovvero quella di sfruttare la polisemia delle parole, dei veri e propri giochi con esse.