EPINOMIDE
Oltre ad avere una struttura narrativa ed argomentativa ben definita, l’Epinomide si presenta come un’opera fortemente interconnessa con le Leggi: già il titolo di questo scritto è di per sé emblematico – Epinomide (™p…+nÒmoj+ij) infatti significa “ciò che viene dopo le leggi” –; ma è possibile segnalare altri punti più decisivi di connessione, sia strutturali, sia contenutistici tra i due scritti. Nella parte introduttiva di questo lavoro ci eravamo ripromessi di verificare se si possa individuare anche tra le Leggi e l’Epinomide una correlazione tra etica e cosmologia, paragonabile a quella esistente tra Filebo e Timeo. Alla luce dell’analisi condotta, riteniamo sia possibile rispondere in maniera affermativa a quest’ipotesi: infatti, le
Leggi si presentano come uno scritto essenzialmente politico, mentre l’Epinomide affronta
Leggi ed Epinomide esista un legame ancora più stretto di quello intercorrente tra Filebo e Timeo.
In quest’ottica, il fatto che il Filebo si occupi di temi etici mentre le Leggi sviluppano aspetti politici non deve sembrare contraddittorio, perché, nel mondo greco classico, la politica non è ristretta ad un ambito limitato: essa era considerata come «una vera e propria filosofia dell’uomo e delle cose umane, che ha al suo interno tanto l’etica quanto alcuni aspetti di quella che noi chiamiamo “filosofia politica”. La distinzione è ricavata solo in relazione alla condizione del soggetto: l’individuo che sta nell’agorà è oggetto della politica, l’individuo che amministra la casa è oggetto dell’economia, l’individuo che opera le sue scelte personali è oggetto dell’etica. La loro unità è garantita dal fatto che ruotano intorno alle stesse coppie concettuali, come quelle di giusto – ingiusto, di misurato – privo di misura, che indicano la finalità comune, che deve essere conseguita nelle due dimensioni, quella politica e quella etica, pena non essere conseguita affatto. Così la determinazione dell’azione umana dipende da criteri che connettono la dimensione soggettiva ad una base oggettiva, se non metafisica»384.
Per quanto concerne la dimensione cosmologica, possiamo affermare che essa è sicuramente l’asse principale dell’argomentazione dell’Epinomide e, se nel Timeo la trattazione è di stampo più fisico-cosmologico, nel nostro dialogo potremmo dire che essa è meglio definibile come teologico-cosmologica. Ci sembra quindi che la proposta interpretativa di Migliori, che vedeva negli ultimi scritti di Platone la possibilità di cogliere un asse in cui l’ambito antropologico e quello cosmologico sono esposti in opere distinte, ma che si richiamano a vicenda, non solo sia corretta, ma trovi la sua piena conferma nella coppia
Leggi ed Epinomide.
Tuttavia, a nostro avviso, questa macrostruttura concettuale che collega Leggi ed
Epinomide non è la sola: infatti, all’interno dell’Epinomide si ritrovano diversi passi che
rimandano e richiamano direttamente le Leggi. Ad esempio, l’incipit dell’opera è emblematico, in quanto, da un lato, segnala la volontà di riprendere con i medesimi interlocutori delle Leggi un tema qui rimasto in sospeso, dall’altro, dichiara la volontà di affrontare un nuovo tema che non ha nulla a che fare con la precedente trattazione normativa (973 A 1 – 974 C 8). Questa tensione tra continuità e autonomia rispetto alle Leggi è ben visibile nell’intera struttura dell’opera, in quanto, nonostante si dichiari esplicitamente che la
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M. Migliori, La filosofia politica di Platone nelle ‘Leggi’, The Trevor J. Saunders Memorial Lecture, in Plato’s Laws: From Theory into Practice, Proceedings of the VI Symposium Platonicum, Selected Papers, Edited by S. Scolnicov and L. Brisson, Accademia Verlag, Sankt Augustin 2003, pp. 30-41, p. 30.
trattazione legislativa deve considerarsi conclusa, molteplici sono i richiami all’interno dell’Epinomide al legislatore (980 A 7; 985 C 1), alle leggi (979 B 3; 980 B 3; 984 D 3; 985 C 1; 987 A 6; 987 D 9; 992 D 3), al cittadino (976 D 4). Ancora, la seconda parte dell’opera, dichiara esplicitamente di riprendere una precedente discussione sugli empi, discussione che però non trova direttamente un riscontro nella prima parte dell’Epinomide, ma occupa, invece, l’intera trattazione del X libro delle Leggi (980 C 7 – 981 B 2). Inoltre, come emergerà solo nelle battute finali dell’opera, la ricerca della sapienza che muove l’intera indagine serve perché, una volta individuata la vera sapienza, essa dovrà essere parte integrante della formazione di quell’organo legislativo descritto proprio nel finale delle Leggi: il Consiglio Notturno (X, 908 A 3-4; 909 A 3-4; XII, 951 D 3 – E 3; 961 A 1 – B 8; 968 A 1 – B 2).
L’argomentazione cosmo-teologica dell’Epinomide pare così davvero un necessario e doveroso completamento delle Leggi e questo perché, nell’ottica platonica, il vero uomo politico è un uomo giusto, ma la giustizia che egli deve mostrare non può essere rivolta solo verso gli uomini, bensì deve anche essere espressa verso gli dèi. Se quindi le Leggi si sono occupate di definire le caratteristiche di una buona legislazione, che consenta agli uomini di vivere secondo giustizia, l’Epinomide si preoccupa di completare tale scenario presentando un descrizione degli dèi più conforme a verità rispetto a quelle degli antichi e consentendo così al legislatore di formulare una normativa chiara anche in materia religiosa.
Solo in questo modo sarà possibile che la giustizia si esplichi pienamente sia nei confronti degli uomini, sia nei confronti degli dèi e sarà il Consiglio Notturno a doversene fare carico. In questa prospettiva appare evidente come l’Epinomide, pur nella sua autonomia, non smetta mai di intrecciarsi strettamente con le Leggi, anzi, sia «una continuazione senza stacchi dal discorso complessivo delle Leggi»385, e ne fornisca un prezioso completamento.