7. LE OTTO POTENZE CELESTI
7.5. Le origini dell’astronomia greca
Proprio l’assenza di un nome greco per il pianeta Mercurio, fornisce all’Ateniese lo spunto per una riflessione storica sull’osservazione dei cieli:
Infatti, nei tempi antichi le condizioni <climatiche> aiutarono coloro che per primi osservarono queste cose grazie alla bellezza della stagione estiva, di cui godono adeguatamente l’Egitto e la Siria: per così dire, essi poterono osservare sempre tutti gli astri visibili, dato che la zona del cielo (kÒsmou) che possiedono è sempre sgombra (¢pÒprosqen)288 da nuvole e da piogge. Da questi luoghi sono poi giunte dappertutto <queste scoperte>, anche qui, dopo un tempo straordinariamente lungo (muriete‹)289 (986 E 9 – 987 A 6).
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L’Ateniese facendo esplicitamente riferimento ai moti di Venere e di Mercurio e relazionandoli con quello del Sole, li definisce come il quarto ed il quinto movimento. Questa loro posizione richiama quello che Platone presenta in altri suoi scritti (Timeo, 38 C 7 – E 3; Repubblica, X, 616 E 3 – 617 B 3), in cui l’ordine dei pianeti è il seguente: Terra, Luna, Sole, Venere, Mercurio, Marte, Giove, Saturno, stelle fisse. Poiché l’Ospite fa riferimento al quarto e al quinto movimento, dobbiamo pensare che egli inizi enumerando dalla Terra: tuttavia nell’Epinomide questa non viene mai ricordata nell’elenco delle otto potenze celesti. Se quindi le potenze considerate sono otto e la Terra è esclusa da questo elenco, Venere a Mercurio, i pianeti a cui qui ci si riferisce, non occupano mai il quarto e il quinto posto, sia che si considerino a partire dalla Luna (in questo caso occuperebbero il terzo ed il quarto posto), sia che si considerino a partire dalle stelle fisse (in questo caso occuperebbero il quinto e il sesto posto).
285 Anche nel Timeo Platone descrive un analogo sistema astronomico in cui il Sole, Venere e Mercurio, una volta posizionati dal Demiurgo nelle proprie orbite, hanno più o meno la medesima velocità di rivoluzione (38 D 1-6).
286 La critica è concorde nell’ascrivere al Sole il ruolo di guida (Harward, The ‘Epinomis’…, p. 131; Novotný, Platonis…, p. 169; Tarán, Academica…, p. 302).
287 Va segnalato che qui l’Ateniese non nomina Mercurio con il proprio nome, sostenendo che esso abbia un nome di origine barbara: tuttavia, poco oltre nell’analisi, egli lo chiama con nome di Ermes (987 B 5).
288 Il termine è un hapax nel corpus platonico. 289 Il termine è un hapax nel corpus platonico.
Le favorevoli condizioni climatiche presenti in Egitto e in Siria hanno fatto sì che le popolazioni di queste zone si dedicassero per prime e con grandi risultati all’osservazione del cielo290, riuscendo ad individuare facilmente gli astri visibili ad occhio nudo291. Queste conoscenze astronomiche, col passare del tempo, sono poi riuscite a diffondersi anche nei paesi vicini alla Siria e all’Egitto, fino a giungere anche presso i Greci.
Il fatto che la cultura astronomica non sia di matrice squisitamente greca ma giunga da altri territori, e con essa anche il nome di alcuni di questi astri, non deve però condizionare il giudizio sulla divinità di queste potenze celesti:
Perciò, bisogna avere l’ardire di stabilire queste cose per legge – infatti, sarebbe chiaramente da dissennati ritenere degni di onore alcuni esseri divini e altri no – e, il fatto che non si possiedono i nomi, bisogna attribuirlo alla causa che abbiamo detto (987 A 6 – B 1).
L’Ateniese è fermamente convinto che, nonostante vi siano alcuni pianeti a cui manca un nome greco, sia necessario rimanere fermi sulle posizioni finora sostenute e stabilire per legge che gli astri sono divini e, in quanto tali, degni in egual misura di onori: non è infatti possibile onorarne alcuni e trascurarne degli altri, anche se non siamo in grado di attribuire a ciascuno di essi un nome292.
Tuttavia i Greci, per ovviare a questa mancanza, decisero di dare agli otto astri maggiormente visibili il nome dei loro dèi olimpici:
Infatti, presero il nome dagli dèi. L’astro del mattino (˜wsfÒroj), che è lo stesso della sera (›speroj)293, è Afrodite, come, a ragione, si conviene con il nomenclatore (nomoqštV) siriano; quello che si muove insieme e alla stessa velocità (ÐmÒdromoj)294 del Sole, è detto Ermes. Diciamo che vi sono tre orbite che si muovono verso destra insieme alla Luna e al Sole (987 B 1-6).
290 È convinzione diffusa tra gli antichi che le conoscenze in campo astronomico fossero giunte in Grecia dall’Egitto e dall’oriente (cfr. Novotný, Platonis…, p. 171; Zeller-Mondolfo, La filosofia…, vol. I, pp. 71 sgg.; e Bidez, Eos…, pp. 21-23).
291 È ragionevole pensare che gli astri visibili siano quelli che l’Ateniese aveva precedentemente chiamato otto potenze celesti (986 A 8 – B 3), ovvero la Luna, il Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno e le stelle fisse.
292 Non ci troviamo pertanto d’accordo né con l’interpretazione di Specchia, né con quella di Tarán. Infatti, il primo pensa che qui si faccia riferimento alla riforma religiosa che prevede «1) la visibilità dei nuovi dèi (cfr, 984 A 4-5); 2) la loro divinità attestata attraverso prove di osservazioni millenarie» (‘Epinomis’…, p. 111); mentre il secondo ritiene che qui l’autore pensi «alla conoscenza dei pianeti e del loro vero cammino (cfr. 987 A 5-6), che è basato sulla millenaria osservazione degli Egiziani e dei Siriani. Da queste osservazioni impariamo che i pianeti percorrono sempre lo stesso cammino, ed è ciò che li rende esseri divini» (Academica…, p. 305). Al contrario, crediamo che l’intento dell’Ateniese sia qui volto semplicemente a ricordare la necessità di un eguale apparato di onori da tributare a queste diverse potenze celesti, anche a quelle a cui manca un nome greco, come già più volte affermato (985 D 4 – 986 A 7; 986 B 3 – C 5).
293 Il termine è un hapax nel corpus platonico.
294 Il termine in questione è un hapax nel corpus platonico: tuttavia Novotný segnala giustamente che questa parola ha significato analogo a „sÒdromoj di Timeo, 38 D 3, parola che è anch’essa un hapax (Platonis…, p. 174).
L’astro del mattino che, si ricorda, è il medesimo che appare anche la sera295, è giustamente stato chiamato già dal nomenclatore siriano con il nome di Afrodite296; l’altro pianeta invece, il quale muove alla stessa velocità di Venere e del Sole, è stato nominato Ermes (Mercurio)297. L’Ateniese ci informa poi per inciso che, oltre a questi due astri, ve ne sono altri tre298: essi, pur non avendo la stessa velocità di questi ora ricordati, tuttavia muovono verso destra, cioè da est a ovest, nella stessa direzione in cui ruotano il Sole e la Luna299.